giovedì 29 maggio 2014

“L’amore graffia il mondo”, racconto di Mario Pulimanti

“L’amore graffia il mondo”, racconto di Mario Pulimanti C’è silenzio. Poi, con un grugnito, il Bau Bau si sposta. Non cerco di alzarmi, non mi interessa più. Resto steso di schiena con il braccio penzolante, floscio, lungo il fianco e le dita sul pavimento e lascio vagare lo sguardo sul soffitto. Lassù vedo città e montagne. Vedo stelle e nubi. Levito, volo e nient’altro conta. Non conta che da qualche parte, nell’angolo della stanza, il Bau Bau stia inserendo la spina dell’apparecchio nella parete. Non conta quando sento il rumore della sega elettrica. Tutto ciò che conta è continuare a volare, sicuro di poter raggiungere le stelle. Over the rainbow. Esco sul balcone, facendo finta di stare attento a non calpestare le formiche, perché Gabriele, di nuovo single, mi sta guardando. Sì, è vero: l’amore graffia il mondo. Mi stanno sul cazzo le formiche. Rientro a casa, sudato. Vado in cucina. Mi siedo a riflettere davanti a un bicchiere d’acqua. Prendo del ghiaccio per raffreddarla, altrimenti mi sembrerebbe tiepida come urina di cane. Pochi passi e sono nell’altra stanza. Sul tavolo c’è una rivista di Alessandro, “Storia Illustrata”. La sfoglio, distrattamente. Cavolo, la storia del Minotauro, del labirinto e del filo di Arianna. Secondo il mito, il Minotauro venne concepito da Pasifae, moglie di Minosse re di Creta, che per accoppiarsi con il toro di cui si era invaghita entrò nel simulacro di una vacca, costruito appositamente per lei dall’architetto Dedalo. Rinchiuso nella camera segreta di un impenetrabile labirinto, il frutto di quella unione bestiale -un mostro dal corpo umano sormontato da una testa di toro- pretendeva ogni nove anni in sacrificio sette fanciulli e sette fanciulle greci. A ucciderlo fu infine Teseo, che uscì indenne dal labirinto grazie al filo di cui lo aveva provvisto Arianna, la figlia del re che dell’eroe si era perdutamente innamorata. Già, l’amore! Bella storia! Sì, è vero: l’amore graffia il mondo. Gli attori ci sono tutti, penso. La commedia può cominciare. Sto prendendo coscienza della vulnerabilità e della fragilità dell’essere umano al cospetto di una natura rigogliosa e brulicante di insidie. Sottili stupori. Normalmente sono risoluto a vedere il bicchiere mezzo pieno anche quando altri lo avrebbero trovato quasi vuoto. A volte, però, il Fato capriccioso si diverte a far cadere sull’ottimismo la mannaia pesante di un colpo inatteso. Soprattutto se c’è qualcuno che mi trama contro alle spalle. Maledetto lestofante! grido furioso. Puah, niente attenuanti. Stavolta ti spello. Ti metto in croce. Ti inchiodo al remo. Ti faccio a fette. Ti affondo nelle miniere di sale. Ti getto in pasto ai coccodrilli. Ti lapido. Proprio così! Poi esco di casa e mi avvio tutto triste sulla spiaggia, lasciandomi inghiottire dal mare. A me il vento, piace. Mi fermo, ricevendo in viso le prime raffiche. Guardo il cielo. Più alto del mare. Dopodiché sembra che tutto si oscuri. Abbasso la testa, contrito. Riprendo a camminare in silenzio. Immergendomi nel profumo del vento arrivo all’albero degli impiccati. Intorno a me, indolenti nuvole grigie sembrano galleggiare nell’aria, sospinte dal vento umido, leggero. Quasi a volermi salutare, una grande quercia regala al vento una manciata di foglie multicolori, che scivolano a lungo mollemente, dietro a me, sul lastricato. “No, Mario” mi dice il vento. “No, ascolta: non puoi cambiare la realtà”. Sorrido: “Non temere, vento. Non ci sono problemi. Come vedi, non devi preoccuparti di nulla”. Sono stanco di vivere nell’incertezza. Decido saggiamente che è preferibile rallentare il passo, piuttosto che importunare chi mi condanna. Esito un momento, lancio le ultime grida di sfida, spingo la mia rabbia. E abbandono la via dei boschi. Detesto caldamente le polemiche. Evito di fornire troppe spiegazioni. Senza ostilità, me ne vado. Nella luce fioca diffusa dal mare. Dimenticando ogni cosa. Lentamente. Sì, è vero: l’amore graffia il mondo. Incontro un amico. Lorenzo. Mi invita a casa sua. Davanti ad un Damoiseau Rhum invecchiato 15 anni inizia a parlare. Di Nicole. La donna con cui stava ricominciando a vivere dopo che Luna se ne era andata via. A Melbourne. Australia. Con Jacopo. Dannazione! Nicole. La donna che un incidente gli aveva portato via insieme al suo sorriso, la sua dolcezza, la sua forza d’animo. La sua morte lo aveva privato di una tranquillità che sentiva riaffiorare, di quel tepore che trasmetteva il sentirsi amati. Di un parte di umanità. Ora c’è Desirée. Ma le cose tra loro non vanno come vorrebbe. Ci sono troppi ostacoli legati al passato, troppe sofferenze con cui confrontarsi. Troppi ricordi. Gli stessi che, ogni anno, lo fanno tornare a Collevecchio, in quel cimitero per alimentare una nostalgia a cui è impossibile sottrarsi. Un lamento interiore che sibila come vento attraverso le imposte. Un sussurro lontano, proveniente dagli abissi della solitudine. E del vuoto. Nicole. Tu ormai così lontana. Giochi con le stelle. Fai capriole sulle nuvole. Non conosci più l'amaro sapore dell'inverno. Mmmhhh…Woody Allen dice: “La vita si divide in orrori e miserie.” Mah! Nicole. Mi dice che penserà a lei, quando deciderà di spararsi un colpo in testa con una Glock 30. Nel frattempo Desirée è entrata in casa e, prendendogli la mano, si è immersa nei nostri discorsi. Stravede per Lorenzo e vorrebbe che lui non pensasse più a Nicole. Cominciano a discutere di questo. Capisco che sono di troppo. Esco. Ave atque vale: ciao e statemi bene! Intanto Lorenzo si libera dalla mano di Desirée, provando a sfuggire da quella discussione. Una donna una volta gli aveva detto che era questo il mio modo di affrontare le questioni più importanti. Girarci intorno. Fingere che non esistano, nell’attesa che spariscano: ma ci sono argomenti che non sembrano prestarsi. Desirée lo tira su in piedi con dolcezza. La lascia fare mentre pensa se Desirée sia stata la scelta giusta? Del resto la loro vita insieme sembra appesa ad un filo sottilissimo. Si domanda anche se prima aveva sbagliato con Luna, da costringerla a tradirlo. Dove aveva sbagliato? E, mentre queste domande gli martellano la mente come se nel suo cervello si sia installato un interlocutore che non si lasci zittire, Desirée lo conduce in camera da letto, chiude le tende e mette il suo mondo in pausa. Non fanno sesso. Fanno l’amore. Per la prima volta. Quando finiscono, pensa che le lacrime siano sue. Fino a che non capisce che sono quelle di Desirée. Sì, è vero: l’amore graffia il mondo. Frattanto io passeggio. Sul lungomare. E grido. Grido senza sentire la mia voce. Schegge di consapevolezza mi lacerano dall’interno, graffiando il torpore stagnante della mia mente. Sono in trappola. Completamente in trappola. E non so come uscirne. Mi sento come un pesce nella rete di un pescatore esperto che non ha fretta di agguantare la preda. Sì, sono in trappola. Più di quanto lo sia mai stato in vita mia. Sento i pensieri rimbombarmi in testa, tutt’intorno, trasportati da una strana eco che non riesco a riconoscere. Il nulla mi circonda o è dentro di me? Un alito di vento mi accarezza il viso, leggero come un sussurro. Sta accadendo qualcosa… Un angelo. Simbolo di libertà. Lo vedo avanzare come in un sogno. Bianco, candido, puro. Talmente splendente da riflettere i raggi del sole. I suoi movimenti aggraziati non tradiscono la minima incertezza. Per un attimo vorrei essere come lui. Ora che lo vedo così da vicino, é più bello di quanto vorrei. Il suo sguardo è troppo dolce e profondo per non fare male. Mi lascia senza fiato. “Era un pò di tempo che ti stavo aspettando” sembra dirmi. “Dove sei stato tutto questo tempo?” Taccio. Non ho parole per rispondere alla sua domanda. Ma solo un semplice gesto. Una carezza. Un gesto che suona come un: “Lo so…mi dispiace averti fatto attendere così a lungo…” O che forse, non ha altri significati oltre a quello della sua estrema naturalezza. Il luogo non ha nessuna importanza…non l’ha mai avuta. Finalmente me ne rendo conto. Lascio che i pensieri dell’angelo apparso di fronte a me crescano, saturino l’aria. Li trovo bellissimi. Armoniosi come uno spartito di note invisibili. E non posso fare altro che ascoltare. Quando l’essenza delle cose riesce a sfiorarti, é sufficiente lasciarsi prendere per mano senza voltarsi indietro. Senza tormentarsi sulla causalità di un incontro. O di un addio. Ora ho le chiavi per abbandonarmi alla carezza del vento. Oltre l’orizzonte. E non posso smettere di sorridere. Sì, è vero: l’amore graffia il mondo. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

mercoledì 28 maggio 2014

Le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici

Ad urne chiuse, ora il Governo deve trovare le risorse per il rinnovo dei contratti pubblici, dato che cinque anni di blocco dei contratti, dieci di riduzione del turn-over e cattivo utilizzo della flessibilità sono ingiustizie ai danni sia dei lavorator che di cittadini e imprese. Indubbiamente la lotta all’evasione fiscale e alla corruzione sono priorità, ma è altrettanto importante anche riorganizzare l’intero sistema dei servizi pubblici, a livello centrale e nei singoli enti, snellendo i livelli, eliminando duplicazioni e sovrapposizioni di funzioni, associando i comuni, centralizzando gli acquisti, tagliando le società partecipate che non producono servizi, digitalizzando i processi, cambiando l’organizzazione del lavoro, sfrondando la burocrazia delle norme. Infatti é qui che vanno cercate le risorse per rinnovare i contratti pubblici e per un cambio generazionale che porti giovani e nuove competenze nella pubblica amministrazione, con più velocità e più qualità nei servizi ai cittadini. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

martedì 27 maggio 2014

Vittoria dell’astensionismo

Renzi ha vinto le primarie europee, non le elezioni. Infatti hanno votato soprattutto i suoi elettori (che avrebbero votato PD anche se al posto suo ci fosse stato Paperino, dato che gli elettori del PD seguono integralisticamente i diktat della loro segreteria). Tanto è vero che non hanno vinto Renzi & Padoan, ma l’astensione, con il 55% e’stata di gran lunga il primo partito di queste elezioni europee. La maggioranza del popolo italiano di fronte alla presenza di leaders incapaci e incompetenti, ha fortemente deciso di astenersi per mancata offerta politica. Una ferma e decisa volontà’ di non voto che rappresenta in tutto il suo impatto la perdita di credibilità, almeno in Italia, di una classe dirigente nulla. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

giovedì 15 maggio 2014

Rinnovo dei contratti del pubblico impiego

Il Governo dovrebbe convincersi che senza il rinnovo dei contratti non è ipotizzabile fare una vera riforma della Pubblica Amministrazione. Infatti il blocco della contrattazione e delle retribuzioni individuali nel pubblico impiego perdura ormai da cinque anni. Una circostanza, questa, che non solo ha eroso in profondità il potere di acquisto dei lavoratori del pubblico impiego, ma ha provocato nei loro confronti danni di natura economica permanenti in quanto destinati ad avere riflessi anche sotto il profilo previdenziale. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

mercoledì 14 maggio 2014

Balotelli pallone d’oro

Balotelli pallone d’oro In questo momento negli sport l'Italia è povera di fuoriclasse di livello mondiale. Certo non manchiamo di atleti eccellenti però dal nuoto al pugilato, dalla pallacanestro alla scherma, dal tennis al ciclismo, dallo sci all'atletica, dal motociclismo all'automobilismo, dalla ginnastica all’equitazione scarseggiamo di indiscussi numeri uno come ad esempio sono stati Pietro Mennea, Livio Berruti, Gianni Rivera, Alberto Tomba, Yuri Chechi, Adriano Panatta, Primo Carnera, Tazio Nuvolari, Gustav Thöni, Fausto Coppi, Gino Bartali o Marco Pantani. Ci sono però tre eccezioni: la nuotatrice Federica Pellegrini, il motociclista Valentino Rossi ed il calciatore Mario “Balo” Balolotelli. Super Mario ha difatti tutte le caratteristiche per riempire questo vuoto, inoltre proprio nel calcio, dove dai tempi di Fabio Cannavaro non riusciamo a piazzare uno dei nostri calciatori nella terna del Pallone d'Oro, il trofeo che si assegna al miglior giocatore del mondo. Temperamento coraggioso e sprezzante vero e proprio genio calcistico. Giocatore completo: destro, sinistro, corsa, agonismo, intelligenza e fisico potente. La sua intelligenza tattica è superiore a qualsiasi altro giocatore di ogni tempo, tanto é impressionante ed incredibile la sua abilità e flessibilità, che lo rendono capace di autentiche meraviglie. Carismatico e trascinatore, é capace di prodezze in serie e di giocate straordinarie. Balo, che dal punto di vista tecnico ritengo addirittura migliore di Pelè, è in realtà un attaccante straordinario, mobile e rapido, dal fisico flessuoso e potente, dallo scatto bruciante e con una progressione inarrestabile con grandi mezzi tecnici e un tiro folgorante. Mi sa che si è proprio capito che lo ritengo uno dei calciatori tecnicamente e fisicamente più forti al mondo e sono convinto che Balo potrà arrivare tranquillamente a vincere il Pallone d'oro. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

martedì 13 maggio 2014

Siamo diventati dei protettorati tedeschi

Siamo diventati dei protettorati tedeschi Non vorrei fare demagogia ma la storia ci insegna che quando ci alleiamo con la Germania le conseguenze sono catastrofiche. Tanto è vero che in questo momento anche l'Inghilterra vuole prendere le distanze dalla politica dell'euro, dato che tutti i popoli che vi hanno aderito sono in crisi, mentre la solo la Germania ci ha guadagnato. Guardiamo in faccia la realtà: altro che Europa unita, adesso siamo diventati dei protettorati tedeschi. Del resto la conoscete Angela Merkel: non parla, emana decreti. Lei è infatti pronta ora a trasformare definitivamente in un immenso lager a cielo aperto l’Europa che difatti, sotto il suo tallone della Merkel e degli altri redivivi nipotini di Adolf, sta imponendo a tutti lacrime e sangue come una educatrice sadica e malvagia convintasi di dover redimere il mondo a suon di sculacciate. La ricetta tedesca contro la crisi dell'euro, basata su duri programmi di austerità e rigore finanziario, ha prodotto recessione e disagio sociale. Berlino è accecata dai pregiudizi contro l'Europa del Sud. Merkel, come Hitler, ha dichiarato guerra al resto dell’Europa, oggi per garantirsi il suo spazio vitale economico. Ci castiga per proteggere le sue grandi aziende e banche, dicendo ai suoi compatrioti che deve castigare le nostre irresponsabilità affinché i nostri debiti non li debbano pagare adesso i cittadini tedeschi. Però il ragionamento è falso perché gli irresponsabili non sono stati i popoli che ora la Merkel vuole castigare, ma le banche tedesche che sta proteggendo e quelle degli altri paesi alle quali la Germania ha prestato capitali irresponsabilmente per ottenere guadagni multimilionari. I grandi gruppi economici europei riuscirono a stabilire un modello di unione monetaria imperfetto che da subito ha ingrandito le differenze originarie tra le economie integranti. Inoltre, grazie alla sua enorme capacità d’investimento e il gran potere dei suoi governi, le grandi compagnie dei paesi del nord riuscirono ad appropriarsi di una grande quantità di aziende dei paesi come la Spagna, l’Italia e la Grecia, provocando grandi deficit commerciali in questi paesi e un forte surplus in Germania. Queste circostanze hanno messo a disposizione delle banche tedesche ingenti quantità di liquidità che i tedeschi hanno usato per speculare facendo in modo che il debito privato negli altri Stati membri si impennasse. Allo scoppiare della crisi i tedeschi riuscirono a fare in modo che la propria insolvenza, invece di manifestarsi come il risultato della loro irresponsabilità (alla quale non si riferisce mai la Merkel), si presentasse come il risultato del debito pubblico dei paesi alle cui banche avevano prestato i propri capitali. I tedeschi ritirarono rapidamente il proprio denaro da questi paesi, però il debito rimaneva nei bilanci delle banche debitrici. Così la Merkel, per aiutare le banche tedesche, mise in atto due strategie. Una, i salvataggi, venduti come se fossero diretti a salvare i paesi, però che realmente consistono nel dare ai governi denaro sotto forma di prestiti, pagati dalla popolazione e che vengono passati alle banche nazionali affinché queste si recuperino quanto prima per pagare i tedeschi. L’altra, impedire che la BCE tagli dalla radice gli attacchi speculativi contro i debiti dei paesi periferici affinché, aumentando lo spread, si abbassi il costo di finanziazione per la Germania. Non voglio parlare oltre dei tedeschi, popolo che abbiamo già conosciuto in profondità ai tempi del duo Hitler-Mussolini, parliamo di cose serie davvero, senza però dimenticare che anche se l'Italia ha condiviso con la Germania nazista l'abominio delle leggi razziali e la sciagura della dittatura, gli italiani non si sono però macchiati della terribile responsabilità di aver ideato, creato e gestito i campi di sterminio. Non dobbiamo né possiamo vergognarci di nessun lager nazista perché la follia umana dell'Olocausto in Italia non arrivò a tali abissi. Questo non ci dà il diritto di sentirci migliori di nessuno, né ci assolve dalla tragedia della Seconda guerra mondiale. Ma di fronte al tribunale della storia ogni popolo ha le sue responsabilità. E quelle degli italiani, su questo, sono diverse da quelle dei tedeschi. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

venerdì 9 maggio 2014

Gli integralisti del politicamente corretto

Gli integralisti del politicamente corretto Non mi interessa essere politicamente corretto. A costo di apparire un po' bacchettone e moralista, dico che non sono d'accordo. La tolleranza è una grande virtù, da esercitare e coltivare. Ma è come il vino: se si esagera, poi fa male. E si trasforma in indifferenza. Detesto, infatti, la tirannia del politicamente corretto che negli ultimi anni si è impossessata della cultura occidentale. Disprezzo, appunto, che qualcuno dall’alto stabilisca cosa in un determinato frangente storico sia da ritenersi giusto e cosa sbagliato, e sfruttando la cassa di risonanza della cultura di massa induca le persone ad aderire ad una serie di dogmi laici spacciati per imperativi etici, quando in realtà sono solo strumenti al soldo di una strategia socio-politica. Sia chiaro: non voglio criticare il politicamente corretto in sé, anzi ne apprezzo alcuni risultati passati (tipo la diffusione del termine “disabile” al posto del brutale “minorato”). Ne critico, però, le esasperazioni che mi sembrano usare gli stessi metodi delle dittature. In realtà mi offende, il fatto che si debba essere più accondiscendenti e tolleranti, anche di fronte a certe situazioni discutibili. Trovo ridicolo del resto il presunto bisogno di dover tutelare l’altro, anche quando non esiste alcunché da tutelare. Elogiare, ad esempio, il pomodoro padano non equivale ad un’accusa alla qualità di quello campano, parlare bene della famiglia tradizionale non dovrebbe risultare come un’offesa per il diverso, sgridare giovanissimi zingarelle urlanti colte in flagranza di borseggio nei confronti di una povera vecchietta nella metro cittadina non è un atteggiamento nazista. E’ inoltre eccessivo imporre che tutto sia politicamente corretto: dai comportamenti sessuali ai gusti letterari, al modo di parlare, di vestirsi, di scrivere. Questi integralisti del politicamente corretto ci obbligano a pensare che ci sia un solo modo giusto di fare le cose, essendo insofferenti nei confronti di tutto ciò che ha una qualità, e per questo motivo stesso si distinguono, operando una discriminazione verso tutto il circostante. E’ interessante notare come agli esponenti di spicco dell’informazione, della cultura e della politica italiana tenda infatti a sfuggire il concetto che la stabilità di governo, feticcio della correttezza politica in ambito economico e amministrativo, non sia un pregio di cui una democrazia possa andar fiera, specie se ottenuta mediante appositi congegni elettorali introdotti da personaggi non eletti dal popolo. La stabilità politica istituzionalizzata è roba da dittature e monarchie assolute, non da democrazie. La correttezza politica è l’opposto di ciò che finge di essere; sembra uno strumento di democrazia, mentre invece é è un’arma repressiva, essendo chiaramente pericolosa la loro presunta correttezza politica, che non è altro invece che un giochetto opportunistico ad esclusivo appannaggio di chi manovrando la cultura di massa vuol mantenerci divisi e farci credere che la sua soluzione sia anche l’unica soluzione, imponendoci -loro malgrado- la dittatura di idee ed atteggiamenti. Tanto è vero che gli amanti del politicamente corretto sono convinti di avere la verità in tasca e non si rendono conto di essere invece diventati strumenti politici nelle mani di una tirannia occulta. Anche la più scalcinata democrazia non può prescindere da una sana e vitale instabilità, dalla eterogeneità, dalla dialettica, altrimenti si ha a che fare con un totalitarismo, sia esso indotto con la forza o con la propaganda. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

mercoledì 7 maggio 2014

Il sentiero dei profumi aromatici

Il sentiero dei profumi aromatici Esco dall’ufficio prima del solito per andare a ritirare un documento presso gli uffici comunali del Campidoglio, dove ho lavorato tanti anni fa. A quanto pare, è necessario per la ricostruzione della mia carriera. Oh, che bel pomeriggio di maggio! Il sole è ancora caldo. Traggo un profondo respiro. D’accordo, vado a piedi. Niente mezzi pubblici. Passo a piazza di Spagna, sotto i 138 gradini che risalgono il ripido pendio verso i campanili gemelli ai lati della Chiesa di Trinità dei Monti. Percorro via del Tritone. Arrivo alla confluenza delle tre vie ed ammiro l’enorme fontana di Trevi, con i suoi cavalli marini cavalcati da tritoni che trainano il cocchio di Nettuno a forma di conchiglia. Passo davanti al Pantheon. Entro e osservo l’interno della grande cupola che sembra sfidare le leggi della fisica, mentre il sole filtra attraverso il grande oculus al suo centro. Mi trovo davanti al Vittoriano, il monumento che molti paragonano a una colossale torta di nozze piazzata nel centro di Roma, inaugurato nel 1925 in onore di Vittorio Emanuele II, il primo re dell’Italia unita. Dopo aver attraversato una parte di Roma antica raggiungo il Campidoglio, l’unica testimonianza importante dei famosi sette colli di Roma, mentre la luce del sole comincia a svanire all’orizzonte attraverso gli archi e le colonne in rovina dei Fori imperiali. Perfetto, missione completata. Tornando sui miei passi decido di andare a prendere la metro alla fermata del Colosseo. Lungo il perimetro esterno dell’anfiteatro circolare giurerei di udire il cozzo delle armi dei gladiatori e il ruggito dei leoni. Poi la fantasia diviene cruda realtà quando penso alla mia situazione economica. Non posso mettere da parte il mio denaro in banca, sapendo di averne frequentemente bisogno per le mie transazioni giornaliere….beni necessari nel breve termine… Cavolo, gradirei diventare ricco per poter realizzare dei sogni incredibili che, però, fino a qualche anno fa, nel periodo pre-euro, riuscivo tranquillamente a realizzare. Non sto parlando certamente di un cottage in montagna, di una villa in riva al mare o di una villetta di campagna, sarebbe veramente troppo! Ma non sto alludendo nemmeno ad una macchina molto potente, perché servirebbe troppa benzina o al mangiare smoderatamente, perché ingrasserei! Desidererei, invece, essere ricco solo per il semplice gusto di pagare il bollo della macchina, cambiare gli pneumatici, aggiungendo chiaramente anche la convergenza, l’equilibratura ed il cambio periodico dell’olio. Visto che ci sono farei anche la revisione e il famoso bollino blu antinquinamento, giusto per il gusto di esagerare. Vorrei essere ricco anche per poter pagare l’Irpef qualche giorno prima della scadenza e non qualche mese dopo. Vorrei a questo punto strafare e pagare perfino l’Imu e la tassa dei rifiuti ed inoltre le bollette della luce, dell’acqua, del gas e del telefono. Aggiungo allora le spese del condominio e la mensa scolastica. Per non dimenticare l’abbonamento Rai, l’assicurazione della macchina, le tasse universitarie ed i libri dei miei ragazzi, Alessandro studente in Lettere e Gabriele, candidato al concorso per Notai. Insomma vorrei essere tanto ricco per poter fare tutte quelle cose che fino a qualche anno non mi intimorivano, mentre ora mi mettono in apprensione. Touchè. Ci siamo. Tra un pensiero e l’altro sono arrivato alla stazione della Piramide. Qui c’è il trenino che mi porterà a Ostia. Sono, infatti, un abitante del Lido della Città Eterna. Guardo l’orologio. Si è fatto tardi. Devo rincasare per cena. Corro per prendere la coincidenza. Ci riesco e mi siedo. Davanti a me c’è Sandra. Moglie di Pino. Dice: “Mio marito ha delle magnifiche, adorabili qualità, non potrei mai negarlo. E’apolitico, cortese, imprevedibile, niente golf, alito decoroso, sessualmente inventivo, niente golf, probabilmente fedele per la gran parte del tempo, barbaro ma con circospezione, sa ancora ballare il tiptap quasi da professionista, è in grado di apprezzare i film di Nanni Moretti, tranne ovviamente Il Caimano. Eppure c’è questa spaventosa triste insoddisfazione -la voce le si smorza per un attimo tanto spaventosa quanto inspiegabile e immotivata e immodificabile. Che dici, Mario, meriterebbe di meglio, lui.” “No” rispondo, tranquillizzandola. Dopo un’ora di viaggio e vari rallentamenti arriviamo alla fermata di Ostia Centro. E dire che, aumentare la qualità di servizio e migliorarne il comfort, dovevano essere i due obiettivi primari della Società Met.Ro. Lei prende l’autobus. Lo 01. Io continuo a piedi. Fiancheggio un vivaio, percorrendo un sentiero di profumi aromatici. Passa davanti al teatro Nino Manfredi. Gestito da miei amici. Ecco Luciano, il Presidente. Mi invita a prendere un caffè. C’è anche Francesco, un nostro comune amico. Oltre che famoso attore. In via di confidenza, ci dice: “Ci sono baci che si danno per ricordare com’erano. Per capire se hanno ancora quel sapore che ti piaceva tanto. Se funzionano, sono i migliori. Quello che prima ho dato a Yvonne era uno di quelli. I boxer mi si sono istantaneamente ristretti, infatti”. Li saluto e mi dirigo sul Lungomare. Davanti a me , il mare. Intorno a me comuni arrapati cronici, decisamente brutti e spinti dall’ambizione disperata di realizzare il sogno di trombarsi la donna delle loro seghe più che dei loro sogni. La reclusione, l’esilio, la solitudine, la malinconia, la lontananza, la fatica della socializzazione e dell’adattamento, addirittura la fame e la sete, in questo tipo di logica non sono nient’altro che giochi di società un po’ più impegnativi del normale in cui il concorrente non rischia mai di rompersi veramente le corna. Dietro di me donne: sedute, accucciate, in ginocchio, voltate sul fianco, in piedi. Vanverano all’impazzata, dicendo cose che non pensano e riesumando fatti vecchissimi che non si ricordano nemmeno bene. Una Simonetta stupefatta mi chiede. “Che c’è, Mario?” “ Brutti pensieri” mormoro. Alex fa finta di piantarmi una canna di pistola sotto il mento. Gabry comincia a ridere. Mia suocera urla che la cena è pronta, ansimando e congestionandosi manco stesse annunciando l’immanente apparizione della Madonna. Mi comporto come Obelix in quella vecchia storia dove i suoi amici Galli preparano un’operazione militare, stanno a pralre per giorni e giorni di strategie d’attacco e condizione dei luoghi e lui, che non ha capito una mazza, alla fine urla: “non so perché, ma vengo con voi!”. Mangiamo una superba pasta fatta in casa. Assolutamente divina. Beviamo una bottiglia di Brunello di Montalcino. Perfetto. Andiamo a letto. Cercherò di dormire un po’ stanotte. Non voglio ammalarmi per colpa di queste riflessioni. Dico sul serio. Sento un profumo di timo, lavanda, rosmarino, menta, salvia e origano mentre mi avvio dal basso, verso il sonno e verso i sogni. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)