giovedì 21 gennaio 2010

La morte di Erich Segal, l'autore di "Love Story"




Erich Segal, il professore di letteratura classica di Harvard diventato famoso per il bestseller "Love Story", è morto di infarto a 72 anni. Lo scrittore americano, nato a New York nel 1937, pubblicò il suo celebre romanzo nel 1969, quando aveva 32 anni ed insegnava letteratura classica ad Harvard. Una delle sue più famose frasi – “Amare significa non dover dire mai mi dispiace” - è entrata nel linguaggio popolare. Il libro fu scritto in contemporanea con la sceneggiatura del film di Arthur Hiller, uscito nel ’71 e interpretato da Ryan O’Neal e Ali McGraw, che lo stesso Segal realizzò, ed entrambi divennero un successo mondiale: la storia è quella di un amore contrastato fra un ricco studente di Harvard e una studentessa di musica italoamericana di modeste condizioni. Amore che, proprio nel momento in cui sembra aver trionfato, viene brutalmente troncato da una leucemia fulminante che si porta via la ragazza. Il film ebbe sette nomination all’Oscar e ne vinse solo uno per la musica di Francis Lai. Segal continuò a scrivere: una mezza dozzina di romanzi, fra cui il seguito di "Love Story", "Oliver’s Story", l’interessante "The Class", dopo "Un uomo una donna un bambino", saggi, critica letteraria, e, insieme al suo amico Jack Rosenthal, una nuova traduzione in inglese della preghiera ebraica del venerdì sera per la London Reform Synagogue. Nel 2001 scrisse un saggio accademico sulla storia della commedia e delle battute sconce, dall'antica Grecia fino al Dr. Stranamore di Stanley Kubrick. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

giovedì 14 gennaio 2010

Falsi amici (cenone di capodanno)




Potevo essere uno di loro, un pezzo stabile del sistema.
Ho desiderato di avere uno stipendio alto e passare una vecchiaia serena.
Ho qualche problema al lavoro.
Se potessi avere degli incarichi, riuscirei a rialzare il mio prestigio.
Ormai sono al livello più basso, neppure un figurante.
Mi aspetto molto da un mio amico.
Ha un senso della morale che gli permette di vedere tutto come lecito e permesso.
Per lui vale il fine, non il mezzo.
Non ho nessun motivo di stupirmi.
Adesso posso finalmente dormire.
Mi auguro un sonno tranquillo a premio della giornata veloce e piena di emozioni che ho appena vissuto.
Quando mi sveglio sono appena passate le quattro.
Ho dormito poco e male.
Io e il sonno siamo vecchi nemici, e in una notte normale passo circa sei o sette ore girarmi e rigirarmi con solo una o due ore di vero sonno REM.
Ma stanotte ho avuto problemi anche solo a chiudere gli occhi.
Io non dormo molto, ma questa volta non mi é bastato.
Ho fatto un sogno che sembrava un film.
Ho lottato tutta la notte contro un'organizzazione di ricattatori come la Spetcre, l'eterno nemico nei film d James Bond.
I capi, chiunque siano, non li vedo.
Sommergono chi gli sta intorno di minacce mortali, con una voce alta dal tono maniacale, senza mostrare il volto.
Sogno una donna.
E’la contro protagonista femminile come Lotte Lenya nel film "Dalla Russia con amore".
Abbastanza giovane da soffrire ancora di acne.
E’ veramente carina.
Pelle stupenda, naso sottile, labbra carnose, zigomi alti, occhi di un azzurro profondo, folti capelli neri.
Nel sogno sto parlando con Paolo.
“Mario, ti presento la mia fidanzata Nicoletta”
Lei mi porge la mano, con delle unghie da schianto. Ha una stretta forte e franca.
A questo punto, mi sono svegliato.
Ripenso a ciò che mi è successo in questi ultimi mesi.
Resistere ad Alessandro é una inutile perdita di tempo.
Quando gli pare, può insistere su una questione con la forza di un'onda che si abbatte sul flangiflutti, fino a quando non l'ha vinta. Non tace, non si stanca.
Tutti hanno delle pecularietà, questa è una delle sue.
E’ inutile cercare di dormire.
Allora, mi alzo.
Poi vado in sala da pranzo, accendo lo stereo mi metto ad ascoltare la musica.
Con la cuffia, ovviamente.
In fondo, è ancora notte fonda.
La mia terapia.
Di solito la musica mi assorbe completamente e mi aiuta a elaborare o a dimenticare le preoccupazioni.
Questa volta però il jazz mi sembra violento, rabbioso.
Passo a Brahms, più rilassante, ma non serve nemmeno quello.
Recepisco i pianissimo troppo forti e gli arpeggi mi sembrano passi pesanti su e giù per ripide scale.
Dopo un po’ mi alzo dal divano, con le mani in tasca.
Nel silenzio sento il rumore del mio stesso respiro, quando mi sfugge un grido incontrollato.
E se perdo anche questa occasione?
Entro in salotto.
Incredibile, Gabriele è già sveglio.
Mi fa segno di uscire.
Sta telefonando.
Me ne vado in bagno come un bravo ragazzo ubbidiente.
Mi da la possibilità di pensare a preparare la mia tattica per la nuova giornata lavorativa.
Gabry mi urla dietro: "“Mi presti la macchina?”
Non c’è rancore nella sua voce.
E’ una persona troppo bella per serbare rancore.
Se io sono un buon padre, Gabriele è un ottimo figlio.
“Sì” rispondo.
“Oggi non lavoro. Sono in vacanza, no?”
Esco.
Davanti all’edicola, incontro un condomino.
Parliamo delle spese condominiali.
Io sono il rappresentante della sua scala.
Mi invita, allora, a prendere un caffè.
Entriamo a casa sua.
La cucina è aperta.
Luminosa e profuma di rosmarino.
Sul davanzale c’è una piccola collezione di piante aromatiche.
La moglie mette davanti al figlio undicenne una tazza di latte e cacao e posa i nostri due caffè sul tavolo.
“La droga più diffusa a Ostia” dice. “Io personalmente ne bevo troppi. Almeno qualche volta dovrei cercare di berlo decaffeinato. Magari anche più di qualche volta…” Ride.
Il figlio scende dalla sua sedia e va di là a prendere un libro.
va a studiare.
Lui risponde al cellulare.
Mi trovo, così, solo con la moglie.
“E’ molto buono, Il caffè, intendo. Bella casa, complimenti”.
Ci scambiamo alcune battute banalissime con un po’ di imbarazzo. Mi trattengo dal parlare delle previsioni del tempo.
Siamo a disagio tutti e due.
Ritorna il marito.
Discutiamo un po’ sulle rate e sulle quote millesimali.
Poi vado via.
Passeggio sul lungomare.
Mi siedo su una panchina.
Vicino a me, due ragazzi.
Occhi che si cercano, sguardi prolungati, strette di mano che sono carezze, baci sulle guance con labbra troppo premute.
Mi sento di troppo.
Riprendo a camminare.
Mi dirigo al porto.
Intanto ho la mente intrappolata da pensieri confusi e incoerenti.
Ultimamente mi accorgo di avere gli occhi gonfi e rossi per la troppa consuetudine con lo schermo del PC, che uso sia al lavoro che a casa, agli angoli della bocca cominciano da tempo a farsi avanti rughe profondamente incise, il profilo della mascella non è sfuggito all’incipiente doppio mento.
I capelli, una volta neri, sono ormai bianchi e, per di più, in questo momento reclamano disperatamente un taglio. La mia non è una faccia che attira simpatia, eppure, al contempo, è una faccia che non nasconde nulla, una faccia di cui ci si può fidare.
Penso al mio ufficio.
C’è una litografia di Kandinsky sulla parete.
Tanti rettangoli verdi e neri, tutti di traverso.
All’improvviso mi compare davanti nonno Angelino.
E nonna Leonella.
Una donna puntualissima.
Sosteneva che chi arrivava abitualmente in ritardo non aveva rispetto per gli altri, o perlomeno per gli orologi.
Con i nonni spesso a Collevecchio andavo a trovare un loro amico, Brighella.
Aveva una fattoria ricoperta di edera, bella da morire.
Un lato della casa era fiancheggiato da un frutteto con gli alberi punteggiati dal giallo dei frutti.
Mi portavano anche da zia Loreda, una sorella di nonna.
Le oche, trotterellando, si gettavano nell’acqua di un piccolo stagno paludoso.
Altra visita.
Altra zia.
Navina.
Altra sorella di nonna.
Mi divertiva vederla dare da mangiare ai maiali.
Nonno aveva un caro amico, Giovanni.
Mi faceva sedere in alto, al posto di guida della trebbiatrice.
Insieme andavamo a Cicignano, frazione collevecchiana, ad acquistare uova e verdura da contadini locali.
In queste occasioni non dimenticavo di fare visita ai vitelli, che erano i miei animali preferiti, o di salire sulle balle di fieno ammucchiate dentro i granai.
Ricordo i nonni ascoltare coloriti monologhi su gioie e dolori della vita bucolica. Ricordi, tesori infantili ormai persi.
Guardo l’orologio.
Si avvicinano nubi temporalesche.
Ok, è ora di tornare a casa.
Non ho motivo per rimpiangere la mia decisione.
Sono felice di essere sfuggito dall’atmosfera sempre più dolorosa dei ricordi.
Ah, dimenticavo.
Io ho trascorso, benissimo, il capodanno al Teatro Manfredi di Ostia, gestito da mie carissimi amici.
Curioso come sono, ho però manifestato la mia sorpresa e anche un pizzico di rammarico per non essere stato invitato, come era accaduto nelle precedenti occasioni, ad una festa organizzata da amici (si possono poi continuare a definire tali persone che non ti fanno gli auguri di compleanno e di Natale? bah…) che si è svolta a capodanno in quel di Casalpalocco.
Ma io, testardo e un po’ curioso, vorrei, lo ripeto, capire le ragioni di questo mancato invito ad una festa con una compagnia di persone alle quali, negli anni precedenti, avevo dedicato molta amicizia.
Parto premettendo che ognuno é giustamente libero di invitare ad una propria festa chi vuole e di non invitare chi non vuole e quindi non contesto la loro scelta di non invitarmi.Vorrei solo sapere quali sono stati i motivi che li hanno indotti a non invitarmi.
E fate attenzione perché il problema non è goliardico, come può sembrare a prima vista... ma etico.
Un’amicizia che può finire, non è mai stata una vera amicizia.
Penso di aver sempre attribuito al destino un valore positivo.
Ritengo che tutto sia arbitrario.
Ci sono cose di fronte alle quali si è impotenti.
Che grandi interessi stiano dietro al rendere l’esistenza di gente sfortunata ancora più dura di quanto non sia.
Non sono un ministro, un guru accademico o qualche dirigente con un posto nel comitato di elaborazione delle linee operative di qualche importante ente, ma solo un uomo normale.
Cosa posso fare io?
Questo: compro il giornale e rientro a casa, accarezzato dalla brezza marina.
A kiss and a big hug.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

martedì 12 gennaio 2010

Filumena Marturano con la Compagnia "Sulle ali del teatro" a Casalpalocco




Mercoledì 20 e sabato 23 gennaio ore 21.

Domenica 24 gennaio ore 17

il teatro di Casalpalocco ospita “Filumena Marturano”.

A mettere in scena il celebre testo di Eduardo de Filippo la compagnia “Sulle ali del teatro”, per la regia di Mario Canale.

Per riuscire a farsi sposare dall’amante Domenico Soriano Filumena si finge moribonda.

Ma quando l’uomo scopre la beffa e minaccia di annullare il matrimonio Filumena è costretta a rivelargli di avere tre figli, di cui uno suo.

Tra tutti i personaggi di Eduardo Filumena è il solo a riunire in sé caratteristiche maschili e femminili: in lei senso della realtà, ostinazione e determinazione convivono con la difesa eroica dell’unione familiare. Filumena lotta per essere riconosciuta come moglie e come madre e ricerca con perseveranza quella famiglia che non ha avuto nell’infanzia e non ha trovato nella vita adulta.

Il suo personaggio è custode di due principi essenziali: i valori familiari e la voglia di riscatto dal passato.

Per difenderli la donna è costretta a svelare l’inganno e a confidare la verità al marito e ai figli. E Filumena, che non indietreggia nemmeno di fronte all’iniziale rifiuto del cambiamento da parte di Soriano - uomo ricco ed egoista –nel finale assaporerà la gioia di essere amata e rispettata, sciogliendosi in un pianto liberatorio.

Nato nel 1986 il gruppo “Sulle Ali del teatro” agli inizi si componeva prevalentemente di personale navigante Alitalia.

Nel corso degli anni ha messo in scena numerosi allestimenti (in gran parte di De Filippo), riletti sempre in chiave personale pur nel rispetto del testo originale.

La grande passione che la anima ha spinto la compagnia ha realizzare molte rappresentazioni in spazi non propriamente teatrali per finalità filantropiche e a collaborare con associazioni benefiche, come Filo D’oro e Teleton.

Gli spettacoli allestiti al Teatro Sannazaro di Napoli hanno contribuito in modo determinante all’acquisto di macchinari ed attrezzature per l’ospedale pediatrico Pausillipon.

“Sulle ali del teatro” ha preso parte anche a numerosi festival ufficiali, ottenendo premi e riconoscimenti.

In particolare “Sabato, domenica e lunedì”, “Filumena Marturano” e “Le voci di dentro” hanno vinto il premio di Miglior spettacolo nelle rassegne a cui hanno preso parte.

Cinema Teatro San Timoteo

Via Apelle 1,

Casal Palocco (Roma)

Tel. 06.50916710



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pubblicato da Mario Pulimanti