lunedì 30 marzo 2009

Pasqua



ll cuore della fede cristiana è nell’annuncio pasquale, che risuona da duemila anni nel mondo: “Cristo, nostra speranza, è risorto!”
Credere, infatti, che Gesù è risorto, significa accettare la testimonianza degli Apostoli, poveri pescatori di Galilea, che hanno sperimentato dal vivo l’evento della risurrezione.La loro fede era debole, incerta, carica di dubbi. Eppure, andarono in tutto il mondo, predicando il Vangelo. Ma che cosa spingeva la gente ad accogliere il loro messaggio? Noi siamo fatti per amare e, quando sperimentiamo una esperienza di questo genere, ci sentiamo rinascere e proviamo una profonda soddisfazione. Ben presto ci accorgiamo che si tratta di momenti occasionali, che spesso deludono le aspettative, che pure ci hanno suscitato. E poi c’è la morte, che sembra distruggere ogni possibilità di amore e di felicità. Per sempre. Tutto ha un termine, un limite, dovuto alle sofferenze, al distacco dalle persone più care. Eppure in noi resiste l’esigenza di una speranza che apra il cuore a desideri e attese, che vanno oltre ogni limite. Quando diciamo ad una persona: “Ti amo”, sentiamo che quell’amore desidera permanere oggi, domani, sempre. Appunto.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

sabato 28 marzo 2009

Il morbo delle filiere


Mentre le autorità monetarie e i governi di tutto il mondo sono alla ricerca di come uscire dalla crisi finanziaria e dalla recessione che sempre più attanagliano l’economia mondiale, il mondo delle imprese è impegnato nel difficile compito di resistere e di mettere le basi per costruire il futuro. La preoccupazione delle nostre medie e piccole imprese, in particolare, è molto forte. Si cerca di capire dagli esperti, dai consulenti le prospettive non tanto di un suo definitivo superamento, che è giudicato da tutti a tempi non certo brevi, ma per lo meno di quando si manifesteranno i primi segnali di rimbalzo. Qualcosa, in certi settori, è forse all’orizzonte poiché si intravede che le grandi scorte accumulate cominciano a smaltirsi e la produzione dovrebbe quindi, a breve, dare segni di ripresa. Gli imprenditori cercano anche di carpire i modi e gli strumenti per superare questa situazione. Qualche mese fa, quando è scoppiata la crisi finanziaria, il messaggio di breve periodo era quasi scontato: attenzione alla cassa. Quindi rinviare gli investimenti, serrato controllo del circolante, evitare spese superflue, sobrietà gestionale, innanzitutto. Poi in epoca di budget si era detto di adottare un modello previsivo contingente in grado di adattarsi alle mutevoli situazioni del contesto. Ora la questione di come concretamente operare non è semplice né facile perché le situazioni aziendali non sono generalizzabili. Chi ha perso il mercato si trova certo in una situazione ben diversa da chi mantiene ancora gli ordini o li ha visti ridursi solo del 5% ma per il settore in cui opera e per il posizionamento raggiunto, può ragionevolmente immaginare una continuità del suo business nel futuro. In ogni caso, tutte le aziende cercano una maggiore flessibilità (riduzione dei costi fissi e quindi abbassamento del punto di pareggio), nonché una più incisiva semplificazione, selezionando innanzitutto i fornitori. E qui si innesta purtroppo il morbo che colpisce le filiere. Si sa che la filiera è costituita da quell’insieme di imprese che concorrono alla produzione del prodotto finale. Orbene, le scelte indicate tendono a colpire quelli che nelle filiere hanno posizioni deboli, in genere microimprese, terzisti, che non hanno un prodotto distintivo e che soffrono ora della mancanza di liquidità perché strangolati dai clienti che ritardano i pagamenti. Con questa crisi è facile prevedere che si assisterà ad un ridisegno delle filiere a livello internazionale con alcune imprese che scompariranno e con altre che si aggregheranno, per non parlare poi della nascita di nuove o di forte sviluppo di altre come quella delle energie pulite, ad esempio.Indispensabile però che mirati aiuti pubblici e accesso al credito siano applicati tempestivamente affinché l’auspicabile e necessaria trasformazione del nostro assetto industriale non si traduca in una caduta che vada al di là di ciò che è accettabile per continuare a giocare un ruolo importante nella competizione. Attenzione poi ai risvolti sociali di tutto questo perché se è un bene che il sistema industriale si modernizzi è altrettanto importante mantenere la coesione sociale aiutando quelli che perdono oggi il posto di lavoro ad inserirsi comunque nel mondo produttivo.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

mercoledì 25 marzo 2009

L'assurdo viaggio di Mario Pulimanti


Sono pronto per la prova più importante della giornata: il viaggio sulla metro. Da Ostia a Roma.
Tutto bene?
Bene un corno, dannazione!
Ho un fastidioso mal di testa.
Che diamine! Vado a lavorare controvoglia.
Penso a mio padre.
Mi assale la tristezza.
E’ morto qualche anno fa e
mi é stato difficile accettare il fatto di non poterlo vedere.
Più.
La sua perdita mi ha segnato profondamente.
Aveva solo sessantasei anni.

Un compagno di sventura mi spinge. Mi volto e lo fulmino con lo sguardo.
Arrivo alla stazione della Piramide, ma il mio viaggio continua. Debbo, infatti, arrivare fino a Termini con un’altra linea della metro: l’affollatissima B. Scendo di sotto con la scala mobile. Mi rendo conto, appena vedo la piattaforma, che difatti è affollata all’inverosimile. Più del solito. Deve esserci stato qualche guasto e probabilmente non arrivano treni da almeno un quarto d’ora. Scendo dalla scala mobile. Tempo cinque minuti e arriva un treno, ogni centimetro di carrozza stipato di corpi sudati, accartocciati, pigiati in un insieme compatto. Non provo neanche a salire, ma nel pandemonio di persone che sgomitano per aprirsi un varco l’una sull’altra, riesco a guadagnare la prima linea della piattaforma e resto in attesa del convoglio seguente. Che arriva alcuni minuti dopo, ma pieno zeppo come il precedente. Quando le porte si aprono e qualche passeggero dalla faccia paonazza si fa largo tra la folla in attesa, mi pigio dentro e respiro una boccata d’aria viziata, stagnante Mi sembra che l’aria sia passata per i polmoni di ciascuno un centinaio di volte. Altra gente s’ammassa alle mie spalle e mi trovo spiaccicato tra un giovane arabo ed il vetro divisorio che ci separa dall’area dei posti a sedere. Botero8_1Ciccio_2
Normalmente avrei preferito mettermi con il naso pigiato contro il vetro, ma quando ci provo scopro una gran chiazza viscida, proprio ad altezza del mio viso, un accumulo di sudore e di unto lasciato dalla testa dei passeggeri che si sono strusciati contro la lastra trasparente, così non posso far altro che girarmi e fissare, occhi negli occhi il ragazzo che ho davanti. Quando al terzo o quarto tentativo si chiudono le porte io e lui ci ritroviamo ancora più pigiati perché la gente accalcatasi sulla porta senza riuscire a entrare finisce con lo stiparsi dentro insieme a noi. Se dovessi svenire non cadrei in terra perché spazio per cadere proprio non c’è. Arrivo a Termini decisamente provato. Al contempo penso che mi farebbe bene bere un caffè. Che prendo subito prima di entrare in ufficio. E’ proprio vero: fare il pendolare stanca. Ve lo giuro!

Mario Pulimanti (Lido di Ostia - Roma)

domenica 22 marzo 2009

Amo Roma (la romanità)


Ferruccio. Ferruccio non è capace di parlare male di nessuno. Milanese e milanista ha sposato Silvia e la sua romanità. Valter. Il suo punto di vista lo si afferra meglio badando alle allusioni piuttosto che alle dichiarazioni. Romano e romanista, a lui risulta più congeniale il suggerire piuttosto che il dire. Ha confermato la sua romanità sposando la neolaureata Liliana. Io, romano doc, sono venticinque anni che regalo alla sabina Simonetta la mia romanità. Ora Gabry la sta offrendo a Sara. Bella e di Busto Arsizio. Ferruccio e Silvia. Valter e Liliana. Io e Simonetta. Gabry e Sara. La romanità. Allora eccomi qui, a pormi una domanda: ma quanti abitanti che oggi vivono a Roma sono romani? Siamo arrivati quasi a pasqua del 2009, che cosa resterà in futuro della romanità? Certo, nel corso dei secoli Roma ha subito anche drammatici spopolamenti e poi lenti e progressivi ripopolamenti. L’antica Roma era abitata da quattromilioni di abitanti che nel Medioevo sono ad un certo punto (per vari motivi: inondazioni, peste ecc.) diminuiti fino ad arrivare solamente a 50mila abitanti. Ai tempi del Belli ce n’erano 160 mila, che all’inizio del secolo erano saliti a 200 mila, ma nel corso degli ultimi sette o otto decenni, specialmente a partire dal dopoguerra, si é ripopolata ad un ritmo vertiginoso. Oggi conta quasi cinque milioni di abitanti. Ma soltanto in minima parte sono romani: non più di centomila. I restanti quattro milioni e novecentomila residenti non sono romani. E tutto sta ad indicare che i romani sono destinati a ridursi ulteriormente, probabilmente fino a sparire, come sarà destinato a sparire purtroppo anche il nostro bellissimo dialetto. Infatti il dialetto romanesco é ormai moribondo. Trattasi non già di una morte naturale, bensì di un assassinio vero e proprio, perpetrato con fredda lucidità, con premeditazione, con tante persone pronte ad approvare la pulizia etnica del nostro amato vernacolo romanesco. Moravia diceva che il dialetto romano é un misto di fiorentino e di campano. I costruttori di San Pietro erano tutti toscani, e mescolarono il loro dialetto con il dialetto campano. Anche la lingua a Roma é un miscuglio di Italiano. Moravia, anche se campano, diceva anche che Roma non era un cumulo di rovine, perché quelle romane sono rovine attive, ossia sempre in trasformazione, e la trasformazione é qualcosa di vivo, di vitale. Le stesse idee le ha anche espresse Federico Fellini, per il quale Roma rinasce miracolosamente dalle proprie rovine, come l?araba fenice dalle proprie ceneri. Del resto fin dall’antichità Roma era una città cosmopolita, internazionale; alcuni degli imperatori venivano dalla Spagna, dall’Africa; parecchi degli artisti, scrittori, cineasti che ci hanno offerto nuove visioni o nuove interpretazioni di Roma venivano da altri luoghi o da altri paesi, come il Borromini, Fellini, Gadda, Pasolini. Già Montaigne diceva che alla sua epoca Roma era la città più cosmopolita d’Europa. Dal canto suo Borges non si stancava di ripetere che Roma era un mito dell’immaginazione universale. Significative sono le parole di Adriano riportate nel celebre libro della Yourcenar: “Altre Rome verranno e io non so immaginarne il volto, ma avrò contribuito a formarlo?” A mio parere converrebbe mantenere sempre vive le tradizioni culturali romane e lo spirito della romanità, da lasciare in eredità ai nostri figli e nipoti.
Mario Pulimanti Occhi al cielo(Lido di Ostia -Roma)

martedì 17 marzo 2009

Premiata pasticceria Bellavista al Teatro Manfredi




PREMIATA PASTICCERIA BELLAVISTA

Commedia in due atti. Ermanno e Giuditta Bellavista sono i proprietari di una pasticceria annessa alla propria casa. Con loro vive la madre, sofferente di diabete e pressione alta. Ermanno ha una relazione in segreto con Romina, la quale è stanca di tenere il segreto sul loro rapporto e vuole che egli si decida a parlarne con la famiglia. Giuditta, invece, è fidanzata con Aldo, il pasticcere che lavora per loro, il quale a sua volta ha per amante Rosa, la ragazza di bottega. Ermanno, in passato, ha subito un intervento di trapianto agli occhi; questi sono stati prelevati dal barbone Carmine, creduto morto mentre si trovava in coma in seguito ad un incidente. Così, una volta svegliato dal coma, Carmine si era ritrovato cieco. Carmine, con l’aiuto dei suoi amici Memoria e Gelsomina, riesce a raggiungere la pasticceria di Ermanno, rivelandogli che sono tre mesi che non possiede più gli occhi e che il professor Rubelli, che ha eseguito l'intervento, è implicato nel gioco d'azzardo e nel traffico illecito di organi... Le cose si complicano. Nel frattempo la madre dei pasticceri, convinta che i figli la vogliano far morire per impossessarsi dell'eredità, vuole tagliarli fuori dal testamento.
Note: Premiata Pasticceria Bellavista di Vincenzo Salemme “Premiata Pasticceria Bellavista” è una commedia scritta da Vincenzo Salemme, esilarante ma con intelligenza ed una sua morale, in quanto il finale, che non vogliamo anticipare, in un certo qual modo ripristina la giustizia. La commedia si svolge in una bella pasticceria napoletana gestita da Ermanno e da Giuditta Bellavista, entrambi colpiti da un terribile diabete. A causa di questa malattia Ermanno è diventato cieco ma grazie ad un trapianto potrà riacquistare la vista e guardare nuovamente il mondo. Ermanno è il classico mammone, debole di carattere, un personaggio difficilissimo, in quanto è il responsabile della maggior parte della portata comica dell’opera. Giuditta è un personaggio complesso: decisa e dura con gli affetti sicuri (il fratello e la madre), si scioglie di fronte all’amato ed esuberante Aldo, uomo simpatico ma subdolo che si prende gioco dei suoi sentimenti pur di giungere al suo intento, che è quello di appropriarsi di parte dell’eredità mediante comportamenti al limite della legalità. Carmine è un barbone-filosofo a cui, dopo un incidente in cui era stato erroneamente creduto morto, hanno espiantato illecitamente le cornee. Questo personaggio, in ottemperanza alla tradizione napoletana, ama le cose belle della vita ed è zingaro proprio per goderne al massimo, è gentile, galante e sognatore, pur non rinunciando mai all’ironia. Romina non rappresenta soltanto la classica bella donna, ma in lei ci sono due personaggi che si alternano: la donna in carriera, intelligente, con un carattere duro, abituata a prendere ciò che vuole, e la popolana furiosa e implacabile. Memoria è pirotecnico, fenomenale, incontrollabile, sopra le righe e attraverso i molteplici personaggi che incarna crea innumerevoli spunti comici. La barbona Gelsomina, innamorata di Carmine, ha una personalità dolce e infantile, che la rende estremamente toccante e poetica. La provocante e sensuale Rosa, in apparenza ingenua, ha in realtà anch’essa dei secondi fini. Dietro le quinte una temibile“mammina” che tiranneggia sui figli comunicando con un megafono dalla camera da letto. La commedia gioca molto su tempi comici degli attori, gags e caratterizzazioni paradossali. Scene: Cristina D'Ambrosio Luci: Christian Falco Massimini Musiche: Roberto Antinolfi Fonia: Jacopo Jarrack Regia: Mario Antinolfi Attori: Mario Antinolfi Ione Pagliato Stefano Lopez Roberto Lopez Davide Saliva Lianna Lipani Lucia Pigliasco Francesca Silvano Da: martedì 31 marzo 2009 A: domenica 12 aprile 2009 Tariffe: ntero 16 € ridotto 14 € special 10 € Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

venerdì 13 marzo 2009

Passeggiata al Porto turistico di Roma




Mi sveglio pochi secondi prima che scatti la radiosveglia. Sabato. Mattina di fine inverno. Simonetta corre di corsa a una riunione condominiale. Ho mal di testa e non l’accompagno. Mi metto in cammino verso il Porto, godendomi il vento mattutino. Il movimento fisico è un lusso? No. E' una necessità quotidiana, per tutelare il nostro strumento di eccellenza migliore, il cervello. Per potenziarne al massimo le capacità nella giovinezza, e contrastare gli insulti del tempo già dalla prima maturità, fino alla vecchiaia. Non è mai troppo tardi per scoprire i vantaggi che il movimento fisico dà al cervello. Di certo, prima si comincia, maggiore è il beneficio. Usciamo dalla scatola in cui siamo rinchiusi: da case sempre più piccole, da uffici lillipuziani, da automobili in cui stiamo forzosamente seduti per ore, comprimendo, reprimendo e somatizzando frustrazioni ed emozioni. Un corpo compresso e arrugginito comprime e opprime la mente, la rattrista, la impoverisce. Un corpo felice di sentirsi vivo, anche nel movimento, nutre il cervello e stuzzica la mente a volare alta e con più gusto. Tutti cercano le terapie naturali. Pochi praticano con costanza la terapia naturale più semplice ed efficace che c'è: passeggiare sul lungomare. Mi volto di scatto. Pallida, magra, vestita di nero, vedo una ragazza avvicinarsi. Sembra una figura diabolica. Per un istante ne ho paura. Poi la riconosco. Una ex collega comunale. Non é più la ragazzina che ho conosciuto allora. E' cambiata, ma ancora non so dire quanto. Dal giorno del mio passaggio a un'altra amministrazione non le ho più parlato. Venticinque anni fa. "Sono io...Carla!" Mi porge la mano e me la tiene stretta a lungo. "Abiti a Ostia, vero?" Annuisco. Mi sento le ginocchia molli. Parliamo. Poi mi saluta. "Cerca di farti sentire qualche volta, Mario". Mi sembra di sognare, ma l'urlo di Gabriele mi richiama alla realtà. "Devo andare..." Le lascio la mano. "Buona fortuna". Nel frattempo Gabriele mi ha raggiunto. Mi chiede i soldi per la benzina. Scuoto la testa, ma lo accontento. Riprendo a passeggiare pensando che i limiti di velocità insostenibili e bizzarri ci sono da sempre sulle strade, ma a farli diventare un caso sono stati autovelox, telelaser e photored che, utilizzati a regola d'arte, diventano così efficaci da indurre dubbi sui loro veri scopi. Alcuni limiti sono così difficili da rispettare in condizioni normali che chi ne fosse capace rischierebbe di provocare tamponamenti oltre che intoppi al traffico: un esempio sono i 50 km orari sulle tangenziali e i raccordi a tre corsie o i 40 orari nelle corsie autostradali a due corsie. Arrivo al Porto. Mi siedo su una panchina del belvedere. Intravedo Ferruccio in bicicletta. Mi faccio largo tra la folla, ma un istante dopo è scomparso. Oggi c'è molta gente al Porto. E' impossibile trovarlo in questa calca. Accelero il passo. Schivo la gente. Lo raggiungo. Gli sfioro una spalla. "Ferruccio!". E' davvero lui, pallido e stanco dopo la passeggiata in bici. Dieci chilometri. Dall’Infernetto al Porto. Ci guardiamo per un istante. Entriamo in un bar. Ci sediamo a un tavolino. "Vuoi parlare?" Lui scuote la testa. Deve riprendere fiato. "Vuoi dirmi almeno come è andata la passeggiata?". "Faticosa". "Lo capisco". Usciamo dal bar. Dal belvedere rimaniamo a osservare il mare. Mi volto verso lui. Non gli dico di Carla. Non gli dico di Gabriele. Chissà perché gli parlo di Mourinho. E' attonito. Sbuffa annoiato. Del resto è un milanista doc e non sopporta il trainer nerazzurro. All’improvviso, dico “Chi si é fatto da solo é un tossicodipendente solitario o un imprenditore di successo? E se Dio é immortale, perché ha lasciato due testamenti?” Mi guarda. Per un attimo rimane in silenzio, poi scoppia a ridere. Stringo i pugni. Quindi mi alzo. Lo guardo sorpreso: sono già sul punto di inalberarmi. Poi mi rassereno. Ride. Mi saluta e ritorna a casa. Il cielo é limpido e il sole splendente. Penso a papà. “…e caddi come corpo morto cade.” Scoppio a piangere lacrime meritate e, in un certo senso, benefiche.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

martedì 10 marzo 2009

SCUSA SONO IN RIUNIONE, TI POSSO RICHIAMARE? al Teatro Manfredi




SCUSA SONO IN RIUNIONE, TI POSSO RICHIAMARE?


Dopo il grande successo di "UNA NOTTE BIANCA" ecco la nuova commedia di Gabriele Pignotta che racconta la storia di cinque trentacinquenni, ex compagni di università, che dopo gli indimenticabili anni di studio trascorsi insieme, decidono di puntare tutto sulla carriera, finendo nel frullatore di un esistenza complicata e stressante. Esattamente come accade oggi ad ognuno di noi, corrono in continuazione da un impegno a l'altro, non hanno mai tempo per nessuno, non riescono a mantenere un rapporto sentimentale stabile e a chi cerca di rallentare la loro corsa insensata verso il nulla, l'unica cosa che sanno rispondere è:Scusa sto in riunione ti posso richiamare!” Improvvisamente però, nel bel mezzo della loro frenetica vita quotidiana ricevono una telefonata misteriosa che li porterà a rincontrarsi dopo 10 anni e a trascorrere dei giorni insieme! Così, mentre tutto sembra volgere al termine, verso il lieto fine di una storia di amicizia iniziata tanti anni prima, ecco una sorpresa spiazzante, che farà sobbalzare il pubblico e che catapulterà i cinque protagonisti in una situazione davvero inimmaginabile e grottesca! Questo episodio stravolgerà la trama, dando vita ad una serie di intrecci e colpi di scena davvero esilaranti! Insomma una commedia divertente, originale e coinvolgente, con un cast di attori bravissimi, che ha un unico grande obbiettivo: sorprendervi!
Aiuto Regia: Elena Fazio
Scene: Tiziana Liberotti
Luci: Luca Carnevale
Musiche: Stefano Switala
Regia: Gabriela Pignotta
Attori: Gabriele Pignotta Fabio Avaro Cristiana Vaccaro Ilaria Di Luca Andrea Gambuzza
Da martedì 10 marzo 2009
a domenica 29 marzo 2009
Il Presidente del taetro Nino Manfredi, Luciano Colantoni, parlando di questo spettacolo ha detto che:
“Due attori che il pubblico affezionato del Manfredi ha imparato a conoscere: Gabriele Pignotta e Fabio Avaro (ricordate Una notte bianca e Una volta nella vita?) tornano insieme e tornano con una commedia che sta registrando il tutto esaurito da due anni. “Scusa sono in riunione, ti posso richiamare? ” è il titolo della commedia che debutta martedì. Divertente come lo sono i due attori che hanno al loro fianco, tra gli altri, Cristiana Vaccaro che avete visto ne “Il gufo e la gattina”, ricordate ancora?Nello spettacolo si narrano le vicende dei trentacinquenni di oggi che hanno una sola prospettiva: la carriera. E per raggiungere il loro scopo vanno di fretta, trascurano se stessi e gli amici e insomma, non hanno tempo per nulla. Diciamoci la verità ci riconosciamo un po’ tutti in questa storia vero? E allora, per riderci su e magari rifletterci anche un po’, vi aspettiamo. Non mancate!!!!!

Info/prenotazioni 0656324849
info@teatroninomanfredi.it

Cordialità

Luciano Colantoni”



venerdì 6 marzo 2009

Un 8 Marzo...all'infarto


Seduto sul divano, accendo la tivvù.
Socchiudo gli occhi mentre la voce di un conduttore stanco esce dall’altoparlante con le ultime notizie.
Disordini in Israele, interventi politici assurdi sulla questione degli immigrati, una rapina a un ufficio postale.
Riapro gli occhi mentre lo speaker è rimpiazzato da un altro che comincia a cantilenare sciocchezze, cosa che mi induce a cambiare canale.
Ehilà, stanno parlando della festa delle donne.
Vengo così informato che le origini della festa dell'8 marzo risalgono al 1908, quando a New York, 129 operaie dell'industria tessile Cotton scioperarono per protestare contro le brutte condizioni in cui erano costrette a lavorare.
Lo sciopero durò alcuni giorni, finché l'8 marzo il proprietario bloccò le porte della fabbrica per impedire alle operaie di uscire.
Nello stabilimento scoppiò un incendio, forse doloso, e le operaie morirono.
Questo fatto diede il via, negli anni immediatamente successivi, ad una serie di celebrazioni che, nei primi tempi, erano circoscritte agli Stati Uniti.
Successivamente questa data venne proposta come giornata di lotta internazionale, a favore delle donne, proprio in ricordo della tragedia della fabbrica americana.
Comunque esistono altre versioni della storia dell'8 marzo, ma il significato della celebrazione non cambia.
La scelta della mimosa come simbolo dell’8 marzo è stata fatta in Italia, esattamente nel 1946, dalle donne dell’UDI (Unione Donne Italiane) che stavano preparando il primo “8 marzo" del Dopoguerra.
Alle donne romane piacquero quei fiori gialli dal profumo particolare, che avevano anche il vantaggio di fiorire proprio nel periodo giusto e non costavano tantissimo.
E così la mimosa divenne da allora il fiore simbolo delle donne e dell'8 marzo.
Tuttavia nel corso degli anni il vero significato di questa ricorrenza è un po’ sfumato, lasciando il posto ad una ricorrenza caratterizzata anche da connotati di carattere commerciale e politico.

A mio suocero non piacevano le mimose.
Rosato era un bambino di sei anni quando era stato costretto a vedere la bara del padre cosparsa di petali gialli.
Cavolo, ma cosa mi sta succedendo?
Panico.
Ad un certo momento, tutte queste immagini, e altre centinaia che si succedono troppo rapidamente per poter essere colte, mi bombardano nel tempo che impiego a sgranare gli occhi.
Mi alzo di scatto, ansante.
Mi alzo dal divano.
Malfermo sulle gambe, avanzo barcollando fino a toccare lo schienale della poltrona.
Sento una forte nausea e vado in iperventilazione, tanto da avvertire un formicolio ai polpastrelli.
Sopraffatto dal capogiro cado in ginocchio e mi piego in avanti ritrovandomi carponi, con lo sguardo puntato sul pavimento.
Dopo un paio di muniti di affanno durante i quali non oso abbassare le palpebre, mi tiro su lentamente.
Ho il viso madido di sudore e mi asciugo con il dorso della mano prima di alzarmi del tutto, cauto.
Le gambe mi tremano appena mentre muovo i primi passi verso il tavolino.
Da lì mi dirigo a fatica verso la porta, aggrappandomi saldamente.
Il piccolo corridoio che porta alla mia camera da letto mi sembra molto più lungo di quanto sia in realtà: ho l’impressione di camminare per un’eternità prima di toccare la porta della camera.
L’apro trascinandomi un passo alla volta fino al letto, dove mi sdraio.
Il letto risponde scricchiolando minaccioso sotto il mio peso.
Penso a quando ho chiesto il motorino a papà.
Allora avevo appena compiuto quattordici anni ed ero sicuramente un adolescente rompicoglioni.
Credo di aver detto parecchie sciocchezze e gli vomitai addosso una marea di accuse, ma lui non perse la calma e mi lasciò sfogare, prima di giocare il suo asso nella manica: un Benelli “Gentleman” rosso.
All’improvviso, uno strano profumo di mimosa.
Chiudo gli occhi.
Poi svengo.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

martedì 3 marzo 2009

Lucia Cassini al teatro Manfredi di Ostia con "Luci del varietà"



“Lucì del varietà” con Lucia CASSINI e con Fulvio PASTORE, Francesco SPERA ed il Babà Ballet.
Al pianoforte Mario MESSINA

Da martedì 3 a domenica 8 marzo
Tutte le sere alle 21, domenica alle 17.30
Teatro Nino Manfredi
Via dei Pallottini, 10 - Ostia Lido - Roma
Info: 06/56324849 - 3384540860
www.teatroninomanfredi.it
info@teatroninomanfredi.it
Dal 3 marzo Lucia Cassini, la personificazione della globalità artistica, debutta al Teatro Nino Manfredi ad Ostia con lo spettacolo “Lucì del Varietà” con Francesco Spera, Fulvio Pastore ed il Babà Ballata. Lucia Cassini è una delle artiste napoletane più apprezzate e conosciute.
Ha iniziato a lavorare nel 1960 e nella sua immensa carriera vanta collaborazioni con numerosissimi artisti di fama nazionale ed internazionale.
Attrice, cantante e showgirl, ha iniziato la sua carriera artistica nel 1960 quale enfant-prodige in spettacoli per bambini e ragazzi. Assieme a Franco Nico e Angelo Fusco ha fondato il primo gruppo di cabaret napoletano "I Cabarinieri" del quale hanno fatto parte Renato Rutigliano, Aldo De Martino e Saverio Mattei.
Ha recitato in numerose compagnie di prosa, di rivista e avanspettacolo toccando nelle sue tournées nazionali ed internazionali gran parte dei teatri italiani.
Il suo talento creativo rappresenta l’espressione internazionale dello spettacolo napoletano.
Lo spettacolo è una satira raffinata e pungente, basata su un percorso che va dal Cafè Chantant alle macchiette di autori come Pisani e Cioffi; dalla parodia al cabaret con un omaggio a Dino Verde.
Un parlato scenico con molti numeri , un bagaglio di emozioni e di esperienze.
La nobile sciantosa offre Il suo cuore artistico al suo pubblico, il suo ampio repertorio nobilitato dai legami e dagli interscambi artistici di alto livello, da Angelo Fusco e Dino Verde.
Tutto il mondo vive, parla, si agita negli occhi della Totò in gonnella, pura genialità e verve innata.
Le sue maschere colorate sorridono e piangono, rianimano il suo intrattenimento con recitati e canzoni.
Lucia Cassini, grande personalità e originalità tecnica, ha festeggiato lo scorso anno 40 anni di carriera e che carriera.
Teatro, cabaret, cinema e Tv e al fianco di grandi personaggi del mondo dello spettacolo quali Carlo Dapporto, Mario Merola, Walter Chiari, la compagnia del Bagaglino e quindi Oreste Lionello e Pippo Franco su tutti.
Lucia Cassini torna al teatro Nino Manfredi sull’onda di un successo di pubblico ormai consolidato.
“Lucì del varietà”, lo spettacolo che propone quest’anno, scritto, diretto e interpretato dalla stessa Lucia Cassini è ancora una volta all’insegna della musica e dell’allegria e vuole offrire al pubblico una satira raffinata e pungente, basata su di un percorso che va dal Cafè Chantant alle macchiette di autori del calibro di Pisano e Cioffi che ebbero in Nino Taranto un magistrale interprete.
“Lucì del varietà” è anche cabaret e la Cassini è stata tra le primissime donne ad interpretare questa forma di spettacolo che nel tempo ha subito trasformazioni ma che ancora oggi è sinonimo di satira e attualità.
Lo spettacolo è una satira raffinata e pungente, basata su un percorso che va dal Cafè Chantant alle macchiette di autori come Pisani e Cioffi; dalla parodia al cabaret con un omaggio a Dino Verde.
Il Presidente del Teatro Nino Manfredi, Luciano Colantoni, parlando di questo spettacolo, ha detto: "Siete pronti a divertirvi e a entusiasmarvi? A cantare e, perché no ad essere coinvolti e trascinati nel vortice della risata? E allora dovete venire da martedì 3 a domenica 8 marzo al teatro Manfredi dove torna a grande richiesta Lucia Cassini ormai di casa nel nostro/vostro teatro.
Lo spettacolo di chiama “Lucì del varietà” girando intorno al nome dell’attrice, tra le primissime donne a fare cabaret e a salire sul palcoscenico del Bagaglino con il compianto Oreste Lionello. Simpatia, professionalità e talento...vi aspettano!!!!!!
Cordialità
Luciano Colantoni
Info/prenotazioni 0656324849 info@teatroninomanfredi.it"

Mario Pulimanti