venerdì 31 luglio 2009

La pillola del giorno dopo


Via libera a maggioranza dall'Agenzia italiana del farmaco (Aifa) alla pillola abortiva Ru 486. Il Consiglio di amministrazione dell'Aifa ha infatti approvato l'immissione in commercio del farmaco in Italia. La pillola abortiva è già venduta in vari paesi. Intanto non si placano le polemiche a livello politico, mentre il Vaticano annuncia la scomunica per coloro che la useranno. È un “veleno letale, non un farmaco”: è come l'aborto chirurgico, quindi un “peccato, un delitto” che comporta la scomunica della Chiesa per chi la usa, la prescrive o partecipa a qualsiasi titolo all'iter. Lo afferma monsignor Giulio Sgreccia, emerito presidente dell'Accademia per la vita, che auspica un intervento da parte del governo e dei ministri competenti. Perché - spiega - non “è un farmaco, ma un veleno letale” che mina anche la vita delle madri, come dimostrano i 29 casi di decesso. La Ru486 - afferma Mons. Sgreccia - è uguale, come la Chiesa dice da tempo, all'aborto chirurgico: un “delitto e peccato in senso morale e giuridico” e quindi comporta la scomunica automatica. La posizione della Chiesa è sempre stata ferma sull'argomento: l'aborto è sempre aborto, sia se fatto in clinica o in casa. Così come più volte sostenuto anche dal vicepresidente della Pontificia accademia per la vita, mons. Jean Laffitte, che all'inizio di quest'anno, quando si è riaperta la discussione per l'uso in Italia, aveva affermato che la cosidetta pillola del giorno dopo, non va usata nemmeno in caso di stupro. Come sottolineato anche dal no della Santa Sede circa l'uso della pillola abortiva nel 1999 per le donne violentate durante la guerra del Kosovo, alle quali la pillola veniva fornita in un kit dell'Onu. O, più di recente, nelle dure prese di posizione della Chiesa nel 2005, quando a Torino nelle strutture pubbliche si iniziò l'uso sperimentale del farmaco. Dal canto suo l’endocrinologo francese Emilie-Etienne Baulieu, inventore della Ru486, sottolinea come la pillola abortiva sia sicura ed efficace. “Quelli che la boicottano sono in realtà i nemici della libertà di scelta delle donne”. A chi dare ragione? Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

Federica Pellegrini

La ventunenne Federica Pellegrini detiene il record del mondo dei 200 stile libero con 1'52"98, e dei 400 che già deteneva con 4'00"41 ai Giochi del Mediterraneo e che ha migliorato all'esordio dei mondiali con 3'59"15, prima donna a scendere sotto il muro dei 4'. È l'unica nuotatrice italiana ad aver infranto il crono mondiale in più di una specialità: ben sei volte ha migliorato quello dei 200 stile libero e tre volte quello dei 400, ma è anche primatista dei 200 in vasca corta (1'51"85). È anche l'unica azzurra ad aver regalato all'Italia il primo oro olimpico al femminile del nuoto, centrando il titolo a Pechino nei 200 stile libero. Con l'oro mondiale sui 400, bissato ora con quello sulla distanza più breve di cui detiene anche il titolo olimpico, Federica Pellegrini aveva riportato, 36 anni dopo Novella Calligaris, il nuoto femminile sul gradino più alto del podio di una rassegna iridata. Ed ora Federica arricchisce ancora il suo straordinario palmares internazionale: infatti oltre all'oro di Pechino ha anche un argento nell'edizione di Atene 2004 sempre sui 200 stile (quando aveva solo 16 anni), un argento e un bronzo mondiale nella stessa distanza rispettivamente a Montreal nel 2005 e a Melbourne nel 2007, oltre a un oro sui 400 agli Europei di Eindhoven, dove conquistò anche l'argento nella 4x100 stile e il bronzo nella 4x200. 35 invece i titoli italiani a livello individuale. Pioggia di medaglie anche in vasca corta con 2 ori, 2 argenti e 1 bronzo agli europei, e un argento un bronzo ai Mondiali. Detto onestamente, tutta questa faccenda mi ha ancor più convinto che la bella Federica è la regina del nuoto italiano. Proprio così.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

Alcolismo

Un rapporto diffuso dalla Commissione Europea traccia un quadro preoccupante: più di uno su otto tra i ragazzi di 15 e 16 anni, si è ubriacato più di 20 volte nel corso della vita. Il rapporto europeo mette il punto anche sull’elevata importanza economica della produzione di alcol. Un quarto del totale della produzione di alcol e metà di quella di vino al mondo è concentrato nel Vecchio Continente. Dove con l’alcol lavorano circa 750 mila persone (in gran parte nel settore vinario). In Europa si consumano 11 litri di alcol puro per ogni cittadino in media. Ed ancora si legge sul rapporto che 40 milioni di europei bevono troppo e 100 milioni esagerano almeno una volta al mese. Una stima calcola che ci siano 23 milioni di europei alcoldipendenti. Più del 90% degli studenti dai 15 ai 16 anni hanno usato l’alcol. Sette milioni di adulti dichiarano di essere stati coinvolti in risse dopo aver bevuto e i costi economici relativi agli atti criminali dovuto all’alcol sono stimati in 33 miliardi di euro. E’ veramente una situazione allarmante. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

domenica 26 luglio 2009

Una mamma che muore

Sono triste.

Ho appena saputo che é morta la mamma di un mio caro amico.

Quando se ne va una mamma, se ne va un pezzo di cuore, se ne vanno in un colpo solo anni di vita, di ricordi, di affetti.

Se ne va la gioia.

Feruccio, mi dispiace.

Tanto.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

venerdì 24 luglio 2009

Ostia d'estate




Sabato mattina.
Il sole già splende, il cielo è azzurro e un vento fresco scuote rumorosamente le insegne degli stabilimenti.
Sto passeggiando verso il porto, dopo aver sorseggiato con calma una tazza di caffè sul balcone e dato una scorta ai quotidiani.
Mi sono svegliato presto.
Ieri sera, quasi all’una, dopo aver mangiato gli spaghetti cacio e pepe e aver bevuto un goccio di vino, sono andato a letto pieno di pensieri strani.
E allora non sono riuscito a dormire.
In parte era colpa del bruciore allo stomaco per aver mangiato a quell’ora tarda e in parte è stata colpa dei sogni inquietanti che ho fatto nei brevi istanti in cui mi sono appisolato.
Mi sono svegliato diverse volte di soprassalto, con il cuore che mi batteva all’impazzata e vaghe e brutte immagini che scivolavano lungo i viscidi pendii del mio subconscio.
Sono rimasto sdraiato a fare respiri lenti e profondi, finché non sono riuscito ad addormentarmi un’ora prima che mi svegliasse una telefonata.
Da favola: avevano sbagliato numero!
Annuso l’aria, umida ma abbastanza fresca per questo periodo dell’anno, e do un’occhiata all’orologio.
Le sei e mezzo.
Sembra che sarà un’altra bella giornata; e molto lunga, per giunta.
Ricordi, sensazioni, cose così…
Non so perché.
Ripenso a quando, da bambino, giocavo a Collevecchio.
Un nostro vicino, amico di mio nonno, mi offriva sempre dei dolci appena sfornati dalla moglie.
Era un uomo alto e tarchiato, largo quasi quanto era alto, ma muscoloso e sano.
Indossava spesso uno stretto gilet sulla camicia e un paio di ampi pantaloni.
Forse allora non avrà avuto più di quaranta anni, ma il lavoro dei campi lo aveva invecchiato, come dimostravano le rughe profonde e la pella ruvida sul suo volto robusto.
Penso al lavoro.
Mi rammento che ho parlato ieri con un giovane collega.
Uno che viene preso sempre in giro senza alcuna pietà.
Hanno una vena maligna gli altri miei colleghi.
Sarà probabilmente per il suo look. Ieri, per esempio.
Indossava una giacca di velluto a coste verde bottiglia, con le toppe di pelle sui gomiti e un paio di pantaloni marroni un tantino consumati, sempre di velluto, nonostante il caldo.
Aveva la cravatta annodata male e il colletto della camicia ripiegato all’insù dalla parte destra.
Dal taschino della giacca spuntava una sfilza di penne e matite.
Sul volto il colorito terreo proprio di chi non passa molto tempo all’aria aperta.
Mi siedo su una panchina.
Dal vicino bar arrivano le notizie del radiogiornale.
Sta parlando Pierferdi.
Un politico che apprezzo. Molto.
E’ determinato Pier Ferdinando Casini durante questa intervista su GR1.
L'ex presidente della Camera sta sottolineando che “il ruolo dell'Udc è alternativo alla sinistra. Il Partito Democratico si rivolge ad un'altra casa, a quella del socialismo europeo. Noi abbiamo fatto una scelta ben diversa”.
Che dite?
State cominciando a trovare il tutto un po’ campato in aria?
Tranquilli. Ho quasi terminato. Manca solo qualche frase.
Ho una vecchia Opel Corsa.
E’ davvero ora di comprare un’auto nuova, lo so, ma ultimamente non ho avuto il tempo né i soldi per farlo.
Presto lo farò ma, per il momento, l’Opel continua a portarmi dovunque voglia andare.
Oggi, vicino al porto, c’è una improvvisata vendita dell’usato, dove noto persone indecise se comprare o meno telefoni cellulari poco affidabili a pochi euro.
Anche cartucce d’inchiostro di dubbio funzionamento a cinquanta centesimi.
Si sono fatte le nove e mezzo.
Ritorno verso casa.
Arrivo al mercato dell’Appagliatore.
Offre verdure coltivate nelle zona di Maccarese, formaggi tipici della campagna romana come il pecorino, carni di vitello e di maiale biologici.
Ho sempre pensato che tutti i vitelli e i maiali fossero biologici -per non parlare del vino, della frutta e della verdura- prima che Simonetta mi spiegasse che in realtà si intendeva allevati biologicamente, ossia senza fare uso di pesticidi o prodotti chimici.
Mi chiedo: perché non dicono così, allora?
Devo pensare a cosa farò da grande: e dovrà essere qualcosa che ne valga la pena.
Beh, scrivere vale la pena, no?
Se lo si fa seriamente.
Anche perché in ufficio, negli ultimi tempi, ci sono state volte che riflettendo sulle cose che faccio mi si è quasi accapponata la pelle: ho provato un vero odio per me stesso.
Tu, che mi stai leggendo, devi sapere che lavorare in questo modo…non ti fa sentire esattamente a posto con te stesso, te l’assicuro.
A peggiorare le cose, il caffè bevuto a un bar vicino al porto ha cominciato ben presto a comprimermi la vescica.
Giungo a una decisione: bisogna ritornare a casa.
Intanto sudo.
Mi asciugo il viso con un fazzoletto.
Incontro mio figlio Gabriele. “Oh, grande, papà! Allora sei a spasso pure tu”.
“Sembrerebbe di sì” replico .
“Potevi dirmelo, saremmo usciti insieme”.
“Quando sono uscito, tu dormivi” rispondo.
“Ok, papà. Adesso però devo andare, ciao”. E se ne va.
Incontro un amico. “Che ci fai qui?” dice.
“Passeggiavo. Tu?”
“Abito qui vicino. Da qualche mese”.
“Dai, vieni, ti prego. E’ sempre bello vederti” dice, invitandomi a salire a casa sua.
Insiste.
Ancora confuso, mi limito a dire di sì e rimango lì impalato, mentre lui mi fa strada.
Poi mi incammino anch’io verso di lui.
Arriviamo. Mi fa cenno di entrare in casa. Entro.
“Posso offriti qualcosa?”.
Controllo l’orologio. “Tra poco devo raggiungere mia moglie, ma prima possiamo prenderci un caffè”.
“Bene. Il caffè è perfetto” replica.
“Vieni, andiamo in veranda”.
“In veranda? Perfetto” rispondo.
“Le verande sono luoghi rilassanti. Sono una sorta di rifugio in cui estraniarsi dal mondo reale” dice.
Dopo un po’ rientriamo.
“Hai una bella casa” dico, mentre mi siedo su una poltrona a fiori con il coprischienale di pizzo.
“Grazie” risponde con un sorriso.
Un orologio ticchetta sulla mensola del caminetto, accanto a una fotografia racchiusa in una cornice.
Le dieci e venticinque.
Nella foto, che sembra essere scattata in montagna, ci sono lui e sua moglie.
E’ un uomo duro, tutto d’un pezzo, uno della vecchia guardia, che si sta avvicinando in fretta al pensionamento.
Ha i capelli grigi, tagliati a spazzola in modo austero, i lineamenti marcati, squadrati e negli occhi socchiusi un luccichio che intimorisce.
La gente dice che non ha senso dell’umorismo, ma io, che lo conosce bene, sono certo che sia un bravo uomo.
Mi dice: “I vescovi italiani sono favorevoli ad una legge che tuteli la libertà religiosa, ma tale legge non può mettere sullo stesso piano della Chiesa cattolica sette o movimenti religiosi che suscitano allarme sociale; né il matrimonio cattolico può essere equiparato a quello di altre religioni, come l'islam, che prevedono anche la poligamia”.
“Certo” rispondo.
“Difatti alla Chiesa cattolica non piace la proposta di legge che introduce il principio della laicità addirittura quale fondamento della legge sulla libertà religiosa, poiché è un'affermazione forzata, in quanto, secondo pronunciamenti della Corte Costituzionale, è la libertà religiosa a concorrere a strutturare il principio di laicità” specifica.
“Giusto, faccio io, infatti, a differenza della Chiesa cattolica, ebrei e protestanti hanno manifestato la loro soddisfazione per il nuovo testo che difende la laicità dello Stato ed equipara sostanzialmente le diverse religioni tra di loro. Anche le organizzazioni musulmane che fanno parte della Consulta per l'Islam si sono mostrate piuttosto favorevoli, pur esprimendo qualche riserva sulla creazione di un albo dei ministri del culto” aggiungo.
“Hai ragione, Mario” osserva lui. “ So per certo che la Chiesa critica apertamente molti punti della proposta di legge a partire dai paragrafi sul matrimonio, dato che nella tradizione giuridica italiana si vede specificato il riconoscimento della derivazione degli effetti civili dal matrimonio cattolico. In questo testo di legge questo aspetto del matrimonio cattolico viene assunto come paradigma di tutti i matrimoni, passaggio che non ci è rispettoso della religione cattolica”.
“Spiegati meglio” dico.
Allora lui esclama a gran voce “Mentre prima il rito celebrato dalle confessioni non cattoliche veniva considerato un matrimonio civile celebrato in forma speciale, con il nuovo testo di legge ogni tipo di nozze religiose finisce per equivalersi anche negli effetti civili”.
Si interrompe un attimo per bere.
“Ciò rischia di divenire problematico per le unioni consacrate da fedi, come quella musulmana, che prevedono forme di poligamia. Non si possono riconoscere effetti civili a questi matrimoni senza un approfondimento di tali implicazioni” conferma.
Vedendomi interessato, mi avverte che “anche l'intenzione di istituire un registro delle confessioni religiose presenti in Italia, a prescindere da chi ha un concordato o meno un'intesa con lo Stato e chi non ne ha, suscita seria preoccupazione tra i vescovi cattolici, perché si tratta di una novità, i cui esiti, per quel che si può prevedere al momento, potrebbero comportare un rischio di omologazione tra realtà religiose che rimangono invece fortemente differenziate. Ciò vale anche per l'accesso ai programmi televisivi o ai fini della destinazione del 5 per mille. L'esigenza di favorire l'integrazione di nuovi gruppi e quindi la pacifica convivenza non deve tradursi in forme di ingiustificato cedimento di fronte a dottrine o pratiche che suscitano allarme sociale e che contrastano con principi irrinunciabili della nostra civiltà giuridica”, conclude.
“Appunto” commento. Con una smorfia guardo fuori dalla finestra. Sembra che stia rimuginando su quello che il mio amico ha appena detto. “Così pare” replico. “L’unica soluzione sarebbe cambiare governo. Con Casini come premier. Questa è la mia opinione, almeno”.
“Credo che tu abbia ragione” dice. “E questa non è l’unica cosa che non mi piace di questo Governo. A volte sembra proprio che facciano cose sgradevoli come questa proposta di legge…anche in questo caso si poteva evitare, secondo me…già, non dobbiamo trarne piacere” osserva.
“Non capisco. Che vuoi dire?” gli chiedo.
“Hai ragione, Mario. Non spetta a noi giudicare. Comunque, quello che voglio dire è che le cose potrebbero andare meglio” ipotizza.
Lo guardo con aria perplessa “Bè, e noi del resto cosa potremmo fare di preciso? Solo parlarne in giro. Per quello che può servire, poi” ribatto.
“Direi di sì” replica.
“Che facciamo noi, nel frattempo?” dico.
“Non lo so” risponde.
“Abbiamo avuto Governi peggiori ma, abbiamo elementi sufficienti per dire a occhio e croce, che questo Governo potrebbe fare ancora meglio” replico.
Lui scoppia a ridere. “Non ti preoccupare, Mario. Beviamo una vodka fredda. Forse è la cosa migliore”.
“Bè, mi sentirò un po’ meglio dopo aver bevuto” dico distogliendo lo sguardo.
“Mi sembri un tantino sconvolto. Spero che la vodka ti piaccia” dice.
“Certo. Mi piace parecchio” replico.
“Penso anche ai giovani dei centri sociali, come quelli del Vittorio occupato. Alcuni sono impegnati politicamente e la cosa può sfociare nella violenza se si mettono insieme a tipi sbagliati e ora che i trafficanti privi di scrupolo si sono inseriti nello spaccio della droga c'è un pericolo in più. Molti di loro sono disorientati a come va il mondo e cercano delle risposte. Ma sono tutti di buona famiglia. Perché diavolo vogliono scappare per andare a vivere in luride casa occupate e squallidi monolocali?” dice.
“Non ci arrivo proprio” rispondo.
“Una via di fuga, magari. Qualcosa di nuovo. Qualcosa di diverso” aggiunge.
“Interessante” commento.
Mi alzo. Lo saluto.
Uscendo di nuovo nel vento caldo di Ostia penso che in parole povere non so dove stia andando.
Tutto ciò che so è che devo camminare.
Forse dovrei dare un’occhiata al supermercato per vedere se c’è Simonetta.
Comincia a piovere.
Ma va! In piena estate!
Allora mi volto dalla parte opposta.
Mi avvio verso casa sotto la pioggia.
Finalmente.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

mercoledì 22 luglio 2009

Vincitori smemorati




Fortunato, ma distratto: così ha perso i 5 milioni garantiti dal primo premio della Lotteria Italia. Sono scaduti, infatti, i termini per portare all'incasso il biglietto vincente acquistato a Roma, in una ricevitoria alla Balduina. In totale, per quanto riguarda l'ultima edizione della Lotteria Italia, torneranno nelle casse dello Stato oltre 7 milioni di premi non riscossi. Un'edizione, questa della Lotteria Italia, che detiene il record di smemoratezza dei suoi vincitori. Gli oltre 7 milioni di euro non assegnati superano, infatti, di gran lunga tutte le dimenticanze degli anni passati: dal 2002 ad oggi gli italiani hanno così lasciato nelle casse dello Stato 17 milioni di euro. La legge è chiara: i premi non riscossi entro il termine di 180 giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale vengono, infatti, incamerati dallo Stato e messi a disposizione della ricerca o destinati alla ristrutturazione di monumenti di interesse nazionale. Ma non potevo vincere io: non mi sarei certo dimenticato di ritirare il premio! Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

venerdì 17 luglio 2009

mondiali di nuoto


Iniziano, con i fuochi d'artificio allo Stadio dei Marmi, i mondiali di nuoto. Tutta l'Italia sfila dietro a Massimiliano Rosolino, bandiera del nuoto azzurro con 60 medaglie conquistate, Federica Pellegrini in abito da sera consegna il tricolore al Capo dello Stato, mentre Filippo Magnini ha la consolazione di fare da testimonial il 2 agosto quando calerà il sipario. Il Mondiale in casa ha riunito tutti, e il colpo d'occhio, fatto di bianco e azzurro Italia, è intenso: ci sono i "vecchi" come Rosolino e Brembilla, e la mascotte Ilaria Scarcella, che a 16 anni si presenta al suo primo Mondiale con due primati nazionali nei 100 e 200 rana, anche se il più giovane è il quattordicenne tuffatore Andrea Chiarabini. Le Nazionali si sono presentate ai blocchi di partenza nel Centro dell'Acquacetosa, quartier generale di tutta la numerosissima spedizione, e con loro i sei tecnici pronti a far vedere i frutti del lavoro nel difficile anno post-olimpico. Federica Pellegrini è pronta e non pensa alle polemiche. “Il rapporto con il mio allenatore cresce sempre di più, mi sento molto protetta. E poi in Italia c'è la libertà di parola”. Federica Pellegrini, più in forma che mai risponde così alle polemiche dopo l'intervista in cui diceva che qualcuno sarebbe stato contento se avesse perso ai mondiali di Roma: “Il problema è che dico sempre quello che penso quindi posso suscitare un po’ di rancori, ma io con la mia coscienza sono a posto, la cosa che mi riesce meglio è nuotare e non vedo l'ora di cominciare”. In bocca al lupo, azzurri!.Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

mercoledì 15 luglio 2009

innalzamento dell'età pensionabile




Innalzare gradualmente l'età pensionabile delle donne nel pubblico impiego a partire dal primo gennaio 2010 e facendo dunque in modo che il tetto dei 65 anni scatti a partire dal 2018. È quanto prevede un emendamento parlamentare, presentato al decreto legge anticrisi, a prima firma del vicepresidente della commissione Lavoro della Camera Giuliano Cazzola. Secondo tale norma i risparmi che si ottengono da questa misura andrebbero a finanziare un Fondo per la qualificazione del lavoro delle dipendenti nella pubblica amministrazione da istituire entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge con un decreto del ministro della pubblica amministrazione di concerto con il ministro del Welfare, del Tesoro e delle Pari opportunità. Obiettivo del fondo è, tra l'altro, il finanziamento di “progetti per la valorizzazione delle donne” e la promozione della “conciliazione tra attività professionale e lavoro di cura”. Non ricadrebbero nella nuova normativa, si legge nell'emendamento, le lavoratrici che al 31 dicembre 2009 abbiano maturato i requisiti per la pensione di vecchiaia, ma anche coloro che “abbiano applicato un regime di prosecuzione volontaria o siano comunque cessate dal servizio prima di avere maturato il diritto a pensione”. Perfetto, sono d’accordo. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

giovedì 9 luglio 2009

Manicomi e legge Basaglia



La legge che ordinava la chiusura dei manicomi ha compiuto trent’anni, ma il sogno di Basaglia (una psichiatria pubblica che cura il malato di mente nella stessa misura e con la stessa efficacia con cui viene curato ogni altro malato) è rimasto purtroppo tale. Nessuna delle idee di fondo di Basaglia è stata compiutamente realizzata. La chiusura dei manicomi voleva essere un segno positivo di effettivo recupero sociale del malato, un segnale incoraggiante che egli ha pieno diritto alle cure necessarie in famiglia o in altro luogo di sua scelta, come doveroso contributo sociale. Altrimenti la chiusura dei manicomi avrebbe finito con il rivestire solo il significato ipocrita di un gesto fine a sé stesso, che in realtà aggrava e moltiplica i problemi, rovesciando sulla famiglia e sullo stesso malato ostacoli, disservizi e mortificazioni che, in precedenza, una psichiatria certamente sbagliata e inadeguata aveva comunque risolto in qualche modo, sia pure attraverso la preconcetta definizione del malato di mente come persona pericolosa a sé e agli altri. Purtroppo è proprio ciò che sta accadendo. La moderna psichiatria, certamente assai più avanzata e adeguata alle esigenze, sta rifiutando nella sostanza di affrontare il problema sociale di fondo, e ha finito con l’abbandonare il malato a sé stesso, e se va bene, alla famiglia, spesso non in grado di portarne il peso. Non voglio certo sostenere che era meglio prima ma certo non si può non riconoscere che tra i programmi di Basaglia e la realtà di oggi si rileva un contrasto insanabile, frutto di una cultura in grave ritardo, e quindi ancora più inaccettabile della precedente, soprattutto perché avendo diagnosticato gli errori e le carenze di prima, si rifiuta di dare corso ai rimedi, ancorché ben noti ed individuati. Per la psichiatria si dovrebbe spendere il cinque per cento del bilancio della sanità, si spende invece circa o meno della metà, i malati gravi bisognosi di assistenza medica sono pari al tre per cento dell’intera popolazione, o poco meno. Non dispongono però di adeguati centri di assistenza specialistica, di case o di luoghi protetti e vigilati, addirittura, anche per le situazioni di estrema emergenza, difettano i presidi di pronto soccorso specializzati e manca un servizio di consulenza professionale diffuso sul territorio. Mi rifiuto di credere che tutto questo sia voluto per convogliare il malato verso l’assistenza privata. Eppure è proprio quanto sta accadendo. Il malato di mente non assistito dal servizio pubblico deve per forza di cose rivolgersi al privato. E chi non può rimane abbandonato a sé stesso. E’ esattamente il contrario di ciò che Basaglia ha predicato. Sarebbe opportuno impegnarsi cominciando da quello che diceva Basaglia: il malato di mente è solo un malato, uguale a ogni altro malato ed é un malato da curare e, se possibile, da inserire nel mondo del lavoro, non una vergogna da nascondere. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

martedì 7 luglio 2009

Nozze d'argento




Ho l’abitudine di perdermi nella profondità dei miei pensieri.
Papà.
Mentre mi parlava, passava in terreni profondi.
Vicino al solco dell’anima.
Lui diceva sempre qualcosa di estremamente appropriato.
Lo faceva ogni volta. E’ stato così che è diventato il mio maestro. Di vita. Poco prima di tagliare il traguardo dei sessantasei anni, aveva cominciato a mostrare i primi sintomi del cancro allo stomaco che l’avrebbe portato via in meno di due mesi.
Mio fratello.
Stefano sta diventando papà per la seconda volta.
Entro questa settimana nascerà Valerio.
Mia moglie.
A volte, io e Simonetta sappiamo esattamente quali tasti toccare per far perdere le staffe l’uno all’altra, e la difesa diventa presto attacco una volta che le parole hanno preso l’abbrivio.
Martedì 14 luglio festeggeremo le nozze d’argento.
E sono 25 gli anni trascorsi da quel pomeriggio del 14 luglio dell’84.
Un quarto di secolo: incredibile come passi il tempo!
Lei festeggerà due volte, dato che ci siamo sposati nel giorno del suo compleanno.
Del resto, come canta il Poeta, “Quel fatidico sì di venticinque anni fanon è stato un bel sogno ma una dolce realtà”.
Ne abbiamo fatta di strada assieme.
Faremo il bis?
Allora, prima di rispondere, mantengo sangue freddo. Sì, è chiaro che ho delle idee al riguardo. A posteriori mi è parso che il nostro matrimonio è tutto una trottola. Facciamo festa o ci scontriamo. Dove sta l’inghippo? Santo cielo, stiamo bene insieme. O almeno così credo. Per quanto mi concerne, potremmo continuare a stare insieme per altri 25 anni. Come minimo. Molto semplicemente, noi due insieme funzioniamo. Abbiamo una relazione altrettanto assuefacente dell’eroina. Forse non sempre sembra funzionare. Un rapporto del genere sembra fatto per creare sofferenza.
In ogni caso, andiamo avanti. Nonostante tutto.
Strano, ma improvvisamente mi viene in mente una filastrocca che nonna Jole mi recitava per farmi addormentare. Potrebbe essere in tema per il 14 luglio.
“Domani è festa, mangiamo la minestra. La minestra non è cotta, mangiamo la ricotta.Tiriamo la cordicella, esce fuori Pulcinella con un piatto di maccheroni, e li mangia in due bocconi”.
Ciao nonna, tuo nipote festeggia le nozze d’argento, sai? Ehilà che fai? Sei commossa? Ma dai, vieni qui che ti abbraccio. Come, non puoi venire adesso? Non fa niente, tanto i tuoi auguri mi sono arrivati lo stesso. Ciao, nonna.
“Non è che ho paura di morire, solo che non voglio esserci quando accadrà.” Mi piace Woody Allen. Lui sì che ha capito tutto della vita.
Auguri Simonetta.
Benvenuto, Valerio.
Auguri, Mario.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)