lunedì 29 settembre 2014

Il problema delle sette in Italia.

Il problema delle sette in Italia è un problema che non va sottovalutato, perché gli appartenenti a queste sette, con atteggiamento di intolleranza unito a un proselitismo aggressivo, associano alla Bibbia altri libri rivelati, altri messaggi, o dalla Bibbia sopprimono alcuni suoi libri o ne alterano radicalmente il contenuto. Sono per lo più autoritari; fanno ricorso ad un certo lavaggio del cervello; praticano una coercizione collettiva. Ed è un problema allarmante, perché prendono di mira i più vulnerabili. Le sette più pericolose ed invadenti sono quella dei Mormoni, di New Age, dei Bambini di Dio e dei Testimoni di Geova, che inculca l’odio contro la Chiesa Cattolica ai suoi seguaci obbligati cinque volte a settimana a recarsi alle riunioni per imparare la maniera di inculcare alla gente le loro idee. Inoltre quasi ogni giorno vanno di casa in casa per seminare zizzania. E sono incredibili i divieti di sapore medievale ai quali questa setta obbliga i suoi adepti, come il divieto di celebrare un compleanno o un onomastico, di ricordare la nascita di Cristo, di fare un brindisi, di mangiare un volatile o qualsiasi altro animale ucciso, ma non debitamente dissanguato, di giocare a scacchi, di portare la barba, di praticare la danza classica, di mandare i figli all'asilo e all'università, di offrire dei confetti in occasione di nascite, matrimoni e occasioni simili, di acquistare un biglietto della lotteria o giocare una schedina, di fumare una sigaretta. Ritengo che non possa esistere il dialogo dove non c’è comprensione. Sono poi convinto che non si possa organizzare il cristianesimo sulla struttura di una grande azienda. Allora, a chi non è capitato almeno una volta di essere fermati per strada da un Testimone di Geova, e di averlo trattato con il divertito distacco riservato agli strambi? E quante volte gli abbiamo tributato l’astio che si riserva ai rompiscatole, per il solo fatto di essersi presentato al nostro citofono la Domenica mattina presto, cercando di rifilarci una rivista dal titolo “Svegliatevi!” Ed è per questo che, tra le tante testimonianze di fuoriusciti, mi è rimasta particolarmente impressa quella di un ragazzo che ha detto: “Comunque le cose che più hanno segnato la mia adolescenza sono state le proibizioni, tra cui discoteche, locali notturni ma anche certa musica rock definita satanica e molte letture. Non dimenticherò mai il giorno in cui mi costrinsero a disfarmi della mia collezione dei Pink Floyd in vinile... Ad oggi non ho ancora capito cosa avessero trovato di diabolico nei testi di Roger Waters, ma tant'è...”. Io ritengo che lo Stato dovrebbe mettere un freno alla divulgazione di queste idee, perché se da un lato è giusto rispettare la libertà religiosa di chiunque, dall’altro lato non mi sembra che la Costituzione permetta la sudditanza psicologica (come nel caso dell’organizzazione geovista nei confronti dei suoi adepti) di una persona verso l’altra ed il suo conseguente lavaggio del cervello! Per non dimenticare, infine, la situazione in cui si trova a vivere chi decide di andarsene da questo gruppo, i cui adepti si possono paragonare alle sirene dell'Odissea che con i loro sorrisini, le gentilezze e le buone maniere catturano l'ignaro il quale, se decide poi di uscirne, viene sottoposto a ricatti morali e familiari. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

venerdì 26 settembre 2014

L’amicizia è una maschera

L'amicizia non è un semplice sentimento, è un valore. Ma, come accade per molti altri valori, non sempre regge l'urto dei tempi e delle avversità. Lo scrittore statunitense Ambrose Bierce ha detto che l’amicizia é una nave grande per portare due persone quando si naviga in buone acque, ma riservata a una sola quando le acque si fanno difficili. Per questo scrittore l’amicizia non è che il vestito buono dell’egoismo, una maschera che l’uomo si mette, ma che si toglie subito alle prime difficoltà. Ragionamento cinico ma purtroppo vero. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

martedì 23 settembre 2014

Le diverse interpretazioni del Corano

Anche se molti cittadini di fede islamica affermano la loro volontà di pace, è anche vero però che nel mondo musulmano coesistono modi molto diversi di intendere la propria religione e ciò giustifica preoccupazioni ed anche la richiesta che le prediche degli imam nelle moschee in Italia siano tradotte in italiano. Del resto l'interpretazione del Corano è da secoli una grande questione aperta. Ciò deriva dall'origine stessa del Corano che venne dettato da Maometto (che era analfabeta) a vari testimoni i quali, a loro volta, impararono a memoria alcune parti per trasferirle poi a una serie di compilatori che lo trascrissero e a loro volta lo tramandarono. A questo si aggiunge il fatto che la religione musulmana, a differenza di quella cattolica, non prevede l'esistenza di un clero che, nel rispetto di una dottrina, indichi a tutti i fedeli dove stia il bene e dove stia il male. Tutto ciò consente nel mondo islamico ampi margini di interpretazione dei testi sacri da parte degli imam o anche dei singoli fedeli. Questo potrebbe non rappresentare un particolare problema se avesse conseguenze solo sul piano religioso. Ma, come ci ricordano le minacce dell'Isis, così non è. Perché l'Islam fa infatti derivare dal credo religioso anche una concezione della società e delle regole che la devono governare. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

giovedì 18 settembre 2014

Pericolo Ebola

Il virus dell’Ebola, che si sta rapidamente diffondendo in tutti i paesi dell’Africa occidentale provocando migliaia di morti, avanza più velocemente degli sforzi per controllarlo. Infatti se la malattia continuasse a diffondersi al ritmo attuale, il virus potrebbe finire con il contagiare altre trecentomila persone entro la fine del 2014. Peter Piot, lo scienziato belga che nel 1976 individuò per la prima volta il virus, disse che l’Ebola era una malattia che si contraeva venendo a contatto con sangue o escrementi di un certo tipo di pipistrelli africani. Per impedire falsi allarmismi, Piot disse che la sua propagazione fuori dalla zona colpita era impossibile data la sua virulenza. Infatti per i soggetti colpiti (esistono 4 ceppi di cui quello dello Zaire è il più letale: mortalità oltre il 90%) la sofferenza durava poco (una sola settimana dopo quella di incubazione) e la morte giungeva veloce (febbre alta,diarrea e vomito e cedimento degli organi interni). Fino a ieri l'Oms (l’Organizzazione Mondiale della Sanità) aveva dichiarato che noi occidentali non avevamo niente da tenere (le forme di contagio tra umani sono siringhe infette, contatto con sangue o fluidi corporei, rapporti sessuali) e che il problema era tipicamente africano. Oggi all'improvviso ci dicono che il pericolo che il virus varchi i confini africani non sono remoti. Quest'ultima dichiarazione è in accordo con ciò che dissero a suo tempo diversi virologi e cioè che data la velocità dei spostamenti che oggi possiamo vantare e del tempo di incubazione di certe malattie la possibilità che possano avvenire delle epidemie o pandemie non è remoto. Tanto che, considerati i tempi d incubazione, non sarebbe male, ad esempio, rafforzare i presidi negli aeroporti. Perciò il virus Ebola deve essere considerata una emergenza di sanità pubblica di rilevanza internazionale, dato che la malattia può essere trasmessa al di là dell’Africa e colpire nuove aree geografiche. Inoltre lo stesso scopritore del virus Peter Piot aveva fatto presente che per contenere il virus dell’Ebola bastavano poche norme igieniche (guanti, siringhe monouso, lavaggio frequente delle mani) e di cautela per il personale sanitario e non sanitario compreso un periodo di osservazione delle persone venute a contatto con i malati. Il problema come lo stesso Piot ha evidenziato è che l'estrema povertà dei paesi colpiti e il sistema sanitario deficitario se non addirittura inesistente di quei paesi, rende grave la situazione. Lo stesso Piot che è ritornato nella zona dove ha individuato il virus lamenta lo scandaloso abbandono di quella povera gente. Ora, tenuto conto che la comunità internazionale ha sottovalutato l'epidemia di Ebola, sarebbe il caso che il Consiglio di Sicurezza Onu pensasse ad inviare risorse di difesa militari e civili, mentre la Ue, da parte sua, dovrebbe intensificare gli sforzi a tutto campo. Una stretta di mano, un bacio sulla guancia, un rapporto sessuale: per contrarre il virus dell’Ebola basta poco e se lo prendi, muori. Dopo circa dieci giorni arrivano i primi sintomi: diarrea, vomito, congiuntivite. Poi sopraggiunge il delirio, lo shock e la perdita di sangue. Infine la morte. Tutto questo non è un film genere splatter. Da tempo avviene in Africa. Ed ora sta accadendo anche in Europa. A questo punto mi chiedo come mai la Liberia, la Sierra Leone, la Guinea e la Nigeria siano gli Stati col numero inferiore di medici per abitante. Sarà un caso? Chi guadagna dalle epidemie? Chi ha interesse a mantenere aree geografiche insane? Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

giovedì 4 settembre 2014

Statali arrabbiati

Statali arrabbiati Il governo di Matteo Renzi e del ministro Marianna Madia ha confermato il blocco dei contratti pubblici. Gli stipendi dei dipendenti pubblici sono bloccati dal 2009, con una perdita secca, non recuperabile, pari a più di 3.000 euro annui medi pro-capite, un gravissimo danno permanente, in quanto destinato ad incidere anche sul trattamento pensionistico. Ed anche se la gravità del momento obbliga il Governo ad una politica di ristrettezze economiche, non è giusto che si continui a pensare di togliere sempre ai dipendenti pubblici, che hanno già pagato a caro prezzo il costo della crisi reso ancor più oneroso dagli errori della politica. Sarebbe ora di cominciare ad attingere al serbatoio della corruzione, a quello dell'evasione fiscale, a quello degli sprechi ed a quello dei costi degli elefantiaci apparati della politica. Dal governo dei giovani non vedo altro che la più vecchia delle politiche: se questo è tutto quello che sanno fare rispetto a tre milioni di lavoratori e di famiglie, immagino come possano fare l’interesse di un intero paese. Senza dimenticare, infine, che nella prossima busta dello stipendio gli statali troveranno la riduzione dello stipendio comprensiva degli arretrati a decorrere dal 1 gennaio 2014 a seguito delle disposizioni riguardanti il pagamento all’ INPS del contributo dello 0,5% per il fondo di solidarietà residuale per i lavoratori non coperti dalla cassa integrazione guadagni, in applicazione della c.d. legge Fornero. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

mercoledì 3 settembre 2014

“Sono negato per i lavori manuali”

“Sono negato per i lavori manuali” Non ho il coraggio di dire queste cose a mia moglie, così le scrivo sul giornale. Così, come sul versante femminile esistono le mani di fata, su quello maschile esistono gli uomini veri, quelli da amaro Montenegro, capaci di salvare cavalli ma anche di aggiustare oggetti, di riparare guasti domestici, di lavare i piatti e di cucinare. Io, ahimé, come molti altri uomini, non appartengono a questa categoria. In realtà so fare tante altre cose. Leggo moltissimi libri e me li ricordo. Credo di cavarmela con la scrittura e malgrado quello che dicono certi miei colleghi, penso di lavorare con impegno e con discreta abilità. Faccio delle belle fotografie. E poi quando c’è da bere e da mangiare sono un vero professionista! Ma, come dice mia moglie Simonetta, in tutto il resto, o quasi, sono un disastro. E quando dico disastro non esagero. Perché la mia vita è punteggiata, quotidianamente, da sconfitte imbarazzanti. Prendiamo la botanica. Vi dico subito che Simonetta ha il pollice verde. Ogni pianta che lei mette in casa diventa un baobab. Io, invece, sono una catastrofe vivente. Ogni pianta che metto in ufficio muore dopo pochissimi giorni. Sono l’Attila delle azalee, dei ficus e degli oleandri. Passiamo alla cucina. Per sintetizzare il mio rapporto con i fornelli sarò esplicito: non so cucinare nemmeno un uovo al tegamino. Quando prendo in mano una padella divento Fantozzi. Confondo il sale con lo zucchero. Mi brucio le mani quando scolo l’acqua della pasta. E le poche volte che ho provato a cuocere una bistecca i vicini hanno chiamato i pompieri per via del fumo, che ho provocato nel palazzo. Poi c’è il bricolage. Se c’è da attaccare un quadro mi prendo a martellate da solo. Se devo bucare una parete col trapano mi ritrovo nel salotto dei vicini di casa. Non parliamo dei miei maldestri tentativi quando c’è da sturare un water: provoco un maremoto e allago l’appartamento. Se cerco di aggiustare una presa elettrica faccio saltare la corrente in tutto il quartiere. Da solo non riesco a mettermi un cerotto al dito. E se prendo in mano un tubetto di attaccatutto resto per tre giorni con il pollice incollato all’indice. Piuttosto che cambiare una gomma della mia automobile, vendo l’automobile. Perché potrei restare lì, a combattere col crick, per intere settimane. Impazzisco quando c’è da registrare qualcosa in Tv usando il timer. Se decido di registrare un film mi ritrovo sul nastro un documentario sulla vita delle renne nella Lapponia orientale! Comunque sono un uomo fortunato perché mia moglie, nonostante tutto, è innamorata dei miei difetti e, sempre vigile sul destino dei nostri due figli, Gabriele ed Alessandro, finisce con l’essere lei il vero fulcro della famiglia, anzi ne è l’unica colonna portante. E, anche se il suo tentativo di trasformare la nostra famiglia in una unità di cui andare socialmente fieri fallisce inevitabilmente, eppure l’amore rimane lo stesso. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

lunedì 1 settembre 2014

Metro affollata

Sono sulla metro di Ostia diretto a Roma. Arrivo alla stazione della Piramide, ma il mio viaggio continua. Debbo, infatti, arrivare fino a Termini con un’altra linea della metro: l’affollatissima linea B. Scendo di sotto con la scala mobile. Mi rendo conto, appena vedo la piattaforma, che difatti è affollata all’inverosimile. Più del solito. Deve esserci stato qualche guasto e probabilmente non arrivano treni da almeno un quarto d’ora. Scendo dalla scala mobile. Tempo cinque minuti e arriva un treno, ogni centimetro di carrozza stipato di corpi sudati, accartocciati, pigiati in un insieme compatto. Non provo neanche a salire, ma nel pandemonio di persone che sgomitano per aprirsi un varco l’una sull’altra, riesco a guadagnare la prima linea della piattaforma e resto in attesa del convoglio seguente. Che arriva alcuni minuti dopo, ma pieno zeppo come il precedente. Quando le porte si aprono e qualche passeggero dalla faccia paonazza si fa largo tra la folla in attesa, mi pigio dentro e respiro una boccata d’aria viziata, stagnante. Mi sembra che l’aria sia passata per i polmoni di ciascuno un centinaio di volte. Altra gente s’ammassa alle mie spalle e mi trovo spiaccicato tra un giovane arabo ed il vetro divisorio che ci separa dall’area dei posti a sedere. Normalmente avrei preferito mettermi con il naso pigiato contro il vetro, ma quando ci provo scopro una gran chiazza viscida, proprio ad altezza del mio viso, un accumulo di sudore e di unto lasciato dalla testa dei passeggeri che si sono strusciati contro la lastra trasparente, così non posso far altro che girarmi e fissare, occhi negli occhi il ragazzo che ho davanti. Quando al terzo o quarto tentativo si chiudono le porte io e lui ci ritroviamo ancora più pigiati perché la gente accalcatasi sulla porta senza riuscire a entrare finisce con lo stiparsi dentro insieme a noi. Se dovessi svenire non cadrei in terra perché spazio per cadere proprio non c’è. Arrivo a Termini decisamente provato. Al contempo penso che mi farebbe bene bere un caffè. Che prendo subito prima di entrare in ufficio. E’ proprio vero: fare il pendolare stanca! Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)