La nuova cultura politica
della Chiesa
Molti dicono che il Vaticano
spesso si intromette su questioni e situazioni di grande importanza per molti
cittadini, facendo pesanti e ripetute pressioni sui politici più legati alla Chiesa
per la loro fede religiosa e di fatto limitando e ostacolando la libertà di
azione del Governo. Fra i problemi di maggiore importanza sono il
riconoscimento delle unioni di fatto, il testamento biologico e l’eutanasia,
gli ostacoli alla ricerca, come nel caso delle cellule staminali embrionali.
Dal mio punto di vista ritengo che la Chiesa abbia il
dovere di intervenire nelle questioni politiche con
il proprio giudizio morale, specialmente sulle questioni politiche che
riguardano la dignità della persona.
In realtà la Chiesa è una
realtà importante nella nostra società e ha il diritto-dovere di intervenire su
tutte le questioni che hanno una rilevanza sociale, politica e morale.
Questa non è ingerenza, è
libertà d'espressione e rientra nella dialettica democratica di una società
moderna e aperta.
Sono perfino convinto che la
Chiesa vada ritenuta al di sopra delle parti pure quando si mette in gioco
esprimendo giudizi politicamente impegnativi come accade in questi giorni sul
tema dei profughi (anche se, su questo come su altri temi, molti cattolici
hanno spesso sensibilità diverse da quelle espresse dalle gerarchie
ecclesiastiche).
Reputo,
infatti, che nella comunità mondiale l'indirizzo economico debba essere
orientato verso la condivisione dei beni, verso il loro uso durevole e la
giusta ripartizione dei benefici che ne derivano perché le risorse di cui il
mondo dispone sono in grado di fornire cibo sufficiente per soddisfare le necessità
di tutti.
Sono senz’altro d’accordo
che lo Stato sia autonomo dalla Chiesa e da ogni altra religione, ma sono
altrettanto convinto che lo Stato non possa essere autonomo dall’ordine morale
perché altrimenti ci troveremmo di fronte ad uno Stato etico, ossia uno Stato che si crede
proprietario dell’ordine morale, ritenendo di essere la fonte anche del bene e
del male, del vero e del falso.
In pratica uno Stato
totalitario.
Quando
la Chiesa interviene nel campo sociale, lo fa ispirandosi non tanto ai
contenuti specifici della fede cristiana, quanto all’antropologia fondamentale
radicata nella ragione e nel diritto naturale e che certamente non è assente
nelle fonti della rivelazione ebraico-cristiana.
Di fatto la Chiesa ha la
possibilità di instaurare un vero dialogo con altre forze culturali e con altre
impostazioni di pensiero sui valori etici fondamentali anche
se a mio avviso, da qualche tempo, il relativismo etico ed il radicalismo
individualista rappresentano un vero pericolo per la democrazia stessa, che non
può pensare di reggersi sulle sabbie mobili delle opinioni che cambiano continuamente
a seconda delle mode culturali, delle maggioranze politiche e degli interessi
di parte.
Quindi è giusto affermare che la Chiesa deve
rispettare la legittima autonomia dell’ordine democratico avendo tuttavia diritto a giudicare se le istituzioni e la
prassi politica siano conformi al rispetto dei valori della persona, del bene
comune e dei principi di solidarietà e sussidiarietà.
Ed è giusto affermarlo ancor più in questi ultimi anni
in cui, per esempio, comincia a imporsi con acutezza alla coscienza morale di
molti, specialmente fra gli specialisti delle scienze biomediche, l'istanza per
una resistenza passiva alla legittimazione di pratiche contrarie alla vita e
alla dignità dell'uomo.
Del resto quando l’azione
politica viene a confrontarsi con principi morali che non ammettono deroghe, la
Chiesa ha il diritto di intervenire, trattandosi di valori non negoziabili.
È questo il caso delle leggi
civili in materia di aborto e di eutanasia (da non
confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche
moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a
partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale.
Allo stesso modo occorre
ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione
umano.
Analogamente, devono essere
salvaguardate la
tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e
protetta nella sua stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad
essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di
convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale.
Così pure la garanzia della libertà di educazione ai genitori per i propri figli è un
diritto inalienabile, riconosciuto tra l’altro nelle Dichiarazioni
internazionali dei diritti umani.
Alla stessa stregua, si deve
pensare alla tutela sociale dei minori e alla liberazione delle vittime
dalle moderne forme di schiavitù (si pensi ad esempio, alla droga e allo
sfruttamento della prostituzione).
Non può essere esente da
questo elenco il diritto
alla libertà religiosa e lo sviluppo per un’economia che sia al
servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale,
del principio di solidarietà umana e di quello di sussidiarietà, secondo il
quale “i diritti delle persone, delle famiglie e dei gruppi, e il loro
esercizio devono essere riconosciuti”.
Mario Pulimanti (Lido di
Ostia-Roma)