venerdì 27 gennaio 2012

Carnevale, fango e colori




E’ arrivato il Carnevale!
In salotto. Mobili nuovi. Simonetta ha colpito ancora!
Mi lascio cadere su una poltrona per giapponesi bassini.
Rifletto: quando a cinquantasei anni nessuno si fida delle tue capacità, la cosa migliore da fare è rinunciare ad avere capacità. Del resto, Roma non paga i suoi fedeli.
Sorseggi isle of jura, un whisky torbato invecchiato 21 anni.
Cavolo, che sapore!
Accendo la tivvù: gironzolo un po' tra un canale e l’altro. Diamine, che film! C'e' un malandato Sean Penn in una cittadina dell'Arizona. C'e' la bella del paese, c'e' il boss, e lo sceriffo. C'e' il deserto e la mala. Sceneggiatura e fotografia un po' folli. Ok tutto e' un po' folle e
perverso. Lo sguardo di Jennifer Lopez strega pure me e seguo questa vicenda di soldi
e sesso in cui qualcuno deve morire. Gran bel film. E poi vedo che e' nientepopodimento che di Oliver Stone, con con un po' di natural born killers addosso. Passo ad un altro canale, ad un altro film: Mmh: qui l’antieroe passa tutto il tempo con il pene fuori dalla gabbia mentre tutte le ragazze tentano di violentarlo dentro un’utilitaria.
Poi spengo le luci e vado a letto. A dormire, o a provarci.
Mi sdraio sul letto con il formicolio agli occhi, ma rimangono tanto aperti che sembrano riaffermare la loro volontà di non chiudersi finché a un tratto vengo invaso da un sonno oleoso che mi si espande nel corpo come una sostanza scivolosa e conquistatrice, lentamente angolo dopo angolo, fino a raggiungere il cervello ne lasciarlo affettuosamente bloccato.
Mi sveglia l’insistenza del telefono e noto di avere il mento bagnato dalla bava e gli occhi beneficiati dall’oscurità che suppongo dovuta al tramonto. Ma non è questa l’ora del tramonto. Sia la voce di Gabriele all’altro capo dell’apparecchio sia l’orologio mi confermano di aver dormito appena un’ora, la penombra è dovuta alle imposte socchiuse.
Gabry: vuole che lo raggiunga in biblioteca. Con le chiavi della macchina. Stasera va a Roma.
Che sbaglio: invece di entrare nell’Elsa Morante, entro in un locale attiguo. Un centro sociale: in un centro social, in cui gli iscritti mi sembra stiano passando tutto il tempo a dire “puttana”, “coglioni”, “cazzo”, “condizioni oggettive”, “lotta di classe” e altre semplificazioni marxiste, ma con sfottò, con malafede nostalgica negativa. Scuoto la testa.
Con estrema cautela, esco. Lancio un’ultima occhiata al locale. Sconcertato, entro in biblioteca. Senza esitare. “Papà...papà...” sussurra Gabry tra i denti. “Papà cosa?”, sussulto scrutandomi intorno. “Dove hai messo la macchina?” “A Piazza delle Repubbliche Marinare”, gli dico, salutandolo. Incontro un amico. Mi vuole offrire un caffè. E’ la prima volta che entro in questo bar.


“Caffè soltanto?”.
Me l’ha detto un barista sconquassato, magro, bruno, occhi scuri ma meno delle sue occhiaie, capelli neri pettinati violentemente all’indietro, capelli con la forfora, forfora sulle spalle, lutto nelle potenti unghie lunghe che culminano in mani da profeta.
Ci sediamo. Al tavolo a fianco al nostro c’è una ragazza con una gonna micro. Improvvisamente accavalla le lunghe gambe, meritandosi l’indifferenza del rumore totale del bar e gli sguardi di alcuni avventori in cerca dell’indovinabile e tenera ferita del sesso.
Il mio amico ha un leggero soprassalto.
La ragazza si alza ed esce.
L’atmosfera si rilassa all’improvviso:torna subito la calma.
Intanto, il mio amico si perde in strane congetture.
Ritiene che facebook sia un ritrovo per uomini che perdono il rispetto di se stessi, al punto da divenire morti di fame sessuale che insalivano profili femminili con false parole per portarsele a letto.
Afferma, poi, che il nuovo Governo Monti, invece di colpire dipendenti e pensionati, farebbe piuttosto meglio a venire incontro con aiuti concreti alle famiglie italiane, alle prese con tante difficoltà economiche. Sono, infatti, sempre di più i problemi che si devono affrontare per formare una famiglia, far figli, mantenerli, conciliare orari di lavoro, trovare alloggi, pagare mutui, ecc. Aspetti che le istituzioni sembrano invece trascurare, penalizzandoli.
Vabbè: dice anche che la borghesia ha diviso il mondo secondo i suoi interessi, ma non si è accontentata del mondo delle cose, ha voluto dominare anche quello delle persone. Ha fissato il lavoro, le classi, i ruoli sociali all’interno di un mostruoso sistema di produzione che le è favorevole. I marxisti chiamano questo sistema “divisione internazionale del lavoro” quando fanno rifermento all’ordine nazionale e “divisione del lavoro” quando fanno riferimento all’ordine sociale.
Che fortuna: squilla il suo telefonino. La moglie lo reclama. Che fortuna inaspettata, per me.
Esco, ancora ubriaco dalle sue parole.
Riflettendo, cammino. Ho un leggero soprassalto, che per un istante mi fa dimenticare dove sto andando: non mi sono accorto di essere molto vicino al mare. Dunque in un attimo arrivo al Pontile. Intorno a me, coriandoli.
E già: è arrivato il Carnevale!

A questo punto mi sembra già di vedervi freddi fino alla scortesia, perché secondo voi sto dicendo una cosa ovvia.
Eppure lo sto scrivendo non per rilevare un codice segreto che apra una porta nascosta su un mondo d’insperate possibilità, ma per dire una cosa, sì ovvia, ma ugualmente importante: ridere stimola il sistema cardiovascolare tanto quanto l'esercizio fisico.

Ridere fa bene al cuore, mentre la depressione aumenta il rischio di mortalità.
Quindi non dobbiamo offenderci se a volte amici, colleghi o semplici conoscenti scherzano su questioni che ci toccano.
È umano, naturalmente, ma riuscire a ridere di noi stessi è salutare. Come ho detto fa bene al cuore.
Una medicina che va bene per tutti, grandi e piccoli, uomini e donne. Quindici minuti quotidiani di sane risate rappresentano una cura molto efficace per il sistema cardiovascolare.
Tanto è vero che il riso fa buon sangue ed il ridere anche di noi stessi è la migliore medicina perché il buon umore sembra attivare le reti del cervello che sono coinvolte nel benessere psicofisico.
L'umore ha un grande impatto sulla nostra salute psicologica e fisica. Il nostro senso dell’umorismo, intendendo con questa espressione anche la capacità di stabilire amicizie ma anche rapporti di coppia duraturi, è una potente medicina anti-stress.
Vivere con il sorriso sulle labbra -anche quando si viene derisi o criticati ingiustamente- aiuta ad affrontare meglio le difficoltà della vita, non costa nulla e non ha effetti collaterali.
Ho sempre saputo che il riso aiuta la salute e che ridere difende dal logorio. L'umorismo è una necessità, risultato di un impulso a eludere la ragione, ricreando in noi adulti uno stato infantile della mente, come rimozione di inibizioni interne.
E’ basato spesso su un meccanismo psicologico che cela l'orgoglio di sentirsi migliori degli altri.
Perché l'umorismo permette di parlare di cose che in società sono inammissibili.
In questo senso ha a che fare con l'aggressività, come la sessualità. Si possono dire battute sessuali senza scandalizzare.
Mentre la volgarità dà fastidio.
Eppure persino questo tipo un po’ becero di umorismo affranca, ridendo, da uno dei tabù imposti dalla società e assorbito nella coscienza.
Ecco perché i bambini si divertono a dire parolacce, a parlare di cose proibite.
Sembra che sia terapeutico anche l'umorismo nero, perché aiuta ad allontanare l'ansia nei confronti della morte.
Scarica tensioni, eliminando le quali restano più energie per affrontare la giornata, il lavoro, lo studio, la famiglia.
Non si migliorano così le capacità intellettive, ma queste vengono sfruttate meglio.
Mentre se si è tesi non si riesce a concentrarsi, per essere creativi. Curarsi ridendo, guarire ridendo, è forse più difficile da quando il carnevale dura tutto l'anno, e non solamente nei pochi giorni in cui il Buffone diventava Re.
Rientro a casa.
Non c’è Nessuno: Gabry è a Roma, Alex al circolo e Simonetta a Collevecchio.
Che bello! Non accendo nemmeno la luce. Mi sdraio sul divano.
Nella penombra, penso a tante cose. Penso che sono contento di abitare vicino al mare.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

giovedì 26 gennaio 2012

Schettino, capro espiatorio




E’ sempre molto diffusa l’abitudine di cercare il capro espiatorio.
E' quello che sta accadendo con Schettino, il quale non ha certo dato una grande prova di sè né come uomo né come comandante, ma non può essere considerato l'unico colpevole del naufragio della Concordia.
Infatti la pratica del cosiddetto inchino (passare cioè con la nave radenti alla costa di fronte ad alcune località) che sare...bbe all'origine del disastro della nave della Costa crociere, era nota a molti addetti ai lavori: compagnie di navigazione, capitanerie, altri ufficiali. Perché nessuno è mai intervenuto per impedirlo?
E che dire del tempo trascorso, almeno un'ora, tra il momento dell'impatto e quello dell'ordine di evacuazione?
Solo del Comandante è la colpa?
La compagnia non sapeva proprio nulla di ciò che accadeva in quei drammatici momenti sulla sua nave?
A mio parere, la colpa non può essere solo di Schettino.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

Michel Martone e gli sfigati




In Italia molti studenti universitari sono fuori corso.

Inoltre è in costante aumento anche il numero di coloro che non completano il corso di studi.

Tutto questo rappresenta un costo rilevante per il sistema educativo italiano.

Che un esponente del governo richiami quindi gli studenti a completare gli studi nei tempi previsti è quindi giustificato.

Meno giustificato è invece generalizzare, come ha fatto Michel Martone, viceministro del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, che “se a 28 anni non sei ancora laureato sei uno sfigato”

Sfigato.

È la parola di oggi.

Questo é offensivo nei confronti di molti giovani che non sono riusciti a concludere il piano di studi entro i tempi canonici non per cattiva volontà ma perché, per esempio, impossibilitati a farlo da motivi economici o altro.

Non è la prima volta che ministri fanno affermazioni inopportune sul mondo giovanile, studentesco o precario che sia.

Purtroppo, il passaggio da un governo politico a uno tecnico non ha migliorato la situazione.

Non trovo giusto sparare a zero su una generazione già castigata dal sistema. Martone porti avanti un disegno di legge che alzi ulteriormente le tasse universitarie ai fuoricorso che non lavorano.

Favorisca l’emersione del lavoro nero dei tanti studenti universitari che, invece, lavorano.

E proponga anche di tagliare le tante cattedre inutili di molti suoi colleghi professori universitari, che spesso hanno interesse a produrre fuori corso che mantengano la loro casta.

A tal proposito, magari, Martone potrà anche cogliere l’occasione per documentare i meriti della sua carriera e difendersi nel merito dall’accusa di essere raccomandato o figlio di papà.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

martedì 17 gennaio 2012

Berlusconi, il parafulmine


Berlusconi ignora lo scoraggiamento, è un autentico parafulmini in ogni tempesta, ragion per cui i responsabili del governo gli hanno più volte affidato la carica di Presidente. “Che se la prendano con Berlusconi e ci lascino tutti in pace”.
Il Cavaliere ha sempre accettato l’impegno con lealtà e dedizione esemplari, avanti e davanti, come un punching-ball dove vanno a finire tutti i pugni dell’opinione pubblica e una spugna in grado di assorbire ogni genere di sostanze, fossero lacrime o sputacchiate.
Si racconta che di recente Berlusconi sia stato invitato per il calcio d’inizio nella partita di calcio a scopo benefico tra la Nuova Nazionale Cantanti e Attori contro la Telethon Team, la squadra di testimonial per la Fondazione Telethon, composta dai piloti e altri campioni sportivi e che, essendo stato ricevuto dal pubblico con fischi all’altezza dell’antipatia costruita nella sua immagine, Silvio, imperturbabile, abbia fatto il suo dovere con una certa estasi nello sguardo.
Ma Berlusconi non era pronto a trovare al suo posto uno degli economisti di maggior prestigio, e ancor meno a scoprire che Mario Monti godesse dell’appoggio incondizionato dei mass media.
Questa storia l’ha mandato fuori dei gangheri, e sembra che sia solito commentare con l’entourage che, quantomeno, quella fiducia accordata a Monti sia eccessiva. “C’è che in Italia persino le ragnatele dovrebbero protestare. Visto che Monti ha deciso di fare economia per potersi vantare davanti alla Commissione europea della sua bravura di risparmiatore, non ci sono soldi manco per le mosche” dice.
Secondo la stampa, Berlusconi sospetta che si tratti di una vendetta personale.
A lui non é stata accordata infatti la fiducia concessa ora a Monti.
Il nostro cavaliere é esasperato dalla ovvietà a cui la stampa é tanto abituata, eppure trattiene i suoi giudizi critici in quanto, ragiona, “le mie profonde convinzioni democratiche e antifasciste hanno nutrito in me una diffidenza nei confronti di certa stampa in grado di rendere difficile un mio possibile giudizio sull’attuale governo di Monti”, é solito ripetere Berlusconi, dalla nobiltà della sua testa vellutata, in cui un paio di occhi svegli e leali, forse troppo mobili, vengono compensati dalla quiete di una carnagione morbida che mette in risalto l’oliva della sua faccia.
“Io sono un vecchio democratico che serve con lealtà questa Repubblica rappresentata dal Presidente Giorgio Napolitano.”
Non si sa, né probabilmente mai si saprà, quale sia l’opinione di Napolitano a proposito del presunto spirito democratico della sua gestione.
Sta di fatto che al Presidente, come a ogni bravo italiano, non piaceva la programmazione del governo berlusconiano e il cavaliere gli pareva tanto spiritoso quanto eccentrico.
Tanto che spesso si sentono in giro per le piazze italiane frasi di questo genere:
” Sta di fatto che il governo di Berlusconi ha partorito delle schifezze impressionanti… ha calpestato anche la professionalità. Del resto è cosa nota ciò che ha detto Brunetta quando è stato nominato Ministro per la pubblica amministrazione e l’innovazione ‘Negli uffici pubblici non c’è un grammo di talento’. E’ così che si stimola il personale?”
In pratica, un succinto inventario dei nemici possibili del cavaliere coincide con tutti i nemici attribuibili a qualsiasi essere umano, ma in special modo ai seguenti: aspiranti escort o donnine rifiutate; fidanzati, fidanzate, mariti, mogli, padri, madri, zii e cugini di primo grado dei rifiutati; sociologi sessuali; amministratori e intermediari; qualsiasi club privè; capi di azienda portati all’esaurimento nervoso o al fiasco per colpa del lavoro del governo; operai, impiegati, quadri, dirigenti; invalidi militari di guerra; invalidi per servizio, invalidi del lavoro, invalidi civili; privi della vista, sordi; orfani e vedove; ex tubercolotici; profughi; vittime del terrorismo e della criminalità organizzata; adolescenti, giovani e donne in reinserimento lavorativo; disoccupati di lunga durata; archeologo; ascensorista; botanico; capostazione; direttore di scena; erborista; fornaio; giudice; giornalista; scrittore; infermiere; lavapiatti; macellaio; notaio; ottico; pescatore; revisore contabile; sarto; tessitore; vetraio ecc. ecc.
Sic transit gloria mundi.
Berlusconi faceva da parafulmine a tutti.
Ora, tolto il parafulmine Berlusconi, i veri problemi dell'Italia e dell'Europa stanno venendo fuori.
Appare ormai evidente che Silvio fosse un falso problema e che i problemi italiani ed europei siano profondissimi e di difficile soluzione.
Cosa ne penso io di tutto ciò?
Penso, parafrasando un pò Groucho Marx, che non mi iscriverei mai a un club che accettasse un politico come socio.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

sabato 14 gennaio 2012

Mi manchi, papà!


"MI MANCHI, PAPA'"

20 aprile 1992 .
Pasquetta amara.
Quel giorno è morto mio padre, Antonio Valeriano.
Ne è passato di tempo, ormai, ma il ricordo è ancora vivo. Bruciante. Proprio come allora.
Se ne è andato all'ora di pranzo.
Poco prima di addormentarsi, mi chiama.
Ricordi… Tornano sempre, anche quando non dovrebbero… Brandelli di passato. Stilettate di dolore, di angoscia.
Sono le undici di una pasquetta amara. Maledetta.
"Mariuccio, ho appena fatto un sogno. Mi sono spaventato un pò", mi dice.
"Vuoi una camomilla?" rispondo.
"No. Stai qui. Ti ricordi quando eri piccolo, e ti raccontavo tutte le sere una storia per farti dormire?"
"Sì" replico.
"Ne vuoi sentire ora una?"
"Ma, papà, sono grande per sentire ancora le favole"
"Allora ti racconterò una storia vera" mi dice.
"Ma le storie vere non finiscono senpre come vorresti tu"
"Non importa, Mariuccio"
L'abbraccio forte.
Non fa in tempo a racontarmi nessuna storie, si addormenta subito. Per l'ultima volta. Per sempre.
Sul suo comodino, un libro di Neruda.
Stava leggendo questa poesia prima che mi chiamasse.
"...Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura
che tu risvegli la furia del pallido e del freddo.
Non voglio che vacillino il tuo riso nè i tuoi passi,
non voglio che muoia la mia eredità di gioia,
non bussare al mio petto, sono assente.
Vivi nella mia assenza come in una casa.
E' una casa sì grande l'assenza
che entrerai in essa attraverso i muri
e appenderai i quadri nell'aria.
E' una casa sì trasparente l'assenza
che senza vita io ti vedrò vivere
e se soffrirete, amori miei, morirò nuovamente...."
Ancora oggi, ogni tanto, mi torna in mente quella faccenda.....
E questa cosa mi accompagna e stranamente non mi fa paura.
Anzi, ogni volta che il sole scende e le ombre si allungano, ripenso a quando mi accorgevo solo di me stesso e non sapevo più guardare negli occhi le persone che amo.
Mi manchi, papà!
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

mercoledì 11 gennaio 2012

LA MERAVIGLIA DELLE PICCOLE COSE





LA MERAVIGLIA DELLE PICCOLE COSE

Mi congedo da piccole cose.
Proprio come un albero in tempo d’autunno muore nelle sue foglie.
Testaccio.
Dai salesiani.
Don Losappio.
Raccontava di Orazio Coclite e Muzio Scevola.
Mi ricordo ancora l’immagine del libro di storia: Muzio nella tenda di Porsenna che si brucia la mano destra sul fuoco.
E poi la vergine Clelia.
Quella sì.
Che correva, scarmigliata, portando le compagne in salvo.
La vergine Clelia.
Assomigliava a Rita, mia cugina.
E Attilio Regolo, con la sua botte piena di chiodi.
E Furio Camillo: Roma si conquista col ferro, non con l’oro.
Furio Camillo: ora è solo una fermata della metro.
E i Romani? Una banda di fuoriusciti più spietata delle altre.
Sono stati loro a inventare l’asilo politico di massa.
Romolo però non l’ho mai sopportato.
A conti fatti, era uno che aveva ammazzato il fratello.
Esco dall’ufficio.
Passa il 60.
Scendo alla Piramide, entro nella metro.
Penso ad mia nonna Jole.
E’ stata per due mesi in coma irreversibile.
Era a due passi dal cielo, diceva mia madre.
Al Sacro Cuore.
Sempre dai salesiani.
Don Rossi.
Diceva che ci sono tre assassini nei Promessi Sposi.
Gertrude, la più infelice.
Il Griso, il più simpatico, uno che ha imparato l’obbedienza, non la virtù.
E Lodovico, il solo che alla vista dell’uomo “morto da lui”, decide di cambiare vita.
Di espiare.
Che parola antica.
Espiare.
Scomparsa da ogni gergo.
Seppellita.
Alla fine la tristezza è la morte delle cose semplici.
Quelle semplici cose che restano a farti male dentro nel cuore.

Arrivo a Ostia.
Scendo dalla metro.
Mi incammino verso casa.
Passo davanti al Teatro Manfredi.
Saluto Luciano.
Sorpasso Regina Pacis.
Arrivo a Piazza Anco Marzio.
Intorno a me gente.
Single o in coppia.
Coppie! Quasi tutte con incrinature, penso.
O disturbate da quei non detti che entrano di soppiatto, senza che uno se ne accorga, e s’insinuano nel tempo, nell’alto silenzio della vita di tutti i giorni.

La Sapienza.
Università di Roma.
Lipari, professore di diritto privato.
Parlava dell’usucapione.
Una delle cose più interessanti del diritto.
A me non andava giù che potesse esistere una norma come quella.
Se una cosa è mia, è mia, dicevo.
Che qualcun altro possa entrare in possesso di un bene solo per il fatto che l’ha usato per anni è un’assurdità.
Le cose sono di chi le usa, replicava con un certo fervore Rosario Nicolò, preside di allora.
E il fatto che la legge sancisca che la proprietà privata non è un diritto assoluto è un segno di grande civiltà.
Che ci insegnano i romani antichi, anzitutto, ci raccontava il civilista Pietro Rescigno.
La proprietà di chi lascia un bene ad altri si può definire dunque una sorta di prestito temporaneo con diritto di riscatto, sancito dal tempo che passa, aggiungeva Riccardo Orestano, prof di diritto romano.
Ciò che è tuo non è tuo, se non lo possiedi veramente, mi spiegava Remo Franceschelli, giurista esperto in diritto commerciale, nonché professore della mia tesi.
Giugno settantanove.
Due mesi dopo moriva mio nonno. Angelino.
Torno a casa.
Bevo una bottiglia di Brunello di Montalcino.
Perfetto.
Vado a letto.
Cercherò di dormire un po’ stanotte.
Non voglio ammalarmi per colpa di queste riflessioni.
Dico sul serio.
Ciao.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

domenica 8 gennaio 2012

Facebook, strumento per sfigati

GLI IDENTIKIT DEI «FACEBOOKMANIACI»

Ecco, secondo gli esperti, l'identikit dei popolo di Internet contagiato dalla Facebookmania.

1) I nostalgici: Si emozionano alla vista delle foto dei compagni di classe delle medie o del liceo. Cercano gli amici del passato per vedere come sono invecchiati, e commentano i bei tempi andati. Una nostalgia per i vecchi tempi che, di fatto, è un rimpianto per i rapporti veri e perduti, per un'infanzia e un'adolescenza ormai lontana e mitizzata.

2) I latin lover virtuali : Dichiaratamente a caccia di nuovi potenziali partner, ma anche di ex piacenti e disponibili. Spesso celano una relazione (se l'hanno) e rimpinzano il proprio profilo e gli album con foto sexy o interessanti, a volte ritoccate. In genere accumulano decine e decine di amici dell'altro sesso, con i quali fanno i misteriosi. Ma alla fine si tratta di persone sole o profondamente infelici con il partner, che ricorrono a cumuli di banalità narcisistiche per rendersi interessanti.

3) I cuori infranti: Prostrati dall'ultima relazione, in corso o finita, sono a caccia degli antichi amori, mitizzano i ricordi. Hanno l'impressione di essersi persi per strada qualcosa di vero. In questo caso l'insoddisfazione e la solitudine vanno a braccetto e si cerca di darsi un'altra chance, grazie alla rete.

4)Gli insoddisfatti: Infelici anche se hanno una famiglia e dei figli, spesso sono donne. Non trovano spazio per il sogno, il romanticismo e quel pizzico di avventura, che finiscono per cercare su Facebook.

5) Quelli della pubblicità: Sono più o meno famosi, politici, campioni dello sport, attori. Ricorrono a Facebook in modo strumentale, per farsi mega-spot gratuiti.

6) Quelli con l'ater ego: Dai 400 burloni che si sono presentati nei panni del calciatore Francesco Totti, ai tanti Giulio Cesare o Maria Antonietta, a quelli che pubblicano foto diverse o ritoccano la descrizione vantando titoli ed esperienze di fantasia. Soli e in cerca di contatti, si mettono una maschera per ottenere attenzioni e credibilità nel mondo virtuale.