venerdì 23 gennaio 2015

L’Expo 2015 non deve essere una passarella delle multinazionali

L’Expo 2015 non deve essere una passarella delle multinazionali L’Expo é un’Esposizione Universale di natura non commerciale (dunque non è una fiera), organizzata dalla nazione che ha vinto una gara di candidatura e prevede la partecipazione di altre nazioni invitate tramite canali diplomatici dal Paese ospitante. La prima Esposizione Universale è stata quella di Londra nel 1851 e il suo successo ha spinto altre nazioni a organizzare iniziative della stessa natura, come quella di Parigi del 1889, ricordata per la Tour Eiffel. Ogni Esposizione Universale è dedicata a un tema di interesse universale. L’Esposizione Universale si realizza in un sito appositamente attrezzato ed è un’occasione di incontro e condivisione che promuove un’esperienza unica dei partecipanti e visitatori attraverso la conoscenza e la sperimentazione innovativa del tema. Il ruolo di un’Esposizione Universale più che esporre le maggiori novità tecnologiche è orientato all’interpretazione delle sfide collettive cui l’umanità è chiamata a rispondere. Expo Milano 2015 è l’Esposizione Universale che l’Italia ospiterà dal primo maggio al 31 ottobre 2015 in materia di alimentazione e di nutrizione. Per sei mesi Milano diventerà una vetrina mondiale in cui i Paesi mostreranno il meglio delle proprie tecnologie per dare una risposta a un’esigenza vitale: riuscire a garantire cibo sano, sicuro e sufficiente per tutti i popoli, nel rispetto del Pianeta e dei suoi equilibri. Expo Milano 2015 sarà la piattaforma di un confronto di idee e soluzioni condivise sul tema dell’alimentazione, stimolerà la creatività dei Paesi e promuoverà le innovazioni per un futuro sostenibile offrendo, inoltre, a tutti la possibilità di conoscere e assaggiare i migliori piatti del mondo e scoprire le eccellenze della tradizione agroalimentare e gastronomica di ogni Paese. Per la durata della manifestazione, la città di Milano e il Sito Espositivo saranno animati da eventi artistici e musicali, convegni, spettacoli, laboratori creativi e mostre. Ritengo che Expo avrà comunque un senso solo se parteciperà chi s’impegna per la democrazia del cibo, per la tutela della bio¬di¬ver¬sità, per la difesa degli interessi degli agricoltori e delle loro fami¬glie e di chi il cibo lo mette in tavola. Solo allora Expo avrà un senso che vada oltre a quello di grande vetrina dello spreco o, peggio ancora, occasione per vicende di corruzione e di cementificazione del territorio. “Nutrire il Pia¬neta, Ener¬gia per la vita”, recita il logo di Expo. Ma Expo è diven¬tata una delle tante vetrine per nutrire le multinazionali, non certo il pianeta. Come si può pen¬sare infatti di garan¬tire cibo e acqua a sette miliardi di per¬sone affi¬dan¬dosi a coloro che del cibo e dell’acqua hanno fatto la ragione del loro pro¬fitto senza pre¬stare la minima atten¬zione ai biso¬gni pri¬mari di milioni di persone ? Expo si pre¬senta come la passerella delle multinazionali agroalimentari, proprio quelle che detengono il controllo dell’alimentazione di tutto il mondo, che pro¬du¬cono quel cibo globalizzato o spazzatura, che deter¬mina, nello stesso tempo, un miliardo di affamati e un miliardo di obesi. Due facce dello stesso pro¬blema che abi¬tano que¬sto nostro tempo: la povertà, in aumento non solo nel Sud del mondo ma anche nelle nostre peri¬fe¬rie sempre più degradate. Expo non parla di tutto ciò. Non parla di diritto all’acqua pota¬bile e di acqua per l’agricoltura familiare. Non parla di diritto alla terra e all’autodeterminazione a coltivarla. Non si rivolge e non coin¬volge i poveri delle mega¬lo¬poli di tutto il mondo, non si inter¬roga su cosa man¬giano, non parla ai con¬ta¬dini pri¬vati della terra e dell’acqua, scac¬ciati attraverso il land e water grabbing, (la ces-sione di grandi esten¬sioni di ter¬reno e di risorse idri¬che a un paese stra-niero o a una multinazionale), espulsi dalle grandi dighe, dallo svi¬luppo dell’industria estrat¬tiva ed energetica, dalla perdita di sovra¬nità sui semi per via degli Ogm e costretti quindi a diven¬tare pro¬fu¬ghi e migranti. E non cam¬bia certo la situa¬zione qual¬che invito a sin¬goli per¬so¬naggi della cultura prove¬nienti da ogni angolo della terra e impe¬gnati nella lotta per la giu¬sti¬zia sociale. Al mas¬simo serve per creare qual¬che diversivo. In Expo a fianco della pas¬se¬rella delle mul¬ti¬na¬zio¬nali si dispiega la pas¬se-rella del cibo di eccel¬lenza. Expo parla solo alle fasce di popo¬la¬zione ricca dell’occidente e questo ne fa oggettivamente la vetrina dell’ingiustizia ali¬men¬tare del mondo, nella quale la povertà si misurerà nel cibo: in quello spaz¬za¬tura per le grandi masse e in quello delle ecce¬denze e degli scarti per i poveri. Per que¬sto motivo ritengo che le auto¬rità poli¬ti¬che che stanno orga¬niz-zando Expo dovrebbero porre al cen¬tro la sovra¬nità ali¬men¬tare e il diritto alla terra negati dallo stra¬po¬tere e dal con¬trollo delle mul¬ti¬na¬zio¬nali, in par¬ti¬co¬lare quelle dei semi. Inoltre, sarebbe opportuno che l’Expo si pronunciasse contro gli Ogm, che sono il para¬digma di que¬sta espro¬pria¬zione della sovra¬nità dei con¬ta-dini e dei cittadini, il perno di un modello glo¬ba¬liz¬zato di agri¬coltura e di pro¬du¬zione di cibo che inquina con i diser¬banti, consuma ener¬gia da petro-lio, è idro¬voro e con¬tri¬bui¬sce al 50% del riscal¬da¬mento climatico. L’Expo dovrebbe anche affermare il diritto all’acqua pota¬bile per tutti attraverso l’approvazione di un Pro¬to¬collo Mon¬diale dell’acqua, con il quale si con¬cre¬tizzi il diritto umano all’acqua e ai ser¬vizi igienico-sanitari san¬cito dalla riso¬lu¬zione dell’Onu del 2011. Per di più l’Expo dovrebbe rimetere in discus¬sione gli accordi di part¬ner-ship tra Expo e le grandi mul¬ti¬na¬zio¬nali, che, lungi dal rap¬pre¬sen¬tare una soluzione, costi¬tui¬scono una delle ragioni che impe¬di¬scono la piena realizzazione del diritto al cibo e all’acqua. In più sarebbe giusto controllare il destino delle aree di Expo non lascian-dole uni¬ca¬mente in mano alla spe¬cu¬la¬zione e agli appe¬titi della cri¬mi¬na¬lità orga¬niz¬zata e che, su quei ter¬reni, venga indi¬cata una sede per un’istituzione internazionale fina¬liz¬zata a tute¬lare l’acqua, potrebbe essere l’Autho¬rity mon¬diale per l’acqua, e il cibo come beni comuni a dispo¬si-zione di tutta l’umanità. Una sede dove i movi¬menti sociali, le reti mon¬diali dell’acqua, le orga¬niz-zazioni popo¬lari e i governi locali e nazio¬nali discu¬tano la poli¬tica per la vita. Una sede nella quale la Food Policy diventi anche Water Policy, dove si discuta la costi¬tuzione di una rete di città che assu¬mano una Carta dell’acqua e del Cibo, nella quale si inizi a con¬cre¬tiz¬zare local¬mente la sovra¬nità ali¬men¬tare, il diritto all’acqua, la sua natura pub¬blica, la non chiu¬sura dei rubi¬netti a chi non è in grado di pagare, la costi¬tu¬zione di un fondo per la coo¬pe¬ra¬zione inter¬na¬zio¬nale verso coloro che non hanno accesso all’acqua pota¬bile nel mondo. Una sede nella quale alle isti¬tu¬zioni e ai movi¬menti sociali, venga resti¬tuita la sovra¬nità sulle scelte essen¬ziali che riguar¬dano il futuro dell’umanità. “La Terra ha abba¬stanza per i biso¬gni di tutti, ma non per l’avidità di alcune per¬sone” affer¬mava Gan¬dhi. E que¬sta verità oggi è più che mai attuale e ci richiama alla nostra responsabilità, ognuno per il ruolo che svolge. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)