venerdì 30 dicembre 2011

10 anni fa moriva la lira




Che strazio: mi debbo recare ad un convegno economico all’Hotel Exedra. Si parlerà della morte della lira, avvenuta dieci anni fa. Cavolo: nessun altro collega voleva andarci e così hanno incastrato me. Esco dall’ufficio. L’Hotel Exedra si trova in quella che una volta erta piazza dell’Esedra -perché sorta ricalcando l’emiciclo delle vaste Terme di Diocleziano, di cui ancora si possono ammirare le rovine poco distanti- e che, dagli anni Cinquanta, prende il nome di Piazza della Repubblica. Ma noi romani non ci siamo mai abituati al cambiamento e, nonostante il tempo trascorso, continuiamo a usare al precedente denominazione. L’albergo di lusso è davanti alla grande Fontana delle Naiadi, sul lato sinistro della piazza. Entro nell’hotel passando davanti a un portiere in cilindro e livrea. La luce dei lampadari di cristallo è riflessa dai marmi pregiati, gli arredi sono sfarzosi. Mi soffermo nella lobby come un cliente qualsiasi, chiedendomi come fare a rintracciare la sala convegni. Sto per chiedere al portiere dove si trova questa sala, quando mi volto e vedo un collega della Presidenza fermo sulla soglia dell’hall. Fra le sue mani, una cartella. Nei suoi occhi, l’oscuro bagliore dell’odio. Diamine, è la vigilia di capodanno e siamo stati precettati ad una riunione di questo genere! Entriamo, la sala è affollata. Ci sediamo in terza fila. Dopo pochi minuti l’oratore, un noto professore universitario, economista di grido, inizia a parlare. Così vengo immediatamente informato che, quando l'euro entra in vigore, il primo gennaio 2002, presidente della Repubblica è Carlo Azeglio Ciampi, a Palazzo Chigi siede Silvio Berlusconi per la seconda volta, e l'Istat certifica un pil in crescita dell'1,8% e un rapporto deficit-pil all'1,4%. Il mondo è ancora sconvolto dall'attacco alle Torri Gemelle. Dopo l'ingresso dell'euro la situazione non cambia con una crescita che malgrado tutti i tentativi resta costantemente sotto il 2%. La crisi globale generata dal crac Lehman Brothers porterà il prodotto interno lordo a calare dell'1,2% e addirittura del 5,1% rispettivamente nel 2008 e nel 2009. Il resto è storia recente, con la crisi del debito sovrano che minaccia la tenuta stessa della moneta unica e da luglio si concentra proprio sulla scarsa crescita dell'Italia. Sembrerebbe andare meglio per quanto riguarda la disoccupazione, che è quasi al 9% (8,9 ad ottobre 2002) pochi mesi dopo l'ingresso della nuova valuta e si porta sotto il 7% negli anni successivi per poi risalire, per colpa della crisi, all'8,5% a dicembre scorso. Sostanzialmente riuscita è invece la corsa al contenimento del deficit, che si fissa al 3,2% nel 2002 (sopra la soglia del 3% prevista da Maastricht ma in compagnia di Francia e Germania) per poi scendere nel corso degli anni, salire nuovamente, ma in misura nettamente meno drammatica rispetto agli altri Paesi europei all'apice della crisi. Drammatica resta invece la crescita del debito pubblico negli ultimi anni, passata dal 108% sul pil nel 2002 al 119% nel 2010 per sfondare la soglia del 120% quest'anno. Stagnante, infine, al pari della crescita italiana appare la dinamica dei salari, sostanzialmente invariati nel corso degli anni: 1.215 euro lo stipendio medio italiano nel 2002, 1.286 nel 2010 con un tasso di inflazione nel frattempo salito intorno al 2% ogni anno: 2,5% nel 2002, sotto il 2% nel 2004 e nel 2006, all'1,3% nel 2009, per poi superare il 3% nel 2007 e superare questo livello a ottobre 2011 (3,4%) e novembre (3,3%). E dire che il primo gennaio 2002 il debutto era stato entusiasmante. Nessun problema tecnico, nessun impazzimento dei bancomat nella notte del changeover, ma solo l' utilizzo dei kit arrivati prima di Natale per far prendere confidenza agli italiani con la nuova moneta. La valuta segnava l'addio a storiche monete, la millenaria lira, il franco, il fiorino e anche il leggendario marco tedesco, sulla cui solidità la nuova moneta fu disegnata, modellata e ancorata alla Bce, la banca centrale europea di nome ma tedesca di fatto, in cambio del sì tedesco alla valuta transnazionale. Undici furono i pionieri tra cui, non senza fatiche e consueto impegnativo rush, anche l'Italia, che per adottare l'euro da subito impose anche una tassa apposita. Assente la Grecia che avrebbe avuto un anno di tempo in più per aggiustare i propri conti pubblici. Oggi sono 17 e, non perché il numero almeno da noi porti sfortuna, l'euro è entrato in crisi profonda, assaltato dagli speculatori, con una banca centrale impegnata a difenderlo senza poter però stampare autonomamente moneta o farsi garante di ultima istanza dei debiti pubblici dei Paesi membri. Dopo due ore il convegno finisce. Usciamo. Istintivamente, protengo una mano verso l’amico, come per salutarlo. Lui si rivolge a me: “E ‘ proprio vero, l’euro ha compiuto dieci anni, ma non è un compleanno felice”. Rispondo: “In effetti, é così”. E lo saluto. Bè che dire ancora: Buon 2012 a tutti! Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

giovedì 8 dicembre 2011

Dlin dlin dlin è Natale, papà!




Il 20 aprile 1992 è morto mio padre, Antonio Valeriano.
Ne è passato di tempo, ormai, ma il ricordo è ancora vivo.
Bruciante.
Proprio come allora.
Da quando papà non c’è più, mi sento ancor più legato a lui.
Perché mi manca.
Probabilmente è il segno di una volontà che ci vuole legati per sempre.
Mi manca il suo umorismo, la sua acuta osservazione degli altri.
Mi manca la sua educazione, la sua cultura che non esibiva mai.
Mi mancano i giorni di Natale passati insieme a lui.
Mi mancano le sue parole, i suoi messaggi, le sue battute con i tempi comici perfetti.
Mi manca la sua faccia tonda, aperta e fiduciosa.
Con un accenno di opulenza che lui per altro portava con molta leggerezza.
Mi manca la sua stuzzicante ingenuità sempre pronta a rilevarsi in un sorriso.
Queste sono le cose che ho perduto.
Sì, sono un sentimentale, ma anche a essere troppo schematici è pericoloso.
Vedere tutto in bianco e nero.
Ricordi…
Tornano sempre, anche quando non dovrebbero…
Brandelli di passato.
Stilettate di dolore, di angoscia.
“La vita è solo un sogno.”
Quella frase, le ultime parole di un uomo che credevo invincibile.
Immortale.
Questo é il diciannovesimo Natale che papà non c’è più.
E oggi vorrei tanto telefonargli per dirgli, sottovoce, che gli voglio sempre bene.
Che lo ricordo com’era veramente: un papà speciale.
Unpapà intelligente.
Soprattutto un papà buono.
Buon Natale, papà!
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)