venerdì 21 agosto 2015

Casamonica sì, Welby no


Casamonica sì, Welby no

In una Chiesa romana è stato celebrato un funerale stile Padrino di un boss, Vittorio Casamonica, con tanto di petali dal cielo, carrozza con sei cavalli e note del Padrino suonate dalla banda. Nella stessa Chiesa dieci anni fa furono invece vietate le esequie per Piergiorgio Welby che aveva condotto una lunga battaglia per l’eutanasia e scelse di morire.  L'ultimo saluto a Welby si tenne infatti nella piazza di fronte alla Chiesa, con la cappella a porte rigorosamente chiuse. Welby dunque era uno scomunicato che non meritava un funerale in Chiesa, ma un boss della malavita sì. Complimenti.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

mercoledì 19 agosto 2015

Israele, vera democrazia


Israele, vera democrazia

Quando si parla di questione mediorientale e di Palestina non viene quasi mai detto che Israele è l'unico Paese di quell'area che si possa considerare un'autentica democrazia, dove si svolgono cioè libere elezioni e dove i governi e le loro scelte sono sottoposte al giudizio e al voto dell'opinione pubblica, senza condizionamenti o vincoli di sorta e dove i cittadini possono pubblicamente esprimere il loro dissenso.

 Inoltre il potere giudiziario è indipendente dal potere politico.

Negli altri Paesi dell'area, tutti in larga parte nemici storici di Israele, prevalgono invece logiche di casta o regimi autoritari e la democrazia parlamentare non esiste. Infatti se a Tel Aviv puoi cambiare un governo andando a votare, a Tunisi e al Cairo c’è stato bisogno di rivoluzioni di piazza.

Non è una differenza di poco conto.

Shalom aleichem.

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

lunedì 17 agosto 2015

La nuova cultura politica della Chiesa


 
La nuova cultura politica della Chiesa

 

Molti dicono che il Vaticano spesso si intromette su questioni e situazioni di grande importanza per molti cittadini, facendo pesanti e ripetute pressioni sui politici più legati alla Chiesa per la loro fede religiosa e di fatto limitando e ostacolando la libertà di azione del Governo. Fra i problemi di maggiore importanza sono il riconoscimento delle unioni di fatto, il testamento biologico e l’eutanasia, gli ostacoli alla ricerca, come nel caso delle cellule staminali embrionali.

Dal mio punto di vista ritengo che la Chiesa abbia il dovere di intervenire nelle questioni politiche con il proprio giudizio morale, specialmente sulle questioni politiche che riguardano la dignità della persona.

 

In realtà la Chiesa è una realtà importante nella nostra società e ha il diritto-dovere di intervenire su tutte le questioni che hanno una rilevanza sociale, politica e morale.

Questa non è ingerenza, è libertà d'espressione e rientra nella dialettica democratica di una società moderna e aperta.

Sono perfino convinto che la Chiesa vada ritenuta al di sopra delle parti pure quando si mette in gioco esprimendo giudizi politicamente impegnativi come accade in questi giorni sul tema dei profughi (anche se, su questo come su altri temi, molti cattolici hanno spesso sensibilità diverse da quelle espresse dalle gerarchie ecclesiastiche).

Reputo, infatti, che nella comunità mondiale l'indirizzo economico debba essere orientato verso la condivisione dei beni, verso il loro uso durevole e la giusta ripartizione dei benefici che ne derivano perché le risorse di cui il mondo dispone sono in grado di fornire cibo sufficiente per soddisfare le necessità di tutti.

Sono senz’altro d’accordo che lo Stato sia autonomo dalla Chiesa e da ogni altra religione, ma sono altrettanto convinto che lo Stato non possa essere autonomo dall’ordine morale perché altrimenti ci troveremmo di fronte ad  uno Stato etico, ossia uno Stato che si crede proprietario dell’ordine morale, ritenendo di essere la fonte anche del bene e del male, del vero e del falso.

In pratica uno Stato totalitario.

Quando la Chiesa interviene nel campo sociale, lo fa ispirandosi non tanto ai contenuti specifici della fede cristiana, quanto all’antropologia fondamentale radicata nella ragione e nel diritto naturale e che certamente non è assente nelle fonti della rivelazione ebraico-cristiana

Di fatto la Chiesa ha la possibilità di instaurare un vero dialogo con altre forze culturali e con altre impostazioni di pensiero sui valori etici fondamentali anche se a mio avviso, da qualche tempo, il relativismo etico ed il radicalismo individualista rappresentano un vero pericolo per la democrazia stessa, che non può pensare di reggersi sulle sabbie mobili delle opinioni che cambiano continuamente a seconda delle mode culturali, delle maggioranze politiche e degli interessi di parte.

Quindi è giusto affermare che la Chiesa deve rispettare la legittima autonomia dell’ordine democratico avendo tuttavia  diritto a giudicare se le istituzioni e la prassi politica siano conformi al rispetto dei valori della persona, del bene comune e dei principi di solidarietà e sussidiarietà.

Ed è giusto affermarlo ancor più in questi ultimi anni in cui, per esempio, comincia a imporsi con acutezza alla coscienza morale di molti, specialmente fra gli specialisti delle scienze biomediche, l'istanza per una resistenza passiva alla legittimazione di pratiche contrarie alla vita e alla dignità dell'uomo.

Del resto quando l’azione politica viene a confrontarsi con principi morali che non ammettono deroghe, la Chiesa ha il diritto di intervenire, trattandosi di  valori non negoziabili.

È questo il caso delle leggi civili in materia di aborto e di eutanasia (da non confondersi con la rinuncia all’accanimento terapeutico, la quale è, anche moralmente, legittima), che devono tutelare il diritto primario alla vita a partire dal suo concepimento fino al suo termine naturale.

Allo stesso modo occorre ribadire il dovere di rispettare e proteggere i diritti dell’embrione umano.

Analogamente, devono essere salvaguardate la tutela e la promozione della famiglia, fondata sul matrimonio monogamico tra persone di sesso diverso e protetta nella sua stabilità, a fronte delle moderne leggi sul divorzio: ad essa non possono essere giuridicamente equiparate in alcun modo altre forme di convivenza, né queste possono ricevere in quanto tali un riconoscimento legale.
Così pure la garanzia della libertà di educazione ai genitori per i propri figli è un diritto inalienabile, riconosciuto tra l’altro nelle Dichiarazioni internazionali dei diritti umani.

Alla stessa stregua, si deve pensare alla tutela sociale dei minori e alla liberazione delle vittime dalle moderne forme di schiavitù (si pensi ad esempio, alla droga e allo sfruttamento della prostituzione).

Non può essere esente da questo elenco il diritto alla libertà religiosa e lo sviluppo per un’economia che sia al servizio della persona e del bene comune, nel rispetto della giustizia sociale, del principio di solidarietà umana e di quello di sussidiarietà, secondo il quale “i diritti delle persone, delle famiglie e dei gruppi, e il loro esercizio devono essere riconosciuti”.

 

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

 

 

martedì 11 agosto 2015

No alla riforma Madia e allo scioglimento del Corpo Forestale


No alla riforma Madia e allo scioglimento del Corpo Forestale

La riforma della Pubblica Amministrazione del Ministro Madia prevede licenziamenti più facili, anche per i dirigenti, una stretta sulle assenze, con il trasferimento all’Inps della competenza sui controlli in caso di malattia, il ruolo unico per i dirigenti, che faranno carriera solo se riceveranno valutazioni positive, avranno incarichi a tempo e potranno essere demansionati

La riforma Madia prevede inoltre il riordino delle società partecipate, autorità indipendenti e Corpo forestale dello Stato che verrà assorbito in un’altra forza di polizia.

 Io ritengo che questa sia una pseudo riforma che serve unicamente per gettare fumo negli occhi dei cittadini attraverso una pura operazione di marketing. Infatti si tratta, a mio parere, di una riforma inconsistente, che non incide sui livelli di qualità dei servizi erogati alla collettività e che non rappresenta quindi una spinta propulsiva che possa favorire la ripresa dell’economia.

Praticamente questa riforma è il risultato  di un’operazione  mirata unicamente a mantenere inalterati sprechi e privilegi a detrimento di efficienza, funzionalità,  valorizzazione delle professionalità. Infatti riformare significa in primo luogo razionalizzare,  tagliare  gli sperperi e le spese inutili e, quindi, azzerare tutti quei costosissimi incarichi di consulenza  derivanti da contratti stipulati con personale estraneo alla Pubblica Amministrazione;  tutto ciò  in favore della  valorizzazione delle professionalità esistenti all’interno attraverso una logica meritocratica che, applicata anche alla dirigenza,  si avvalga di sistemi di valutazione oggettivi, imparziali, scevri da favoritismi e manipolazioni personalistiche.

Ed ancora, ridurre i centri di spesa, le società partecipate, intervenire in modo concreto e non aleatorio su quelle municipalizzate.

Con il recupero di tali risorse si sarebbe potuto finanziare adeguatamente il  rinnovo del contratto, in assenza del quale non è ipotizzabile costruire alcuna riforma e valorizzare le risorse umane della P.A.

Questa riforma è destinata a produrre danni enormi, con ripercussioni gravissime non soltanto per i lavoratori ma per i cittadini tutti.

La riduzione delle Prefetture e degli uffici periferici dello Stato, la soppressione del Corpo forestale dello Stato sono soltanto gli esempi più lampanti dell’arretramento dello Stato sul territorio e della minore tutela della collettività.

Restano invece ignorati da tale riforma gli interventi per arginare le corruzioni e per potenziare la lotta contro l’evasione fiscale, i miliardi di euro che ogni anno vengono sottratti alle casse dello Stato non sono stati considerati un problema da risolvere subito.

Non è giusto addossare ai dipendenti pubblici le colpe dello scadimento dell’offerta all’utenza e, tantomeno,  di quei  malfunzionamenti e di quelle inefficienze che costituiscono  il frutto di scelte politiche sbagliate.

Tanto è vero che con questa riforma non si fa altro che salvare tutti quelli in grado di esercitare una lobby, finendo invece solo per penalizzare i lavoratori e cancellando, dopo due secoli di storia, il Corpo Forestale dello Stato che ha una indiscutibile esperienza proprio nella repressione dei reati ambientali, su cui svolge, e da tempo, una intensa attività.

Accorpare la Forestale alla Polizia di Stato è un errore gravissimo che, sebbene involontariamente, favorirà le ecomafie e tutti coloro che violano le leggi ambientali nel nostro Paese.  

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)