D’ora in avanti posso solo invecchiare
“Nel mezzo del cammin di
nostra vita…
…mi ritrovai per una selva
oscura…
…che la diritta via era
smarrita”.
Chiudo la doccia, resto un istante a
gocciolare e ad assaporare la beatitudine.
Mi chiamo Mario.
Sono romano, nativo testaccino.
Svezzato alla Garbatella.
Uomo delle contraddizioni.
Origini materne trasteverine da antenati
scribi romani
Collevecchio: un tranquillo paese del Lazio.
Paterne origini sabine da dandy raccontafiabe, rossi tulipani, divoratori di disincantati
amori.
A Ostia dopo lunga marcia: da trent’anni abitante
del Lido della Città Eterna.
Ostia,
storia di un amore.
E’ andata così.
L’ora dei ricordi.
Calligrafo.
Falsario nido vuoto.
Scrittore.
Scrivano ingannatore.
All’ombra di mio padre.
Sarà
l’età, ma mi accorgo di stare cominciando a pensare alla velocità di una
tartaruga artritica e ad agire con la prontezza di un bradipo mezzo
addormentato.
Pratiche di disgusto.
La spiaggia è deserta.
Spiaggia di sabbia romana e, sullo sfondo,
il cielo e il mare che giocano a chi fa più orizzonte.
Cose
di Ostia e di lidensi.
“Per me si va ne la città
dolente,
per me si va ne l’etterno
dolore,
per me si va tra la perduta
gente”.
La
strategia migliore è mantenere la calma e aspettare.
La ballata dei pellegrini.
Scaramucce.
Stati di sospensione.
Pista di ghiaccio.
Senza re né regno.
Io e i veleni del lavoro.
Ho
indossato una giacca nuova: mia sorella fa uscire un fischio da una
bocca chiusa a sedere di gallina.
Il
mondo è dei furbi.
Fuga dalla realtà.
Palazzaccio.
Via del paradiso.
Il giornale di ieri.
Il tradimento di oggi.
La finestra di domani.
Giungla del pensiero.
Un inverno di rabbia.
Un cammello che piange.
La corda.
La sentenza.
L’incredibile storia di un illuso.
Cinematografo.
Vedovi.
La marcia dei solitari.
Un esperimento.
“Giustizia mosse il mio
alto fattore:
facevi la divina podestate,
la somma sapienza e ‘l
primo amore.
Dinanzi a me non fuor cose
create
Se non etterne, e io
etterno duro.
Lasciate ogni speranza, voi
ch’intrate”.
A Collevecchio con Simonetta.
Simonetta: sbalorditivamente sicura di sé. Armoniosa.
Papà: una giacca verde. Poeta. Irripetibile, indescrivibile. Insomma, un
grande.
Mamma: occhi stellanti. La traccia dell’angelo.
Bisnonna Cannella: bizzarra, ironica.
Zia Navina: delicata.
Nonna Jole: scorciatoia per il paradiso.
Zia Valeria: un viaggio a Lourdes. Realista.
Zio Fausto e Zio Peppe: gli uomini che non si voltavano. Pratici.
Rita: zia-cugina. Bella, ma morta troppo presto.
Pelé: l’impronta del gatto.
Pilù, Vespa & Polverino: furbi,
dolci, affettuosi, intelligenti.
Alan, Bacco & Birillo: giocherelloni,
simpatici, coccoloni, golosi.
Zio Orlando: poliedrico.
Zio Memmo: anarchico.
Zio Pompeo: pungente.
Zio Alessandro: euforico.
Antonella, cognata: onesta.
Io: il canto dell’orco.
Alessandro: strategie di fuga. Ambizioso, ingegnoso, organizzato.
Gabriele: la divina foresta. Responsabile, forte, allegro.
Rosato: super.
Venia: la misura delle cose.
Nonna Leonella: protezione.
Zia Felly: la bambola.
Nonno Angelino: Gradevole e divertente. Un sonaglio.
Antonella, sorella: archeologi racconti.
“Io sono al terzo cerchio,
de la piova etterna,
maledetta, fredda e greve;
regola e qualità
mai non l’è nova”.
Perché corre Salvatore?
Francesco: leale. Un candeliere.
Giovanni: una luna di carta. Positivo.
Valter: tutto okay.
Liliana: raggiante e ansiosa. E trasparente: così bianca da non accettare
due fustini in cambio di uno.
Don Aurelio Galoppo: come il tonno della pubblicità, si poteva passare
parte a parte con un grissino.
Ida e Arzito, nonni materni di Simonetta: pezzi di cuore.
Barbara e Francesco, nonni paterni di Simonetta: accenni di sollievo,
dietro sguardi preoccupati.
Mariolino: passata la festa, gabbato lo santo.
Zia Olga: una voce così accorata che faceva sembrare arrogante quella
della Piccola Fiammiferaia.
Don Vincenzo Josia: un parroco.
Dottor Gnocchini: insostenibile.
Nonno Gigiotto: un uomo al balcone.
Zio Romolo: ha fatto cadere le mura di Gerico.
Zia Franca: ha affondato la portaerei.
Cinzia: leggende del mare.
Maurizio: ottimo.
Franco e Roberto: mosche d’inverno.
Sandro: ragionevoli dubbi. Essenziale.
Serena: bella come la madre, alta e slanciata
come il padre e furba come la nipote di Ulisse. Non so se mi spiego.
Sara
e Valerio: innocenza.
Fulvio:
ascoltarlo è un piacere.
Marco
e Rita: com’é piccolo il mondo!
Alessia:
sorridente.
Marcello:
creativo.
Rodolanda: la casa di carta.
Hassan:
carisma.
Bisnonno
Primo: evocativo.
Zoraide:
tolleranza.
Signora
Erminia: solare
Valentino,
Fabiola & Rosaria: speciali.
“Grandine grossa,
acqua tinta e neve,
per l’aere tenebroso si
riversa;
pote la terra che questo
riceve”.
Luciano,
Paolo e Felice: arrivati dal cielo di Ostia come la cometa di Halley, che si
vede ogni duecento anni.
Teatro
Manfredi: strepitoso.
Fara
Nume: stimolante
Maestro
Serafini: efficiente. Coraggioso.
Ferruccio
& Silvia: vita sentimentale tra un ingegnere e una psicologa.
Gabriele
& Roberta: sorrisi di trionfo.
Giorgio:
perfezioni provvisorie.
Pino
& Sandra: si fregano le mani come boy-scout col legnetto per
accendere il fuoco.
Stefano:
fratello, amico. Speciale.
Stefano:
guarda l’avversario con i pugnalini negli occhi come Zio Paperone nei fumetti.
Nonno Vittorio: in trappola. Intrigante.
Zio
Gianni: sagace. Touché.
Norma:
pazienza.
Stefano,
Paolo, Claudio, Filippo & co: i cugini Pulimanti.
Zio
Mario & Zio Giulio: entusiasmanti.
Mauro,
Paolo, Massimiliano & Marco: questi sono uomini.
Collega
1: Sembra Nerone che dopo aver
cantato si fosse beccato un coro di pernacchie dai centurioni. Se ne va
risentito, sbattendo leggermente la porta. Probabilmente sarebbe uscito e
sarebbe andato a incendiare Roma.
Collega
2: sguardo spontaneamente estraneo.
Collega
3: il suo interlocutore, Satana a parte, non può che avere la peggio.
Zia Margherita: energica.
Confessione: adoro il teatro dell’assurdo.
Samuel Barclay
Beckett: aspettando Godot.
Jean Tardieu.
Arthur Adamov.
Georges Schehadé.
E, più di tutti: Eugène Ionesco: La cantatrice calva. Giacomo o la sottomissione.
La lezione. Le sedie. Vittime del dovere. Amedeo o come sbarazzarsene.
In un'atmosfera grottesca, i personaggi di Ionesco pronunciano dialoghi incoerenti e
banali, in cui si accumulano i luoghi comuni in un crescendo che giunge al
parossismo del non senso puro, sino a far apparire l'inquietante assenza della
realtà, il nulla, rivelando l'angoscia metafisica che sottende la comicità.
Ok, Ionesco: ionesco puro.
Un teatro assurdo, fatto di un linguaggio comico.
Nel teatro proclamato da Ionesco, il linguaggio fallisce il
suo obiettivo di facilitare la comunicazione e, insieme all’ordine sociale,
diventa una fonte di alienazione per l’uomo.
Signora
Martin: Specie di
quaquoni, specie di quaquoni.
Signor
Smith: Marietta, culo di
marmitta!
Signora Smith:
Krishnamurti,
Krishnamurti, Krishnamurti.
Signor
Smith: Il papa derapa! Il
papa non ha sottopapa. Il sottopapa ha il papa.
Signor
Martin: Bazar, Balzac,
barazzazà!
Signor
Martin: Bizzarro,
balzano, barzotto!
Signor
Smith: A, e, i, o, u, a,
e, i, o, u, a, e, i, o, u, i!
Signor Martin: B, c, d, f, g, l,
m, n, p, r, s, t, v, w, x, z!
Signora
Martin: Dall’ululo
all’elica, dall’ala all’isola!
Signora
Smith, imitando un treno: Ciuff,
Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff.
Signor
Smith: Non!
Signora
Martin: È!
Signora
Martin: Di!
Signora
Smith: Là!
Signor
Smith: Ma!
Signora
Martin: È!
Signor
Martin: Di!
Signora
Smith: Qua!
Tutti
insieme: Non è di là, ma
è di qua, non è di là, ma è di qua, non è di là, ma è di qua, non è di là, ma é
di qua, non è di là, ma è di qua, non è di là, ma è di qua! Sto sulla
riva e guardo con occhi astiosi il sole che tramonta. ( da “La Cantatrice
calva”).
Ognuno muore solo.
Odore di chiuso.
Amori.
Senso comune.
Stasera il mare sembra scosso da una
corrente molto forte.
Anch’io mi sento scorrere via come se
stessi dentro una barchetta di
cristallo.
Tra poco scenderà la classica notte lidense.
Che ne ho fatto del mio senso
dell’umorismo?
Quanto mi hanno dato al Monte di
Pietà?
Sono stato al Catechismo e conosco il vangelo: fai agli altri
quello che vuoi sia fatto a te.
Riuscirò anche a porgere l’altra
natica?
Domani vengo: é una scusa che fa
più acqua del Titanic dopo la collisione.
Stefano dice: “Mario, quando sei in moto e
ti prude la testa, non è di nessun sollievo grattare il casco”.
Forse è filosofia con cui ci puoi
avvolgere le caldarroste.
Però debbo ammettere che in fondo non ha
tutti i torti.
Anche se, cavolo…..é tutto falso.
Intorno
a me, un bastimento carico di simulazioni, frodi.
Inganni.
Menzogne.
Trappole
colorate.
Il
gioco degli specchi.
Giorni
d’amore e inganno.
Imitazioni
di rose rosa.
Libellule
contraffatte.
Copia
di terroristi.
Il
nome di finte parole.
Nebbia
simulata sul mare.
Per
inesatta legge superiore.
Lady
fasulla.
Profeta
inesistente.
La carta più alta:
sbagliata.
Non vera.
Le torri di
Sodoma: ingannevoli.
La verità sul
rapimento alieno: falso.
Una calda notte adulterata.
Tutto rifatto: ne sanno qualcosa le centinaia di signore
di Roma bene che portano in giro bocche siliconate che sembrano il becco di Paperina
e stanno in spiaggia a Ostia con seni al vento che risultano rifatti anche al
passeggero di un aereo.
“Cerbero, fiera crudele e
diversa, con tre gole carinamente latra
Sovra la gente che quivi è
sommersa.
“Guarda” mi disse, “le
feroci Erini”.
“Quest’è Megera dal
sinistro canto…”
“Quella che piange dal
destro è Aletto…”
“Tisifone è nel mezzo”.
Sono al Pontile.
Con la Pulimanti’s family al gran completo: incredibile!
Gabriele mi dice: “Non vai pazzo
per il tuo lavoro, vero?”.
Faccio una specie di sogghigno.
“Non vado pazzo per il mio
lavoro, effettivamente. Soprattutto per il mio stipendio”.
“Papà, se potessi cambiarlo, cosa
ti piacerebbe?”.
“Mi piacerebbe essere un
musicista. La musica è la cosa che mi piace più di tutte. Mi piace ascoltarla e
mi piacerebbe suonare il sax, se fossi capace. In realtà non sono capace, visto
che non ho mai avuto il coraggio di provarci”.
Mi piacerebbe, ma mi rendo conto
che è una prospettiva irrealistica.
Simonetta, meccanicamente:
“Mario, stasera ci sarà la riunione di condominio”.
Già.
Finta espressione dispiaciuta, la
sua.
“Grazie per la precisazione”,
replico.
Vabbè, ammetto il mio falso
interesse per la stenditura illegale di bucato, la detenzione abusiva di
impianti stereofonici, l’ascensore rotto, i balconi da ristrutturare.
Ok, mi ha pure infilato in corpo
i germi del disagio.
Però so anche inquadrare le sue conseguenze in termini che mi
suggeriscono che le risposte appropriate a tutto quello che mi circonda non sia
solamente il lamento e la rabbia, ma una grande e sonora risata.
Nel frattempo Alessandro mi
ricorda che domani andremo al teatro.
Ottimo.
Lancio un’ultima occhiata al mare.
Disordinatamente appagato, ritorno a casa.
Senza esitare.
Dopo tutto, se non mi sbaglio, stasera c’è un film di Nicole
Kidman in tv.
E sono contento, ora.
Disgustosamente contento.
Bingo.
“Volgiti in dietro e tien
lo viso chiuso;
che se il Gorgon si mostra
e tu ‘l vedessi
nulla sarebbe del tornar
mai suso.”
Così disse il Maestro; ed
elli stessi mi volse,
e non si tenne a le mie
mani, che non con le sue
ancor non mi chiudessi”.
Va bene, caro amico che hai avuto
il coraggio di leggermi fino a qui.
Vedo che hai addosso una pelle
d’oca da sembrare un istrice.
E gli occhi pieni di lacrime.
Adesso è finita: puoi andare a
casa.
A trovare la tua famiglia.
Togliti quell’espressione, non
sentirti così.
Non è colpa tua.
Non potevi fare altro.
Sono tempi difficili quelli in cui
viviamo.
Tutto è assurdo.
Ora basta, non ne posso più: d’ora
in avanti posso solo invecchiare.
Amen.
Mario
Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)