giovedì 29 ottobre 2015

Ingiustificato aumento del prezzo dei biglietti dei treni.


Ingiustificato aumento del prezzo dei biglietti dei treni.

 

Notizia dell’ultima ora è quella del rincaro del 10%  sui biglietti dei treni a media e lunga percorrenza e del 4% sui treni pendolari e regionali. I pendolari sono in molti casi già abbastanza arrabbiati per i ritardi cronici, debbono ora pure subire la beffa di un aumento del prezzo dei biglietti? Infatti questi sono rincari eccessivi e ingiustificati. Insostenibili per molte famiglie. Anche a fronte del livello del servizio offerto. Non mi sembra esserci stato negli ultimi anni un effettivo miglioramento della qualità dei servizi. Così il risanamento delle FS è scaricato soltanto su noi utenti. Consumatori in un regime di monopolio. Certo, molti treni sono talmente all’avanguardia da avere tutti i vagoni muniti di altoparlanti, che saltuariamente vengono usati per dare un inutile benvenuto e una più utile indicazione delle fermate. Ma, per esempio, non sempre funzionano le toilettes, specialmente quando sono molto sporche da non poter essere usate.  

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

lunedì 26 ottobre 2015

COLLEVECCHIO


Collevecchio

Sono tornato ai luoghi donde,

 adolescente,

fuggii per inseguire un sogno.

A questo che verdeggia di smeraldi,

son tornato,

colle antico della terra dei Sabini,

 in una notte d’agosto.

Disteso come allora, sul dorso,

fra l’erbe ho rimirato i ricami tracciati dalle scie delle stelle cadenti,

fulminee più che il pensiero,

ad infittire di palpiti il mio petto.

E l’alba m’ha colto immobile

e la rugiada m’ha imperlato le ciglia e i capelli.

L’erba verde si tende come seta;

sugli alberi crescono le foglie rosse.

L’uccello cerca il nido

mentre le nuvole si accostano ai fiori.

Amato mio colle natio!

Antico, non vecchio.

Amore stilli, con la rugiada.

Il tempo non può invecchiare ciò ch’eterno,

e tu lo sei!

Collevecchio,

 sui tuoi blandi pendii

 s’arrampicano gli ulivi

e, le viti, le uve indorano di sole.

Passano gli anni,

svanisce il roseo volto,

col passo del dolore

s’imbianca la mia chioma.

Canto di galli, suono di campane, cento uccelli in volo,

canti di uccelli inondano il cielo.

Collevecchio,

é di struggente bellezza il tuo autunno,

già s’intravede, quando gli uccelli migrano

e il loro stormo, lungamente volteggia,

par che sciami,

ne l’aria tersa,

fra cielo e i verdi campi,

prima di scomparire

all’orizzonte.

ANTONIO VALERIANO PULIMANTI

Fare l’amore in cucina per combattere il calo della libido


Fare l’amore in cucina per combattere il calo della libido

 

La libido vacilla e il talamo annoia al punto tale che neppure la più sensuale delle guepière riesce a risvegliare gli stanchi sensi. Certo, non è ancora arrivato il momento di mettere la sensualità in pensione. Ehilà, basta affinare la fantasia e trovare nuove rotte. E se il letto annoia, il divano é troppo scontato e la casa non è dotata di un ascensore che prometta una bollente risalita, ecco sbucare dal cilindro la “sexy room” del momento. La cucina. Sì, proprio il regno della casalinga, quello fatto di pentole, mestoli e coltellacci. Tra un minestrone che bolle e un brasato che si rosola la fantasia erotica galoppa, quasi a far invidia a Jack Nicholson e Jessica Lange, magistralmente avvinghiati su un tavolino dopo che lui ha trillato il campanello per ben due volte. Non è la perversione del momento, ma è la nuova tendenza del sesso domestico. Nei sogni di noi italiani a quanto pare le lenzuola di seta, gli avvolgenti materassi ad acqua e i celebrati effluvi di N.5 hanno lasciato il posto a tovaglie quadrettate, ampi grembiuli, zaffate di aglio e peperoncino e tavoli sui quali… consumare. Del resto con il frenetico modificarsi della vita non poteva che cambiare anche l’uso dello strumento che ci appartiene di più: la nostra casa, appunto. Sfidando le ire dei nutrizionisti ormai si mangia in salotto, davanti a maxi schermi che lasciano i più con la forchetta sospesa tra una soap e una partita. Le camere da letto sono diventate delle biblioteche, sommerse di riviste, libri, computer portatili e blocchi notes: letti come immense scrivanie dove tra penne e quotidiani anche il più ben disposto degli spiriti cerca un’altra strada. Non rimane che la cucina: avvolgente, calda, sensuale, ahimè spesso disertata dalla donna che trascorre ormai la maggior parte del proprio tempo fuori casa. Bisognava pur consegnarle un nuovo ruolo. E cosa c’è di più nobile di votarla a talamo: luci soffuse, profumi che se non inebriano i sensi senza dubbio stuzzicano l’olfatto e il gusto, qualche fantasia la fanno pur venire. Diciamolo, gli ingredienti ci sono tutti, basta saperli cogliere: i grandi amatori teorizzano da secoli che il sesso va giocato coinvolgendo tutti i cinque sensi. E se poi si vuol strafare, si possono allargare gli orizzonti, d’altra parte le moderne soluzioni di design di spazi sui quali accoccolarsi ne offrono più d’uno. Il tavolo è scontato? C’è il piano lavoro, ci sono le sedie che diventano sempre più poltrone e meno sedili. Insomma, aguzziamo l’ingegno. Un solo piccolo accorgimento. Occhio ai nuovi spazi, oggi tanto di moda: se le alcove infatti avevano il dono della privacy, la cucina e gli spazi aperti non si sono ancora attrezzati, e con porte inesistenti e ampie vetrate come vuole la moda, è molto facile passare da un momento di intimità ad una pubblica esibizione. Questo sì che sarebbe fare una frittata!

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

Il mal di testa degli amanti


Il mal di testa degli amanti

 

Chi soffre di mal di testa non dovrebbe tradire dato che lo stress psicologico e lo sforzo fisico durante il rapporto clandestino sembra che possano scatenare la cefalea degli amanti, che rappresenta una minaccia per quasi il venti per cento degli uomini che hanno in genere un ruolo più attivo durante il rapporto, con un’intensità proporzionale all’eccitazione. Si tratta quasi sempre di persone già emicraniche, nei quali una serie di fattori (come alimenti afrodisiaci, farmaci che favoriscono le prestazioni, affaticamento fisico e stress psicologico dovuto alla relazione clandestina) possono scatenare fortissimi attacchi di cefalea che possono durare fino a tre ore. È importante che le persone colpite ne parlino con il medico  perché il fenomeno deve essere indagato a fondo. Nel cinque per cento dei casi si può infatti nascondere anche un piccolo aneurisma cerebrale. Per questo sto suggerendo ai miei amici di darsi una calmata, magari di affrontare un periodo di astinenza.

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

venerdì 23 ottobre 2015

Marino non é Tony Blair


Non so se Marino abbia pestato i piedi ai poteri forti, però aver speso quasi 20.000 euro cenando con la famiglia, facendole passare per spese istituzionali, non mi ispira la fiducia che avrei verso una persona onesta, anche perché non gli mancavano gli introiti della sua professione di medico. Del resto Marino non è caduto dal cielo ma è stato democraticamente scelto attraverso le primarie. Quando gli elettori hanno scelto Marino pensavano forse di aver trovato un nuovo Tony Blair mentre invece sulla statura politica di questo medico prestato alla politica era lecito nutrire molti dubbi. Ma ora è troppo facile scaricare sugli altri tutte le colpe. Anche il popolo delle primarie ha talvolta le sue responsabilità.

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

mercoledì 21 ottobre 2015

La romanità


La romanità

Quanti abitanti che oggi vivono a Roma sono romani?

Che cosa resterà in futuro della romanità?

Certo, nel corso dei secoli Roma ha subito anche drammatici spopolamenti e poi lenti e progressivi ripopolamenti.

L’antica Roma era abitata da quattro milioni di abitanti che nel Medioevo sono ad un certo punto (per vari motivi: inondazioni, peste ecc.) diminuiti fino ad arrivare solamente a 50mila abitanti.

Ai tempi del Belli ce n’erano 160 mila, che all’inizio del secolo erano saliti a 200 mila, ma nel corso degli ultimi sette o otto decenni, specialmente a partire dal dopoguerra, si é ripopolata ad un ritmo vertiginoso.

Oggi conta quasi cinque milioni di abitanti.

Ma soltanto in minima parte sono romani: non più di centomila.

I restanti quattro milioni e novecentomila residenti non sono romani.

E tutto sta ad indicare che i romani sono destinati a ridursi ulteriormente, probabilmente fino a sparire, come sarà destinato a sparire purtroppo anche il nostro bellissimo dialetto.

Infatti il dialetto romanesco é ormai moribondo.

Trattasi non già di una morte naturale, bensì di un assassinio vero e proprio, perpetrato con fredda lucidità, con premeditazione, con tante persone pronte ad approvare la pulizia etnica del nostro amato vernacolo romanesco.

Moravia diceva che il dialetto romano è un misto di fiorentino e di campano.

I costruttori di San Pietro erano tutti toscani, e mescolarono il loro dialetto con il dialetto campano.

Anche la lingua a Roma é un miscuglio di Italiano.

Moravia, anche se campano, diceva anche che Roma non era un cumulo di rovine, perché quelle romane sono rovine attive, ossia sempre in trasformazione, e la trasformazione è qualcosa di vivo, di vitale.

Le stesse idee le ha anche espresse Federico Fellini, per il quale Roma rinasce miracolosamente dalle proprie rovine, come l’araba fenice dalle proprie ceneri.

Del resto fin dall’antichità Roma era una città cosmopolita, internazionale; alcuni degli imperatori venivano dalla Spagna, dall’Africa; parecchi degli artisti, scrittori, cineasti che ci hanno offerto nuove visioni o nuove interpretazioni di Roma venivano da altri luoghi o da altri paesi, come il Borromini, Fellini, Gadda, Pasolini.

Già Montaigne diceva che alla sua epoca Roma era la città più cosmopolita d’Europa.

Dal canto suo Borges non si stancava di ripetere che Roma era un mito dell’immaginazione universale.

Significative sono le parole di Adriano riportate nel celebre libro della Yourcenar: “Altre Rome verranno e io non so immaginarne il volto, ma avrò contribuito a formarlo?”

A mio parere converrebbe mantenere sempre vive le tradizioni culturali romane e lo spirito della romanità, da lasciare in eredità ai nostri figli e nipoti.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

martedì 20 ottobre 2015

I giovani tra alcol e droga


I giovani tra alcol e droga

A chi dice che è meglio l'alcol della droga, rispondo di fare attenzione perché l'alcol ha tutti gli effetti negativi di una droga, soprattutto se assunto in dosi elevate e in un'età ad altissima vulnerabilità cerebrale, come l'adolescenza.

In questi ultimi tempi purtroppo anche in Italia sta crescendo vertiginosamente il consumo di alcolici nei giovani.

E sta aumentando un fenomeno di grande insidiosità: la bevuta del sabato sera.

Una passione pericolosa e triste.

Questo allarmante fenomeno deve farci riflettere e convincerci a intraprendere con decisione adeguate misure preventive e curative.

Certo, la droga è ancora più pericolosa.

Infatti la droga è un problema serio, molto serio.

Per i giovani e per gli adulti.

La droga oramai è intesa quasi come “mezzo”, e non più come fuga dalla realtà.

Una scelta al servizio del successo personale, della produttività della vita sociale e professionale.

Un aiuto per sostenere perfomances elevate, rapporti più facili e disinibiti con gli altri.

Quasi un bene di consumo come tanti altri, meglio se assunto alternando diversi tipi di sostanze, utilissimo per stare al passo con traguardi che impongono una sorta di fitness artificiale continuo.

E poiché risultati e traguardi seducono già nella fase dell'adolescenza, sono i giovani ed i giovanissimi i nuovi consumatori di droghe: cresce la domanda di ecstasy, derivati anfetaminici, cocaina.

Un campionario di nuove droghe "pulite", in procinto di soppiantare siringhe ed eroina, e che ha già imposto un ripensamento generale degli strumenti di intervento di servizi sociali e comunità terapeutiche.

La soluzione del problema sta nel guardare le nuove generazioni con un occhio diverso; nel vedere in esse al possibilità di costruire un futuro migliore del presente dando loro i mezzi per concretizzare i loro sogni e le loro aspirazioni o, più semplicemente vedendo in loro una risorsa.

È vero che gli adolescenti soffrono di solitudine e di depressione e forse sono coloro che maggiormente avvertono il peso delle proprie emozioni ed è sicuramente questo che li induce a voler trovare una via di evasione intesa come totale assenza di pensieri e di problemi almeno per qualche ora.

Le sbronze del sabato sera, le dosi di cocaina, gli spinelli, non rispecchiano la volontà di farla finita, ma piuttosto il desiderio di trovare una risposta ai propri problemi, anche se queste non sono certamente quelle più giuste.

Per gli adulti ogni tanto è difficile parlare di questi problemi con i bambini e i ragazzi.

Eppure è importante affrontare questo argomento e trasmettere per tempo ai giovani un atteggiamento responsabile nei confronti delle bevande alcoliche e delle droghe.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

lunedì 19 ottobre 2015

Il sogno dell'arcobaleno


Il sogno dell’arcobaleno

Che ne hai fatto del senso dell’umorismo?

Quanto ti hanno dato al Monte di Pietà?

Vedo che sei stato al Catechismo e conosci il vangelo: fai agli altri quello che vuoi sia fatto a te. Riesci anche a porgere l’altra natica?

Sembra Nerone che dopo aver cantato si fosse beccato un coro di pernacchie dai centurioni. Se ne va risentito, sbattendo leggermente la porta. Probabilmente sarebbe uscito e sarebbe andato a incendiare Roma.

Mi guarda con i pugnalini negli occhi, come Zio Paperone nei fumetti.

Si fregavano le mani come boy-scout col legnetto per accendere il fuoco.

E’ bella come la madre, alta e slanciata come il padre e furba come la nipote di Ulisse. Non so se mi spiego.

E’ una scusa che fa più acqua del Titanic dopo la collisione.

Chiudo la doccia, resto un istante a gocciolare e ad assaporare la beatitudine.

Forse è filosofia con cui ci puoi avvolgere le caldarroste.

Spiaggia di sabbia ….e, sullo sfondo, il cielo e il mare che giocano a chi fa più orizzonte.

Fa uscire un fischio da una bocca chiusa a sedere di gallina.

Touché.

Gli uomini  se la divorano con gli occhi e le donne la bruciano viva.

Quando sei in moto e ti prude la testa, non di nessun sollievo grattare il casco.

Ne sapevano qualcosa le centinaia di signore di Roma bene che portavano in giro bocche siliconate che parevano il becco di paperina e stavano in spiaggia a Ostia con seni al vento che risultavano rifatti anche al passeggero di un aereo.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

giovedì 15 ottobre 2015

Sono un marito imbranato


Non ho il coraggio di dire queste cose a mia moglie, così le scrivo sul giornale. Così come, sul versante femminile, esistono le mani di fata, su quello maschile esistono gli uomini veri, quelli da amaro Montenegro, capaci di salvare cavalli ma anche di aggiustare oggetti, di riparare guasti domestici, di lavare i piatti e di cucinare. Io, ahimé, come molti altri uomini, non appartengono a questa categoria. In realtà so fare tante altre cose. Leggo moltissimi libri e me li ricordo. Credo di cavarmela con la scrittura e malgrado quello che dicono certi miei colleghi, penso di lavorare con impegno e con discreta abilità. Faccio delle belle fotografie. E poi quando c’è da bere e da mangiare sono un vero professionista! Ma, come dice mia moglie Simonetta, in tutto il resto, o quasi, sono un disastro. E quando dico disastro non esagero. Perché la mia vita è punteggiata, quotidianamente, da sconfitte imbarazzanti. Prendiamo la botanica. Vi dico subito che Simonetta ha il pollice verde. Ogni pianta che lei mette in casa diventa un baobab. Io, invece, sono una catastrofe vivente. Ogni pianta che metto in ufficio muore dopo pochissimi giorni. Sono l’Attila delle azalee, dei ficus e degli oleandri. Passiamo alla cucina. Per sintetizzare il mio rapporto con i fornelli sarò esplicito: non so cucinare nemmeno un uovo al tegamino. Quando prendo in mano una padella divento Fantozzi. Confondo il sale con lo zucchero. Mi brucio le mani quando scolo l’acqua della pasta. E le poche volte che ho provato a cuocere una bistecca i vicini hanno chiamato i pompieri per via del fumo, che ho provocato nel palazzo. Poi c’è il bricolage. Se c’è da attaccare un quadro mi prendo a martellate da solo. Se devo bucare una parete col trapano mi ritrovo nel salotto dei vicini di casa. Non parliamo dei miei maldestri tentativi quando c’è da sturare un water: provoco un maremoto e allago l’appartamento. Se cerco di aggiustare una presa elettrica faccio saltare la corrente in tutto il quartiere. Da solo non riesco a mettermi un cerotto al dito. E se prendo in mano un tubetto di attaccatutto resto per tre giorni con il pollice incollato all’indice. Piuttosto che cambiare una gomma della mia automobile, vendo l’automobile. Perché potrei restare lì, a combattere col crick, per intere settimane. Impazzisco quando c’è da registrare qualcosa in Tv. Se decido di registrare un film mi ritrovo sul decoder un documentario sulla vita delle renne nella Lapponia orientale! Comunque sono un uomo fortunato perché mia moglie, nonostante tutto, è innamorata dei miei difetti e, sempre vigile sul destino dei nostri due figli, Gabriele ed Alessandro, finisce con l’essere lei il vero fulcro della famiglia, anzi ne è l’unica colonna portante. E, anche se il suo tentativo di trasformare la nostra famiglia in una unità di cui andare socialmente fieri fallisce inevitabilmente, eppure l’amore rimane lo stesso.  Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

mercoledì 14 ottobre 2015

Gusti diversi tra mariti e mogli


A mia moglie piace la vita in campagna. Le piace stare seduta a guardare il sole che tramonta. Ha sempre desiderato avere una casa con un panorama meraviglioso, vicino al campo di olivi, alle vigne, al giardino di rose, ai gelsomini che profumano l’aria della sera. Avrebbe gradito, infatti, crescere i nostri due figli alla maniera degli antenati. Lei stessa avrebbe insegnato loro a fare il vino e ad allevare le api. Ed i nostri figli -a suo dire- sarebbero cresciuti in pace e sarebbero vissuti in serenità all’ombra di grandi alberi solitari, ascoltando il pigolio degli uccelli che, dopo essersi rincorsi in cerimonie di corteggiamento, cercano il nido su querce così alte che sembrano reggere il cielo. Al contrario, a me piace il mare. Il mare è lo specchio dei nostri pensieri, e sfortunatamente anche di quelli più profondi e malinconici. Riflette ciò che sta nascosto nelle profondità del nostro animo, le nostre paure inconfessate, perfino il volto della morte sembra trasparire, a volte, sotto la sua superficie liquida e mutevole, dietro l’orizzonte che fugge sempre più lontano, che non si fa mai raggiungere. Di sera, la luna sorge dal mare illuminandolo. E la superficie scagliosa del mare riflette i raggi della luna in mille sfaccettature tremolanti. Da 35 anni abitiamo ad Ostia, “il mare di Roma”. Ma lei appena può fa un salto a Collevecchio, il suo paese. Quindi, nella campagna sabina. Del resto i coniugi spesso hanno gusti diversi. Infatti, oltre al mare ed alla campagna, io e Simonetta abbiano sviluppato altre differenti preferenze. Infatti a me piace Nicole Kidman, a lei Raoul Bova. A me piace Nicole Kidman, a lei Sean Connery. Io amo il teatro, lei il cinema. Io sono un colchonero, innamorato di Koke (tifo appunto per l’Atlético de Madrid) lei propende invece per le merengues e ammira Cristiano Ronaldo. E quando lei e le sue amiche si scambiano battute divertenti sui mariti, come ad esempio: “Un marito è una persona che, dopo aver portato la spazzatura fuori, pensa di aver pulito tutta la casa!”  mi viene in mente questa frase di Roberto Gervaso : “Un buon marito deve saper comandare a se stesso di ubbidire alla moglie” (ma non la dico ad alta voce, per evitare guai!)

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

martedì 13 ottobre 2015

Amo il cibo della nonna, non gli OGM


Ecco: sto scrivendo perché mi sono spaventato nel leggere che la trippa e la polenta sono cancerogeni. Il pesto anche, immagino, invece, che il cous cous sia sanissimo. Che tristezza! I fautori degli Ogm e del cibo Frankenstein sembrano voler cancellare persino i piatti simbolo della storia gastronomica italiana, avvelenare (con la paura, l’ansia, la minaccia) il grande gusto della tradizione, in un tentativo di sradicamento che, peraltro, tocca numerosi altri ambiti. Occorrerebbe protestare per questi attentati, non solo al buongusto, ma anche al nostro palato! Protesta, infatti, l’associazione Slow Food, che ha lanciato nei giorni scorsi un appello: “Più biodiversità, meno Ogm”, perché davvero non può essere vero che il cibo delle nonne faccia male e quello geneticamente modificato renda invece più giovani e aitanti. Alla mobilitazione hanno risposto molti ristoranti sparsi in tutta Italia. Un tuffo nella sana tradizione italiana, alla faccia di chi, forse, ci vorrebbe tutti a fare la fila da Mc Donald’s. Lo sforzo è necessario, mentre si moltiplicano i tentativi di propagandare gli alimenti geneticamente modificati come più sicuri e buoni. Serve, invece, grande chiarezza, corretta informazione, difesa dei prodotti tradizionali e di chi li coltiva, rispetto dell’ambiente e della salute dei consumatori. Sono molti ormai gli Enti locali (tra Regioni, Province e Comuni) che hanno già promulgato norme per dichiararsi “Ogm-free”, liberi da Ogm. Anche io vorrei, oggi idealmente schierarmi su questo fronte sempre più vasto, armandomi... di buon appetito. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

mercoledì 7 ottobre 2015

La pensione di Vendola


La pensione di Vendola

Nichi Vendola, baby pensionato nonché nemico giurato dei privilegi e dei vitalizi, a soli 57 anni e dieci di contributi, va in pensione con quasi sei mila euro al mese.

 I pasticci creati dalla riforma Fornero, dagli esodati al blocco della rivalutazione, sono costati lacrime (non quelle dell'ex ministro) ai poveri pensionati.

Che tuttora scontano le conseguenze di quanto accaduto.

A noi tagliano la pensione, ai politici no.

Ed anche se Vendola devolverà, come ho saputo, più della metà della sua pensione alle associazioni umanitarie e alla croce rossa, rimane sempre il fatto che la legge Fornero non vale per tutti.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

lunedì 5 ottobre 2015

Voglio andare in pensione


Sono 40 anni che lavoro.
E sono 40 anni che subisco ingiustizie.
Ora mi sono stancato.
Non vedo l'ora di andare in pensione.
Lo sai meglio di me.
Lavorare è uno schifo.
E spesso non dipende dal lavoro in se.
Magari il tuo lavoro ti piace anche, ammettilo.
Il problema è tutto quello che ci sta attorno. E quindi se sei contento dello stipendio, il problema è l’orario; se esci presto ti da fastidio la distanza; se sei vicino a casa ti lamenti dello stipendio.
Non dimenticarti il caffè delle macchinette, le riunioni alle 18 di venerdì, il pranzo davanti al PC, Facebook che va solo dalle 12 alla una.
Poi, qualunque lavoro tu faccia e in qualunque azienda tu ti trovi , l’invariante è sempre quella: il tuo capo. Magari non il tuo riporto diretto, magari del capo del tuo capo. Fatto stà che c’è sempre un’emerita e gigantesca testa di pongo per non dire di ca$$o, uno sfigato frustrato con nessuna vita al di fuori dell’azienda e che non capisce un gran Favazza nucleare del suo lavoro men che meno del tuo. Uno che da giovane è stato un mediocre ciclista dilettante ed ha fatto strada facendo il leccaculo e la spia dei potenti (cit.)
Essere uno in gamba spesso è utile a diventare un capo, così come in politica lo è essere onesti e così come un calzino di spugna bianca con le strisce serve per portarsi a letto una bella donna.
Fatto sta che l’azienda, la ditta, la fabbrica non sono un bel posto. A meno che siano tue ma a questo punto rischi di essere un capo e probabilmente hai già smesso di leggere.
Insomma, anche tu come tanti altri, sono anni che mediti il distacco o per lo meno valuti le alternative.
Magari non ti sei ancora deciso.
Ma c’è questa vocina dentro di te, che ti dice che forse dovresti scegliere la pillola rossa e vedere quanto è fonda la tana del bianconiglio.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)