mercoledì 26 febbraio 2014

Buenas noches, Paco de Lucia

Cazzarola, oggi è un giorno veramente triste: il grande Paco ci ha lasciato. Adios a Paco de Lucía, uno dei più grandi chitarristi di flamenco di tutti i tempi. Eh, sì: il chitarrista andaluso Paco de Lucia, al secolo Francisco Sanchez Gomez, uno dei più grandi musicisti nella storia del flamenco, è morto per colpa di un arresto cardiaco mentre giocava con i figli e i nipoti sulla spiaggia di Cancún, in Messico. In effetti si chiamava Francisco Sanchez Gomez, ma aveva scelto il nome d’arte Paco, perché diminutivo di Francisco, e il cognome de Lucia, come manifestazione d'affetto per la madre, Lucía Gómez. Un artista incredibile, grande cuore, grande suono e grande musica, ad esempio Ziryab uno degli album più belli. 66 anni: data l'età veramente non me l'aspettavo. Immerso nella cultura flamenca fin dalla nascita, de Lucia inizia ad apprendere a suonare la chitarra all’età di cinque anni dal padre e dal fratello. La passione dell'artista andaluso per il genere flamenco cominciò infatti presto anche se l'anno di svolta fu il 1968, quando incontrò il musicista Camarón de la Isla: dalla loro collaborazione nacquero circa una trentina di album e la cifra stilistica, irripetibile, del grande Paco De Lucia. Tradizionalista, ma sempre attento ai fermenti musicali, senza barriere stilistiche né pregiudizi di sorta, Paco entra in contatto negli anni Settanta con diversi musicisti di differente estrazione musicale, provenienti in prevalenza dal jazz e dal rock. Tutti personaggi che si rivelano determinanti per la sua evoluzione artistica e la maturazione di uno stile ibrido, meticcio, eterodosso, che dalla palestra flamenca si spalanca alle altre forme della musica popolare. Compositore e sperimentatore, nella sua carriera, costellata da decine di dischi, ha difatti suonato anche generi diversi: un esempio sono le collaborazioni negli anni Settanta con musicisti americani di repertorio più jazz o rock, come Al Di Meola, Chick Corea, JohnMcLaughlin, Eric Clapton. Nonostante queste collaborazioni speciali (indimenticabile “Friday night in San Francisco”, il disco registrato con McLaughlin e Di Meola nel 1980) Paco De Lucia ha però sempre dato maggior rilevanza alla chitarra flamenco. In Spagna gli sono stati riservati diversi premi importanti, e nel 2010 anche il Berklee College of Music di Boston gli ha conferito un attestato di grande valore simbolico, il titolo di Dottore Honoris Causa per il suo contributo musicale e culturale. Il partito socialista spagnolo, di cui fu un convinto sostenitore, ha definito la sua morte "una grande perdita per l'Andalusia, per la Spagna e per l'umanità". Paco, insieme a Di Meola e McLaghlin mi ha fatto capire quali erano i confini estremi del virtuosismo. Ci lasci tantissima musica che continuerà a spandere bellezza per il mondo. Paco, sei stato il più grande chitarrista di tutti i tempi: i tuoi album li ho consumati a forza di sentirli. Basti pensare a “Mediterranean Sundace/Rio Ancho” con Al Di Meola e John Mc Laughlin. Indimenticabile. Non ho parole per descrivere quello che trasmette la tua musica: mi ha sempre emozionato sentire il tuo tocco unico sulle corde della chitarra. Ed ora la tua chitarra é lì, in un angolo e piange note stonate. Ha le corde spezzate. Ma forse hai solo portato il flamenco su di un altro palco. Bé, sta di fatto, Paco, che ora non mi resta che ringraziarti per l'emozione e i brividi che mi hai provocato ascoltando la tua incantevole “Entre dos aguas”. Un inno alla vita, un'autentica poesia suonata con la chitarra. Lou Reed, l'altro giorno Francesco Di Giacomo ora Paco de Lucìa. E' in paradiso che si ascolta dell'ottima musica. Forse qualcuno lassù ha bisogno di lezioni di chitarra classica, e flamenco. Ho gli occhi lucidi. Qualcosa luccica sulla mia guancia, ma l’asciugo con un movimento brusco. Buenas noches Maestro, mi hai regalato ore indimenticabili. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

martedì 25 febbraio 2014

La diarchia Renzi-Padoan

Matteo Renzi, non essendo riuscito a convincere ad entrare nel suo governo personaggi su cui aveva puntato (Guerra, Baricco, Barca), ha finito con il circondarsi di figli di industriali e raccomandati vari, sperando che siano persone affidabili che non lo tradiranno quando si tratterà di prendere decisioni complesse e delicate. Una scelta rischiosa, però coerente con lo stile e la notevole ambizione di Renzi. Vedremo se le società di De Benedetti che hanno un buco vistoso godranno di vantaggi da questo governo. Intanto Pier Carlo Padoan, scelto personalmente da Napolitano, è stato nominato ministro dell’economia. Sì proprio Padoan, cioé l’uomo che ha spinto l’Argentina nell’abisso, dopo aver contribuito alla crisi di Grecia e Portogallo. In altri termini, uno sicuro per il sistema di potere dominante, essendo il fiduciario delle banche e del Fondo monetario internazionale. Lì non si scherza. Nel frattempo, i disoccupati, i cassintegrati e gli esodati esultano: la prossima settimana organizzeranno feste in tutto il paese, e senza a badare a spese. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

lunedì 24 febbraio 2014

Conviene ridere (Carnevale 2014)

Matteo Renzi ci ha regalato un nuovo governo, Carlo Verdone un nuovo film, Carolina Kostner una medaglia di bronzo nel pattinaggio alle Olimpiadi di Sochi, Arisa una bella canzone al Festival di Sanremo. E siamo pure a Carnevale. Quindi conviene ridere! Affermando questo non sto rilevando un codice segreto che apra una porta nascosta su un mondo d'insperate possibilità, ma sto solo dicendo una cosa, sì ovvia, ma ugualmente importante: ridere stimola il sistema cardiovascolare tanto quanto l'esercizio fisico. Ridere fa bene al cuore, mentre la depressione aumenta il rischio di mortalità. Quindi non dobbiamo offenderci se a volte amici, colleghi o semplici conoscenti scherzano su questioni che ci toccano. È umano, naturalmente, ma riuscire a ridere di noi stessi è salutare. Come ho detto fa bene al cuore. Una medicina che va bene per tutti, grandi e piccoli, uomini e donne. Quindici minuti quotidiani di sane risate rappresentano una cura molto efficace per il sistema cardiovascolare. Tanto è vero che il riso fa buon sangue ed il ridere anche di noi stessi è la migliore medicina perché il buon umore sembra attivare le reti del cervello che sono coinvolte nel benessere psicofisico. L'umore ha un grande impatto sulla nostra salute psicologica e fisica. Il nostro senso dell'umorismo, intendendo con questa espressione anche la capacità di stabilire amicizie ma anche rapporti di coppia duraturi, è una potente medicina anti-stress. Vivere con il sorriso sulle labbra -anche quando si viene derisi o criticati ingiustamente - aiuta ad affrontare meglio le difficoltà della vita, non costa nulla e non ha effetti collaterali. Ho sempre saputo che il riso aiuta la salute e che ridere difende dal logorio. L'umorismo è una necessità, risultato di un impulso a eludere la ragione, ricreando in noi adulti uno stato infantile della mente, come rimozione di inibizioni interne. E' basato spesso su un meccanismo psicologico che cela l'orgoglio di sentirsi migliori degli altri. Perché l'umorismo permette di parlare di cose che in società sono inammissibili. In questo senso ha a che fare con l'aggressività, come la sessualità. Si possono dire battute sessuali senza scandalizzare. Mentre la volgarità dà fastidio. Eppure persino questo tipo un po' becero di umorismo affranca, ridendo, da uno dei tabù imposti dalla società e assorbito nella coscienza. Ecco perché i bambini si divertono a dire parolacce, a parlare di cose proibite. Sembra che sia terapeutico anche l'umorismo nero, perché aiuta ad allontanare l'ansia nei confronti della morte. Scarica tensioni, eliminando le quali restano più energie per affrontare la giornata, il lavoro, lo studio, la famiglia. Non si migliorano così le capacità intellettive, ma queste vengono sfruttate meglio. Mentre se si è tesi non si riesce a concentrarsi, per essere creativi. Curarsi ridendo, guarire ridendo, è forse più difficile da quando il carnevale dura tutto l'anno, e non solamente nei pochi giorni in cui il Buffone diventava Re. Buon Carnevale a tutti! Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

venerdì 21 febbraio 2014

Berlusconi fa arrivare i treni in orario

Nonostante il processo Ruby, la sentenza Mediaset, la decadenza dal Senato, la richiesta di affidamento ai servizi sociali, le indagini statistiche dicono che molti italiani voterebbero ancora Berlusconi, ritenendolo l'unica offerta politica alternativa al centrosinistra. Del resto Berlusconi, al di là delle sue capacità mediatiche e delle sue doti di leadership, vent'anni fa scese in campo per riempire un vuoto, quello lasciato dalla Dc e dalle altre forze moderate travolte da Tangentopoli. Vent’anni esatti. Che erano cominciati gelando l’aspettativa delle sinistre dopo che il ciclone di Mani Pulite aveva spazzato via il pentapartito imperniato sul PSI di Craxi e la DC di Andreotti e Forlani (il CAF). Il campo dei moderati, sgominato dal Pool di Milano, da landa desolata facile preda del Pds, riprese infatti vita proprio con Berlusconi. Da allora nell'area politica moderata non è cambiato molto: ogni tentativo di creare un'alternativa a Berlusconi è fallito. Ma se Berlusconi continua ad essere il leader più votato dai moderati é anche perché il resto della classe politica moderata non ha finora avuto la capacità e la credibilità di andare oltre il berlusconismo, come ha dimostrato la repentina parabola di Monti. Ed ora che l’inflazione su base annua resta ferma, ma la spesa al supermercato corre il doppio, il Cavaliere ha pure l’opportunità di rifondare la Repubblica insieme a Renzi. Ormai l’abbiamo capito: bisogna rompere il perimetro che sta deformando in regime la nostra democrazia, perché se continuiamo così prima o poi l'uomo della provvidenza che fa arrivare i treni in orario viene davvero. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

lunedì 17 febbraio 2014

Renzi e il suo super-Governo

Renzi, il rottamatore, ha dimostrato di sapersi muovere con sapienza, rompendo gli schemi e giocando d'anticipo tanto rispetto ad alleati che avversari. Infatti una delle migliori novità da lui introdotto nel mondo politico è un nuovo linguaggio e un'imprevedibilità di movimenti. Nella scelta dei messaggi come nei gesti e nelle opzioni politiche, Renzi è molto spesso spiazzante, soprattutto per il suo mondo di riferimento, il Pd e la sinistra. In politica come altrove, il cambiamento di linguaggio è, in molti casi, anticipatore di altri cambiamenti. Renzi ha finora avuto l'abilità e il tempismo di far apparire i suoi avversari come irriducibili nemici del nuovo. Ed ora, varcando la soglia di Palazzo Chigi, lo dimostrerà con i fatti di aver avuto ragione, portando sicuramente il suo super-Governo fino alla scadenza della legislatura. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

venerdì 14 febbraio 2014

Incontro di Papa Francesco con i fidanzati

In un clima di festa e commozione Piazza San Pietro si è riempita di trentamila fidanzati arrivati da tutto il mondo per l’incontro con papa Francesco in occasione della celebrazione di San Valentino. Tra queste coppie c’erano anche mio figlio Gabriele con la sua fidanzata Francesca. L'udienza all'inizio si sarebbe dovuta tenere nell'aula Paolo VI, ma visto l'elevato numero di richieste si è deciso di spostare sul sagrato dalla Basilica. Musica, canzoni, danze, preghiere, poesie ricordi e musica. Ai fidanzati a San Pietro è stato donato un cuscinetto: "È la carezza del Papa - ha detto monsignor Vincenzo Paglia - che vuole accompagnarvi nel giorno del matrimonio". Papa Francesco ha salutato i fidanzati con queste parole: “Cari fidanzati, voi vi state preparando a costruire questa casa, per vivere insieme per sempre e non volete fondarla sulla sabbia dei sentimenti che vanno e vengono, ma sulla roccia dell’amore vero”. Alla fine ha concluso l’incontro, affermando che “Non esistono mogli e mariti perfetti, figuriamoci le suocere”. Questa festa di San Valentino, patrono degli innamorati, resterà davvero nel cuore delle coppie di fidanzati che hanno partecipato all’incontro. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

lunedì 10 febbraio 2014

LE FOIBE DI SIMONE CRISTICCHI

Nei primi anni quaranta moltissime persone sono state torturate e uccise a Trieste e nell’Istria controllata dai partigiani di Tito. E, in gran parte, gettate (molte ancora vive) dentro le voragini naturali che si trovano sull’altipiano del Carso. Sono le foibe. E’ assurdo pensare che, a guerra ormai finita, migliaia di persone hanno perso la vita ed è altrettanto assurdo pensare che, per tutti questi anni, la storia d’Italia è stata parzialmente cancellata da questi tristi episodi delle foibe. Infatti per lungo tempo la storia dopo averlo rimosso per anni, ora considera un fatto minore l’esodo giuliano-dalmata, con migliaia di esuli che, dopo la firma del Trattato di Parigi del 10 febbraio 1947, lasciarono i territori consegnati all’esercito del maresciallo Tito, per cercare rifugio in Italia, fuggendo dalla pulizia etnica e dalle foibe. La storia ci dice che l’Italia fascista prima e la Jugoslavia di Tito poi sono crollate. La prima dopo poco più di vent’anni, la seconda dopo il ’45, a dispetto delle loro politiche aggressive e razziste, con le quali avevano conquistato e difeso i loro confini, offeso gli abitanti della regione che non erano i propri. Una politica di apertura, di dialogo e conciliazione, di rispetto e difesa reciproci, avrebbe dato di più a tutti. Con la fine della guerra i titini invasero tutta la regione e finirono il lavoro iniziato nel 1943: si calcola che almeno 5-6mila siano stati gli italiani infoibati, che contando gli scomparsi non rientrati ed i deportati, nel complesso circa 20.000 furono le vittime di questa pulizia etnica mossa con sparizioni, infoibamenti in Istria e gli annegamenti con una pietra al collo in Dalmazia. Tutto questo derivò da una serie di ragioni: odio etnico contro gli italiani, voglia di conquista e l'instaurazione di un regime decisamente dittatoriale di stampo sovietico e repressivo come quello stalinista in URSS. Ragioni di politica internazionale e interna hanno impedito che si facesse piena luce ai drammi e alle sofferenze di quelle pagina di storia. Ma è incredibile che ancora ad oggi la burocrazia italiana non sia stata in grado di garantire a queste persone diritti di cittadinanza, come ad esempio un codice fiscale. La Resistenza può contare su dei libri di storia molto belli, il dramma dei giuliano- dalmati no. Del resto la Resistenza è diventata un luogo mitico-simbolico della nostra storia grazie alla grande narrativa dei vari Bassani, Cassola, Vittorini, Pavese. Perché è la grande narrativa che entra nel cuore della gente. La vicenda degli esuli, invece, è prima di questa drammaturgia che ha portato alla macro-rimozione della tragedia degli esuli. Una rimozione dai libri di storia e dalla nostra identità. E’ assurdo che la storia degli esuli dalmati sia stata dimenticata per oltre mezzo secolo. E proprio in questi giorni Cristicchi racconta le foibe, portando in scena “Magazzino 18”, un musical sugli orrori dei partigiani titini e l'esodo degli italiani dalmati che ha scatenato reazioni, ire e insulti da parte di chi vuol vedere nello strazio di una terra vilipesa una mistificazione fascista e nell’esodo disperato di tanta gente solo la fuga di una marea di fascisti. Per questo spettacolo -che prende il nome dall'edificio di Trieste dove sono conservati gli oggetti degli esuli istriani e dalmati- Cristicchi ha subito forti critiche e contestazioni; addirittura l'Anpi, l'Assoociazione nazionale partigiani d'Italia, ha chiesto che gli fosse ritirata la tessera di socio onorario che la stessa Associazione gli aveva assegnato qualche anno prima per un altro suo spettacolo teatrale. Come se raccontare un pezzo scomodo di storia italiana e riportare alla memoria il dramma, umano e familiare vissuto da centinaia di migliaia di persone fosse un reato di lesa maestà. Purtroppo in Italia una parte di opinione pubblica continua ad essere vittima di una visione manichea delle vicende che, in particolare, segnarono la fine dell'ultima guerra mondiale e il dopoguerra. C'è un'irriducibile incapacità, rafforzata da anni di storiografia monocorde, a fare i conti in modo equilibrato ed equanime con i drammi e gli errori che, da tutte le parti, contraddistinsero quella tragica stagione. Etichettare come fascisti tutti coloro che scelsero di non vivere in Jugoslavia è il frutto di questo atteggiamento culturale. Ma è, per molti, anche il modo di non fare i conti con la propria storia personale. Di non riconoscere che, finalmente sconfitta la dittatura grazie anche alla Resistenza, in molti tra coloro che avevano valorosamente contribuito a liberare l'Italia dal fascismo, volevano imporre al nostro Paese un'altra dittatura, non meno feroce, quella del proletariato. La stessa da cui fuggirono centinaia di migliaia di esuli. Pagando un prezzo elevatissimo ai propri affetti, alla propria terra, alla propria identità. Ricordarli non è solo giusto. È un dovere. Del resto, è abominevole che qualcuno pensi che le foibe siano stato un atto giusto, come conseguenza o una vendetta ai vent’anni di soprusi del Fascismo. Sono convinto che vadano condannati entrambi i crimini, senza metterli in relazione tra loro. Attento Cristicchi…l’ANPI potrebbero farti fare la fine di Povia! Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

giovedì 6 febbraio 2014

Don Marco Ciappolini, parroco di Collevecchio, ad "Affari Tuoi"

Il trentaduenne don Marco Ciappolini, originario di Monterotondo Scalo, dopo sette anni trascorsi a Palombara come viceparroco, si è trasferito dal 28 settembre 2013 a Collevecchio, diventando parroco della Chiesa collegiata della Santissima Annunziata. E, dal 17 gennaio 2014, sta concorrendo ad “Affari Tuoi”, il gioco di Rai Uno condotto da Flavio Insinna in rappresentanza del Lazio, con la speranza di poter vincere i 500.000 euro in palio per aiutare i poveri della parrocchia e restaurare il campanile romanico del dodicesimo secolo della Chiesa. In bocca al lupo, don Marco! Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

martedì 4 febbraio 2014

Case popolari occupate abusivamente

Tra i mille motivi per cui non si può venire a capo dell’emergenza abitativa c’è sicuramente il fenomeno dilagante delle occupazioni abusive di alloggi popolari. Infatti, anche se è praticamente sommerso, il fenomeno dell’occupazione abusiva delle case popolari non si può certo definire di nicchia. Inoltre questo fenomeno si riduce spesso ad essere una guerra tra poveri. Capita spesso, ad esempio, che un anziano pensionato sia costretto ad essere ricoverato in ospedale per mesi: ebbene, questo anziano signore, qualora fosse residente in un alloggio popolare, una volta dimesso potrebbe rischiare di tornare a casa e non riuscire più ad aprire la porta d’ingresso. Serratura cambiata, e l’amara sorpresa che nel frattempo alcuni sconosciuti hanno preso possesso dell’abitazione. Un problema risolvibile? Non così tanto. Anzi, potrebbe essere l’inizio di un lungo iter giudiziario, e se il nuovo o i nuovi occupanti, siano essi studenti cacciati di casa, extracomunitari, disoccupati o famiglie indigenti, dimostrano di essere alle prese con una situazione economica insostenibile o di non aver mai potuto accedere a bandi di assegnazione alle case popolari per vari motivi, l’anziano in questione potrebbe rischiare di sudare le proverbiali sette camicie. Trattandosi di case popolari, la proprietà non è di nessuno ma del Comune. Questo vuol dire che quando qualcuno non è presente, fra gli altri bisognosi scatta una vera e propria corsa a chi arraffa la casa. Ci sarebbero sì le graduatorie per assegnare gli immobili, ma non mai vengono rispettate. A volte ci si affida addirittura alla criminalità organizzata, e pagando il dovuto, ci si assicura una casa popolare. Insomma: si paga alla criminalità organizzata e poi non si paga più al Comune. Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)