mercoledì 23 dicembre 2015

AUGURI E LACRIME


Auguri e lacrime 

Mi trovo a Collevecchio.

Davanti al camino, sfoglio un album di fotografie.

Sorrido vedendo le foto dei miei genitori.

Papà, Antonio Valeriano Pulimanti.

20 aprile 1992.

Pasquetta amara.

Quel giorno è morto mio padre, Antonio Valeriano.

Ne è passato di tempo, ormai, ma il ricordo è ancora vivo.

Bruciante.

Proprio come allora.

Se ne è andato all'ora di pranzo.

Poco prima di addormentarsi, mi chiama.

Sono le undici di una pasquetta amara.

Maledetta.

"Mariuccio, ho appena fatto un sogno. Mi sono spaventato un pò", mi dice.

"Vuoi una camomilla?" rispondo.

"No. Stai qui. Ti ricordi quando eri piccolo, e ti raccontavo tutte le sere una storia per farti dormire?"

"Sì" replico.”

Ne vuoi sentire ora una?"

"Ma, papà, sono grande per sentire ancora le favole"

"Allora ti racconterò una storia vera" mi dice.

"Ma le storie vere non finiscono sempre come vorresti tu"

"Non importa, Mariuccio"

L'abbraccio forte.

Non fa in tempo a raccontarmi nessuna storie, si addormenta subito.

Per l'ultima volta.

Per sempre.

Sul suo comodino, un libro di Neruda.

Stava leggendo questa poesia prima che mi chiamasse.

"... Si muero sobreviveme con tanta fuerza pura que despiertes la furia del pàlido y del frìo.  Es una casa tan transparente la ausencia que yo sin vida te veré vivir y si sufres, mi amor, me moriré otra vez  (.. Se muoio sopravvivimi con tanta forza pura che tu risvegli la furia del pallido e del freddo. E' una casa sì trasparente l'assenza che senza vita io ti vedrò vivere e se soffri, amor mio, morirò nuovamente....)".

Ancora oggi, ogni tanto, mi torna in mente quella faccenda.....

E questa cosa mi accompagna e stranamente non mi fa paura.

Da quando papà non c’è più, mi sento ancor più legato a lui.

Perché mi manca.

Probabilmente è il segno di una volontà che ci vuole legati per sempre.

Mi manca il suo umorismo, la sua acuta osservazione degli altri.

Mi manca la sua educazione, la sua cultura che non esibiva mai.

Mi mancano i giorni di Natale passati insieme a lui.

Mi mancano le sue parole, i suoi messaggi, le sue battute con i tempi comici perfetti.

Mi manca la sua faccia tonda, aperta e fiduciosa.

Con un accenno di opulenza che lui per altro portava con molta leggerezza.

Mi manca la sua stuzzicante ingenuità sempre pronta a rilevarsi in un sorriso.

 “La vita è solo un sogno.”

Quella frase, le ultime parole di un uomo che credevo invincibile.

Immortale.

Mi manchi, papà.

Mamma, Ernesta Aloisi.

 

29 luglio 2012.

 

Ricordo il dottore dell’ospedale San Camillo, col viso di falco, dirmi “sua madre è deceduta!”.

  

Era stata operata per la rottura del femore.

 

Un intervento perfetto.

 

La  fase post operatoria sembrava procedere regolarmente.

 

Ma attorno alle sei di pomeriggio del giorno dopo, domenica 29 luglio, il suo cuore smetteva di battere.

 

Non si sa da dove sia partita l’embolia.

 

Mamma.

 

Mi ha sempre difeso come una leonessa difende i suoi cuccioli, anche a costo di subire biasimi e critiche.

 

Accendo la radio.

 

 “…poi mi viene in mente, se mi metto lì a pensare, il bacio di una madre come solo lei sa dare…”.

 

Diamine, non potevano scegliere un altro momento per trasmettere “Come Gioielli” di Eros Ramazzotti!

 

Mamma.

 

Lei, che mi ha guarito i graffi e le ferite con una carezza magica.

 

Lei,  un posto caldo dove ho trovato sempre un abbraccio.

 

Lei, con quell’odore di buono che mi faceva tornare bambino.

 

Lei,  che mi lasciava andare anche se avrebbe voluto tenermi stretto a sé.

 

Lei, una canzone nella notte.

 

Lei, una ninna nanna speciale.

 

Lei, uno sguardo che non aveva bisogno di parole.

 

Lei, quella che sapeva, sempre, cosa era la cosa migliore per me.

 

Lei, quella mano che mi ha tenuto mentre traballando imparavo a camminare.

 

Lei, il bum bum del cuore che sentivo appoggiando la testa sul suo petto.

 

Lei,  mamma, una parola: la prima che ho detto.

 

Lei, mamma, un sorriso: il primo che ho visto.

 

Lei, mamma, una voce: la prima che ho udito.

 

Lei, mamma, un sapore: il primo che ho assaggiato.

 

Lei, mamma, una culla: la prima che ho avuto.

 

Lei, mamma, che soffrendo mi ha fatto nascere.

 

Lei, che mi ha parlato nel cuore della notte. Quando tutto il mondo era addormentato. E nessuno, tranne me, udiva le sue parole. E, tenendomi fra le braccia, mi avvolgeva di un amore che aveva una forza inaudita.

 

In questa foto avevo sei anni.  “Vieni!” sembra dirmi, prendendomi la mano per condurmi a casa. 

 

Mi manchi, mamma.

Queste sono le cose che ho perduto.

Ricordi…

Tornano sempre, anche quando non dovrebbero…

Brandelli di passato.

Stilettate di dolore, di angoscia.

Questo é il ventitreesimo Natale che papà non c’è più.

Questo é il quarto Natale senza mamma.

Ora vorrei tanto telefonare per dire, sottovoce, che li voglio sempre bene.

Che li ricordo com’erano veramente: due genitori speciali..

Intelligenti.

Soprattutto, buoni.

Buon Natale, papà!

Buon Natale, mamma!

Quando mi addormento in poltrona, mentre nel camino il fuoco si spegne lentamente, sulle pagine lucide dell’album spiccano ancora le tracce delle mie lacrime

venerdì 4 dicembre 2015

Vado a vivere in Lapponia


Vado a vivere in Lapponia

 

Il gruzzoletto in banca nel caso di vacche magre. Così mi ha insegnato papà Valeriano.

E poi all’improvviso il gruzzolo è sparito e  sono rimasto a secco.

No, non ho una scelta più retributiva di lavoro messa via nel cassetto dei calzini. No, affatto.

Sì, la cosa può anche essere raccontata diversamente agli altri e a me stesso ma, a torta finita, il desiderio di maggior guadagno resta solo una chimera appollaiata in un retrobottega del mio cervello.

Il nocciolo è che di soldi, anzi di euro, ce ne sono pochi in circolazione e, almeno per quanto mi riguarda, ci sono troppe occasioni per non esserci più.

Sarò di una perspicacia rara, ma non mi riferisco a divertimenti e vacanze ai Caraibi, per esempio Barbados o altro.

Gli euro devono coprire tasse e balzelli vari.

Che barba.

Non mi lascio intrappolare. Al diavolo pure le nuove tasse.

Alcuni colleghi dicono: “non vedi, Mario, che i nostri governanti si mostrano dispiaciuti. Del resto con questi nuovi contributi spariranno anche i debiti accumulati dai loro predecessori”.

Rispondo: nix. Nessuna giustificazione. A sparire  non sono solo debiti statali pregressi, più o meno fantomatici, ma soprattutto il mio stipendio.

Forse il punto è questo: mi serve un’idea.

Dicono che uno tiene delle robe di riserva in un angolo della testa, come una specie di fondo di emergenza.

Sì, esatto. E allora questa volta sono stradeciso: vado a vivere in Lapponia.

Voglio dire, non è così orribile.

Insomma, almeno risparmierò sull’aria condizionata!

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

giovedì 3 dicembre 2015

Papà, l’ultimo dio


Papà, l’ultimo dio

(Antonio Valeriano Pulimanti, poeta di Collevecchio)

 

Mi trovo a Collevecchio.

Sto dicendo ad Alessandro che non ho i soldi per comprargli una macchina nuova.

Dovrà accontentarsi di un usato…garantito.

Mi  guarda con l’affetto di un serial killer psicopatico.

Poi esce.

Rimasto solo, mi siedo davanti al camino.

Sfoglio un album di fotografie.

Sorrido vedendo le foto di papà.

Il mio ultimo dio.

Antonio Valeriano Pulimanti.

Da quanto è morto?

Da ventitré anni.

Ne è passato di tempo, ormai, ma il ricordo è ancora vivo.

Bruciante.

Proprio come allora.

Da quando papà non c’è più, mi sento ancor più legato a lui.

Perché mi manca.

Mi manca il suo umorismo, la sua acuta osservazione degli altri.

Mi manca la sua educazione, la sua cultura che non esibiva mai.

Amava scrivere poesie.

Ricordo alcune strofe dedicate a Collevecchio: “….amato mio colle natio! Antico, non vecchio. Amore stilli, con la rugiada. Il tempo non può invecchiare ciò ch’eterno, e tu lo sei!”, e altre rime dedicate all’amore: “…Na lagrima pur’io l’ho fatta score. ‘Na lagrima d’amore. Quella e basta! ‘Na lagrima ch’è l’unica arimasta. ‘Na  lagrima pe’ un sogno che nun mòre…”.

Mi mancano le sue parole, i suoi messaggi, le sue battute con i tempi comici perfetti.

Diceva che bisogna stare dietro i cannoni, davanti ai cavalli e lontano dai superiori

Mi manca la sua faccia tonda, aperta e fiduciosa.

Con un accenno di opulenza che lui per altro portava con molta leggerezza.

Mi manca la sua stuzzicante ingenuità sempre pronta a rilevarsi in un sorriso.

Ricordi...

Tornano sempre, anche quando non dovrebbero…

Brandelli di passato.

Stilettate di dolore, di angoscia.

Ha sempre amato la mamma con tutto se stesso, di quell’amore incrollabile, un amore d’altri tempi fatto di doveri, di stima, di rispetto, di una passione rassicurante che si consumava solo di notte, nel buio della loro camera da letto e della gioia di ritrovarsela accanto ogni mattina.

Ripenso agli ultimi giorni, agli sprazzi di lucidità sempre più rari, al suo sguardo offuscato dalle nebbie della morfina, all’ultima frase che mi ha sussurrato prima di entrare nel territorio inarrivabile del coma: “Chiamami papone, col vecchio vezzeggiativo, che ti è familiare. Parlami nello stesso modo che hai sempre usato. Non cambiare il tono di voce. Va tutto bene, Mariuccio. Non smettere mai di correre. Promettimelo”.

Al funerale sono crollato.

L’impalcatura di formalismo dietro cui mi ero corazzato si era sbriciolata all’improvviso, lasciandomi singhiozzante e smarrito come un bambino abbandonato.

Una figura penosa per me abituato fin da ragazzo a mantenere, sempre comunque, un contegno decoroso.

Papà muore il giorno di Pasquetta del 1992, per una brutta malattia della quale noi siamo venuti a conoscenza da soli tre mesi, ma che lui non sa di avere.

Forse lo sospetta!

E’ il 20 aprile.

Solo otto giorni prima ha compiuto 66 anni, il suo ultimo compleanno!

Nel 2004 Ernesta, rovistando tra gli oggetti del marito, troverà del tutto casualmente una poesia che Antonio Valeriano aveva probabilmente scritto negli ultimi mesi della sua vita e della quale non sospettavamo l’esistenza.

S’intitola: “Er sogno”.

Questa sua ultima poesia è ambientata nella casa del nonno materno, Primo Merlini.

Nonno Primo era allora proprietario dell’osteria locale, che in seguito sarà gestita dal figlio Duilio, fratello di mamma Leonella.

Del resto, come ha anche detto il Papa: “non si tagliano le radici dalle quali si è nati” ed Antonio Valeriano l’ha dimostrato perché, anche se abitava a Roma dall’età di dieci anni, non ha mai dimenticato, nemmeno negli ultimi attimi di vita, le sue “radici collevecchiane”.


ER SOGNO

L'antra notte, quanno dormivate,

c’era silenzio solo nella casa,

m’appare 'na faccia rossa de cerasa,

ch'arisvejava in me cose passate.


Vino sabino, Brighella colla fresa,

file de vite, amici e carognate,

lontano, fra li soni de la Chiesa,

arberi, frutta, sole, scampagnate.

'Na rondine fa er nido su li tetti,

ner cielo quarche nuvola ormai rada,

sur prato fra le gocce de ruggiada

'na gatta partorisce li micetti.


Io, regazzino, a Nonno stò vicino

de là ce stà puro zì Navina

seduto accanto un cane che stà chino

io scappo an tratto sporco de farina.


"Nonno!" Strillai arzannome de botto,

apersi l'occhi e nun vedetti gnente

quer viso co' la bocca soridente

nun c'era si guardavi sopra e sotto.


Un desiderio d'abbracciallo forte,

solo silenzio e buio nella mente,

l'odore de la notte e de la morte

e de quer sogno nun me rimaneva gnente!

 

Oggi vorrei tanto telefonargli per dirgli, sottovoce, che gli voglio sempre bene.

Che lo ricordo com’era veramente: un papà speciale.

Un papà intelligente.

Soprattutto un papà buono.

Quando mi addormento in poltrona, mentre nel camino il fuoco si spegne lentamente, sulle pagine lucide dell’album spiccano ancora le tracce delle mie lacrime.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

 

martedì 1 dicembre 2015

Vogliono toglierci pure il presepe!


Vogliono toglierci pure il presepe!

 

Ecco. Siamo, purtroppo, arrivati a questo! Niente presepe e canti natalizi in una scuola elementare della provincia milanese. Lo ha stabilito il preside che ha deciso di opporsi alla proposta di alcuni genitori di festeggiare il Natale a scuola, insegnando ai bambini le canzoni di Natale. Quindi anche i più innocenti simboli del Natale, come Gesù bambino ed il presepe, da sempre i più cari all'infanzia, stanno in questi giorni aprendo un forte problema di convivenza fra religioni e culture nella scuola. Ho anche letto che in varie scuole italiane, mentre si canta in coro, in classe, una canzoncina dello Zecchino d'Oro sul Natale, per gli scolari islamici il nome “Gesù” viene cambiato con “virtù”, per non offendere nessuno. Oppure, sempre per non offendere la sensibilità, si preferisce rinunciare del tutto al Presepe e ai canti di Natale in molte scuole. A questo punto mi indigno. Perché è un fatto grave che noi italiani, che viviamo in una comunità che ha profonde radici cattoliche, siamo obbligati ad assistere inermi e questo storpiamento religioso. A questo punto si può ben parlare di razzismo al contrario. Queste scelte, a mio parere, non appaiono, infatti, motivate da senso di rispetto e tolleranza per le altre religioni (Islam in primis) ma costituiscono, invece, una vera e propria rinuncia alla difesa dei nostri valori cristiani e tradizioni culturali. Le recenti esperienze insegnano che abbiamo, sparsi per l'Italia, educatori vittime della “sindrome di Stoccolma”, che solidarizzano ostentatamente con chi sta sequestrando i Valori cristiani fino a togliere il Crocifisso dai muri e Gesù dal testo di canzoni e preghiere natalizie. Io ritengo che noi cattolici dovremmo uscire dal letargo e dal torpore e cominciare, intanto, a chiedere ai mass media di dare maggiore attenzione al significato cristiano del Natale. Difatti penso che, se restiamo in silenzio di fronte a queste vicende, si potrebbe con il tempo arrivare ad una violazione della libertà dei bambini, ai quali potrebbe essere scippata del tutto la festa più simbolica dell'infanzia: il Natale, cioè la nascita di Gesù.  Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

lunedì 30 novembre 2015

Violenza sulle donne


Violenza sulle donne

Le donne di qualsiasi età, estrazione culturale e ceto sociale subiscono da parte dagli uomini di casa, anche padri o fratelli. Questa violenza è la prima causa di morte nel mondo per le donne: addirittura più degli incidenti stradali e delle malattie. E, dato che le violenze si consumano prevalentemente in privato, è difficile che queste vengano denunciate. Per questo motivo sarebbero opportuno che ci fossero delle campagne di sensibilizzazione al problema e aiuti più concreti verso chi avesse il coraggio di denunciare il proprio aguzzino. Io sono, ovviamente, contro tutte le violenze sulle donne, le quali  rispetto a noi uomini hanno sempre vissuto situazioni di subordinazione e discriminazione. Questo non vuol dire però condannare a priori gli uomini e assolvere le donne, ma solamente di prendere atto di ciò che la cronaca ci consegna, dato che in questa dolorose vicende il ruolo di vittima e quello di carnefice sono inequivocabili. Nel diritto romano la moglie era un vero e proprio possesso del marito. E le cose non erano cambiate neppure durante il Medioevo, dato anche che in questo periodo il diritto feudale prevedeva che la terra si tramandasse per discendenza maschile. Ora, anche se nei paesi industrializzati la donna sembra aver definitivamente raggiunto l’uomo nei diritti, non si sono però ancora estinte del tutto forme di violenza fisica, psicologica ed economica. Certo, l’incapacità di mediare le tensioni all'interno della coppia e in altre situazioni, facendo prevalere, fino alle conseguenze più estreme, il proprio io rispetto a tutto il resto è una caratteristica negativa della nostra società, e accomuna uomini e donne. Questo atteggiamento deriva difatti da una incapacità di gestire con equilibrio situazioni di rottura e di difficoltà relazionali, e di questa situazione le donne pagano senza dubbio il prezzo più alto.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

giovedì 26 novembre 2015

Rispondiamo con movimenti di pace agli Stati del terrore.


Rispondiamo con movimenti di pace agli Stati del terrore. 

 

Durante il minuto di silenzio in onore dei morti degli attentati di Parigi prima dell'amichevole di calcio tra Turchia e Grecia, alcuni tifosi turchi hanno fischiato l’inno francese.

Ritengo che non si è trattato sicuramente di simpatizzanti dell'Isis però quei fischi dimostrano che alcuni musulmani non hanno ancora scelto se stare in un mondo che considera la tolleranza e il rispetto degli altri come valori oppure in un mondo intollerante che divide gli uomini in fedeli e infedeli.

Io ho paura dell'intolleranza, cioè del modo di pensare irrazionale di non accettare chi è diverso da noi.

Del resto l'integralismo è un fenomeno presente soprattutto nelle religioni rivelate, ovvero quelle che si basano su una rivelazione divina, contenuta in un libro sacro.

Naturalmente non tutti i cristiani, i musulmani e gli ebrei sono integralisti.

All'interno di queste religioni i credenti hanno posizioni diverse: la maggior parte di loro pensano che le leggi debbano tenere conto dei diritti e degli interessi di tutti i cittadini.

Anche tra gli integralisti di una stessa religione non si va sempre d'accordo: sia tra i cristiani, sia tra i musulmani, sia tra gli ebrei vi sono interpretazioni diverse del libro sacro e spesso i gruppi sono in conflitto gli uni con gli altri.

L’Isis è la parte più integralista -e quindi meno tollerante- dei fondamentalisti mussulmani.

Con l’Isis è difficile un dialogo perché integralisti così estremi non amano  dialogare con i propri avversari, ma pensano che tutto ciò che fa parte del proprio mondo è giusto e tutto ciò che si discosta da questo è sbagliato, bisogna cambiarlo.

Anche con gli attentati.

Ma gli integralisti violenti non sono solo quelli dell’Isis.

 

Infatti  tra gli intolleranti spesso la parola si trasforma in azione e la violenza diventa spontanea (come dimostrano i sempre più frequenti fenomeni di bullismo).

 

Sono convinto che l’omofobia, la xenofobia  ed in genere le varie discriminazioni contro gli omosessuali, gli immigrati, i disabili e gli ebrei  si possono sconfiggere solo difendendo con più  forza i valori di pace, democrazia, tolleranza e libertà, come avviene ad esempio a Madrid che è, a mio giudizio, la città più tollerante del mondo.

Difatti nella capitale ispanica i pregiudizi spariscono per lasciar posto al divertimento e alla tolleranza.

Madrid è  sempre stata un esempio di modernità.

E se tutti i posti del mondo fossero come il quartiere di Chueca, dove è nata la famosa movida  madrilena, allora non sentiremo più parlare di razzismo, intolleranza e attentati.

E sventolerebbero più bandiere arcobaleno.

Rispondiamo con movimenti di pace agli Stati del terrore. 

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

venerdì 20 novembre 2015

CANI SENZA GUINZAGLIO SULLE SPIAGGE DI OSTIA


CANI SENZA GUINZAGLIO SULLE SPIAGGE DI OSTIA

 

Abito a Ostia e sabato ho pensato bene di farmi una salutare passeggiata sulla spiaggia, dal pontile al porto.

Ho notato molti cani senza guinzaglio che corrono liberamente, anche se per legge dovrebbero stare sempre al guinzaglio, potendo essere liberati solo nelle apposite aree cani.

Infatti é vietato condurre o far permanere qualsiasi tipo di animale, anche se munito di museruola e guinzaglio, ivi compresi quelli utilizzati dai fotografi o dai cine-operatori.

Sono esclusi dal divieto i cani di salvataggio al guinzaglio impegnati per il servizio di salvamento ed i cani guida per i non vedenti.

I concessionari hanno tuttavia facoltà, nell’ambito del proprio impianto e previa autorizzazione del Comune competente per territorio e delle autorità competenti sotto il profilo igienico-sanitario, di individuare aree debitamente attrezzate per l’accoglienza di animali domestici, salvaguardando comunque l’incolumità e la tranquillità dell’utenza balneare e dandone comunicazione agli Uffici regionali decentrati competenti per territorio.

I Comuni, nelle zone di spiaggia libera, possono individuare, con apposita Ordinanza e previa comunicazione agli Uffici regionali decentrati competenti per territorio, aree ove è consentito l’accesso con animali, che devono essere appositamente segnalate ed attrezzate con l’indicazione contestuale dell’orario di utilizzo e delle relative prescrizioni d'uso.

Le aree, sia libere che in concessione, destinate a tali scopi devono essere dotate di accesso indipendente.

E’ consentito l’utilizzo dell’accesso di stabilimenti balneari contigui qualora sia stato acquisito formale assenso dei concessionari.

Quindi tutti i cani di qualsiasi razza o taglia devono essere sempre accompagnati al guinzagli e la non osservanza comporta una sanzione amministrativa di 50€, se poi il cane per caso provoca un incidente o mette a repentaglio l'incolumità pubblica il proprietario sarebbe tenuto a risarcire i danni causati e il proprietario riceverebbe una condanna penale.

Tenere il cane al guinzaglio è un atteggiamento di civiltà e di rispetto verso coloro che possono risultare spaventati dall'animale in libertà, magari anche
dal suo abbaiare o infastiditi dal calpestare la cacca dei cani abbandonata sulle spiagge. 

Spesso accade di vedere bambini, ma anche anziani, atterrirsi al passare vicino ad un cancello dove il cane (pur rinchiuso) abbaia all'improvviso.

Figuriamoci se se lo trovassero di fronte, senza guinzaglio.

È capitato ancora di persone che, impaurite dal ringhiare improvviso di un cane, si sono agitate e sono cadute per terra.

Ecco perché i cani vanno tenuti al guinzaglio e, pur con quella dose di buon senso e di tolleranza che deve sempre animare il vigile e il tutore dell'ordine capace di misurare il valore delle cose e contestualizzare le circostanze, è giusto che i proprietari di animali vengano richiamati al rispetto delle regole, e quindi a tenere al guinzaglio il loro “amico”.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

 

giovedì 19 novembre 2015

Spezzare la violenza con la democrazia


Spezzare la violenza con la democrazia

 

I terroristi  violentano le nostre vite, trasmettendoci la sensazione che nulla di ciò che fa parte delle nostre normali esistenze di persone libere, come andare allo stadio, frequentare un ristorante, assistere ad un concerto, sia più sicuro. Infatti é questo il segnale  che ci stanno lanciando: sappiate che ovunque voi siate, qualsiasi cosa facciate noi possiamo colpirvi. Lo abbiamo fatto a Parigi, potremmo farlo anche a Londra, a Roma, a New York. La guerra è inutile e sciocca però non si può assistere inermi alla follia omicida di chi vuole annientare la nostra storia. Siamo figli di una cultura che ha rispetto della vita e dei diritti di tutti gli uomini. Quindi ai profeti di morte, al terrorismo, alla guerra e all'odio dobbiamo rispondere con più libertà, più uguaglianza e più fraternità.

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

 

 

giovedì 12 novembre 2015

In stile Castigliano


In stile castigliano

 

Il Parlamento catalano, insistendo su un percorso basato esclusivamente sul fomentare la rabbia nei confronti di Madrid, ha votato a favore di una risoluzione per la secessione della Catalogna dal resto della Spagna.

I separatisti catalani stanno per fare un favore all’Unione Europea che riuscirebbe a disintegrare uno dei più grandi stati europei e inoltre potrebbe anche liberarsi dalla monarchia spagnola.

Se la Catalogna dovesse malauguratamente ottenere l’indipendenza, potrebbe verificarsi un effetto domino a livello europeo.

Infatti, subito dopo la Catalogna potrebbe esserci la spartizione del Belgio (cosa che consentirebbe la nascita della città-stato di Bruxelles che sarebbe così l’ideale capitale europea), poi Veneto e Sardegna, Bretagna e Corsica, Baviera e la regione ungherese della Romania.

Tutto questo è contornato dall’attuale crisi di credibilità ed economica della Germania che è stata usata come baricentro dell’attuale Unione Europea, per completare la cessione di sovranità ma che adesso deve essere abbattuta per consentire la nascita di un superstato europeo omogeneo senza una nazione che spadroneggi sulle altre. Infatti questo superstato sarebbe incompatibile con grandi stati nazionali e soprattutto con delle monarchie interne, come quella spagnola.

Inoltre i nuovi stati europei come la Catalogna, per normalizzare la propria situazione economica, vorrebbero rientrare subito nell’Unione Europea, finendo anche  con l’accettare condizioni molto più dure da Bruxelles, come grandi cessioni di sovranità e la perdita del diritto di veto.

Se la Catalogna dovesse ufficializzare l’indipendenza, sarei molto dispiaciuto. Io sono vicino al movimento degli Indignados, ma sono anche ideologicamente però contrario all’indipendenza della Catalogna nonché di passate origini materne castigliane e convinto, peraltro che il separatismo finirebbe con essere funzionale all’Eurocrazia.

Perciò sarei contento se il governo centrale potesse eventualmente tagliare la liquidità alle banche catalane,  chiudendo le frontiere, ostacolando gli scambi commerciali e dichiarando illegale il processo d’indipendenza.

Questa strada potrebbe essere intrapresa per bloccare sul nascere la spinta indipendentista e impaurendo i catalani, cercare di far cadere il governo separatista.

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

 

martedì 10 novembre 2015

PERSECUZIONI IN CINA


Persecuzioni in Cina

 

Ho solo un'allergia: quella nei confronti degli integralismi.

Come quelli cinesi.

 Infatti in Cina la repressione dei cattolici sta tornando ai livelli di Mao a causa del  sistema del partito unico, che qui vi governa ininterrottamente da quasi sessant’anni, senza mandato popolare e con la pretesa di controllare ogni aspetto della vita individuale e sociale, senza accettare assolutamente qualsiasi forma di libertà di culto e di espressione della fede.

Le chiese cristiane in Cina vengono saccheggiate continuamente e, secondo l'agenzia Misna, sono quattrocento gli edifici colpiti nell'ambito della campagna governativa contro "i componenti di gruppi religiosi illegali".

A questi gruppi appartengono i cristiani che rifiutano di aderire alla "Chiesa Patriottica", un'entità governativa, nata per controllare i fedeli e imbrigliare la libertà religiosa, che nomina i propri vescovi e non riconosce l'autorità del Papa.

Nella provincia dello Zhejiang, principalmente nella municipalità di Wenzhou, da dove proviene la quasi totalità degli immigrati cinesi in Italia e in Europa, già nel 2000 le autorità locali avevano scatenato una dura azione repressiva distruggendo centinaia di luoghi di culto cristiani, arrestando i fedeli e rilasciandoli solamente dopo aver ottenuto, minacciandoli, la loro accettazione ad aderire alla "Chiesa Patriottica".

Il portavoce di Wenzhou in quell'occasione dichiarò: “L'obiettivo è demolire queste costruzioni illegali e correggere questo decadente stile di vita” perché “nelle aree rurali la superstizione religiosa è ancora sfrenata”.

 Possibile che la Comunità europea non sia a conoscenza di queste cose?

E se lo sa come mai non interviene in difesa di questi movimenti cattolici perseguitati così ingiustamente?

E’ proprio vero: in Cina la questione democratica è ancora irrisolta.

Del resto i monaci tibetani che si danno fuoco non penso che lo facciano semplicemente per combattere l'inverno himalayano.

Ed anche se in Cina, trent’anni dopo piazza Tiananmen, si sta per  inaugurare un grande parco divertimenti (il Disney Shanghai Resort) non si può certo dire che sotto il cielo di Pechino vivano come in un film di Walt Disney, essendo evidente che la Cina popolare è sempre più ripiegata su se stessa sia da un punto di vista economico che geopolitico.

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

giovedì 5 novembre 2015

Modificare la Legge di Stabilità per puntare allo sviluppo e alla crescita del Paese

 
 
Modificare la Legge di Stabilità per puntare allo sviluppo e alla crescita del Paese
 
 
A metà ottobre il Governo ha varato la Legge di Stabilità 2016 (ex Legge Finanziaria). L’iter di questa legge ha infatti avuto inizio con la predisposizione del Disegno di legge di stabilità e la successiva approvazione dello schema di Governo in Consiglio dei Ministri ed ora é pronto per la successiva ratifica degli interventi emendativi alla Legge, che intanto entra in vigore a gennaio dell’anno successivo. Fondamentalmente tale legge non sembra sufficientemente orientata a sostenere i primi segnali di ripresa economica attraverso un sostegno alla domanda interna, tagliando le tasse a lavoratori e pensionati, rinnovando i contratti pubblici e reintroducendo la flessibilità pensionistica in uscita a 62 anni. Ritengo inoltre che la legge di stabilità sbagli anche nell’elevare la soglia del contante a tremila euro, potendo questo essere un incentivo all’evasione del malaffare. A questo punto sarebbe opportuno che venissero introdotte  le modifiche necessarie per finalizzare la Legge di Stabilità allo sviluppo e alla crescita del Paese. Purtroppo temo che questo non accadrà perché molte scelte politiche sono solo dettate da decisioni internazionali, alle quali l’Italia deve sottostare. E questo non è un bene, perché a questa Europa sembra non interessare nulla dei popoli e delle nazioni ma soltanto che queste siano produttive e generino denaro da incamerare attraverso i vari trattati europei.
 
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)
 
 
 

Contratto e giusto salario per i dipendenti pubblici




Contratto e giusto salario per i dipendenti pubblici

Non si deve parlare solo di licenziamento dei dipendenti pubblici ma occorre dar loro anche il giusto salario e il rinnovo dei contratti come avviene per i lavoratori degli altri settori. Certo, chi ha sbagliato è giusto che venga punito e a tal proposito ci sono precise norme. Però va anche detto che nel pubblico impiego, nonostante le tante campagne denigratorie, la stragrande maggioranza dei lavoratori lavora con serietà e addirittura svolge il lavoro anche per quelli che portano discredito con i loro comportamenti. La stessa Corte dei Conti ha dichiarato esigue le risorse nella legge di stabilità e non rispondenti alla pronuncia della Corte Costituzionale ed infine si è dichiarata contro i tagli lineari sia per i ministeri, sia per gli enti locali che minerebbero la possibilità di garantire i servizi ai cittadini.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)
 

martedì 3 novembre 2015

La disoccupazione giovanile, vero incubo dell’Italia


La disoccupazione giovanile, vero incubo dell’Italia

 

 

La disoccupazione giovanile, è il vero incubo dell’Italia. Infatti laurearsi non basta più per lavorare tanto che  i dati Istat parlano di disoccupazione giovanile al 40%, in particolare il tasso di disoccupati laureati non è mai stato così alto. Colpa della crisi, certo, che ha ridotto risorse e opportunità di occupazione. In ogni caso essere laureati è ancora un vantaggio per trovare un impiego. Tuttavia, anche per loro  le difficoltà a inserirsi nel mercato del lavoro stanno crescendo, per una serie di ragioni che precedono di molti anni l'arrivo della crisi economica. Innanzitutto, c'è stata negli ultimi anni una riduzione delle assunzioni nella pubblica amministrazione, che tradizionalmente ha sempre assorbito quasi un quarto degli ex-universitari in cerca di lavoro. Inoltre, va evidenziato che in Italia c'è una forte presenza di aziende a piccola e media dimensione, che preferiscono non assumere i laureati, ma indirizzarsi su candidati con un grado di istruzione inferiore e più orientato alla formazione professionale. Infine, non va dimenticato che non tutti i laureati hanno le stesse carte da giocarsi sul mercato del lavoro: alcuni profili, come gli informatici e gli ingegneri o i diplomati in facoltà scientifiche, sono ancora abbastanza  ricercati dalle aziende mentre altri candidati, come i dottori in discipline umanistiche e sociali, faticano molto di più a trovare un impiego. Per esempio, secondo i dati Istat oltre il 30% dei laureati in conservazione dei beni culturali è ancora disoccupato dopo un anno dalla conclusione degli studi, contro meno del 10% che si registra tra gli ingegneri o i dottori in chimica industriale. Cresce ancora la disoccupazione, crolla ai minimi lo stipendio di chi riesce a trovare un impiego. E lavora senza contratto il 15% tra quelli che escono da medicina, architettura, giurisprudenza, chimica, farmacia. Laureati disoccupati semplicemente perché sono figli di nessuno, di nessun professionista. Chi lavora lo fa spesso perché lavora nello studio del padre avvocato o notaio. Per fortuna c’è ancora chi riesce ad aprirsi la strada, al di là delle parentele.  Ma è una piccola minoranza. Comunque un messaggio sbagliato che alcuni traggono da questi dati è che “la laurea non serve”. Nessun paese al mondo ha avuto una regressione economica così continua da cinquant´anni come l´Italia, conseguenza di una regressione culturale. In questi anni, mentre molti paesi adattavano le strutture formative, di ricerca e produttive alle esigenze della società della conoscenza, l´Italia restava ferma, meno risorse a ricerca ed istruzione, diseguaglianze crescenti nella distribuzione di redditi e ricchezze, abbandono del Mezzogiorno, invecchiamento della popolazione. In questa Italia ferma e vecchia, non servono né i laureati e neanche i giovani, che infatti emigrano. Nell´Italia che vorrei per i nostri figli e nipoti serve invece più cultura e tanta buona politica. Leggere le cifre e le proiezioni relative al numero dei disoccupati in Italia infonde sempre un’enorme amarezza. Occorre una netta inversione di tendenza, coraggio!

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

 

giovedì 29 ottobre 2015

Ingiustificato aumento del prezzo dei biglietti dei treni.


Ingiustificato aumento del prezzo dei biglietti dei treni.

 

Notizia dell’ultima ora è quella del rincaro del 10%  sui biglietti dei treni a media e lunga percorrenza e del 4% sui treni pendolari e regionali. I pendolari sono in molti casi già abbastanza arrabbiati per i ritardi cronici, debbono ora pure subire la beffa di un aumento del prezzo dei biglietti? Infatti questi sono rincari eccessivi e ingiustificati. Insostenibili per molte famiglie. Anche a fronte del livello del servizio offerto. Non mi sembra esserci stato negli ultimi anni un effettivo miglioramento della qualità dei servizi. Così il risanamento delle FS è scaricato soltanto su noi utenti. Consumatori in un regime di monopolio. Certo, molti treni sono talmente all’avanguardia da avere tutti i vagoni muniti di altoparlanti, che saltuariamente vengono usati per dare un inutile benvenuto e una più utile indicazione delle fermate. Ma, per esempio, non sempre funzionano le toilettes, specialmente quando sono molto sporche da non poter essere usate.  

 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

lunedì 26 ottobre 2015

COLLEVECCHIO


Collevecchio

Sono tornato ai luoghi donde,

 adolescente,

fuggii per inseguire un sogno.

A questo che verdeggia di smeraldi,

son tornato,

colle antico della terra dei Sabini,

 in una notte d’agosto.

Disteso come allora, sul dorso,

fra l’erbe ho rimirato i ricami tracciati dalle scie delle stelle cadenti,

fulminee più che il pensiero,

ad infittire di palpiti il mio petto.

E l’alba m’ha colto immobile

e la rugiada m’ha imperlato le ciglia e i capelli.

L’erba verde si tende come seta;

sugli alberi crescono le foglie rosse.

L’uccello cerca il nido

mentre le nuvole si accostano ai fiori.

Amato mio colle natio!

Antico, non vecchio.

Amore stilli, con la rugiada.

Il tempo non può invecchiare ciò ch’eterno,

e tu lo sei!

Collevecchio,

 sui tuoi blandi pendii

 s’arrampicano gli ulivi

e, le viti, le uve indorano di sole.

Passano gli anni,

svanisce il roseo volto,

col passo del dolore

s’imbianca la mia chioma.

Canto di galli, suono di campane, cento uccelli in volo,

canti di uccelli inondano il cielo.

Collevecchio,

é di struggente bellezza il tuo autunno,

già s’intravede, quando gli uccelli migrano

e il loro stormo, lungamente volteggia,

par che sciami,

ne l’aria tersa,

fra cielo e i verdi campi,

prima di scomparire

all’orizzonte.

ANTONIO VALERIANO PULIMANTI