martedì 28 maggio 2013

"D'ora in avanti posso solo invecchiare", riflessioni di Mario Pulimanti

D’ora in avanti posso solo invecchiare “Nel mezzo del cammin di nostra vita… …mi ritrovai per una selva oscura… …che la diritta via era smarrita”. Chiudo la doccia, resto un istante a gocciolare e ad assaporare la beatitudine. Mi chiamo Mario. Sono romano, nativo testaccino. Svezzato alla Garbatella. Uomo delle contraddizioni. Origini materne trasteverine da antenati scribi romani Collevecchio: un tranquillo paese del Lazio. Paterne origini sabine da dandy raccontafiabe, rossi tulipani, divoratori di disincantati amori. A Ostia dopo lunga marcia: da trent’anni abitante del Lido della Città Eterna. Ostia, storia di un amore. E’ andata così. L’ora dei ricordi. Calligrafo. Falsario nido vuoto. Scrittore. Scrivano ingannatore. All’ombra di mio padre. Sarà l’età, ma mi accorgo di stare cominciando a pensare alla velocità di una tartaruga artritica e ad agire con la prontezza di un bradipo mezzo addormentato. Pratiche di disgusto. La spiaggia è deserta. Spiaggia di sabbia romana e, sullo sfondo, il cielo e il mare che giocano a chi fa più orizzonte. Cose di Ostia e di lidensi. “Per me si va ne la città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente”. La strategia migliore è mantenere la calma e aspettare. La ballata dei pellegrini. Scaramucce. Stati di sospensione. Pista di ghiaccio. Senza re né regno. Io e i veleni del lavoro. Ho indossato una giacca nuova: mia sorella fa uscire un fischio da una bocca chiusa a sedere di gallina. Il mondo è dei furbi. Fuga dalla realtà. Palazzaccio. Via del paradiso. Il giornale di ieri. Il tradimento di oggi. La finestra di domani. Giungla del pensiero. Un inverno di rabbia. Un cammello che piange. La corda. La sentenza. L’incredibile storia di un illuso. Cinematografo. Vedovi. La marcia dei solitari. Un esperimento. “Giustizia mosse il mio alto fattore: facevi la divina podestate, la somma sapienza e ‘l primo amore. Dinanzi a me non fuor cose create Se non etterne, e io etterno duro. Lasciate ogni speranza, voi ch’intrate”. A Collevecchio con Simonetta. Simonetta: sbalorditivamente sicura di sé. Armoniosa. Papà: una giacca verde. Poeta. Irripetibile, indescrivibile. Insomma, un grande. Mamma: occhi stellanti. La traccia dell’angelo. Bisnonna Cannella: bizzarra, ironica. Zia Navina: delicata. Nonna Jole: scorciatoia per il paradiso. Zia Valeria: un viaggio a Lourdes. Realista. Zio Fausto e Zio Peppe: gli uomini che non si voltavano. Pratici. Rita: zia-cugina. Bella, ma morta troppo presto. Pelé: l’impronta del gatto. Pilù, Vespa & Polverino: furbi, dolci, affettuosi, intelligenti. Alan, Bacco & Birillo: giocherelloni, simpatici, coccoloni, golosi. Zio Orlando: poliedrico. Zio Memmo: anarchico. Zio Pompeo: pungente. Zio Alessandro: euforico. Antonella, cognata: onesta. Io: il canto dell’orco. Alessandro: strategie di fuga. Ambizioso, ingegnoso, organizzato. Gabriele: la divina foresta. Responsabile, forte, allegro. Francesca: gli uomini se la divorano con gli occhi e le donne la bruciano viva. Rosato: super. Venia: la misura delle cose. Nonna Leonella: protezione. Zia Felly: la bambola. Nonno Angelino: Gradevole e divertente. Un sonaglio. Antonella, sorella: archeologi racconti. “Io sono al terzo cerchio, de la piova etterna, maledetta, fredda e greve; regola e qualità mai non l’è nova”. Perché corre Salvatore? Francesco: leale. Un candeliere. Giovanni: una luna di carta. Positivo. Valter: tutto okay. Liliana: raggiante e ansiosa. E trasparente: così bianca da non accettare due fustini in cambio di uno. Don Aurelio Galoppo: come il tonno della pubblicità, si poteva passare parte a parte con un grissino. Ida e Arzito, nonni materni di Simonetta: pezzi di cuore. Barbara e Francesco, nonni paterni di Simonetta: accenni di sollievo, dietro sguardi preoccupati. Mariolino: passata la festa, gabbato lo santo. Zia Olga: una voce così accorata che faceva sembrare arrogante quella della Piccola Fiammiferaia. Don Vincenzo Josia: un parroco. Dottor Gnocchini: insostenibile. Nonno Gigiotto: un uomo al balcone. Zio Romolo: ha fatto cadere le mura di Gerico. Zia Franca: ha affondato la portaerei. Cinzia: leggende del mare. Maurizio: ottimo. Franco e Roberto: mosche d’inverno. Sandro: ragionevoli dubbi. Essenziale. Serena: bella come la madre, alta e slanciata come il padre e furba come la nipote di Ulisse. Non so se mi spiego. Sara e Valerio: innocenza. Fulvio: ascoltarlo è un piacere. Marco e Rita: com’é piccolo il mondo! Alessia: sorridente. Marcello: creativo. Rodolanda: la casa di carta. Hassan: carisma. Bisnonno Primo: evocativo. Zoraide: tolleranza. Signora Erminia: solare Valentino, Fabiola & Rosaria: speciali. “Grandine grossa, acqua tinta e neve, per l’aere tenebroso si riversa; pote la terra che questo riceve”. Luciano, Paolo e Felice: arrivati dal cielo di Ostia come la cometa di Halley, che si vede ogni duecento anni. Teatro Manfredi: strepitoso. Fara Nume: stimolante Maestro Serafini: efficiente. Coraggioso. Ferruccio & Silvia: vita sentimentale tra un ingegnere e una psicologa. Mario & Aurora: sorrisi di trionfo. Giorgio: perfezioni provvisorie. Pino & Sandra: si fregano le mani come boy-scout col legnetto per accendere il fuoco. Stefano: fratello, amico. Speciale. Stefano: guarda l’avversario con i pugnalini negli occhi come Zio Paperone nei fumetti. Nonno Vittorio: in trappola. Intrigante. Zio Gianni: sagace. Touché. Norma: pazienza. Stefano, Paolo, Claudio, Filippo & co: i cugini Pulimanti. Zio Mario & Zio Giulio: entusiasmanti. Mauro, Paolo, Massimiliano & Marco: questi sono uomini. Collega 1: Sembra Nerone che dopo aver cantato si fosse beccato un coro di pernacchie dai centurioni. Se ne va risentito, sbattendo leggermente la porta. Probabilmente sarebbe uscito e sarebbe andato a incendiare Roma. Collega 2: sguardo spontaneamente estraneo. Collega 3: il suo interlocutore, Satana a parte, non può che avere la peggio. Zia Margherita: energica. Confessione: adoro il teatro dell’assurdo. Samuel Barclay Beckett: aspettando Godot. Jean Tardieu. Arthur Adamov. Georges Schehadé. E, più di tutti: Eugène Ionesco: La cantatrice calva. Giacomo o la sottomissione. La lezione. Le sedie. Vittime del dovere. Amedeo o come sbarazzarsene. In un'atmosfera grottesca, i personaggi di Ionesco pronunciano dialoghi incoerenti e banali, in cui si accumulano i luoghi comuni in un crescendo che giunge al parossismo del non senso puro, sino a far apparire l'inquietante assenza della realtà, il nulla, rivelando l'angoscia metafisica che sottende la comicità. Ok, Ionesco: ionesco puro. Un teatro assurdo, fatto di un linguaggio comico. Nel teatro proclamato da Ionesco, il linguaggio fallisce il suo obiettivo di facilitare la comunicazione, e, insieme all’oridne sociale, diventa una fonte di alienazione per l’uomo. Signora Martin: Specie di quaquoni, specie di quaquoni. Signor Smith: Marietta, culo di marmitta! Signora Smith: Krishnamurti, Krishnamurti, Krishnamurti. Signor Smith: Il papa derapa! Il papa non ha sottopapa. Il sottopapa ha il papa. Signor Martin: Bazar, Balzac, barazzazà! Signor Martin: Bizzarro, balzano, barzotto! Signor Smith: A, e, i, o, u, a, e, i, o, u, a, e, i, o, u, i! Signor Martin: B, c, d, f, g, l, m, n, p, r, s, t, v, w, x, z! Signora Martin: Dall’ululo all’elica, dall’ala all’isola! Signora Smith, imitando un treno: Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff, Ciuff. Signor Smith: Non! Signora Martin: È! Signora Martin: Di! Signora Smith: Là! Signor Smith: Ma! Signora Martin: È! Signor Martin: Di! Signora Smith: Qua! Tutti insieme: Non è di là, ma è di qua, non è di là, ma è di qua, non è di là, ma è di qua, non è di là, ma é di qua, non è di là, ma è di qua, non è di là, ma è di qua! Sto sulla riva e guardo con occhi astiosi il sole che tramonta. ( da “La Cantatrice calva”). Ognuno muore solo. Odore di chiuso. Amori. Senso comune. Stasera il mare sembra scosso da una corrente molto forte. Anch’io mi sento scorrere via come se stessi dentro una barchetta di cristallo. Tra poco scenderà la classica notte lidense. Che ne ho fatto del mio senso dell’umorismo? Quanto mi hanno dato al Monte di Pietà? Sono stato al Catechismo e conosco il vangelo: fai agli altri quello che vuoi sia fatto a te. Riuscirò anche a porgere l’altra natica? Domani vengo: é una scusa che fa più acqua del Titanic dopo la collisione. Stefano dice: “Mario, quando sei in moto e ti prude la testa, non di nessun sollievo grattare il casco”. Forse è filosofia con cui ci puoi avvolgere le caldarroste. Però debbo ammettere che in fondo non ha tutti i torti. Anche se, cavolo…..é tutto falso. Intorno a me, un bastimento carico di simulazioni, frodi. Inganni. Menzogne. Trappole colorate. Il gioco degli specchi. Giorni d’amore e inganno. Imitazioni di rose rosa. Libellule contraffatte. Copia di terroristi. Il nome di finte parole. Nebbia simulata sul mare. Per inesatta legge superiore. Lady fasulla. Profeta inesistente. La carta più alta: sbagliata. Non vera. Le torri di Sodoma: ingannevoli. La verità sul rapimento alieno: falso. Una calda notte adulterata. Tutto rifatto: ne sanno qualcosa le centinaia di signore di Roma bene che portano in giro bocche siliconate che parevano il becco di Paperina e stanno in spiaggia a Ostia con seni al vento che risultano rifatti anche al passeggero di un aereo. “Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole carinamente latra Sovra la gente che quivi è sommersa. “Guarda” mi disse, “le feroci Erini”. “Quest’è Megera dal sinistro canto…” “Quella che piange dal destro è Aletto…” “Tisifone è nel mezzo”. Sono al Pontile. Con la Pulimanti’s family al gran completo: incredibile! Gabriele mi dice: “Non vai pazzo per il tuo lavoro, vero?”. Faccio una specie di sogghigno. “Non vado pazzo per il mio lavoro, effettivamente. Soprattutto per il mio stipendio”. “Papà, se potessi cambiarlo, cosa ti piacerebbe?”. “Mi piacerebbe essere un musicista. La musica è la cosa che mi piace più di tutte. Mi piace ascoltarla e mi piacerebbe suonare il sax, se fossi capace. In realtà non sono capace, visto che non ho mai avuto il coraggio di provarci”. Mi piacerebbe, ma mi rendo conto che è una prospettiva irrealistica. Simonetta, meccanicamente: “Mario, stasera ci sarà la riunione di condominio”. Già. Finta espressione dispiaciuta, la sua. “Grazie per la precisazione”, replico. Vabbè, ammetto il mio falso interesse per la stenditura illegale di bucato, la detenzione abusiva di impianti stereofonici, l’ascensore rotto, i balconi da ristrutturare. Ok, mi ha pure infilato in corpo i germi del disagio. Però so anche inquadrare le sue conseguenze in termini che mi suggeriscono che le risposte appropriate a tutto quello che mi circonda non sia solamente il lamento e la rabbia, ma una grande e sonora risata. Nel frattempo Alessandro mi ricorda che domani andremo al teatro. Ottimo. Lancio un’ultima occhiata al mare. Disordinatamente appagato, ritorno a casa. Senza esitare. Dopo tutto, se non mi sbaglio, stasera c’è un film di Nicole Kidman in tv. E sono contento, ora. Disgustosamente contento. Bingo. “Volgiti in dietro e tien lo viso chiuso; che se il Gorgon si mostra e tu ‘l vedessi nulla sarebbe del tornar mai suso.” Così disse il Maestro; ed elli stessi mi volse, e non si tenne a le mie mani, che non con le sue ancor non mi chiudessi”. Va bene, caro amico che hai avuto il coraggio di leggermi fino a qui. Vedo che hai addosso una pelle d’oca da sembrare un istrice. E gli occhi pieni di lacrime. Adesso è finita: puoi andare a casa. A trovare la tua famiglia. Togliti quell’espressione, non sentirti così. Non è colpa tua. Non potevi fare altro. Sono tempi difficili quelli in cui viviamo. Tutto è assurdo. Ora basta, non ne posso più: d’ora in avanti posso solo invecchiare. Amen. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

venerdì 24 maggio 2013

Violenza sulle donne

Violenza sulle donne Mi accorgo di stare leggendo il giornale con i pugnalini negli occhi, come Zio Paperone nei fumetti. La notizia infatti parla della violenza domestica, di quella violenza cioè che le donne di qualsiasi età, estrazione culturale e ceto sociale subiscono da parte dagli uomini di casa, anche padri o fratelli. Questa violenza è la prima causa di morte nel mondo per le donne: addirittura più degli incidenti stradali e delle malattie. E, dato che le violenze si consumano prevalentemente in privato, è difficile che queste vengano denunciate. Per questo motivo sarebbero opportuno che ci fossero delle campagne di sensibilizzazione al problema e aiuti più concreti verso chi avesse il coraggio di denunciare il proprio aguzzino. Sia ben chiara una cosa: io sono contro tutte le violenze sulle donne, le quali rispetto a noi uomini hanno sempre vissuto situazioni di subordinazione e discriminazione. Questo non vuol dire però condannare a priori gli uomini e assolvere le donne, ma solamente di prendere atto di ciò che la cronaca ci consegna, dato che in questa dolorose vicende il ruolo di vittima e quello di carnefice sono inequivocabili. Nel diritto romano la moglie era un vero e proprio possesso del marito. E le cose non erano cambiate neppure durante il Medioevo, dato anche che in questo periodo il diritto feudale prevedeva che la terra si tramandasse per discendenza maschile. Ora, anche se nei paesi industrializzati la donna sembra aver definitivamente raggiunto l’uomo nei diritti, non si sono però ancora estinte del tutto forme di violenza fisica, psicologica ed economica. Certo, l’incapacità di mediare le tensioni all'interno della coppia e in altre situazioni, facendo prevalere, fino alle conseguenze più estreme, il proprio io rispetto a tutto il resto è una caratteristica negativa della nostra società, e accomuna uomini e donne. Questo atteggiamento deriva difatti da una incapacità di gestire con equilibrio situazioni di rottura e di difficoltà relazionali, e di questa situazione le donne pagano senza dubbio il prezzo più alto. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

giovedì 23 maggio 2013

Scuola privata

Scuola privata Non condivido la difesa ad oltranza della scuola pubblica ne tantomeno l’incomprensibile accanimento contro le scuole cosiddette private attuata da parte di alcuni settori politico e culturali. Ritengo infatti che nell'istruzione e nella formazione dovrebbe prevalere la qualità e non l'orientamento culturale perché una società civile, oltre a garantire un'efficiente scuola pubblica, dovrebbe anche preoccuparsi di mettere in condizione le famiglie di accedere a percorsi formativi diversi da quello statale. Non si tratta di concedere privilegi a nessuno, ma questa è solo una scelta di libertà e di civiltà. Il mio non sarà un discorso politicamente corretto, ne progressista, ma non dimentichiamoci che l'eliminazione delle scuole private è stato il primo provvedimento di molti regimi totalitari del secolo scorso. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

mercoledì 22 maggio 2013

Il caso Balotelli: razzismo nel calcio

Il caso Balotelli: razzismo nel calcio Spesso simboli del neonazismo e slogan antisemiti si presentano negli stadi di calcio, dove il razzismo si può esprimere tramite gli insulti razzisti dei tifosi o pratiche d’emarginazione per opera degli organismi di controllo a tutti i livelli, dei club o di altri protagonisti del calcio. Le forme di razzismo più comuni nel calcio riguardano i giocatori neri, anche si vi sono tuttavia altre forme rivolte a persone con origini diverse quali musulmani e ebrei. Perciò Mario Balotelli ha fatto bene a reagire ai cori razzisti che continuano a piovere dalle tribune dei campi di calcio sui giocatori di colore. Si tratta un fenomeno troppo spesso dovuto ad indifferenze e connivenze, frutti di una visione sin troppo semplicistica dello stadio, ritenuto un luogo in cui tutto è permesso, in cui vige la libertà di sfogare tutte le tensioni accumulate lungo l’arco dell’intera settimana con comportamenti che in altri luoghi ed in altri contesti sarebbero immancabilmente esclusi e condannati. Il razzismo è un problema che riguarda tutta l’Europa ed in genere a subirlo sono le minoranze etniche e gli immigrati, con maltrattamenti e discriminazione. In molte parti dell’Europa le minoranze che sono vittima del razzismo provengono da regioni o paesi limitrofi. Nei paesi dell’Europa Occidentale, le vittime provengono spesso dalle ex colonie d’Africa, Caraibi e Asia oppure sono figli d’emigranti. Si è convinti che si tratti di un fenomeno contenibile all’interno della curva di uno stadio, ma è sbagliato pensarla così perché in questo modo si finisce con l’offrire ai militanti neorazzisti l’impulso a continuare lungo questa strada, sfruttando lo stadio come luogo di propaganda e di reclutamento di nuove leve, consapevoli di quanto sia breve il rendersi successivamente protagonisti di pestaggi al di fuori di quel contesto sportivo, a danno del diverso. La provocatoria dichiarazione di Balotelli: "la prossima volta che accade abbandono il campo", va quindi compresa perché è lo sfogo, legittimo e giustificato, di un ragazzo che non si sente tutelato e protetto, come invece dovrebbe essere. Essere razzisti vuol dire credere nella superiorità di una razza, religione o gruppo etnico. Il razzismo in genere viene espresso con un trattamento meno favorevole, insulti o pratiche che causano svantaggio e può essere espresso intenzionalmente o per mancanza di comprensione e ignoranza ed in genere si manifesta apertamente o in maniera subdola. Vi sono anche delle forme di razzismo che resistono da secoli, come l’antisemitismo, che resta un serio problema in alcune parti del continente: ancora oggi infatti in alcuni paesi la comunità ebrea continua ad essere oggetto di pregiudizi ed accusata di essere all’origine dei problemi che affliggono la società. Ma anche l’omofobia -cioè l’irrazionale timore ed intolleranza nei confronti dell’omosessualità, dei gay e delle lesbiche- è un fenomeno altrettanto comune nel calcio, tanto è vero che in tutti i paesi europei “gay” è diventato un sinonimo di tutto ciò che non piace ai tifosi, tanto che sembra quasi che l’omofobia ed il sessismo siano per molti tifosi una parte integrante della cultura calcistica. Inoltre si è recentemente registrata anche una crescita dell’Islamofobia che ha provocato atti violenti e discriminazione nei confronti dei musulmani. Se per molti anni non si fosse fatto finta di niente, minimizzando e derubricando a inoffensive ragazzate gli striscioni e gli ululati razzisti e se i tifosi che si sono resi protagonisti di queste gesta fossero stati puniti in modo adeguato e allontanati dagli stadi, oggi, Mario Balotelli non avrebbe alcun bisogno di dire quel che ha detto. E verrebbe fischiato o applaudito per le sue gesta sportive o per le sue intemperanze. Ma non per il colore della sua pelle. Matteo Renzi, nel suo ultimo libro “Oltre la rottamazione” ha citato il caso di Balotelli auspicando una modifica imminente della legge Bossi-Fini che ha, tra l'altro, impedito a un ragazzo nato a Palermo e vissuto a Brescia di andare alle Olimpiadi di Pechino perché ancora non aveva compiuto 18 anni. Certo, può sembrare un compito improbo capire come un club possa affrontare un problema che nasce da generazioni di conflitti ed una storia che si rifiuta di scomparire. Nel calcio c’è bisogno di mobilitazione continua: i club dovrebbero essere fieri di combattere il razzismo, mantenendo alta la visibilità delle loro iniziative durante la stagione. Ciò può essere fatto con striscioni e cartelloni ai margini del campo di gioco, come spesso raccomandato dall’UEFA, oppure attraverso messaggi nel corso di programmi, annunci pubblici o sulla cancelleria ufficiale del club. Occorre, quindi, puntare sull'educazione e la sensibilizzazione, dare voce alle attività che vengono svolte dalle curve non solo puntando l'indice accusatore verso le più razziste, ma soprattutto mettendo in luce quelle che si impegnano in tutta Europa per ricordarci che un altro calcio è possibile. Solo in questo modo sarà possibile arrivare a una società multiculturale e rispettosa dei diversi stili di vita, colori, culture. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

martedì 21 maggio 2013

Alzetta-Tarzan, quello che occupa abusivamente le case.

Alzetta-Tarzan, quello che occupa abusivamente le case. L’occupazione precipita mentre invece sale una tipologia occupazionale: quella delle occupazioni abusive di case. E guru di ciò a Roma è senz’altro Andrea Alzetta detto Tarzan, che deve la popolarità che gli ha garantito l’elezione proprio a questa sua principale iniziativa politica: l’occupazione abusiva di case. Alzetta-Tarzan infatti è un istruttore di arti marziali in un centro sociale che ha costruito le sue fortune politiche proprio sulle occupazioni abusive. Cinque anni fa si è candidato con lo slogan ''le case non si occupano ma Tarzan lo fa”. Adesso Alzetta si candida nella lista di Marino. Una vergogna. Alzetta è uno che infrange ogni genere di regola perché non c’è niente di più intollerabile e di orribilmente paradossale che invocare la difesa delle regole democratiche e dei diritti per tutti ricorrendo alla regola primitiva della violenza. A cui del resto, nel suo mestiere di occupatore abusivo di case, Tarzan non può dirsi estraneo. Se Tarzan occupa case non dovrebbe stare al comune di Roma, ma di fronte a un magistrato. Purtroppo questo è il paese dei furbi. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

venerdì 17 maggio 2013

"Romanzo trasteverino", di Mario PULIMANTI

ROMANZO TRASTEVERINO Mi chiamo Francesco, sono un trasteverino e faccio il parrucchiere. Sono infatti proprietario di un salone di bellezza situato nel cuore di Trastevere. Non mi vergogno a dire che utilizzo esclusivamente prodotti di derivazione organica-naturale come olio di Jojoba, aloe vera, sciroppo d'acero e olio di barbassu per dare vita a colori organici e sfumature naturali. Adoro il mio lavoro: il mondo dell'acconciatore è un mondo ricco di fascino e di opportunità. La professione di acconciatore permette, a chi la intraprende, di esprimere creatività e capacità imprenditoriali. Invece il numero venti da troppo tempo lo uso solo per l’ora e non per gli anni. Comincio ad analizzare ogni mio pensiero, cercando qualcosa di anormale o di alterato. Mi costringo a star sveglio di notte perché ho paura dei miei sogni. I sogni sembrano reali e non lo sono, e mi rendo conto che sono molto vicini alla pazzia. Tento di aprire gli occhi aiutandomi con le dita, ma le palpebre sembrano incollate. Raddoppio gli sforzi, ansimando, incapace di strapparmi dal sogno. Poi, in un attimo, mi sveglio. Questa mattina c’é una atmosfera alla Annibale il Cannibale. I miei occhi sono spalancati, le mani tremanti appoggiate al bordo del letto. Balzo in piedi, rendendomi conto che ho dormito o comunque ho indugiato sui confini del regno del sonno. Ho la sensazione che le mie gambe siano rigide come pezzi di legno. Barcollando, mi dirigo verso il bagno. Accendo la luce. Accecante. Mi avvicino al lavandino. Mi spruzzo in viso. Avverto con piacere il contatto con l’acqua fresca. A questo punto, ricomincio a sentirmi umano, per quanto debole. Trastevere é un quartiere un pò rumoroso, ma a me piace così. Le strade sono sempre piene di ragazzi che fanno il giro dei bar. Passano le serate proprio sotto la mia finestra, comunicando a strilli. In compenso, il costo degli appartamenti è troppo alto. La stanchezza si abbatte su di me a ondate, come una marea, ma io e il sonno non siamo buoni amici. Nelle notti migliori riesco ad avere due ore di sonno REM prima che lo stress mi svegli. Sono stato da vari medici generici, ma non ho mai ceduto all’idea di andare da uno strizzacervelli. D’altra parte l’insonnia mi da mordente: meno sonno equivale a più produttività. E poi molte persone trovano sexy le borse sotto gli occhi. Faccio la doccia, poi indosso una camicia celeste e una giacca blu con pantaloni in tinta. Vicolo del Cinque collega piazza Trilussa a via della Scala. E’ qui che io abito: al civico 32, ad angolo con via del Moro. Il portone del palazzo é sovrastato da un balcone su mensole. Quel balcone, decorato con ovoli e dentelli, è il mio. Mi avvicino alla finestra; una vespa ci si scaglia contro, schizzando il veleno sul vetro nell’affannoso tentativo di uscire. Sollevo il telaio, sventolo la mano per mandarla fuori e mi siedo sul davanzale a guardare in strada. Un gruppo di rumeni sta attraversando il Vicolo. Quelli dell’est Europa hanno invaso Trastevere. Penso ai tizi con l’aria da zingari che trovi di notte a ciondolare intorno ai negozi di roba usata, che rovistano nei sacchi della spazzatura e rubano i vestiti. Che grugno rabbioso ha questa gente. Quando giri in macchina sono quelli che rompono di più, sempre a strombazzare il clacson e a guardarti incarogniti. Ora sono seduto nella stanza da pranzo, affacciata sul cortile. Roma, la capitale del mondo. Roma sta crescendo ancora, anche se in teoria non può crescere di più, incastrata tra il Tevere, il mare, le montagne dei Castelli e le tette delle sue puttane storiche. Tutte le piazze della città vecchia, dove ora cresce un albero e dove una commessa masturba un commesso, sono costruite su un immenso ossario sopra i resti di antichi cadaveri, ricchi o gladiatori, popolani o sacerdoti. Il mese di maggio è unico a Roma. Maggio è lo spartiacque definitivo tra la manica corta e la manica lunga. Maggio scalda il cuore e riporta una speranza che non è ancora e che non sarà mai certezza. Maggio è un mese adolescente: frutti ancora acerbi, seni non ancora sbocciati del tutto, trucco ancora poco vistoso. Tutto è ancora. Al meglio delle sue possibilità. Maggio è l’inizio di tutto. Maggio è il mese in cui ho conosciuto Gigliola. La mia ex moglie. Lo confesso: dal momento che l’ho conosciuta, i miei globuli rossi anziché ossigeno, hanno cominciato a portarmi nel cervello atomi di felicità pura. Gigliola. Quanti ricordi. Parlavamo di tutto. Teatro, cinema, sport, giardinaggio. Sì, la botanica era una nostra grande passione: passavamo ore a discutere di gerani, portulache, surfinie, cespugli di bosso e di poligala, concime e terriccio, riproduzione delle piante, innesti e potature, arbusti, malattie e cura delle piante, piante ornamentali. Ricordo con simpatia i corsi Pubblici di Giardinaggio che abbiamo seguito insieme presso il Centro di Formazione e Aggiornamento del comune di Roma. E ora è tutto finito. Te ne sei andata via. Per sempre. Addio giardinaggio, botanica, agronomia, giardini e bonsai. Addio tappeti erbosi, potature, innesti e piante ornamentali. Addio coltivazione delle rose e concimazioni varie. Addio, Gigliola. La sensazione delle tue unghie quando mi toccavi l’addome. Il mio corpo che si tendeva come un arco prima di venirti in bocca. Forse è per questo che mi sento nervoso, adesso. Mi manca la tua bocca. Mi manca il tuo viso. Mi manchi tu. Mi sento un po’ come Napoleone a Waterloo, con una sensazione di disastro imminente e la certezza di non poter contare sui rinforzi. Dove sono le notti passate con così tante stelle e così tanta luna accese contemporaneamente in un cielo senza luna e senza stelle? Che ne è dei tuoi capelli? E dei tuoi occhi e della tua bocca e che tu eri nella mia testa che ne è stato? Dimmi dove e quando ho iniziato a perderti. Dove e quando se non qui su questo letto di spine, in una casa che non so e non oso ascoltare mentre respira col mio respiro. Dove e quando Gigliola potrò dormire di nuovo senza incontrarti ancora e ancora e ancora. I sogni sono fatti d’aria e al pari dell’aria non costano nulla. Ora capisco. Sto per morire. Davanti al giudice, i due pianisti trovarono un accordo amichevole. E’ un modo di dire. Non credo che abbia particolare importanza Ma mi ha scombinato un po’ la vita. Voglio riaprire la finestra dell’arcobaleno. Datemi le chiavi. Non mi fate perdere la pazienza! Cavolo, un milione di cose mi impediscono di aprire quella finestra, un milione di cose su cui non si deve ragionare, né calcolare, né fermarsi a vedere. Solo sentire. Un milione di cose che non stanno da nessuna parte, ma che sono comunque nell’aria. Ovunque, tranne che nei tuoi occhi. Fino a tal punto arriva il tuo disprezzo? Sì. Non mi offendo. Gigliola, mi manchi. Mi manca il tuo profumo. Mi mancano le lenzuola di sole. Basta: esco. Così cerco di pensare meno a Gigliola. Ma non ci riuscirò: ne sono sicuro. Comunque é una sensazione bella uscire di casa e scambiare cenni di saluto con le persone. Gente che risponde agli sguardi e ai sorrisi. Che si fanno vicendevolmente da parte sul marciapiede. I ricchi dei Parioli possiedono Ferrari e Jaguar; noi di Trastevere possediamo il mondo. Vagare senza meta a Trastevere, senza doveri né obblighi da assolvere, dà una piacevole sensazione di libertà. La mia unica preoccupazione riguarda le persone che non desidero incontrare, anzitutto rigidi integralisti e falsi amici. Sorpasso Vicolo del Bologna, Via della Pelliccia ed arrivo a Vicolo del Leopardo. Entro in un bar di Piazza De’ Renzi, che era stato un centro di incontro per studenti disperati sempre al primo anno di corso, che scopavano senza togliersi i jeans. Ora lo frequentano divorziate sul viale del tramonto, dame di compagnia che cercano di arrotondare all’ora del tè e vedove di bell’aspetto che, di tanto in tanto, mostrano astutamente un laccetto del reggicalze. Prendo un caffè. Guardo il vuoto attraverso la finestra del vecchio bar. Quel vuoto è pieno di cose: una donna sugli ottant’anni chiede l’elemosina per mantenere i genitori, un vecchietto guarda il culo delle passanti, e, siccome non può alzare ormai più niente, alza un sopracciglio, una spazzina municipale insegue brandendo la scopa un cane cagone e pure di destra, un orientale appena arrivato rovista tra il sudiciume dei portoni e nel frattempo si offre come maggiordomo filippino. Ma io vedo solo il vuoto, che è quello che resta nella vita dopo aver visto tutto. Davanti a me si siede Giancarlo. Fuma il sigaro, nonostante dietro a lui sia affisso un manifesto che vieta di fumare dentro il bar. “Non ti offendi se ti dico che hai l’aria di un funzionario dei servizi cimiteriali. Di quelli che riscuotono i pagamenti per i loculi”. “Non mi offendo mai quando mi dicono la verità” sospiro. “Ieri sera sono andato a cena con Fiorella da Bucatino, quel ristorante che sta a via della Robbia a Testaccio e ho visto Gigliola, in compagnia di un uomo molto più giovane di lei” dice Ciro “Sai per caso chi é?” “Si chiama Sergio. Una trentina d’anni. Un atleta dall’espressione dura, di quelli che fanno impazzire le donne. Le ha tutte ai suoi piedi, perché al giorno d’oggi le donne non hanno buon gusto. Oppure vanno in cerca di novità, perché sono diventate come gli uomini. Comunque ho la certezza che non si farà mai Gigliola”. Giancarlo socchiude gli occhi. Quegli occhi non sono più normali. Sono piccoli, duri, sono gli occhi del vecchio serpente. “Invece se l’è fatta” dice con un filo di voce. “Stai zitto, Giancarlo, o ti spacco la faccia”. “Non offenderti Francesco; in realtà sai anche tu che le cose stanno così”. “Non è giusto”. “Invece è così che va la vita. Ti lasciano e se ne vanno con un altro”. “Davvero?” dico, guardandolo sorpreso. “Davvero. Tu non conosci bene le donne”. “Ma che sciocchezza! Gigliola é ancora innamorata di me. Questo è vero” urlo esasperato. “Ok, ma a me che cazzo me ne può fregare, oltretutto!” risponde Giancarlo. Poi si alza in piedi. Sembra provato da questa conversazione, dalla vita. E da questa mattinata che sta irrimediabilmente morendo. Mi saluta e se ne va. Esco anch’io dal bar. Attraverso Vicolo dei Panieri e arrivo a Vicolo del Cedro. Al civico 26 entro in una nota galleria d’arte fotografica specializzata nella riproduzione su tela di stampe fotografiche. Mentre sto ammirando le opere esposte mi sento chiamare. E’ Pietro, un mio vecchio amico. Si sta recando in un laboratorio teatrale e mi chiede di accompagnarlo. E così entriamo al civico 5. Un vecchio portone di legno. Per maniglie due fori dove ci si infilano le dita. Forse una volta un magazzino. Forse una stalla. Oggi una serie di archi di pietra che incorniciano un piccolo palcoscenico. Travi di legno al soffitto. Scure. Colori tenui attorno. Rarefatta atmosfera che pare emanare una insolita energia da ogni parete. E tutto intorno non smette di pulsare il cuore di Trastevere. Vicino a noi condividono le proprie esperienze, confrontandosi, professionisti, giovani attori e allievi. Ottimo: bel modo di vivere il teatro. Decidiamo di pranzare insieme. Prima però una salutare passeggiata per le vie di Trastevere. Attraversiamo Vicolo della Frusta, Via della Paglia e varie piazze: quella di Santa Maria in Trastevere, di Sant’Apollonia e quella di San Calisto. E poi Piazza Giuditta Tavani Arquati, Piazza Sidney Sonnino, Piazza in Piscinula, Piazza Santa Cecilia e Piazza dei Mercanti. Ed é qui che al civico 30 entriamo nel ristorante da Meo Patacca. Per antipasto prendiamo carciofi alla romana e puntarelle alla salsa di alici, poi per me ordino pappardelle con il sugo di lepre e filetto al pepe verde. Pietro si prende invece una porzione di rigatoni con la pajata di agnello e una di coda alla vaccinara. Il tutto innaffiato da un paio di litri di vino bianco dei castelli romani. Finito il pranzo, ci gustiamo due bicchieri di Samaroli. E, mentre sorseggiamo questo ottimo rum dal marcato retrogusto di vaniglia, saltando di palo in frasca dico: “Ehi, Pietro, avrò divorziato anch’io, pur se non per colpa mia, ma sono in buona compagnia: infatti la radio stamattina ha detto che stanno aumentando divorzi e separazioni in Italia. Sembra che abbiano calcolato che, fra i matrimoni che durano da più di cinque anni, il dieci per cento va avanti grazie a interessi finanziari delle parti, il venti grazie al sesso che, da quanto si dice in giro, è diventato cosa rara e il settanta per cento va avanti grazie alla santa pazienza, che nel frattempo è diventata un’abitudine casalinga”. “Vediamo, vediamo….” dice Pietro sollevando un po’ il braccio, come se dovesse cercare qualcosa nell’archivio della memoria. “Da quanto ne so, molte coppie non sono felici, ma lottano insieme nei momenti difficili”. “Questo è vero, e riescono a superarli. Ma poi a volte non ci riescono” dico. “Sì, Francesco. La mia esperienza mi ha difatti insegnato che è molto difficile che un matrimonio sopravviva a una crisi economica grave e all’angoscia che ne deriva, ma è pure molto difficile che sopravviva all’agiatezza e alla noia. Non solo, direi che le difficoltà economiche uniscono e, addirittura caricano un matrimonio di progetti, ma il denaro separa, e carica un matrimonio di problemi. Credo che le difficoltà spesso inizino quando le coppie risolvono i loro problemi e gli rimane il tempo di veder morire la sera nei loro salottini, guardandosi in faccia. Quando hai problemi, non vedi la faccia; vedi il futuro. Quando non ti resta che la faccia, è un brutto affare”. “Sì, d’accordo, ma non ti sembra di stare esagerando con queste tue affermazioni?” dico. “No, le cose stanno proprio così: del resto la noia tra i coniugi é uno dei grandi problemi che affliggono l’Italia. Anzi l’Europa. Anzi il mondo! Bisognerebbe inventare una legge per porvi rimedio”. “Ne sei veramente sicuro, Pietro?”. “Certo, Francesco caro: credo proprio che le grandi crisi domestiche si origino così. Per una coppia di sposi è molto facile avere un progetto di vita comune: entrambi pensano allo stesso tempo ad andarsene di casa, trovare un appartamento, ammobiliarlo, sfogliare i dépliant delle agenzie di viaggio e pianificare una scopata. Questo gli fa pensare che la vita abbia un senso e che siano nati l’uno per l’altra. Ma gli anni di matrimonio a poco a poco modificano la situazione, con la persistenza di una goccia d’acqua: nulla garantisce che il progetto di vita che desidera il marito coincida con il progetto di vita che desidera la moglie; non solo, uno dei due finisce per intralciare l’altro. Dopo un po’ sono due perfetti sconosciuti che si incontrano, si guardano, si rifiutano e cercano rifugio altrove. Ma non temere Francesco, poiché la saggezza occidentale ha previsto tutto: ormai ci sono rifugi eccellenti, come il lavoro, i pettegolezzi con le amiche. Il cinema, il teatro e il campionato di calcio. Chi crede che in una casa ci sia un mondo, si sbaglia: ci sono due mondi. Nemmeno i figli rinnovano il primo progetto comune, perché per i figli ciascuno ha un progetto diverso”. “Però non era il caso mio: io Gigliola l’amavo veramente. E l’amo ancora, nonostante tutto” dico io. “E no, Francesco. Non ci siamo. Tu l’ami, lei no. Non vedi quindi che pure il tuo matrimonio era inevitabilmente destinato al fallimento, nonostante tu abbia fatto del tutto per evitarlo? Ma torniamo a noi: ci sono due sistemi perché una coppia consumata si prenda ancora per mano e rimanga unita. Uno è trovare un nuovo progetto di vita comune, come per esempio comprarsi un nuovo appartamento e altri mobili. Ma questo non è sempre possibile”. “E l’altro sistema?” chiedo io. “Non aver mai avuto un progetto di vita”, dice Pietro, annuendo lentamente. “Mah, non ti sembra di esagerare?”, gli dico. “No Francesco….le cose stanno così per davvero. Certo può sembrare terribile lasciarsi vivere e non essere nessuno. Ma lì potrebbe esserci una delle chiavi della felicità”. “Pur di ritornare con Gigliola, accetterei anche questa seconda ipotesi”, rispondo. Pietro fa un cenno affermativo, non privo di stizza. Poi dice “Non sono d’accordo, Francesco. E’ triste vivere così. Puzza di merda. Tu sei troppo sensibile. Guarda che ad essere così sensibili poi nella vita si soffre”. “Lo so, Pietro, ma non ci posso far niente”. Pietro non fa in tempo a rispondermi. Gli squilla il cellulare: la moglie Antonella lo sta aspettando per andare all’Outlet Soratte, nelle vicinanze di Ponzano Romano. Vabbè. Vabbé si fa per dire… Prima di tornare a casa mi fermo un attimo nell’enoteca di Via della Lungaretta. Tanto a casa non ho più nessuno che mi aspetta. Mi siedo nel grande spazio esterno posta a fianco del Wine Bar, sorseggiando una sambuca ghiacciata con la mosca. Anzi le mosche, dato che sono tre i chicchi di caffè tostato immersi nel mio bicchiere. Ed è proprio mentre sto masticando i chicchi di caffè che Remo, sedutosi al mio tavolo, comincia a parlarmi. Remo: la sua giornata é generalmente spesa a ragionare, con gli amici, di argomenti vari, che spaziano dalla moralità dei politici italiani alla possibilità di unificare le religioni monoteiste, dal valore comparativo della presenza dell’imene nella donna e nell’elefantessa, agli errori tattici di Prandelli nella finale di Coppa Europea persa dall’Italia con la Spagna nella battaglia di Danzica. Remo: non mi è particolarmente simpatico. Anzi mi annoia sentirlo parlare, ma non so come fare per andarmene: restare seduto lì ad ascoltarlo provoca dentro di me un rancore, più fermentato di uno yogurt in un convento. Bé, si infili il mignolino, dico il mignolino, nel culo, perché io non ho voglia di complicarmi la vita. Altrimenti mi viene la nausea, la cagarella e mi si rattrappisce il prepuzio. Suvvia! Mi interessa solo finire di bere la mia sambuca ed andarmene. Evasione riuscita: sono di nuovo fuori, a passeggiare sulle mie strade trasteverine. Via del Mattonato: entro a casa di Roberto, mio amico dai tempi dell’infanzia. Vedo le pareti, le piastrelle della vecchia cucina, gli avanzi del cibo in sala da pranzo. Vedo i segni del letto in cui Roberto ne fa di tutti i colori. Vedo gli ancoraggi delle scale dei condomini, i buchi delle finestre che danno sul cortile. Vedo l’ombra di un mondo che è pieno di vita, di sacrificio, di peccato e di speranza. La casa ha anche qualcos’altro. Una lampada solidamente fissata a una trave, una lampada con lampadina da sessanta watt per illuminare scopate da anniversario e merende da funerale. Mi passo il dorso della mano sulle labbra, e sento di averle secche. Gran puttaniere, Roberto! Nella stanza da letto si intravede una scarpa con il tacco, alto, sottile, di buona qualità. Di pelle, foderata, elegante. Una di quelle scarpe con i tacchi alti, ideali per le avventure erotiche, da fare indossare alla signora grassottella perché scali il materasso, e poi si dondoli sulle punte e mostri le sue bellezze prima di cadere di culo sul prepuzio di un giovane amante. Con delle scarpe simili, una donna fa meraviglie, mi dico. Preso il caffè, saluto Roberto. Ed è così che mi trovo ora davanti ad un’edicola di Via Garibaldi. Getto sguardi curiosi sulle copertine di giornali e riviste mentre penso. Penso che mi delude il sole, che è cambiato. Ami il sole e la prima cosa che devi fare è metterti una crema per difenderti da lui. Ami l’acqua e la prima cosa che devi fare è filtrarla per difenderti da lei. Ami il mare dove nuotavi da bambino e te lo ritrovi pieno di lattine di birra e di assorbenti usati: la prima cosa che devi fare è prendere un aereo per cercare di trovare un mare pulito dove nessun bambino abbia mai nuotato, o meglio dove ai bambini sia vietato nuotare. Nella nostra gloriosa epoca dell’aids, ami una donna e la prima cosa che devi fare è metterti un preservativo per difenderti da lei e per difendere lei da te. Penso che è ormai vicino il giorno in cui ameremo attraverso uno schermo che conterrà le posizioni della donna e un tubo catodico che conterrà il nostro seme, lo disinfetterà, e lo venderà ai laboratori del Ministero della Sanità. La gente non ci pensa, ma io sì; io ho avuto l’opportunità di vivere in un mondo diverso. Del resto a un gentiluomo di buone maniere come me, tutto ciò cominci a causare un’infinita noia. Prima, parlando con la dovuta decenza, si seguiva l’odore di fica. Ma adesso quell’odore le donne non lo emanano più, al suo posto sanno di onestissimo odore di banca. Il denaro ha una fragranza che attraversa paesi e continenti. Immerso nei miei pensieri non mi accorgo di mio fratello Luca che mi sta chiamando dall’altra parte della strada. Entro con lui in un Pub Caffè di Via della Scala. E’ uno dei miei locali preferiti da diversi anni. E lo è anche di Luca che ci va soprattutto per le splendide bariste che ci lavorano. Le scale ci conducono nella labirintica e remota oscurità del piano interrato: qui, in un ambiente rilassato, ci sediamo sopra un comodo divano a gustarci un paio di cocktail, a base di champagne, rum, brandy, whisky e cognac, offertici da una splendida ragazza. “Non ho gli occhi nel culo” dice la Barlady “Quindi è inutile che continui a guardare lì!” Perdio! Questa ragazza gli é entrata nel sangue al ritmo di galoppo. Cavolo, Luca sta giurando su tutti i santi che d’ora in poi non perderà occasione per spiarla, cercando di attaccare bottone. Difatti ha subito tentato di invitarla a cena. Ne ha ricevuto occhiatacce e risposte abrasive. Risultato, questo, che l’ha convinto di una cosa: per averla dovrà studiare manovre. Sta già progettando piani, componendola, pezzo dopo pezzo, nella sua fantasia. L’ha tutta ormai. Quasi. Occhi, naso, orecchie, fianchi, tette, culo. Gambe! Diobono, mi dice, quelle gambe! E caviglie. Caviglie da scatto, non tozze. Ecco, ora si sta immaginando pure la patatina. Il Creatore -sta dicendo Luca- non può aver fatto due gambe così perfette per rovinarle con una fragolina malformata sulle piccole labbra. Diamine, quando finalmente cederà (perché lui è sicurissimo che cederà, l’illuso…) sa già da dove comincerà a baciare quella donna: dalla patatina. Tutto sta nel convincerla a lasciarlo fare. Dicono che l'amore a prima vista sia un sentimento di passione romantica che si sviluppa tra perfetti estranei al loro primo incontro. Però in questo caso è amore al primo sguardo ….non corrisposto. "Che peccato..!" Finiti i cocktail usciamo, e mentre attraversiamo Piazza di San Giovanni della Malva incontriamo Ugo e Lucia. Ugo: alto, secco, con un ghigno da faina e gli scrupoli morali di un colone delle delle SS. Se io non lo faccio a te, prima o poi te me lo fai a me. E’ questo il suo motto. Uno così deve mettere su famiglia per forza. E una bella famiglia. E così si è sposato giovane con questa ragazza timida, Lucia. Una di quelle bambine brave che quando sono piccole fanno quello che dice il papà, e quando crescono fanno quel che dice il marito. Umile, discreta, al suo posto. E brutta. Brutta come una giornata senza pane. Li salutiamo e continuiamo a passeggiare. Siamo a Via di Ponte Sisto quando Luca mi saluta ed entra nell’Antica Hosteria. Questo localino è gestito da una suo amico, compagno di fede calcistica. Io invece riprendo a passeggiare. La vita, si sa, è fatta di aspettative. Si può essere felici nella vita? A volte sì. Stare in compagnia è meglio che stare da soli. Grazie al cazzo, direte voi! Ohi, ohi, immerso nei miei pensieri non mi accorgo di essere andato addosso a un ragazzotto. Ci sono persone con cui si può essere scontrosi impunemente, e persone con cui bisogna avere delle cautele. “Senta, signore, giochiamo a capirsi. ……faccia un po’ di attenzione…!” Se, per esempio, siete un cinquantenne, fuori forma e con un ginocchio indolenzito, e la persona con cui dovete discutere è un ragazzotto cubiforme con il naso rotto, le orecchie a cavolfiore e un avambraccio tatuato con una svastica, un pochino di prudenza non fa male… “Guardi, scusi, non l’avevo vista…” E batto in ritirata. A Via Benedetta incontro Claudio. Un mio amico di Terni. Si trova a Roma per andare a vedere il concerto che stasera Renato Zero terrà all’Auditorium. Mi presenta Olga, una ragazza moldava. Sottovoce mi informa che non si tratta di una fidanzata ma solo di un’oasi di affettuosità, tenerezze e sospiri. Li saluto e continuo a passeggiare. A Via del Moro mi fermo a parlare con Gianni, reatino, ex fidanzato di mia sorella Sara nonché incavolato nero. Mentre ci fumiamo una sigaretta vengo infatti a sapere che ora anche a Poggio Mirteto ci sono coppie decisamente atipiche per i canoni correnti, ma non atipiche per la Sabina, una zona nella quale i matrimoni tra anziani possidenti e belle e giovani ragazze recentemente arrivate dalla Russia, dall’Ucraina e dai paesi limitrofi sono abbastanza frequenti. Queste ragazze arrivano in Italia con le idee un po’ confuse e la speranza di sistemarsi in qualche modo; per un po’ fanno le badanti di vecchi malati o strambi e non completamente a casa con la testa. Il loro secondo lavoro é certamente più remunerativo, ma non meno pericoloso, diciamo che si occupano di uomini più giovani che vogliono che qualcuno badi a loro per una sola notte. Ci sono stati anni nei quali sono state costrette a vendere il loro corpo, e piano piano le cose sono cambiate. In quel modo Polina ha conosciuto il papà di Gianni... I due si sono innamorati, forse lui un po’ più di lei. Adesso che si sono sposati, alla faccia del parere dei fratelli e dei figli (che lui avesse 85 anni e lei 23 non doveva interessare a nessuno), i due sembrano vivere felici e contenti…mentre a Gianni è venuto l’esaurimento nervoso…. Ora che mi ricordo, anche mio fratello mi parla spesso di un caso analogo: questa volta si tratta di un uomo che vive nel suo condominio. A Via delle Fratte di Trastevere. Tirchio. Tirchio, come se gli avessero tagliato tutte e due le mani e si lamenta sempre, mentre ha più soldi della Banca d’Italia, soldi comunque liquidi, infilati a casaccio nelle cassette di sicurezza di alcune banche, in un paio di casseforti, forse anche dentro un certo numero di materassi, ma mai trasformati in pezzi di carta perché lui è soprattutto un uomo che si fida poco. Ora sta con un’ucraina. Si sono innamorati e sembrano sul punto di sposarsi, malgrado la palese ostilità dei fratelli di lui e dei suoi due figli che vivono in Germania. Questa persona, apparentemente destinato ad essere scapolo per tutta la vita, fino alla non più tenera età di 62 anni aveva sfogato la piena dei suoi sentimenti su amori mercenari, che sceglieva con cautela e che duravano il minor tempo possibile. Poi aveva conosciuto Lyudmila, e per la prima volta aveva stabilito un rapporto che era durato più di 24 ore. Al secondo appuntamento, lei si era portata una valigia; al terzo, era arrivata con il baule che conteneva tutte le sue cose, ormai era certo che non si sarebbero lasciati più. Racconto questo episodio a Gianni e poi lo saluto. Comunque anche nel mio palazzo c’è una storia come queste: lui vecchio. Molto. Ricco. Molto. E sposato con una rumena. Giovanissima. Lui ha 78 anni, lei 19. Me l’immagino proprio quel rapporto: un vecchio ricco e la sua giovane moglie dalla personalità passivo-aggressiva. Probabilmente lei gli spilla tutto quel che vuole; lo ripaga con la bellezze e con la fellatio. Non c’è dubbio che la loro vita sessuale sia tutta lì; il cuore di lui non reggerebbe altro, e può darsi che lei sia frigida. Le donne a cui piace essere scopate non sposano i vecchi. Riprendo a camminare tra i vicoletti caratteristici della vecchia Roma quando, a pochi passi dalla famosa basilica di Santa Maria in Trastevere, in Via della Cisterna incontro Lorenzo. Sta andando a trovare due sue amiche, graziose parrucchiere hennè nonché mie concorrenti… Le conosco bene, sono brave e usano solo prodotti naturali. Sospira pensando a Giulia, la sua ultima fiamma, una cretina senza pari, un vulcano di parole e risate. Un vaso vuoto. Fuori, però, perfetta. Il suo sguardo, il candore della sua pelle, l’eleganza dei movimenti ne fanno un affresco da santuario. Lo stesso sguardo, lo stesso candore, gli stessi movimenti cambiano di segno sotto le lenzuola. Allora gli occhi sono spie di lussuria, i gesti quelli indolenti di una tigre prima dell’attacco. Per questo Lorenzo ne è stregato. Ho ancora nella mente i sospiri di Gianni mentre sfoglio biografie di registi minori, biografie di grandi attori, testi di saggistica varia, poster e flyer di eventi cinematografici appesi un po' dove capita nella libreria del cinema di Via dei Fienaroli. E’ un bel posto frequentato da appassionati e professionisti. Tra questi ci sono Piera e Gianluca. Stanno parlando con uno dei più importanti autori del cinema italiano, che capita spesso in questo locale ed é molto disponibile ad una chiacchierata informale sul cinema e la società. Sarà che sono un amante delle caffetterie-biblioteche, ma questa libreria mi piace parecchio. L’idea di intraprendere questa attività è nata qualche anno fa a sedici soci, tra cui il regista Daniele Luchetti, il produttore Domenico Procacci, l'attrice Jasmine Trinca, il musicista Ludovico Einaudi ed altri talentuosi esponenti del mondo cinematografico. Mentre bevo un bicchiere di vino nel piccolo spazio caffè penso che Piera si é presto rilevata una vera e propria ninfomane seriale che sottopone il suo Gianluca a massacranti maratone sessuali. Le prove? Sono lì, basta guardare Gianluca. Magro, le occhiaie, nervoso e svanito. Uno straccetto. Però contento. E tanto! Vicino a me Irene sorseggia un aperitivo. Frequenta spesso questa libreria: siamo diventati ottimi amici perché entrambi siamo appassionati del cinema francese. E pure di Sergio Castellitto. Stasera si trova in compagnia di un gruppo di amici. Conosco solo Monica, una vedova di quasi sessant’anni decisamente in carne, per non dire che i vestiti neri d’ordinanza le esplodono in prossimità di ascelle, addome e fianchi. Gli altri me li presenta lei. Si tratta del capomastro di una piccola impresa edile, del titolare di un negozio di ferramenta e di un impresario di pompe funebri…a questo punto sono abile a chinarmi per palparmi rapidamente i testicoli simulando di controllarmi i lacci delle scarpe. Uscito dalla libreria riprendo la mia passeggiata. A Via di San Gallicano entro all’Istituto Dermatologico per prendere un appuntamento: ho dei nei da farmi controllare. Mi siedo in sala d’attesa. Cavolo ho il numero 29 hanno appena chiamato il diciotto. Quindi ho undici persone davanti a me. Mentre aspetto mi guardo intorno distrattamente. Intanto penso: sono educato e certa gente scambia l’educazione per debolezza, la disponibilità per mancanza di carattere. Ma dentro di me, in quel posto chiuso che ognuno si porta addosso come il guscio di una chiocciola, la disponibilità e l’educazione sono bandite da tempo. Da quando Gigliola mi ha lasciato covo una rabbia inumidita di pianto. Me la sto lucidando come un accessorio prezioso, la sta nutrendo durante le lunghe ore trascorse a pensare a lei, mentre la mia vita, giorno dopo giorno, si spegne nella luce indecisa di un amore sfortunato, immerso nel cielo azzurro e nello splendente sole romano, oppure sotto il chiarore impietoso di una implacabile luna trasteverina. Improvvisamente vengo distolto dai miei pensieri: un bambino rosso di capelli mi finisce addosso, sfiorando una pericolosa collisione nelle parti basse e rovesciando il suo carico di patatine fritte. Per un attimo accarezzo l’idea di proporgli un gioco innocente: “Vieni tesoro, ti faccio vedere quanto è divertente mettere i ditini in quei due buchetti nella parete là in basso…”. Ma una matrona elegantissima strattona il piccolo per un braccio, spinge col tacco le patatine sotto un armadietto situato vicino all’atrio del padiglione limitrofo alla sala d’attesa e dice ringhiosamente: “Vieni, vieni con mamma, e siediti col tuo cuginetto…”. Dopo un’ora esco.. Perfetto: ha pure cominciato a piovere. Intorno a me, passi stanchi di casalinghe affannate. Impronte di scarpe da tennis di finti poveri. Tracce di suole che hanno ballato poco e male in tutti i locali di Trastevere. Sotto la pioggia siamo tutti uguali, puzziamo alla stessa maniera. Ok, ora ha smesso di piovere. In Via della Luce incontro un'amica. Ha un cane al guinzaglio. Pastore. Puzza. Appunto. Del resto non si può impedire a un cane di puzzare di cane. Rientro a casa. Ceno. Mi siedo sul divano. Lo stereo mi sta facendo ascoltare “Over the Rainbow”. Oltre l'arcobaleno. La versione originale è cantata da Judy Garland per il film Il mago di Oz del 1939, ma quella che sto ora ascoltando è la famosa versione del cantante hawaiano Israel “IZ” Kamakawiwo'ole, soprannominato “Gigante buono”, morto nel 1997 all'età di 38 anni. Nell'ultima parte della sua vita Iz divenne obeso e arrivò anche a pesare 340 Kg. Versione stupenda. Voce meravigliosa. E' una delle poche canzoni che riesce a farti venire i brividi, una ballata dolcissima con la quale Iz ti culla delicatamente. E l'ukulele come unico strumento, col suo suono particolarissimo, rende indimenticabile una canzone già unica. Ascoltando la musica, penso. Penso a quando andavo a trovare i miei parenti in campagna, cosa che mi aveva consentito di essere testimone di alcune delle cerimonie tradizionali, quelle alle quali a Calcata avevano sempre dato un valore particolare. L’uccisione dei maiali era la prima di queste cerimonie e adesso, ricordandola dopo che tanti anni sono passati, non provo più il senso di smarrimento che mi aveva sopraffatto in quei tempi lontani. Le povere bestie, animali di due quintali e oltre, attaccate per le zampe posteriori a una trave della stalla venivano sgozzate, e strillavano senza commuovere nessuno. I nonni raccoglievano in grandi catini il sangue che zampillava dalle carotidi sezionate, cercando di non perderne nemmeno una goccia. Questo sangue era destinato alla preparazione di un dolce, il sanguinaccio: per farlo si mescolava il sangue con cioccolata, canditi, zucchero e chissà cosa altro ancora e poi si metteva tutto a cuocere al forno in capaci teglie di rame. La bollitura del grasso e la preparazione dei ciccioli riempivano l’aria di una specie di nebbia bisunta, una sorta di annuncio dei giorni dedicati a magiare tutto ciò che dell’animale non si poteva conservare, il fegato nella rete, pezzetti avvolti in piccoli brandelli di beverelli, cioè di intestino, le costole, le salsicce impastate con aglio e pepe. Rifiutarsi di mangiare quel cibo era considerato dai miei nonni una vera e propria bestemmia, ed io non me la sentivo di offenderli: così avevo preso l’abitudine di mangiare tutto ciò che mi mettevano nel piatto. Sapori antichi. Mi addormento. Dormo in modo irregolare. E sogno Gigliola. Svegliandomi, ho un’aria così felice che sembro prossimo a scoppiare in lacrime. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

mercoledì 15 maggio 2013

A mano armata. Vita violenta sulla Tav.

A mano armata. Vita violenta sulla Tav. Ma cosa c’è scritto sul giornale oggi? Cavolo, bombe carta, molotov e persino un mortaio artigianale contro il cantiere della Torino-Lione in Valle di Susa! Sembra infatti che l’altra notte il cantiere della Maddalena di Chiomonte in Val di Susa sia stato attaccato da una trentina di attivisti incappucciati che, armati di bottiglie molotov e di bombe carta e addirittura un mortaio, hanno fatto irruzione presso lo scavo della Tav distruggendo un generatore e mettendo a rischio l'incolumità degli operai al lavoro. La Digos ha detto che si è trattato di una vera e propria azione di guerriglia, di violenza organizzata, che poteva avere gravi ripercussioni sui lavoratori. L’allievo di Don Giussani, il neo-ministro ciellino alle Infrastrutture Maurizio Lupi, ha ribadito che "la violenza non fermerà un'opera fondamentale e strategica per l'Italia e per l'Europa, a favore della quale si sono impegnati tutti i governi". Giusto. Matteo Renzi ha affermato che "se dovessi iniziarla oggi, direi no alla Tav, perché la centralità di quell'arteria è discutibile in questo momento. Ora però, bisogna capire a che livello siamo arrivati, se ci sono contratti firmati, se devo far pagare penali. Allo stato dell'arte mi sembra che sia un treno non più arrestabile". Quanto alle rivolte in Val di Susa, non ha dubbi il sindaco di Firenze: "Quando c'è una situazione di illegalità, senza ad andare a scomodare Pasolini, sto sempre dalla parte delle forze dell'ordine e di chi difende la legalità". Esatto. Ummh…imperdonabile invece quanto riporta un post comparso su uno dei blog di riferimento dei No Tav ed ora all'esame della Digos. L’autore, sotto gli effetti probabilmente di una overdose da Viagra, scrive che gli operai che lavorano al cantiere Tav di Chiomonte hanno compiuto una scelta egoista che li mette fuori dalla comunità e li condanna a una difficile convivenza con il territorio. No. Non ci siamo. L'escalation di violenza non si ferma. Gli antagonisti No Tav non mollano la presa sul cantiere di Chiomonte: giorno dopo giorno le intimidazioni, gli assalti e i blitz notturni si fanno sempre più violenti. Non facile vivere in questo periodo da quelle parti: roba da sei Moment al giorno, mica uno scherzo! Anche perché non penso che tutta la popolazione della Val di Susa sia contraria alla realizzazione della Tav e della galleria per la Torino-Lione. Che poi i No Tav blocchino le autostrade o assalgano i cantieri non mi sorprende: sono minoranze rumorose. Le loro sono proteste ideologiche. E’ strano del resto che una storia così locale abbia avuto un’eco del genere: forse è persistente un radicalismo politico da sempre alla ricerca di un incendio sovversivo dalla scintilla di qualsiasi tensione sociale o locale. Se la Val di Susa è diventata un’emergenza è solo perché lì questo radicalismo è stato accolto e perfino usato da chi si batte contro il progetto. A questo punto ci sarebbe bisogno di un sostegno pieno alle amministrazioni che sono favorevoli alla costruzione dell’importante infrastruttura, interventi di compensazione a favore dei territori attraversati dalla linea veloce, contrasto deciso e continuo degli atti violenti degli estremisti no Tav e dei gruppi antagonisti. In ogni caso, sia che si è favorevoli o meno alla Tav, in Italia c'è il Parlamento e le sue decisioni non si possono mettere in discussione con i mortai. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

martedì 14 maggio 2013

Riforma della giustizia: obiettivo da paese civile

Riforma della giustizia: obiettivo da paese civile Che uomo fantastico è Berlusconi, così spirituale. Così impassibile anche ora che si trova di fronte alla più difficile delle sue vicende giudiziarie. Un poeta colpito dalla Berlusconite, una specie di malattia più o meno inventata o ingigantita, per sfuggire alla giustizia, che diventa un legittimo impedimento. Nella sua requisitoria il pubblico ministero Ilda Boccassini ha chiesto per lui un anno di reclusione per prostituzione minorile, cinque anni per concussione e l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Cavolo, io al posto del Cavaliere sarei rimasto impietrito con la bocca aperta. Sarei sbiancato in volto e poi mi sarei messo a correre come se mi fossi fatto dieci anfetamine. Invece lui tranquillo ha commentato: “Teoremi, illazioni, forzature, falsità ispirate dal pregiudizio e dall’odio, tutto contro l’evidenza, al di là dell’immaginabile e del ridicolo. Ma tutto è consentito sotto lo scudo di una toga. Povera Italia”. Ma sempre sorridendo. Lo so, stiamo parlando di prostituzione volontaria: non conosco gli atti processuali, però forse la richiesta è un pò eccessiva. Tuttavia, la notizia di maggior rilievo riguarda la considerazione della Boccassini che, parlando di Ruby, l’ha definita furba “di quella furbizia orientale propria della sua origine". Ummh, è difficile non considerare razzista questa affermazione. Ok, ok, come non detto. Esprimere la propria opinione su un procedimento giudiziario è sempre insidioso. Farlo in un caso che coinvolge Berlusconi lo è ancora di più. Se infatti si osa sollevare dubbi sulle richieste o sulle parole dei pm, affermando che appare evidente un elemento di persecuzione in questo processo e forse anche in altri, perché, se li mettessimo in fila, otterremmo un accanimento, si è immediatamente catalogati come nemici della giustizia o complici di Berlusconi. Se, al contrario, si eccepisce sulla condotta morale di Berlusconi e si fa notare che certi comportamenti siano poco compatibili con il suo ruolo istituzionale, considerato l'uso da parte di Berlusconi della sua posizione istituzionale per sbrigare affari totalmente incompatibili con il suo ruolo, si passa per giustizialisti. In ogni caso il tribunale è chiamato a punire gli eventuali reati penali commessi da Berlusconi, non ad emettere condanne o assoluzioni politiche nei suoi confronti. Mi accorgo che state scuotendo la testa. Che c’é che non va? Tranquilli: non difendo Berlusconi. Rifletto solo sul potere dei pm e dei magistrati in Italia: è necessaria la separazione delle carriere, doppio Csm, la responsabilità civile e penale dei magistrati, inappellabilità delle sentenze di proscioglimento, privacy sulle intercettazioni delle indagini finché non sia sentenza. E una normativa meno discrezionale. A questo punto è urgente provvedere alla riforma della giustizia, operando sull’economia processuale, snellendo i processi e risolvendo preventivamente le controversie ed operando poi sul versante della responsabilità disciplinare di tutti i magistrati ordinari, amministrativi, contabili, tributari, lasciando un primo grado agli organi di governo interno, un secondo e ultimo grado per tutte le magistrature a una unica Corte, la cui composizione dovrebbe prevedere tre quote: una quota di componenti eletta dai magistrati, una dal Parlamento, e una terza designata dal Presidente della Repubblica. Inoltre l’obbligatorietà dell’azione penale è necessaria per mantenere l’indipendenza del pm dal potere politico: ritengo infatti preferibile una imperfetta obbligatorietà rispetto ad un pm che debba eseguire le disposizioni del ministro della giustizia di turno. In ogni caso andrebbero studiati bene i sistemi con la discrezionalità dell’azione penale, come quello francese, ad esempio per valutare costi e benefici. Ah, dimenticavo: la riforma deve essere fatta subito, anche perché molti ritengono che l’attuale sistema giudiziario italiano abbia un problema: il povero cristo dentro. Il grande delinquente, no. In pratica, essere ricco e potente non è indispensabile ma se lo sei è meglio. Una considerazione che aggiunge malumore a malumore. Infatti sembra che il nostro processo sia diventato un percorso ad ostacoli, una prateria sconfinata dove i ricchi ed i potenti possono utilizzare precauzioni di ogni tipo e possono puntare, grazie a difese aggiuntive e marchingegni particolarmente sofisticati, alle pene minime ottenibili nelle particolari situazioni prospettate al giudice, laddove i cittadini comuni, in specie quelli poveri o socialmente handicappati, incappano in una serie di ostacoli e trabocchetti dai quali possono venirne compromessi i loro fondamentali diritti della persona o esserne in quanto cittadini di fronte alla legge, completamente stritolati. Insomma, può accadere che il processo non si celebri affatto, solo perché alcuni imputati particolarmente ricchi e potenti riescono a sfuggire al processo, e addirittura ad impedirne la conclusione. E allora facciamola questa riforma della giustizia. Obiettivo da paese civile. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

“Collevecchio invernale (Quell’inverno der sessantasette)” -una vecchia poesia di papà-

Ieri ho riletto una poesia di papà, morto nel 1992. Si intitola “Collevecchio invernale (Quell’inverno der sessantasette)” Notte de luna, luna nascente, fori de casa nun se vede gnente. Notte de luna, notte de misteri, sempre che ancora ce ne siano veri. Passa la nottata e spunta er sole, viè fòri dalli monti sonnolenti, splenne ner cielo e fà sveja le genti. Sì, a Collevecchio se respira amore! Palazzi Filippi, Pezzi e Pistolini. Porta romana. Palazzo Piacentini. Convento Sant’Andrea e Madonna del piano. Chiesa dell’Annunziata. Poggetto e Cicignano. In ‘sta giornata d’inverno fredda e corta dall’aria pura e celo cristallino, er vento gioca co ‘na foja morta svolazzannola ar sole der matino. Sortanto un gatto, smiagola in amore pé corteggià ‘na micia che je piace, mentre sul letto na femmina vivace a mano giunte piagne cor Signore. ‘Na lagrima pur’io l’ho fatta score. ‘Na lagrima d’amore. Quella e basta! ‘Na lagrima ch’è l’unica arimasta. ‘Na lagrima pe’ un sogno che nun mòre. Antonio Valeriano Pulimanti

lunedì 13 maggio 2013

Eutanasia: non so.

Eutanasia: non so. Oggi, che il politicamente corretto regna in maniera assoluta, è politicamente corretto pronunciarsi a favore dell’eutanasia. E così i sostenitori dell’eutanasia credono di difendere la dignità umana chiedendo ai medici di praticare l’eutanasia sui pazienti per i quali non esiste alcuna possibilità di guarigione. La Chiesa Cattolica è contraria: Papa Benedetto XVI ha detto che " l'eutanasia è una falsa soluzione al dramma della sofferenza, una soluzione non degna dell'uomo", mentre Papa Francesco l’ha definita “un grave delitto contro la vita”. Personalmente, credo si tratti di un problema bioetico di notevole complessità, poco adatto ai ferrei e irrinunciabili convincimenti e che dia adito, invece, sempre secondo la mia modesta opinione, a dubbi personali, ripensamenti e perplessità. Da un lato, la nostra educazione moderna, laica e illuminista, sensibile in sommo grado ai diritti umani, ci porta a pensare che siamo legittimi proprietari della nostra vita, liberi di condurla come ci piace e perciò anche di interromperla quando l'esistenza ci appare troppo dolorosa o priva di significato. Come abbiamo il diritto di vivere riteniamo di avere anche il diritto di morire. Dall'altro, la nostra anima cristiana, cattolica, romantica, che sopravvive persino in quest'epoca di sbadata secolarizzazione, magari in forma larvata e inconscia, ma vigorosa, ci avverte che la sfera del razionale non spiega tutto e che la vita umana possiede un valore incommensurabile e una sacralità, che nessun dolore e nessuna disabilità autorizzano a scalfire. Conciliare e armonizzare questi due poli dialettici all'interno della nostra coscienza non è compito facile. Spesso la sintesi e l'equilibrio raggiunti sono provvisori e soggetti a ripensamenti. In ogni caso ritengo che sostenere il diritto inappellabile all'eutanasia come ad altre pratiche, non equivalga affatto ad affermare un principio di libertà e di civiltà ma risponda piuttosto a una visione della società che fa della fuga dalle responsabilità, individuali e collettive, una propria costante. Ciò non significa però che anche quelle posizioni meritino rispetto e debbano avere pieno diritto di cittadinanza nell'ambito di un dibattito su un tema complesso e delicato come quello del fine vita. Infatti il dolore e la morte sono temi con cui l'uomo contemporaneo non ama intrattenersi e preferisce rimuovere ed esorcizzare, stordendosi nell'attivismo e nel divertimento. In altre parole, rifiutando sia l’accanimento terapeutico che l’eutanasia, sono diffidente verso un'eutanasia affidata alla discrezione di un comitato di medici e infermieri, ai calcoli economici degli amministratori, agli interessi egoistici dei familiari. Certo, tutti abbiamo un diritto di morire bene, serenamente, evitando cioè sofferenze inutili. Perciò abbiamo il diritto di essere curati e assistiti con tutti i mezzi ordinari disponibili (per esempio il ricambio metabolico, l’alimentazione e l’idratazione, la terapia del dolore, ecc.) senza ricorrere a cure pericolose o troppo onerose e con l’esclusione di ogni accanimento terapeutico. Però c’è anche da considerare che il diritto di morire con dignità non coincide con il diritto all’eutanasia, la quale è invece un comportamento essenzialmente individualistico. Forse anche di ribellione. Solo un ultimo particolare: ho letto che i rimedi al dolore ci sono, e la necessità di chiedere la morte per sfuggire a un dolore insostenibile esiste solo nei quesiti delle inchieste che vogliono far passare tutti come sostenitori dell’eutanasia. Non a caso i più convinti sostenitori dell’eutanasia non hanno mai parlato di medicina palliativa e invece continuano a fare i loro sondaggi sull’eutanasia domandando se si preferisce morire piuttosto che soffrire dolori insopportabili. E’ ovvio il risultato, chiunque preferirebbe morire. Ma se i dolori sono trattabili, quasi tutti preferiscono vivere sino alla fine naturale: non è infatti vero che la vita ha senso solo se si è sani e autonomi, ma le esperienze di molti medici dimostrano che fino agli ultimi istanti l’uomo è un essere vivente. Inoltre nella mia mente si insinua pure un dubbio inquietante. Nelle nostre società ci sono tanti anziani, tante pensioni da pagare, tante cure da prestare, e se l’eutanasia fosse una soluzione economica, una risposta tecnica a un problema pratico, celata dietro la nobile richiesta di una morte dignitosa? Questo pensiero mi fa ribollire il sangue nelle vene, più della pressione alta. Ok, ora basta: esco dall’ufficio e mi confondo in mezzo alla gente, sentendomi infreddolito e fragile, sotto un sole di maggio che splende sui tetti con lo stesso calore e la stessa indifferenza di sempre. Un grazie con l’inchino e il cappello piumato e svolazzante a chiunque abbia letto queste mie parole. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

Governo Letta indispensabile

Governo Letta indispensabile Il Governo Letta rappresenta una necessità per risolvere la crisi economica e un’opportunità per fare le riforme istituzionali attese da anni. Il Presidente Napolitano, dando piena fiducia a Letta, ha dichiarato che è indispensabile il successo, vista l'impossibilità di dar vita a un governo guidato da Bersani, capo della coalizione di centrosinistra uscita vincitrice alle ultime elezioni ma priva della necessaria maggioranza in entrambi i rami del Parlamento. Ai detrattori delle larghe intese va comunque anche ricordato che alternative a questo governo non ci sono. E con i sogni di alleanze inesistenti e inconsistenti non si governa un Paese. Infatti l’unica alternativa possibile sono le elezioni anticipate che renderebbero ancora più instabile la situazione politica aggravando la crisi e bloccando a tempo indeterminato le istituzioni. Anch'io ritengo che uno dei principali obiettivi di questo esecutivo sia quello di riportare la dialettica politica sui binari di un normale confronto tra avversari politici, anche se sono ancora molti quelli che vivono di rendita su questo clima di irriducibile contrapposizione. Non sono quindi pochi i possibili ostacoli sul cammino del nuovo esecutivo, i cui programmi sono comunque valutati positivamente da molti italiani che, in tempi di crisi per le famiglie, apprezzano la scelta di uno stop ai pagamenti Imu di giugno sulla prima casa ed anche il proposito di estensione degli ammortizzatori sociali, con l'introduzione di un reddito minimo per le famiglie bisognose con figli, e la riduzione del costo del lavoro stabile, con interventi sul cuneo fiscale ed incentivi alle imprese per l'assunzione dei giovani. Però bisogna anche dire che c’è una parte della popolazione che, dopo mesi di sacrifici, manifesta un certo scetticismo sulla capacità del governo di trovare le risorse e la copertura finanziaria per attuare in pieno il programma annunciato in Parlamento, considerata tra l’altro pure l'incompatibilità di diversi punti programmatici tra Pd e Pdl e la difficile coabitazione di ministri di aree politiche tradizionalmente opposte. Comunque, se si vogliono realizzare quelle riforme, a partire da quella elettorale, di cui l'Italia ha bisogno, ci si deve liberare da inutili pregiudizi, provando provare a fissare alcuni punti che siano condivisi se non da tutti, almeno da una larga maggioranza. Poi ognuno riassumerà il proprio ruolo, di governo o di opposizione. Del resto Matteo Renzi, constatato il malessere dell'elettorato del Pd, perplesso e disorientato dinanzi all'alleanza con Berlusconi, ha giustamente detto che: “questo è un governo eccezionale. Nel senso che è una eccezione”. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

venerdì 10 maggio 2013

Il futuro dell’Europa unita

Il futuro dell’Europa unita Infatti il nostro Continente deve valorizzare le autonomie territoriali, ma nel contempo anche costruire un'identità collettiva tra popoli che hanno anche origini diverse ma un destino comune. Purtroppo mi accorgo che invece stia crescendo nei suoi confronti un sentimento di estraneità o persino di opposizione, considerate le inevitabili diversità delle genti e delle culture che compongono l’Europa. Certo, ogni processo unitario è complesso, prevedendo la rinuncia a poteri e sovranità. Inoltre la crisi economica anziché agevolare alcuni processi, ha contribuito a far alzare alcune barriere. Oltretutto va anche considerato che il processo unitario europeo si fonda erroneamente sulla convinzione che, una volta fatta l'unità monetaria, l'unità agricola, l'unità delle strategie economico-finanziarie dei singoli stati, il resto possa avvenire quasi di conseguenza. Difatti, non essendoci una vera leadership politica, ai cittadini europei l’Europa sembra sia un apparato burocratico specializzato a complicare ancor di più la vita ai cittadini anziché semplificarla e sia un consesso di potenti in cui alcuni Stati, come la Germania, decidono anche a danno degli altri. E questo è quindi il compito dei politici europei: trasformare l'Europa unita da grande incompiuta a nostro futuro. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

Serata dedicata all'ANT al teatro Manfredi -13 maggio 2013

ANT Amici, tutto ok? Oggi tengo moltissimo a farvi leggere questa mail inviata dal mio amico Luciano Colantoni, presidente del teatro Nino Manfredi di Ostia, relativa alla serata dedicata alla Fondazione ANT. L’ANT da oltre trent'anni garantisce assistenza socio-sanitaria gratuita a domicilio ai Sofferenti di tumore in 9 regioni d'Italia e, in base alle risorse reperite sul territorio, offre progetti di prevenzione oncologica gratuita. L'attività della Fondazione rappresenta la più ampia esperienza al mondo di assistenza socio-sanitaria domiciliare gratuita ai Sofferenti di tumore. Dal 1985 ad oggi, ANT ha assistito oltre 93.000 sofferenti oncologici (dato aggiornato al 31 dicembre 2012) in modo completamente gratuito. Circa 3.800 malati vengono assistiti ogni giorno nelle loro case dalle 20 équipes di specialisti ANT, che portano al domicilio del sofferente e alla sua famiglia tutte le necessarie cure di tipo ospedaliero e socio-assistenziale. ANT non è solo assistenza, ma anche prevenzione oncologica: porta infatti avanti progetti gratuiti di diagnosi precoce del melanoma, dei tumori tiroidei, ginecologici e mammari. La mail del presidente Luciano Colantoni è questa: “….Acquista online il tuo biglietto, senza costi aggiuntivi! Visita il sito www.teatroninomanfredi.it e scopri le nostre offerte! Torna la serata Ant al teatro Nino Manfredi. Molti di voi ricorderanno l'edizione 2012 con tanti protagonisti ormai amici del nostro/vostro teatro che anche quest'anno è pronto a fare il bis. L'appuntamento è per lunedì 13 maggio alle ore 21.00 e siete tutti, dico tutti, pregati di intervenire. Per voi stessi che assisterete ad un evento unico per il quale sono stati mobilitati attori del calibro di Paolo Triestino, Nicola Pistoia ed Elisabetta De Vito, in questi giorni protagonisti al Manfredi. E poi ancora, Pietro De Silva, Fabio Avaro e Gabriele Pignotta, Marco Cavallaro, Marco Morandi, Carlotta Proietti, Claudia Campagnolo ... Per voi, ma soprattutto per l'Ant i cui volontari si adoperano ogni giorno per assistere malati terminali. Molto di più di un'assistenza, il loro e purtroppo molti tra di voi lo sanno, è un supporto prezioso che va al di là di ogni immaginazione. Ed allora, Luciano conta su di voi sapendo che quando si tratta di occasioni come questa, il pubblico del Manfredi c'è. Info/prenotazioni 0656324849 Cordialità Luciano Colantoni”. Che dire a questo punto, che non ha già detto il presidente Luciano? Bé questo: amici alla serata dell’ANT, lunedì 13 maggio al Manfredi, andateci tutti quanti, questo è un consiglio di Mario Pulimanti! Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

giovedì 9 maggio 2013

risultati concreti

Ritengo che i politici che sono ora all'opposizione non dovrebbero limitarsi a fare solo testimonianza, ma dovrebbero darsi da fare per portare a casa risultati concreti, convincendo tutto il parlamento su matrimoni gay, esodati e sulle tante emergenze del paese. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

mercoledì 8 maggio 2013

Senza crescita, proteste distruttuve

Senza crescita, proteste distruttive --------------------------------------------------------------------------------- Mario Draghi dice che senza crescita si rischiano proteste distruttive. L’ex governatore della Banca d’Italia e attuale presidente della Banca centrale europea (nonché strenuo difensore della finanza internazionale) scopre così che disuguaglianza e disoccupazione sono fattori che generano conflitto sociale. E, per evitare forme estreme di protesta derivanti dall’attuale negativa congiuntura economica e sociale, auspica un risanamento dell’economia che punti a ridistribuire la ricchezza in maniera più equa, a frenare l’aumento delle imposte e a implementare riforme per intervenire sulla problematica della disoccupazione giovanile che in Italia tocca un preoccupante 38%. Draghi dice che si deve lavorare per la crescita, ma come si fa a sostenere la crescita se le imprese non investono, non assumono, e le banche non prestano? Inoltre, tagliare la spesa corrente -stipendi, forniture, servizi, sussidi- significa in condizioni di recessione prolungata far diminuire immediatamente anche la domanda, quindi inibire le imprese dal proseguire o sviluppare la loro attività. Insomma: si aumenta la depressione, invece di diminuirla. Mentre all'opposto lavorerebbe una diminuzione delle tasse, peraltro resa impossibile proprio dalle necessità di spesa dello Stato. Ormai è evidente che la politica cerca di premunirsi contro potenziali effetti distruttivi che essa stessa ha contribuito ad innestare. Infatti in Italia veniamo da un lungo periodo di latitanza della politica. E la politica altro non è che la capacità di scegliere, di decidere e di assumersene le responsabilità. Le proteste e le contestazioni sono, innanzitutto, la reazione a questo vuoto o a una politica vissuta come rendita di posizione, quando non come arricchimento personale, e quindi del tutto fine a se stessa. Per questo motivo penso che sarebbe opportuno che la politica non demonizzasse i fenomeni di contestazione, come quelle dei grillini, ma desse delle risposte alla domanda di lavoro e di redistribuzione dei redditi che cresce nella società. Altrimenti si rischia di innescare spirali di protesta distruttiva, considerato che una delle cause del pessimo stato dell'economia italiana risiede infatti nella straordinaria diseguaglianza tra i redditi. Ma c'è oggi una politica capace di comprendere che una più equa distribuzione del reddito potrebbe aumentare la coesione sociale? Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

lunedì 6 maggio 2013

ANDREOTTI, l’ultimo grande politico

ANDREOTTI, l’ultimo grande politico È morto Giulio Andreotti. Persona di grande carismatica personalità, geniale intelletto ed enorme cultura. Era profondamente religioso e, dote assai rara nella politica di oggi, era perfino riconosciuta da tutti i suoi colleghi la sua notevole e trasversale empatia e simpatia. Nato nel 1919 a Roma, frequentò il liceo classico e la facoltà di giurisprudenza. Da ragazzo cominciò a soffrire di quell’emicrania che per tutta la vita cercò di curare, anche con l’agopuntura. Diciannove volte ministro, il più giovane della storia repubblicana a 34 anni. Non è mai riuscito a salire al Quirinale. Viene accusato di aver baciato Totò Riina per suggellare l’alleanza con la mafia che gli aveva portato Salvo Lima, politico democristiano in odor di Cosa Nostra. Così si deve ritirare dalla scena politica, da cui ricomparirà soltanto nel 2006 come candidato al Senato contro Franco Marini; perderà per un voto. Lui si che ne ha viste di cose in Parlamento...dalla prima assemblea della Repubblica nel 1946. Gli sono stati dedicati film, biografie, citazioni, canzoni, e ha anche recitato al fianco di Alberto Sordi. È un pezzo della nostra storia che se ne va. Politici come lui non ce ne sono e non ce ne saranno più. Andreotti, che aveva il dono indiscusso della battuta arguta, amava spesso dire: “a parte le guerre puniche mi viene attribuito veramente di tutto”. Oriana Fallaci l’ha definito “ Il migliore intelligente uomo politico di tutti i tempi”. Requiescat in pace. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

venerdì 3 maggio 2013

Fascisti e partigiani: un bastimento carico di odio.

Fascisti e partigiani: un bastimento carico di odio. Mi chiamo Mario Pulimanti e oggi vorrei filosofeggiare con voi, così diventiamo amici. D’accordo, la guerra è finita da settant’anni, il fascismo è iniziato novanta anni fa, il manifesto di Marx è del 1848 e dopo novant’anni di socialismo reale dal 1991 non esiste più l’URSS. Insomma è possibile che stiamo ancora a rivoltarci tra fascisti e comunisti? Uh, sì: é ovvio che bisogna staccarsi da certe idee. Ma per farlo dobbiamo ricordarci del passato con i suoi pregi e i suoi difetti. E confondere le idee e la memoria storica, ha l’effetto di cancellarla e con lei tutti gli errori commessi. Attimi di imbarazzo (mio) e di stupore (di tutti voi). Alcuni dicono che i partigiani combattevano per la giusta causa, quelli della RSI per quella sbagliata. Altri la pensano diversamente. Ciò posto, Gaio Mario aveva ragione e Lucio Cornelio Silla sbagliava. Bé, possiamo dopo duemila anni ancora parlare di loro? Mi alzo in piedi iniziando a dimenarmi come Galliani quando il Milan ha vinto lo scudetto, urlando: “Amici, e se pensassimo al futuro? A nuove soluzioni dei problemi odierni?” Oh, sento che mi state già rispondendo così: “Datti una calmata Mario, abbiamo capito che hai fumato pakistano nero però ora stai scassando il cazzo”. E’ troppo! Così, colpevolmente, non gliela faccio più, perdo un po’ il controllo e mi scappa un piccolissimo vaffanculo. Piccolo, lo giuro, ma tanto basta per farvi arrabbiare. Alla vostra reazione provo un dolore lancinante. Inizio a muovermi ruotando gli avambracci davanti al torace con i pugni chiusi, come Rita Pavone quando ballava il geghe geghe gehe gè. Da colica renale perfetta. Acuto, insostenibile, mai sentito un dolore così in tutta la mia vita; è come se qualcuno mi avesse infilato la mano in un rene e me lo avesse strizzato e poi fosse andato a rimestare dentro le vie urinarie e le avesse tese come si tende l’elastico di una fionda. Ok, calma. Vediamo un po’, frase di emergenza: “Ho la diarrea”, no. “Ho mal di denti”, no. “Sono allergico agli antibiotici”, nemmeno…ecco, “Aiuto! Fatemi spiegare meglio ciò che intendevo dire!”. Mah, del resto chi può dire di conoscere realmente le verità nascoste del periodo storico seguito alla caduta del regime fascista? Forse non lo sa nemmeno Dio: misteriose lotte tra partigiani e fascisti hanno creato la leggenda per cui i partigiani sono sempre stati considerati moralmente superiori rispetto ai militi della Repubblica sociale. Niente paura: non sono politicamente scorretto. Tranquilli! Comunque pure i partigiani hanno ucciso persone innocenti e inermi sulla base di semplici sospetti, spesso infondati, e sotto la spinta di un cieco odio ideologico. Milioni di persone senza difese nella morsa di due fazioni senza pietà, i partigiani e i fascisti: nella fase conclusiva del secondo conflitto mondiale, tanti italiani si trovarono scaraventati dentro l‘inferno della guerra civile. E scoprirono che non esisteva differenza fra le parti che si scannavano. I partigiani e i fascisti si muovevano allo stesso modo, alimentando una tempesta di orrori, rappresaglie, esecuzioni, torture, stupri, devastazioni. Eccola, la guerra civile italiana! Eccolo, il lato oscuro degli anni fra il 1943 e il 1945: il terrore di tante donne alle prese con la solitudine, la fame, la miseria che le costringe a vendersi e di un dopoguerra che genera altri delitti. A conti fatti anche la Resistenza si era macchiata di orrori. In Italia nonostante siano trascorsi quasi ottant’anni dalla fine della guerra non è ancora avvenuta una vera pacificazione perché né da parte dei vincitori né da parte dei vinti c'è un riconoscimento effettivo del ruolo storico che gli uni e gli altri, nel bene come nel male, ebbero. Da parte dei vincitori c'è un ostinato rifiuto nel riconoscere anche gli errori, le ingiustificabili efferatezze, le atrocità di cui si macchiarono molti partigiani rossi durante e dopo la guerra di Liberazione. E c'è l'indisponibilità ad accettare una verità storica: che molti di coloro che combatterono contro il nazi-fascismo, avevano in realtà come obiettivo finale non la democrazia ma l'instaurazione di un'altra dittatura, quella del proletariato, e che in virtù di ciò vennero giustificati e coperti veri e propri massacri. Ma da parte di chi sta dalla parte dei vinti manca però spesso il riconoscimento che la democrazia e la libertà sono valori non negoziabili e che la Liberazione dal fascismo è stata tappa fondamentale della nostra storia. Oh, no: un energumeno, uscito chissà da dove, mi corre incontro, gridando: “Ascoltami bene, deficiente: smettila di rigirare la frittata anche questa volta. Lo sai dove te le puoi infilare ‘ste stupidaggini che dici? Hai capito o no?” E io, mentre la voce mi si spegne in gola e un’altra colica mi perfora il rene sussurro una frase di Mahatma Gandhi: “La non violenza è la più forte arma mai inventata dall'uomo.” Poi, svengo. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)