lunedì 26 ottobre 2015

COLLEVECCHIO


Collevecchio

Sono tornato ai luoghi donde,

 adolescente,

fuggii per inseguire un sogno.

A questo che verdeggia di smeraldi,

son tornato,

colle antico della terra dei Sabini,

 in una notte d’agosto.

Disteso come allora, sul dorso,

fra l’erbe ho rimirato i ricami tracciati dalle scie delle stelle cadenti,

fulminee più che il pensiero,

ad infittire di palpiti il mio petto.

E l’alba m’ha colto immobile

e la rugiada m’ha imperlato le ciglia e i capelli.

L’erba verde si tende come seta;

sugli alberi crescono le foglie rosse.

L’uccello cerca il nido

mentre le nuvole si accostano ai fiori.

Amato mio colle natio!

Antico, non vecchio.

Amore stilli, con la rugiada.

Il tempo non può invecchiare ciò ch’eterno,

e tu lo sei!

Collevecchio,

 sui tuoi blandi pendii

 s’arrampicano gli ulivi

e, le viti, le uve indorano di sole.

Passano gli anni,

svanisce il roseo volto,

col passo del dolore

s’imbianca la mia chioma.

Canto di galli, suono di campane, cento uccelli in volo,

canti di uccelli inondano il cielo.

Collevecchio,

é di struggente bellezza il tuo autunno,

già s’intravede, quando gli uccelli migrano

e il loro stormo, lungamente volteggia,

par che sciami,

ne l’aria tersa,

fra cielo e i verdi campi,

prima di scomparire

all’orizzonte.

ANTONIO VALERIANO PULIMANTI

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