sabato 30 marzo 2013

Io, controfigura di jannacci, rimpiango un genio che se ne va

Enzo Jannacci.

Nel film "La bellezza del somaro" di Castellitto, sono stato la sua controfigura.

Oggi rimpiango un genio che se ne va.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

giovedì 28 marzo 2013

Politica, arte dell’inganno

Politica, arte dell’inganno


La politica è spesso, non a torto, demonizzata.

Nel secolo scorso un uomo di Stato ne diede questa sintetica definizione: la politica è la scienza dell'opportunismo e l'arte dell'inganno.

Forse c'è un eccesso di cinismo in queste parole, ma va anche detto che ascoltando e vedendo alcuni politici di professione si ha spesso la sensazione che a ciò si siano dedicati perché non sapevano fare niente di meglio nella vita.

Resta il fatto che, però, la politica, soprattutto la buona politica, bisogna saperla fare e che è necessario avvicinarsi con un'adeguata dose di umiltà e di consapevolezza dell'importanza del giudizio e del consenso popolare.

Qualità che mi pare invece abbiano fatto difetto a parecchi dei ministri del governo tecnico guidato da Mario Monti.

Alcuni di loro, in particolare, si sono mossi con una goffaggine, un'inadeguatezza e una presunzione sconcertanti.

Dimostrando, ancora una volta, che in politica le competenze tecniche sono importanti, ma se non sono affiancate da altre qualità, anche umane, e dalla comprensione del proprio ruolo pubblico nonché della necessità di rispondere, prima o poi, dei propri atti e delle proprie parole ai cittadini, il risultato finale rischia di essere deleterio se non catastrofico.

La vicenda dei due marò, purtroppo, è lì a dimostrarlo.



Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)



mercoledì 27 marzo 2013

I 2 marò

I due marò


Sempre più complicata la vicenda dei militari italiani detenuti in India.

Il ministro degli Esteri Giulio Terzi ha dato le dimissioni affermando di non condividere la decisione di rispedire in India i due fucilieri di Marina accusati di aver ucciso due pescatori.

Del resto, una volta presa la decisione di non far tornare i marò in India, un minimo di decenza avrebbe imposto di non tornare sui propri passi.

Sono convinto che la scelta di restituire all'India Latorre e Girone sia stata sbagliata.

Non si deve dimenticare, infatti, che la colpevolezza dei nostri due militari è in larga parte ancora tutta da dimostrare.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

lunedì 25 marzo 2013

Nuove elezioni, un lusso che non possiamo permetterci



Penso che se ci fossero stati Renzi e Alfano, invece che Bersani e Berlusconi, avremmo già un governo e una maggioranza abbastanza solida.

Probabilmente si tratterebbe di un governo di centro-sinistra, mentre il Pdl sarebbe relegato all'opposizione con una dote di voti e di parlamentari inferiore a quella ottenuta grazie all'ennesima rimonta firmata Berlusconi.

Berlusconi, del resto, se dall'altra parte ci fosse stato Matteo Renzi, molto probabilmente, non sarebbe neppure sceso personalmente in campo.

Le cose però sono andate in modo assai diverso e ora ci ritroviamo senza certezze alcuna e con il Pd con il suo segretario impegnati a immaginare improbabili alleanze, patti di desistenza con i grillini, governi di minoranza o a maggioranza assai variabile.

In attesa, par di capire, di nuove elezioni che sarebbero dietro l'angolo.

Un lusso che l'Italia non si potrebbe permettere. Ma la politica spesso ragiona pensando al proprio interesse prima che a quello del Paese.


Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

venerdì 22 marzo 2013

Le intemperanze di Grillo


Le intemperanze di Grillo


Ritengo che la presenza in Parlamento del Movimento 5 Stelle possa contribuire ad accelerare le riforme che attendono da troppo tempo sul fronte dei costi e dell’efficienza della politica.

Ritengo però puerile l’ostracismo di Grillo nei confronti della stampa italiana.

Di fronte a simili intemperanze sarebbe opportuno che i giornalisti disertino le conferenze stampa del Movimento 5 Stelle, dato che i grillini fanno conferenze stampa senza il diritto per tv e carta stampata di far domande.

Penso che i grillini cambieranno presto idea, scoprendo di aver bisogno dei giornali e delle tv, come tutti gli altri politici, vecchi e nuovi.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)


giovedì 21 marzo 2013

Il processo di cambiamento di Bergoglio

Il processo di cambiamento di Bergoglio Quando la politica, laica e cattolica, cerca di catalogare gli uomini di Chiesa, inserendoli nei propri schemi (destra-sinistra) dimostra, ancora una volta, una scarsa capacità di comprendere la realtà. Infatti la realtà della Chiesa non é comprimibile nelle categorie classiche della politica. Ma, soprattutto, credo non abbia molta importanza disquisire oggi sul tasso di progressismo o di conservatorismo di Bergoglio. Non si dovrebbe mai dimenticare che il più grande momento di svolta della Chiesa contemporanea, il Concilio Vaticano II, è legato al nome di Papa Roncalli, che certo non aveva mai avuto fama di "rivoluzionario", né dentro né fuori la Chiesa. Anche per Papa Francesco, così poco legato alle logiche e ai costumi della Curia romana, ci sono molte ragioni per ritenere che possa essere un Pontefice innovatore. Ma, come ha fatto capire nella sua prima omelia da Papa, questo processo di cambiamento avverrà all'interno del cammino della Chiesa e del suo messaggio evangelico. Che non è né di destra né di sinistra. Ma si rivolge a tutti gli uomini di buona volontà. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

venerdì 15 marzo 2013

Ricordi

Ricordi Solo ricordi. Quelli belli, quelli veri, quelli che avrei accarezzato tutta la vita come gatti sulle ginocchia. Sto andando a crearmeli. Certo: andare a caccia di ricordi non è mai un bell’affare. Qualunque cosa trovi sulla tua strada, rimane ogni caso un nulla di fatto. I ricordi belli non li puoi catturare e quelli brutti non li puoi uccidere: quando mi hanno detto che mamma era morta, ho pianto tutte le lacrime che si potevano piangere. E ogni respiro sembra fatto di aria malsana, quella che si ferma in gola e lascia un cattivo sapore in bocca. Tuttavia, ogni volta ci torno, nutrendo quell’istinto a farmi del male che ogni essere umano, in misura maggiore o minore, porta dentro di sé. Ricordi. Solo ricordi. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

Grillo dice no alle alleanze di governo

Grillo, in virtù della grande forza elettorale raggiunta, ha, da un lato, creato grandi aspettative, dall'altro, ha ingenerato forti preoccupazioni nelle altre forze politiche timorose di venire, presto o tardi, travolte loro stesse dalla valanga grillina. L'effetto combinato di questi due fatti può contribuire a dare finalmente una salutare accelerazione al rinnovamento del sistema politico italiano e all'abbattimento di privilegi, sprechi e rendite di posizione che si annidano nei Palazzi del potere ad ogni latitudine. Del resto questa è la principale e giustificata ragione per cui molti cittadini hanno votato il movimento di Grillo. Non certo perché convinti da proposte come la settimana di lavoro a 20 ore o il no categorico a qualsiasi Alta velocità. Ma qui sta il punto. Il fenomeno Grillo è innanzitutto figlio della degenerazione del sistema politico italiano e della sua cronica incapacità di riformarsi. Grillo, sfruttando con intelligenza e sapienza Internet, ha raccolto larghi consensi non tanto per ciò che propone, ma soprattutto per ciò a cui si oppone. Sul piano economico e sociale il programma del Movimento 5 Stelle oscilla, in molti punti, tra fondamentalismo e surrealismo. Grillo, da uomo intelligente e politico furbo e accorto quale si è dimostrato, lo sa. E soprattutto sa benissimo che le rivoluzioni è assai più facile annunciarle che realizzarle. Qualsiasi accordo di governo, anche parziale, costringerebbe i 5 Stelle a fare i conti la realpolitik e le esigenze della mediazione politica. Imporrebbe di misurare concretamente l'efficacia di molti slogan, rivelandone, con ogni probabilità, la debolezza o l'impraticabilità. Per un movimento giovane e destrutturato come quello di Grillo ciò potrebbe avere effetti destabilizzanti. Grillo e Casaleggio ne sono consapevoli e non intendono correre questo rischio. Preferiscono stare alla finestra, aspettando magari di capitalizzare altri consensi sugli errori, le inerzie, le non-scelte delle forze politiche tradizionali. Per questo Grillo, quasi certamente, dirà no a qualsiasi alleanza di governo. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

giovedì 14 marzo 2013

Francesco I, un guru conservatore

Francesco I, un guru conservatore Benedetto XVI si é trovato solo, di colpo comparsa e non più protagonista. Ha lasciato le stanze vaticane, dopo quasi otto anni di pontificato, primo Papa Emerito della storia della Chiesa Cattolica a vedere l’elezione del suo successore e si è ritirato a vita privata, in base ad una norma del codice di diritto canonico che prevede la possibilità di una rinuncia del soglio pontificio. C'è qualcosa nell'abdicazione di Benedetto XVI che non torna. Non è normale che un papa abdichi, un papa è papa sino alla morte, il suo è un fatto unico nella storia: è vero che già sei papi prima di lui hanno abdicato, ma lo scenario storico-politico era completamente diverso, nessun papa ha mai lasciato il pontificato perché non reggeva più. Un Papa che abdica parlando di Chiesa deturpata dai gravi personalismi e lotte intestine all’interno della Curia: in questo passo di Papa Ratzinger vedo l’influenza dei poteri forti che da tempo condizionano la Santa Sede. Stavolta la massoneria non ha neanche avuto bisogno di farlo fuori come con papa Luciani: gli hanno detto "Va'," e lui è andato! E ora c’é questo Papa Francesco (non Totti…). Fa simpatia, tenerezza: per questo l’hanno scelto. Jorge Bergoglio, Papa Francesco I, è quello che in Argentina si definisce un “conservatore popolare”, un esponente tipico –e dichiarato- della destra peronista. E’ un conservatore, un integralista di destra. Contestò l'apertura dei gesuiti alla Teologia della Liberazione, negli anni settanta e questa posizione gli è valsa l'accusa di connivenza con il regime dei generali. Fa parte dell’Ordine Dei Gesuiti, basta questo per dire che è una persona molto potente… E’ dichiaratamente contro il matrimonio fra omosessuali, la crisi del celibato sacerdotale, la contraccezione, l'aborto, la procreazione assistita, la clonazione, il trapianto di organi e il testamento biologico Ma è pure sufficientemente anziano -77 anni- per rappresentare un nuovo papato di transizione in termini di durata. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

mercoledì 13 marzo 2013

Hugo Chavez, falso mito

Hugo Chavez, falso mito Ritengo che Hugo Chavez, il defunto presidente del Venezuela sia un prodotto delle molte contraddizioni politiche ed economiche del Sudamerica. Come uomo merita il rispetto che si deve a una persona che ha lottato a lungo contro una malattia ed è morta a meno di 60 anni. Ma riesce difficile annoverarlo tra i martiri della libertà e fa amaramente sorridere vedere il suo nome inserito tra i simboli contemporanei delle lotte di liberazione. Il Venezuela che Chavez lascia è un Paese scarsamente democratico, brutalmente dominato da una casta e per nulla affrancato da una diffusa povertà, nonostante l'abbondante petrolio di cui dispone. Certo, il presidente venezuelano era un leader popolare e amato da una parte della sua gente. Del resto un dittatore, in una determinata fase storica, possa anche godere di un ampio consenso popolare. Ciò però non lo rende un modello di democrazia né un esempio da imitare. Con tutti i limiti che questi parallelismi genere hanno, sul piano politico penso che Chavez sia piuttosto la versione, aggiornata e corretta, del classico "caudillo" sudamericano, più simile a un Peron "militare" che a un Fidel Castro. Quanto al bilancio del suo lungo governo, è vero che dal 1999 l'indice di povertà estrema in Venezuela è diminuito, ma il 70% della popolazione è ancora oggi in condizioni di precarietà: vive cioè di sussidi e non ha lavoro. Nel frattempo è esplosa la criminalità: nel 1999 gli omicidi in Venezuela erano seimila, nel 2012 sono stati più di ventimila. Sul fronte economico l'enorme ricchezza petrolifera non ha impedito che il governo fosse costretto alcune settimane fa a svalutare la moneta nazionale del 50% e il tasso d'inflazione è il più alto del Sudamerica: 20%. Né si può affermare che Chavez abbia modernizzato il suo Paese. I dati ci dicono piuttosto il contrario: ha ingigantito gli apparati statali e soprattutto gli organici dell'impresa petrolifera di Stato che negli ultimi 15 anni ha visto passare da trentamila a centomila i propri dipendenti, mentre nello stesso periodo di tempo, la produzione di petrolio del Venezuela è calata da quattro milioni di barili al giorno a due. Il resto dell'industria invece ha chiusi i battenti o ridotto drammaticamente la sua produttività: oggi solo un terzo di ciò che viene consumato è prodotto in loco. Tutto il resto è importato. Insomma, tutto lascia intendere che Chavez abbia sfruttato l'enorme ricchezza che deriva al Venezuela dalla scoperta dell'oro nero più per rafforzare il proprio consenso e la sua presa ferrea ed autoritaria sul Paese che far crescere realmente il benessere del proprio popolo e la competitività della nazione. Ciò non toglie che qualcuno possa provare simpatia per lui, per il suo istrionismo, per il suo anti-americanismo risoluto e le non comuni capacità oratorie. Ma il giudizio politico, credo, sia cosa diversa. In conclusione, non ritengo giusto far di Chavez un mito. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

martedì 12 marzo 2013

La dittatura buona non esiste

Non esiste una dittatura buona Sento spesso in giro parlare di fascismo buono: ritengo che questa definizione sia una contraddizione in termini. Difatti, anche se per molto tempo una certa storiografia ha cercato di demonizzare ogni aspetto del regime fascista, è fuor di dubbio che durante il Ventennio furono realizzate anche opere meritorie: dalle bonifiche ai centri "piacentiniani" (dal nome dell'architetto simbolo del regime) che ancora caratterizzano alcune nostre città. Nella prima fase del suo governo Mussolini fu in grado di dare un impulso modernizzatore al Paese e alla sua economia e anche su questo fondò il suo consenso popolare che, almeno per un decennio, fu vasto e reale, pur se non ci furono mai libere elezioni. Riconosciuto ciò, non bisogna però imenticare che il fascismo fu una dittatura con tratti di estrema ferocia. Che Mussolini emanò le leggi razziali ed eliminò fisicamente alcuni dei suoi oppositori. E infine portò l'Italia alla tragedia della Seconda guerra mondiale schierandola accanto al nazismo. Può essere definito buono un regime politico che ha al suo attivo scelte scellerate e tragiche come queste? Si possono elogiare le bonifiche e dimenticare che, nel contempo, veniva assassinato Matteotti? Sul piano storico, è giusto e doveroso studiare il fascismo senza pregiudizi e censure. Ma non ha senso tentarne rivalutazioni politiche, benché parziali. Le democrazie possono essere più o meno imperfette, le dittature buone non esistono. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

venerdì 8 marzo 2013

L'8 marzo di un uomo maldestro

Oggi, 8 marzo, festa della donna, vorrei dedicare queste righe a mia moglie Simonetta. Non ho il coraggio di dire queste cose a mia moglie, così le scrivo sul giornale. Così come, sul versante femminile, esistono le mani di fata, su quello maschile esistono gli uomini veri, quelli da amaro Montenegro, capaci di salvare cavalli ma anche di aggiustare oggetti, di riparare guasti domestici, di lavare i piatti e di cucinare. Io, ahimé, come molti altri uomini, non appartengono a questa categoria. In realtà so fare tante altre cose. Leggo moltissimi libri e me li ricordo. Credo di cavarmela con la scrittura e malgrado quello che dicono certi miei colleghi, penso di lavorare con impegno e con discreta abilità. Faccio delle belle fotografie. E poi quando c’è da bere e da mangiare sono un vero professionista! Ma, come dice mia moglie Simonetta, in tutto il resto, o quasi, sono un disastro. E quando dico disastro non esagero. Perché la mia vita è punteggiata, quotidianamente, da sconfitte imbarazzanti. Prendiamo la botanica. Vi dico subito che Simonetta ha il pollice verde. Ogni pianta che lei mette in casa diventa un baobab. Io, invece, sono una catastrofe vivente. Ogni pianta che metto in ufficio muore dopo pochissimi giorni. Sono l’Attila delle azalee, dei ficus e degli oleandri. Passiamo alla cucina. Per sintetizzare il mio rapporto con i fornelli sarò esplicito: non so cucinare nemmeno un uovo al tegamino. Quando prendo in mano una padella divento Fantozzi. Confondo il sale con lo zucchero. Mi brucio le mani quando scolo l’acqua della pasta. E le poche volte che ho provato a cuocere una bistecca i vicini hanno chiamato i pompieri per via del fumo, che ho provocato nel palazzo. Poi c’è il bricolage. Se c’è da attaccare un quadro mi prendo a martellate da solo. Se devo bucare una parete col trapano mi ritrovo nel salotto dei vicini di casa. Non parliamo dei miei maldestri tentativi quando c’è da sturare un water: provoco un maremoto e allago l’appartamento. Se cerco di aggiustare una presa elettrica faccio saltare la corrente in tutto il quartiere. Da solo non riesco a mettermi un cerotto al dito. E se prendo in mano un tubetto di attaccatutto resto per tre giorni con il pollice incollato all’indice. Piuttosto che cambiare una gomma della mia automobile, vendo l’automobile. Perché potrei restare lì, a combattere col crick, per intere settimane. Impazzisco quando c’è da registrare qualcosa in Tv usando il timer. Se decido di registrare un film mi ritrovo sul nastro un documentario sulla vita delle renne nella Lapponia orientale! Comunque sono un uomo fortunato perché mia moglie, nonostante tutto, è innamorata dei miei difetti e, sempre vigile sul destino dei nostri due figli, Gabriele ed Alessandro, finisce con l’essere lei il vero fulcro della famiglia, anzi ne è l’unica colonna portante. E, anche se il suo tentativo di trasformare la nostra famiglia in una unità di cui andare socialmente fieri fallisce inevitabilmente, eppure l’amore rimane lo stesso. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

giovedì 7 marzo 2013

Papà, l'ultimo dio (Antonio Valeriano Pulimanti, poeta di Collevecchio)

Papà, l’ultimo dio (Antonio Valeriano Pulimanti, poeta di Collevecchio). ------------------------------------------------------------------------------------------------------------ Mi trovo a Collevecchio. Sto dicendo ad Alessandro che non ho i soldi per comprargli una macchina nuova. Dovrà accontentarsi di un usato…garantito. Mi guarda con l’affetto di un serial killer psicopatico. Poi esce. Rimasto solo, mi siedo davanti al camino. Sfoglio un album di fotografie. Sorrido vedendo le foto di papà. Il mio ultimo dio. Antonio Valeriano Pulimanti. Da quanto è morto? Da ventun anni. Ne è passato di tempo, ormai, ma il ricordo è ancora vivo. Bruciante. Proprio come allora. Da quando papà non c’è più, mi sento ancor più legato a lui. Perché mi manca. Mi manca il suo umorismo, la sua acuta osservazione degli altri. Mi manca la sua educazione, la sua cultura che non esibiva mai. Amava scrivere poesie. Ricordo alcune strofe dedicate a Collevecchio: “….amato mio colle natio! Antico, non vecchio. Amore stilli, con la rugiada. Il tempo non può invecchiare ciò ch’eterno, e tu lo sei!”, e altre rime dedicate all’amore: “…Na lagrima pur’io l’ho fatta score. ‘Na lagrima d’amore. Quella e basta! ‘Na lagrima ch’è l’unica arimasta. ‘Na lagrima pe’ un sogno che nun mòre…”. Mi mancano le sue parole, i suoi messaggi, le sue battute con i tempi comici perfetti. Diceva che bisogna stare dietro i cannoni, davanti ai cavalli e lontano dai superiori Mi manca la sua faccia tonda, aperta e fiduciosa. Con un accenno di opulenza che lui per altro portava con molta leggerezza. Mi manca la sua stuzzicante ingenuità sempre pronta a rilevarsi in un sorriso. Ricordi... Tornano sempre, anche quando non dovrebbero… Brandelli di passato. Stilettate di dolore, di angoscia. Ha sempre amato la mamma con tutto se stesso, di quell’amore incrollabile, un amore d’altri tempi fatto di doveri, di stima, di rispetto, di una passione rassicurante che si consumava solo di notte, nel buio della loro camera da letto e della gioia di ritrovarsela accanto ogni mattina. Ripenso agli ultimi giorni, agli sprazzi di lucidità sempre più rari, al suo sguardo offuscato dalle nebbie della morfina, all’ultima frase che mi ha sussurrato prima di entrare nel territorio inarrivabile del coma: “Chiamami papone, col vecchio vezzeggiativo, che ti è familiare. Parlami nello stesso modo che hai sempre usato. Non cambiare il tono di voce. Va tutto bene, Mariuccio. Non smettere mai di correre. Promettimelo”. Al funerale sono crollato. L’impalcatura di formalismo dietro cui mi ero corazzato si era sbriciolata all’improvviso, lasciandomi singhiozzante e smarrito come un bambino abbandonato. Una figura penosa per me abituato fin da ragazzo a mantenere, sempre comunque, un contegno decoroso. Papà muore il giorno di Pasquetta del 1992, per una brutta malattia della quale noi siamo venuti a conoscenza da soli tre mesi, ma che lui non sa di avere. Forse lo sospetta! E’ il 20 aprile. Solo otto giorni prima ha compiuto 66 anni, il suo ultimo compleanno! Nel 2004 Ernesta, rovistando tra gli oggetti del marito, troverà del tutto casualmente una poesia che Antonio Valeriano aveva probabilmente scritto negli ultimi mesi della sua vita e della quale non sospettavamo l’esistenza. S’intitola: “Er sogno”. Questa sua ultima poesia è ambientata nella casa del nonno materno, Primo Merlini. Nonno Primo era allora proprietario dell’osteria locale, che in seguito sarà gestita dal figlio Duilio, fratello di mamma Leonella. Del resto, come ha anche detto il Papa: “non si tagliano le radici dalle quali si è nati” ed Antonio Valeriano l’ha dimostrato perché, anche se abitava a Roma dall’età di dieci anni, non ha mai dimenticato, nemmeno negli ultimi attimi di vita, le sue “radici collevecchiane”. ER SOGNO L'antra notte, quanno dormivate, c’era silenzio solo nella casa, m’appare 'na faccia rossa de cerasa, ch'arisvejava in me cose passate. Vino sabino, Brighella colla fresa, file de vite, amici e carognate, lontano, fra li soni de la Chiesa, arberi, frutta, sole, scampagnate. 'Na rondine fa er nido su li tetti, ner cielo quarche nuvola ormai rada, sur prato fra le gocce de ruggiada 'na gatta partorisce li micetti. Io, regazzino, a Nonno stò vicino de là ce stà puro zì Navina seduto accanto un cane che stà chino io scappo an tratto sporco de farina. "Nonno!" Strillai arzannome de botto, apersi l'occhi e nun vedetti gnente quer viso co' la bocca soridente nun c'era si guardavi sopra e sotto. Un desiderio d'abbracciallo forte, solo silenzio e buio nella mente, l'odore de la notte e de la morte e de quer sogno nun me rimaneva gnente! Oggi vorrei tanto telefonargli per dirgli, sottovoce, che gli voglio sempre bene. Che lo ricordo com’era veramente: un papà speciale. Un papà intelligente. Soprattutto un papà buono. Quando mi addormento in poltrona, mentre nel camino il fuoco si spegne lentamente, sulle pagine lucide dell’album spiccano ancora le tracce delle mie lacrime.

venerdì 1 marzo 2013

Soluzioni adeguate per un nuovo Governo

Soluzioni adeguate per un nuovo Governo Siamo un paese indebitato, non possiamo permetterci il lusso di dover fare i conti anche con una grave incertezza politica o con l'assenza di un governo per un periodo di tempo troppo lungo. Il tonfo della Borsa e l'impennata dello spread registrati dopo le elezioni non è colpa di Grillo, della rimonta di Berlusconi o del mancato successo di Bersani o di Monti. Sono l'inevitabile conseguenza di una situazione di instabilità economico-finanziaria dell’Italia. Ma in una democrazia sono i cittadini e non i mercati o le Borse che decidono chi deve rappresentarli in Parlamento. Ora abbiamo votato. Il responso è stato chiaro, anche se non facile da tradurre in formule politiche immediate. Ma il compito della politica, vecchia e nuova, è questo: trovare adesso soluzione adeguate per formare un nuovo Governo. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)