lunedì 30 settembre 2013

LE DIMISSIONI FORZATE DEL MINISTRO NUNZIA DE GIROLAMO, TRA PROGETTI AGRICOLI, MARYLIN MONROE E RIFLESSIONI MISTICHE.

LE DIMISSIONI FORZATE DEL MINISTRO NUNZIA DE GIROLAMO, TRA PROGETTI AGRICOLI, MARYLIN MONROE E RIFLESSIONI MISTICHE. Decido di prendere le scale. Bisogna approfittare di ogni occasione per fare esercizio, come mi ha detto il dottore durante l’ultimo check-up. In ogni caso, a metà devo attaccarmi al corrimano e riprendere fiato. Sala Cavour (“Il Parlamentino”) del Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali. Conferenza stampa del Ministro Nunzia de Girolamo. In prima fila ci sono soltanto pezzi grossi e passacarte, così possono sfilare davanti alle telecamere e sentirsi importanti. Io preferisco sedermi in fondo, tra giovani giornalisti e rampanti colleghi come se il tempo e le tante conferenze stampe dei Ministri precedenti non avessero visto passare tanta acqua sotto i ponti di Roma. Ma l’odierno relatore prende il microfono per moderare ed immediatamente mi toglie l’illusione dell’inossidabilità del tempo. I fatti parlano chiaro: il Ministero mette a disposizione un milione e 500mila euro per progetti di ricerca industriale nel settore agricoltura. Inoltre stabilisce contributi a favore del settore florovivaistico. Per di più è al via un progetto per la promozione dell’olio di oliva. E meno male! È ottimo infatti il tentativo di promuovere il consumo del nostro prodotto di eccellenza, l’olio di oliva, in quei paesi europei dove è ancora poco conosciuto. Questo é difatti l’obiettivo del progetto “Olio d’oliva, alta qualità europea” voluto dal Ministero che, con campagne di comunicazione ad hoc, mira a farlo entrare stabilmente nel sistema alimentare di tutti i paesi dell’Unione Europea. L’olio di oliva è un prodotto garantito, fa reddito per le imprese e unisce la qualità con i valori del territorio. Il “nuovo mercato” è rappresentato essenzialmente dal Belgio, Danimarca e Paesi Bassi. Il progetto mira, inoltre, a consolidare il consumo di questo alimento in Italia, dove il suo consumo è già molto radicato. Ma non è mica finita qui, sembra siano stati raggiunti infatti anche altri importanti obiettivi quali la sospensione dell'Imu anche sui terreni agricoli e i fabbricati rurali, un'imposizione fiscale agevolata per il gas serra, l’attivazione di strumenti efficaci con cui intervenire su temi come il contrasto a fenomeni di economia irregolare e sommersa. Ed ancora, la tracciabilità, l'etichettatura e il sostegno dell'inserimento dei giovani in agricoltura, la chiusura dell'accordo sulla riforma della Politica agricola comune (PAC), e su quello sulla Politica comune della pesca (PCP), la predisposizione di una serie di interventi che si concretizzeranno nell'Expo del 2015, con l'obiettivo di mettere in mostra le numerosissime eccellenze agroalimentari del nostro Paese. Inoltre il Ministro comunica che è stata tenuta costantemente alta l'attenzione nei confronti delle contraffazioni e delle imitazioni delle nostre produzioni, tenuto conto che il “'Made in Italy” é il patrimonio più prezioso che il nostro sistema agroalimentare possa vantare. La protezione delle nostre produzioni passa anche attraverso il decreto interministeriale che vieta la coltivazione del mais Mon810 in Italia. Si tratta di un provvedimento che tutela la specificità dell'agricoltura italiana, la salvaguarda dall'omologazione e costituisce una prima risposta per definire un nuovo assetto nella materia della coltivazione di Ogm nel nostro Paese. Infine il Ministro avvisa di aver fatto aggiungere anche le organizzazioni agricole nella Cabina di Regia per l'Italia Internazionale, lo strumento operativo che consente di coordinare le politiche del Paese in tema di internazionalizzazione. Un riconoscimento fondamentale per il sostegno all'export agroalimentare che, solo nel 2012, ha prodotto un fatturato di oltre 30 miliardi di euro. Meno male perché " l'agricoltura e l'agroalimentare sono due fondamenti del sistema Paese, bisognerà lavorare ancora affinché siano posti in modo permanente al centro dell'attenzione. Ma la passione e le capacità non sono acqua in chi ama disinteressatamente il proprio lavoro, anzi sono un motore a quattro ruote motrici che porta la nostra agricoltura dovunque si voglia. In questa Italia in parte colpita dalla mano della crisi economica mondiale e ancora di più da quella del malaffare e del peculato, dove sembra che tutti si facciano i fatti propri e tutto sembra andare alla deriva, sembra quasi anacronistico che esista ancora qualcuno che offre gratuitamente un contenitore culturale come il sostegno all’economia verde, tirando fuori le idee dal proprio cervello. Questo accadeva venerdì. Oggi tutto è cambiato: la ministra sannita Nunzia de Girolamo spiega così le sue dimissioni dopo il diktat del leader dei Pdl, Silvio Berlusconi che, di fatto, ha aperto alla crisi del Governo Letta: "Ho adempiuto alle richieste del presidente Berlusconi di rassegnare le dimissioni dal Governo per rispettare il mandato politico ricevuto: sono stata indicata nell'esecutivo dal mio partito e tengo fede all'impegno assunto col Pdl e con i suoi elettori". L’ex ministra ha poi annunciato: "Non posso però tacere l'amara constatazione nel vedere come, nel momento più difficile della storia del nostro partito e del nostro leader, siano sempre più evidenti atteggiamenti, posizioni, radicalismi che poco hanno a che vedere con i valori fondativi del nostro movimento liberale fatto di rispetto delle Istituzioni, senso dello Stato e tolleranza nei confronti di chi la pensa diversamente. Questo ho imparato dieci anni fa da Silvio Berlusconi. In attesa di un chiarimento interno, che auspico immediato e definitivo, e confermando la mia assoluta lealtà al presidente Berlusconi, dichiaro sin d'ora che intendo proseguire sulla strada di quei valori, non riconoscendomi in strappi estremi ed estranei alla cultura e alla sensibilità dei nostri elettori e sostenitori". Peccato: era un’ottima ministra. Ah, ma non mi sono ancora presentato. Detto fatto: mi chiamo Mario. Mario Pulimanti. Ed abito a Ostia. Esco dall’ufficio. Rientro a casa. Sono ora seduto su un duro sedile di un vagone del metro Roma-Lido. Il mio MP 3 mi sta facendo ascoltare “Over the Rainbow”. Oltre l’arcobaleno. La versione originale è cantata da Judy Garland per il film Il mago di Oz del 1939, ma quella che sto ora ascoltando è la famosa versione del cantante hawaiano Israel “IZ” Kamakawiwo’ole, soprannominato “Gigante buono”, morto nel 1997 all’età di 38 anni. Nell’ultima parte della sua vita Iz divenne obeso e arrivò anche a pesare 340 Kg. Versione stupenda. Voce meravigliosa. E’ una delle poche canzoni che riesce a farti venire i brividi, una ballata dolcissima con la quale Iz ti culla delicatamente. E l’ukulele come unico strumento, col suo suono particolarissimo, rende indimenticabile una canzone già unica. Ukulele. Questa chitarrina la suona anche Marylin Monroe in “A qualcuno piace caldo”, il film con Jack Lemmon e Tony Curtis; l’ho visto venti volte. Che bella che era, Marylin. La metro sorpassa la stazione di Acilia mentre io socchiudo gli occhi, perso nelle mie riflessioni. Sarà per il fatto che sono stanco. Sarà perché mi è dispiaciuto che la De Girolamo si sia dimessa. O meglio, che sia stata costretta a farlo. Sarà perché mi sento una fame da lupi come mi accadeva quando avevo appena dato un esame all’Università. Non lo so. Però penso, penso, penso… Non sono certamente un uomo con una posizione appetibile. Sono solo un funzionario statale bloccato al nono livello da molto tempo. Da quando va avanti questa storia? Da 35 anni. Funzionario statale suona, comunque, un po’ stalinista, a mio parere. Penso a Valter, un mio amico del quale sono stato il testimone di nozze. Ricambiandomi il favore, insieme a Liliana, la sua bella moglie. E mia cara amica. E’ una cosa che fra uomini come me dovrebbe rappresentare un legame per tutta la vita. Eppure ultimamente ci siamo visti poco. Anche perché è un alto servitore dello Stato. Prefetto, addirittura. Ho deciso, appena torno a casa gli telefono. Parola di giovane marmotta. Ma ecco che, riflettendo e rimuginando, a un tratto mi trovo, ahimè, coinvolto in mistiche congetture. Mio malgrado, sia ben chiaro! Ecco, davanti a me vedo il discepolo senza nome vicino a Maria di Cleofa, mentre al suo maestro crocifisso gli viene inferto un colpo di lancia nel petto. Intanto Anna, il sacerdote assassino, ride del Gesù morente sulla croce, insieme a Satana, capo delle forze del male, che perde però la battaglia definitiva quando Cristo, l’Unto, risorge. “Eli, Eli, lemà sabactàni?” Dio mio, Dio mio, perchè mi hai abbandonato? Mi servo del dogma per uscire fuori dai miei dubbi razionali. Quindi penso al Corano, che non ha difficoltà nell’esortare a diffondere le sue verità religiosa anche con la forza fisica. E’ facile dire che la nostra arma è la parola. Mi ricordo che alcuni giorni fa ho rivolto queste mie devote perplessità a Stefano, mio fratello. Ricordo anche che lui, sornione, mi ha lanciato un’occhiata stupita, consigliandomi di non fumare troppo pakistano nero. Mah… Cosa avrà voluto dire? La metro va e io continuo a pensare. Il cattolicesimo non prevede la fine imminente di questo mondo e si aspetta l’instaurazione del regno di Dio, non tramite una campagna politico-militare, né mediante la conquista politica del potere. Il suo messaggio è diverso da quello dell’Islam. Questo anche per merito del pensiero politico liberale sviluppatosi in Occidente nel secolo scorso, anche per merito di cattolici-modernisti come Hugues-Félicité Robert de La Mennais, Jacques Maritain, Vincenzo Gioberti, Antonio Rosmini e Alessandro Manzoni, secondo i quali la religione è un’attività separata e distinta dalla politica. Invece l’Islam è rimasto antico, non avendo mai operata questa separazione tra religione e politica. E se Mazzini fosse nato a Beirut, invece che a Genova? Ah, tra un pensiero e l’altro sono finalmente tornato a casa. Alla prossima! Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

venerdì 27 settembre 2013

Abolire le province

Le regioni sono troppe e la frammentazione di comuni è eccessiva però intanto sarebbe opportuno iniziare con una riduzione del numero delle province perché mi sembra eccessiva una frammentazione di funzioni tra tre enti amministrativi che potrebbe essere infatti fonte di inefficienze. La realtà è che le centootto Province italiane retribuiscono un esercito di politici a cui nessun partito vuole rinunciare. Secondo un'elaborazione del Ministero degli interni sono quattromila i politici stipendiati da questi enti. Da anni si parla dell'abolizione delle province, senza che se ne sia mai fatto niente dato che non si possono ridurre con un decreto legge perché, essendo Enti previsti dalla Costituzione, serve una legge costituzionale; che significa doppio passaggio in Parlamento, eventuale referendum, insomma un paio d’anni ed esito incerto. Quindi il mio timore è che se torneremo a votare ancora una volta l'abolizione delle province e le modifiche alla Costituzione verranno rimandate. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

giovedì 26 settembre 2013

"Anna verrà e sarà un giorno pieno di sole … ".

"Anna verrà e sarà un giorno pieno di sole … ". Sabato 7 marzo 1908 nasceva a Roma Anna Magnani, figlia di Marina Magnani e padre ignoto. In età adulta Anna farà delle ricerche scoprendo che il padre si chiamava Pietro Del Duce ed era di origini calabresi. Mercoledì 26 settembre 1973, alle ore 18.25, Anna muore alla clinica Mater Dei di Roma, a causa di un tumore al pancreas diagnosticatole poche settimane prima. La sera stessa viene trasmesso il film "Correva l'anno 1870", così come deciso in precedenza dai dirigenti Rai che avevano programmato la messa in onda del film per quella sera e che mai avrebbero immaginato che proprio quella sera l'Italia intera avrebbe pianto quella che è stata e che tutt'oggi è la sua attrice più rappresentativa. Il 28 settembre, presso la chiesa di Santa Maria sopra Minerva, si celebrarono i funerali; Roma, la sua amata città, le diede il suo ultimo e commovente saluto... Ritengo che nel 2008 il centenario della sua nascita poteva anche essere celebrato meglio, come del resto è avvenuto per gli anniversari di Rossellini, Soldati e Visconti. Forse la Magnani non gode di quella popolarità diffusa che ormai guida le strategie di marketing dell'industria e della cultura. Cavolo, non é nemmeno disponibile in dvd la sua interpretazione più celebre, la Pina di "Roma città aperta!" E dire che noi italiani, da più di cinquant’anni, abbiamo negli occhi e nel cuore quella corsa disperata dietro il camion tedesco che metteva la parola fine al suo più grande personaggio. Dopo centosette anni dalla sua nascita, il suo volto identifica ancora il cinema italiano nel mondo. Nel 1955 ottenne l'Oscar come migliore attrice protagonista per "La Rosa Tatuata" di Daniel Mann. La sua paura dell'aereo e la convinzione di non vincere non la fecero andare a Hollywood. Difatti non presenziò alla cerimonia e non aspettò sveglia le notizie dagli Stati Uniti. Il giornalista che con una telefonata la svegliò per darle la notizia ebbe difficoltà a convincerla che non si trattava di uno scherzo. Due anni dopo ottenne un'altra candidatura per "Selvaggio è il vento" di George Cukor. Tennessee Williams, che per lei ha scritto "La rosa tatuata" ha detto: ''Non ho mai incontrato una donna più bella. Non posso fare a meno di seguire il nome di Anna Magnani da un punto esclamativo''. Lei ha amato sempre la città eterna, dove ha abitato fino alla sua morte. Occhi di brace. Capelli sempre arruffati. E scuri. Una proverbiale impulsività. Mi sembra di sentire ancora la sua risata. Irridente. Canzonatoria. Gioiosa: la risata di Nannarella. Nannarella: la vitalità popolare e di sfrontata aggressività di Egle in “Nella città l’inferno”, Nannarella: la spontaneità verace della fruttivendola Elide di “Campo de’ Fiori”; Nannarella: la resistenza della Sora Pina di “Roma Città Aperta”; Nannarella: la determinazione della popolana Maddalena Cecconi di “Bellissima”; Nannarella: l’ostinazione de “L’onorevole Angelina”; Nannarella: la devozione di Serafina Delle Rose de “La rosa tatuata”; Nannarella: la figura patetica e nello stesso tempo ironica della matura generica di Cinecittà in “Risate di gioia”, dove canta canzoni sboccate nell'irresistibile duetto con Totò; Nannarella: la prostituta di “Mamma Roma” scritto e diretto da Pier Paolo Pasolini, dove lei sfrontata e impudente, canta stornellacci sarcastici al matrimonio del protettore, poi conosce lo strazio della morte in carcere del figlio Ettore. A Nannarella, che non solo per noi romani ha guadagnato l’Empireo delle icone immortali con la sua verve da anti-diva passionale e tormentata, sono stati dedicati anche alcuni contributi musicali: “Nannarè” di Gianni Togni nell’album “Bersaglio Mobile” del 1988; “Anna verrà” di Pino Daniele in “Mascalzone latino” del 1989 e “Anna Magnani” scritta da Carmen Consoli e cantata da Adriano Celentano. “Anna verrà e sarà un giorno pieno di sole e allora sì ti cercherei forse per sognare ancora sì, ancora. Oh Anna, dimmi se è così lontano il mare …”. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

mercoledì 25 settembre 2013

Pericolo anoressia

Pericolo anoressia Il 17 novembre 2010 muore, all'età di 28 anni, l'attrice francese Isabelle Caro, anoressica fin da ragazzina. Quando viene fotografata da Oliviero Toscani, per una campagna del 2007 per la griffe dello stilista No-l-ita, pesa 31 chili, per 164 cm. di altezza. Uno scheletro con le ginocchia più grosse delle cosce. Certo, le persone malate non dovrebbero mai essere sfruttate a scopo pubblicitario, però la foto colpiva, tanto era scioccante. Io l’avrei fatta addirittura esporre in tutte le scuole perché si fossero visti gli effetti dell'anoressia. Difatti non è nascondendo la realtà che si risolvono i problemi. La fotografia riproduceva questa giovane attrice francese, ieri bellissima, ridotta a uno scheletro. Senza nessuna voglia di vivere. Troppi restano abbagliati da una società che produce modelli sbagliati (si pensi a certe top-model), ma non insegna i valori veri della vita. Spinge al consumo, ma non spiega che occorre una alimentazione corretta. I mutamenti della società incidono sui giovanissimi, la mancanza di affetto spinge verso eccessi che non raramente passano attraverso l'odio per il cibo o l'eccessivo attaccamento al cibo. È un male sociale, terribile perché porta spesso alla morte. La malattia è più diffusa di quanto si creda. Agisce in maniera subdola, nascondendosi. Poi esplode all’improvviso. Spesso quando chi sta attorno se ne rende conto, è già difficile per intervenire, talvolta è troppo tardi. Il recupero è difficile, faticoso e lento. Sicuramente l'attenzione della famiglia è indispensabile, non raramente è la scuola la prima ad avvertire il disagio e a informare i familiari. Da qualche tempo la stessa scuola prova a lanciare l'allarme, a far prendere coscienza agli alunni degli effetti devastanti della malattia. Ma la scuola non può svolgere tutte le funzioni richieste a una società distratta nei confronti de giovani: educazione stradale, educazione sessuale, lotta alla droga, all'alcol, al cattivo uso del cibo, all'integrazione tra popoli, alla necessità di far convivere religioni diverse ecc. Allora ben venga tutto quello che dall'esterno serve a far riflettere su problemi così gravi. Il manifesto di Toscani era una sorta di manifesto della disperazione, se fosse servito anche solo a salvare una vita avrebbe già raggiunto il suo scopo. Andava esposto in tutte le scuole, non ipocritamente nascosto. In ogni caso se moda, mass media e modelle smettessero finalmente di incitare all’anoressia sarebbe decisamente meglio. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

lunedì 23 settembre 2013

L’Italia sono anche loro

L’Italia sono anche loro Oggi il nostro paese si trova a fronteggiare le ondate migratorie di coloro che fuggono la guerra e la miseria dei loro paesi e cercano riparo e fortuna in Italia. La legge italiana prevede che chi richiede asilo in Italia senza adeguati mezzi di sostentamento ha diritto a forme materiali di accoglienza sin dal momento in cui presenta domanda di protezione. La ragione è chiara, sono persone in fuga dai loro paesi di origine perché perseguitate, per una guerra in corso, scappano per mettere in salvo la propria vita cercando di arrivare in un Paese sicuro senza, molto spesso, alcun tipo di mezzo di sostentamento. Difatti l’Italia è per tanti immigrati più terra d'accoglienza che di intolleranza e di discriminazione. Lo testimoniano prima delle statistiche, il vissuto di tanti cittadini stranieri che da qui hanno trovato opportunità di crescita e di affermazione sociale ed economica. È altrettanto vero che accoglienza e integrazione non possono essere sinonimi di rinuncia alla propria identità e alla propria storia. Al contrario: nell'era della globalizzazione è necessario difendere e valorizzare le proprie tradizioni, che sono un elemento di forza e di vitalità sociale, non un ostacolo alla convivenza o all'integrazione. Non si deve confondere la libertà e l'accoglienza con il diritto a fare tutto ciò che si crede o si vuole. Accanto, e prima, dei diritti, ci sono i doveri e tra essi, in particolare, il dovere di rispettare e di far rispettare la nostra cultura. In questo momento storico in cui la trasformazione dell’Italia da paese di emigrazione a paese di accoglienza impone riflessioni inedite a livello culturale e politico, segnando in modo definitivo il passaggio di status dell’Italia da paese d’emigrazione a quello d’immigrazione, ma anche da quello d’esilio a quello d’asilo, diventa ancora più importante ricordare il nostro recente passato. Anche la nostra è una storia di emigranti. Nel 2010 Papa Benedetto XVI ha detto "L'immigrato è un essere umano, differente per cultura e tradizione ma comunque da rispettare". Ora Papa Francesco dice che: “Ci siamo abituati alla sofferenza dell'altro, non ci riguarda, non ci interessa, non è affare nostro!” invitandoci a non essere insensibili alle grida degli immigrati, ad andare oltre alla semplice elemosina dato che non basta garantire a ciascuno un panino, ma occorre accompagnare con gesti concreti il percorso di integrazione di immigrati, profughi e rifugiati. Ora l’Italia sono anche loro. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

venerdì 20 settembre 2013

Omofobia, comportamento razzista

In questi giorni il Parlamento ha finalmente approvato la legge contro l’omofobia. L'omofobia, che è la paura e l'avversione irrazionale nei confronti dell'omosessualità basata sul pregiudizio, consiste in definitiva in un comportamento razzista, alla stregua della xenofobia e dell’antisemitismo. Questa discriminazione basata sull'orientamento sessuale può diventare causa di episodi di bullismo, di violenza o di mobbing nei confronti della popolazione gay: infatti i suicidi legati alla discriminazione omofoba in modo più o meno diretto, costituirebbero il 30% di tutti i suicidi adolescenziali. Nella nostra società siamo liberi di scegliere, professare la nostra religione, esporre la nostra idea. Certo, commetteremmo paradossalmente un grave errore se diventassimo schiavi del concetto di libertà nel momento in cui pretendessimo di poter fare tutto ciò che vogliamo, non rendendoci conto che a volte occorre rispettare delle regole basilari per evitare di degenerare nell'anarchia. Infatti viviamo in una società in cui si confondono spesso i diritti con le pretese (individuali o collettive) o le aspettative e dove in troppi si sentono titolati, in virtù di un errato concetto di libertà, a considerare come atto dovuto tutto ciò che appartiene alla sfera dei loro interessi culturali, sociali o religiosi. In tutto ciò i doveri, individuali e collettivi, passano quasi sempre in secondo piano, quasi fossero degli optional. In particolare passa in secondo piano il dovere di rispettare i diritti delle comunità, la loro storia e la loro cultura. Ma un sistema sociale, piccolo o grande che sia, si fonda su un equilibrio fra diritti e doveri. E sul rispetto dei diritti fondamentali di ciascuno ma anche dell'identità collettiva prevalente. In caso contrario si scivola verso la logica della sopraffazione reciproca e del caos. Per questo motivo considero necessaria l’adozione di strumenti legislativi, di carattere civile e penale, finalizzati al contrasto dell'omofobia, così che finalmente anche i cittadini gay, lesbiche e transessuali acquisiscano la pari dignità sociale che dovrebbero garantire loro la Costituzione e la stessa Repubblica, come scritto nell’art. 3. L’omofobia è un male diffuso e corrosivo, un nodo sociale che deve essere sciolto e risolto con consapevolezza. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

giovedì 19 settembre 2013

Service Tax, ennesima telenovela fiscale

Tasse, tasse, ma questo governo non doveva ridurle? È morta una tassa e subito è necessario, per far quadrare i conti, introdurne un'altra. Così l’Imu esce dalla porta e dalla finestra entra la tassa sui servizi denominata Service Tax. In pratica, un'operazione di cosmesi fiscale e non una riduzione di tasse. Dicono che il tempo é galantuomo ma la pazienza finì anche a Giobbe. Inoltre la Service Tax, un prelievo sia sugli immobili sia sul servizio rifiuti, graverà per una parte anche sugli inquilini. Quindi non peserà solo su chi possiede l'immobile ma anche su chi vive in affitto. Del resto è stata una scelta poco seria quella di togliere l’Imu ai ricchi e aumentare l’Iva ai poveri. La conclusione amara è che non siamo di fronte alla ripresa, come vaneggiano Letta e i suoi ministri, ma ad una sicura ripresa per i fondelli. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

martedì 17 settembre 2013

Porcellum indistruttibile

Porcellum indistruttibile Tutti dicono che il Porcellum espropria i cittadini di un loro diritto, cioè quello di scegliere i propri rappresentanti, condannando inoltre il Paese all'ingovernabilità. Però tra il dire e il fare c’è sempre di mezzo il mare, infatti a mio avviso i partiti non vogliono cancellare il Porcellum, nonostante i tanti proclami di senso contrario, perché temono che una nuova legge elettorale possa modificare delicati equilibri politici dato che il Porcellum da un parte serve ai partiti per premiare fedeli e fedelissimi portandoli in Parlamento, mettendo in riga gli oppositori e dall’altra parte è lo strumento per riuscire a vincere in modo più semplice possibile le elezioni o per essere in grado, in caso di sconfitta, di condizionare quanto più possibile gli avversari. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

lunedì 16 settembre 2013

Meglio un Renzi 1 di un Letta 2

Meglio un Renzi 1 di un Letta 2 Matteo Renzi, attirandosi critiche di una parte del gruppo dirigente del Pd, si é da tempo costruito l’immagine del rinnovatore che non teme di sfidare gli apparati di partito, dichiarato di essere pronto a diventare segretario del Pd, in modo da poter lanciare poi la sfida per la premiership. Scelta coraggiosa la sua, cioé quella di allontanare e sostituire un gruppo dirigente considerato antiquato, facendo una battaglia contro un partito strutturato con correnti abbastanza cristallizzate, e l’idea di spazzarle via è un’idea utile. Credo, infatti, che il capo del governo debba essere il capo del suo partito, preferibilmente del partito più grande. Ad Enrico Letta, che ha obiettato che la politica non si fa solo con le battute, ha subito risposto cosa intende costruire, come e con chi. Ed io apprezzo i contenuti e i programmi di Matteo Renzi, -che ha inoltre chiesto una legge elettorale nuova per chiudere le larghe intese -considerando che le sue sono proposte concrete per il governo del Paese. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

venerdì 13 settembre 2013

Ridurre l’uso del voto segreto dei parlamentari

Ritengo opportuno una drastica riduzione dell’uso del voto segreto dei parlamentari, prevedendo la votazione nominale e palese per molte votazioni. In tal modo l'elettore saprebbe cosa ha votato il suo eletto e ne condividerebbe o meno i progetti. Sarebbe infatti auspicabile il definitivo superamento della doppia votazione dell'articolo unico dei progetti di legge, nonché una diversa disciplina della votazione finale nel regolamento della Camera. Fra l'altro l'eliminazione dell'obbligatorietà del voto segreto consentirebbe il superamento della questione del doppio voto, non essendo più applicabile, nella fattispecie, l'ultima parte dell’ articolo 116 del regolamento della Camera, che prevede la doppia votazione (palese e segreta), dei progetti di legge consistenti in un solo articolo, su cui il Governo abbia posto la questione di fiducia. In ogni caso, allo scrutinio segreto non si deve ricorrere per approvare ogni e qualunque legge. Vi sono molte leggi che non hanno grande importanza, o non sollevano divergenze; e possono benissimo essere votate per alzata e seduta, per divisione, per quello che sia, senza promuovere la macchina enormemente ritardatrice dello scrutinio segreto. Saranno una semplificazione ed un acceleramento dei lavori delle Camere. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

giovedì 12 settembre 2013

Magheggi burocratici

Ritengo la nostra nuova classe dirigente politica un po’ carente in cultura democratica, esperienza ed anche tensione morale. Difatti, una volta posta a capo dei Ministeri, non sapendo bene come comportarsi, spesso è costretta a ricorrere all'aiuto degli alti burocrati che hanno un enorme potere. Tanto è vero che, che da esperti marpioni, guidano i ministeri, determinandone gli indirizzi. Ecco che quindi, leggi, decreti legge, decreti ministeriali, che abbisognano dei relativi decreti per il regolamento per poter entrare in funzione, vengano spesso azzerati rendendo del tutto superflua la norma di legge. La recente vita politica italiana è infatti piena zeppa di leggi mai entrate in funzione per l'assenza dei decreti di attuazione. Questo appunto capita perché gli alti burocrati, non più frenati dalla competenza dei politici di una volta, trovano ora più spazio per i loro magheggi: del resto, quando manca la capacità dei politici i burocrati hanno la possibilità di bloccare una norma di legge voluta e conquistata dai cittadini. Se volessimo davvero tagliare i poteri all’alta burocrazia, noi elettori dovremmo cercare di eleggere politici veramente competenti, come quelli di una volta. Purtroppo non mi sembra di vedere più in giro -tanto per fare alcuni esempi- personaggi dell’alto livello di Sandro Pertini, Alcide de Gasperi, Enrico Berlinguer, Palmiro Togliatti, Giulio Andreotti, Giorgio Almirante, Piero Calamandrei, Pietro Nenni , Giuseppe Saragat, Ugo la Malfa, Giovanni Spadolini, Antonio Gramsci, Giovanni Malagodi, Aldo Moro, Corrado Bonfantini o Rossana Rossanda. In realtà l’alta burocrazia, quando ci si mette, sa essere refrattaria in modo risoluto ai cambiamenti che, andando a loro sfavore, sono invece orientati nella direzione della semplificazione della vita della gente comune. Invero molte situazioni per essere risolte non avrebbero bisogno né di grandi né di piccole riforme. Ma solo di un pizzico di buon senso. E di rispetto per le persone. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

martedì 10 settembre 2013

Immunità parlamentare

I libri di diritto costituzionale ci insegnano che un parlamentare, nel periodo in cui svolge le sue funzioni, è circondato da una garanzia di impunibilità. Infatti, come afferma la Costituzione italiana all'art. 68, egli non può essere chiamato a rispondere delle opinioni espresse e dei voti che avrà dato. Perché si possa perquisire, arrestare, processare un parlamentare è necessaria l'autorizzazione (che, dopo la riforma costituzionale dell'ottobre 1993, non è invece richiesta per condurre un'indagine nei suoi confronti) della Camera a cui appartiene. Se l'autorizzazione viene negata, la magistratura non potrà procedere in alcun modo. Naturalmente, allo scadere del mandato parlamentare, il deputato o il senatore perdono il diritto all'immunità e tornano a essere come tutti gli altri cittadini, quindi perseguibili per i reati eventualmente commessi. Scopo dell'immunità parlamentare è quello di tutelare i membri del Parlamento nella loro libertà e indipendenza. Precisamente i nostri padri Costituenti, a causa del complesso rapporto tra politica e magistratura (temendo quei settori della magistratura che si erano formati sotto il fascismo e che potevano quindi perseguire obiettivi punitivi nei confronti della nuova classe politica democratica) decisero di introdurre un’ampia immunità parlamentare inserendo la clausola nell'articolo 68 della Costituzione, poi modificata con la riforma del 1993 sull'onda emotiva delle inchieste di Mani Pulite. Di fatto l’originario articolo 68 intendeva tutelare i parlamentari in una Italia appena uscito da una lunga dittatura non basandosi su motivazioni di tipo garantista, dato che l’immunità parlamentare era allora considerata una garanzia a tutela dei rappresentanti del popolo e non un privilegio di casta. Alcuni Costituenti non furono però mai del tutto convinti dal contenuto di questa norma, temendo che potesse finire con l’incoraggiare i deputati a infrangere la legge, come del resto sarebbe infatti più volte avvenuta. Conclusione: la legge non è uguale per tutti e se non ci mettiamo in politica finiremo col vedere il sole a strisce.... Per cui iniziare a togliere certi medievali privilegi sarebbe meglio, altrimenti da domani ogni cittadino potrà dire: mi hanno condannato perché il giudice era comunista. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

venerdì 6 settembre 2013

Il ruolo dei Senatori a vita

Il ruolo dei Senatori a vita Claudio Abbado, Elena Cattaneo, Renzo Piano e Carlo Rubbia sono stati nominati senatori a vita dal Presidente Napolitano. Queste nomine potrebbero assumere l’importanza che i senatori a vita ebbero nel sostegno del governo Prodi, con l’aiuto alla formazione di un Letta bis che potrebbero alterare gli equilibri tagliando fuori il pdl. Al di là del fatto che Abbado e Rubbia nel 2008 sono stati multati per evasione fiscale per residenza fittizia a Montecarlo, c’è senz’altro da considerare che la matrice della nomina di queste quattro personalità a senatori a vita a ventimila euro al mese l'uno sia politica. Infatti molti sono convinti che i nuovi senatori appoggeranno un nuovo governo di centrosinistra, questa volta senza doversi alleare con il PdL. E questo affrancarsi dal centrodestra vale ben più del milione di euro l'anno che i nuovi senatori costeranno ai contribuenti in un momento di grandissima difficoltà economica per il Paese Del resto Letta ha ripetuto spesso questo non è il Governo che lui voleva, avendo dovuto chiedere il contributo del centro destra però, nella malaugurata ipotesi che il Letta 1 cadesse, lui sarebbe ben contento di riproporre un Letta 2 con il solo aiuto di una manciata di ex PdL, una spruzzatina di senatori a vita (gradito omaggio del Presidente) ed un pugno di fuggiaschi 5S, potendo dire stavolta che il PD governa finalmente da solo senza le detestate larghe intese. A questo punto mi domando se il ruolo e la funzione dei senatori a vita sia proprio questo, cioè quello di poter intervenire pesantemente, come ago della bilancia, nella formazione di un nuovo Governo. A seguito delle modificazioni introdotte con la legge costituzionale n. 2 del 9 febbraio 1963, l’articolo 57 della Costituzione italiana definisce un numero fisso per i membri del Senato della Repubblica italiana: sono 315, di cui la maggior parte (309) eletti su base regionale (in proporzione alla popolosità delle regioni stesse) e i rimanenti (6) nella circoscrizione Estero. A questi, tuttavia, vanno aggiunti i cosiddetti “Senatori di diritto e a vita”, carica onoraria che, come evidenzia l’art. 59 comma 1, spetta -salvo rinunzia dei diretti interessati- a chi ha rivestito il ruolo di Presidente della Repubblica. Lo stesso Presidente inoltre, nell’arco del suo mandato «può nominare senatori a vita cinque cittadini che hanno illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario» (art. 59 comma 2). Non è ancora stato del tutto chiarito se con quel “cinque cittadini” la Costituzione voglia indicare il numero massimo di senatori nominabili per ciascun mandato (prima interpretazione) o il numero massimo di senatori a vita ammissibili in Parlamento (seconda interpretazione). E’ quindi giusto che in un ramo del Parlamento possa sedere un ristretto nucleo di personaggi illustri (scienziati, grandi imprenditori, artisti o ex Presidenti della Repubblica). Si tratta di persone che, benché non elette, possono dare un importante contributo di competenza e di esperienza. Diverso il caso se costoro risultano decisivi anche in momenti cruciali della vita politica. Per esempio per garantire, con il loro voto, la maggioranza ad un governo. In tal caso non essendo i senatori a vita eletti dal popolo -trattandosi di ex Presidenti della Repubblica o di senatori di nomina presidenziale- risulta chiaro che il loro voto possa rappresentare un'alterazione degli equilibri parlamentari espressi dalle elezioni. Per questo motivo ritengo giusto rivedere il ruolo dei senatori a vita, introducendo alcuni limiti alla loro azione parlamentare e riducendone anche il numero. Del resto se si deve tagliare il numero dei parlamentari è giusto che lo sia anche quello dei senatori a vita. Alla fin dei conti nominare questi senatori a vita -remunerando con circa ventimila euro quattro persone non elette, che parteciperanno a poche sedute, e non hanno alcuna competenza specifica nella stragrande maggioranza delle questioni discusse in Senato- ha finito con il diventare un messaggio negativo dato agli elettori, già indignati, in questo periodo di antipolitica dilagante, sui costi e i privilegi della politica. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

martedì 3 settembre 2013

SIRIA: una situazione terribile e confusa

SIRIA: una situazione terribile e confusa Lo scenario siriano è sfuggente: c’é uno stato legittimo contestato militarmente da ribelli. La morte di civili causata da armi chimiche ha estremizzato un conflitto a media intensità dove erano già presenti, direttamente o indirettamente, una decina di stati. Lo schieramento militare sul suolo siriano è composto da due fronti: il fronte governativo, sostenuto direttamente dalla Repubblica iraniana ed indirettamente da Russia e Cina ed il fronte dei ribelli, nel quale sono impegnati direttamente i paesi della penisola arabica e la Turchia. In supporto indiretto ci sono Usa e Francia, mentre semi neutrale resta la Germania e neutrale il resto d’Europa, inclusa l’Italia. A questo punto c’é però la seria possibilità che gli Stati Uniti mettano in campo la loro potenza militare per ridurre i contendenti alla ragione. La politica estera Usa suscita da sempre posizioni contrastanti. Anti-americanismo irriducibile e visioni acritiche verso la Casa Bianca si contrappongono senza soluzioni di continuità ed anche nel caso della Siria stiamo assistendo a questo copione. Infatti mentre alcuni sostengono che il possibile intervento Usa sarebbe una inaccettabile ingerenza negli affari interni di uno Stato sovrano, nascondendo interessi politico-economici, altri sostengono invece che non intervenire sarebbe un errore poiché gli USA non possono permettersi una politica estera isolazionista. La realtà è che il ruolo degli Stati Uniti come "gendarmi del mondo" è ormai insostenibile sia dal punto di vista politico che da quello economico. Ma non si può pensare che gli Usa, per il peso che hanno negli equilibri geo-politici globali, possano chiamarsi fuori di fronte ad aree di crisi come quella mediorientale perché la credibilità e il ruolo di grande potenza degli Stati Uniti ne risentirebbe eccessivamente. Tuttavia nel caso della Siria ci sono alcuni fattori che sembrano giocano a sfavore dell'intervento militare. Difatti, se è vero che Assad ha fatto uso delle armi chimiche, è anche vero che l'amministrazione statunitense ha avuto sulla Siria una posizione non sempre lineare e forse anche questo contribuisce a spiegare l'atteggiamento sfavorevole dell'opinione pubblica americana che è in maggioranza contraria all'intervento armato. A ciò si aggiungono le legittime perplessità di Paesi storicamente alleati (Italia compresa) che oltre a indebolire la posizione di Obama, rischiano di farlo apparire come unico responsabile dell'operazione siriana. Che Assad sia un dittatore,è fuori questione, ma non lo sono anche i vari Emiri, Re e Sultani dell'Area? Ed inoltre, in caso di attacco ad Assad, verrebbero col finire ad essere aiutati Al Qaeda, i Salafiti, i Jahidisti, l' Iran ed Hezbollah. In ogni caso ritengo che il Presidente Obama sia costretto a tenere questa posizione, ma dentro di sé speri che il Congresso voti contro, togliendogli le castagne dal fuoco rendendo così impossibile l'intervento militare. Comunque l'ago della bilancia in questa drammatica vicenda è Israele che spero non venga attaccato, come lo è stato durante la prima guerra del Golfo, anche se in quell’occasione non ha reagito. Questa volta però, succube della continua violenza islamica e del potere delle minacce palestinesi, potrebbe però decidersi di chiudere la partita per sempre con i vicini litigiosi. Del resto Israele e’ una nazione sovrana, non una colonia Usa o europea. Noi europei, infatti, non riusciamo a volte a liberarci dai nostri antichi vizietti, antisemitismo e colonialismo, basti pensare al fatto che Gerusalemme che esiste non è riconosciuta come capitale di Israele, mentre la Palestina che non esiste e’ riconosciuta da noi europei e dal mondo intero. Sarò disincantato ma, da parte mia, non vedo altra strada percorribile che quella di condividere l’appello di Papa Francesco che, intervenuto sul problema Siria nel corso dell’Angelus di domenica, ha gridato: “Mai più guerra. Guerra chiama guerra, violenza chiama violenza”, facendo sue le parole di Papa Wojtyla che esattamente dieci anni fa fece lo stesso tipo di appello alla vigilia della guerra in Iraq. Sì, mai più la guerra! Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

lunedì 2 settembre 2013

Buffi pensieri: Nannarella, Kit Carson, Bob Dylan e nuova povertà

Buffi pensieri: Nannarella, Kit Carson, Bob Dylan e nuova povertà Entro nel bar di Gioacchino. Bar Magnanti, di Piazza Scipione Africano. Mando giù una birra. Un amico mi stringe la mano. Dà un'occhiata al suo orologio digitale da quattro soldi: "Scusami tanto ma devo scappare. Mia moglie mi sta aspettando". E sparisce. Rimango seduto per un pò. Un'altra birra. Scura. Santo Dio, chissà perché sto pensando ad un collega. La prima volta che ho posato gli occhi su di lui, mi ha lanciato uno sguardo così cattivo che mi sono fatto il segno della croce. E da allora non é cambiato nulla: risposte monosillabiche, occhi che si evitano, quello strano sguardo cattivo. Con lui non sono a mio agio. Una persona negativa e noiosa. Non c'è più niente da fare. Rischia di trascinarti, psicologicamente, al suo stesso livello. E' un buco nero di disperazione. Scuoto la testa. Sul bancone, una rivista. Con Nannarella in copertina. Quel giorno del 1973 è stato uno di una lunga serie di giorni tristi, segnati dal grigio dell'inverno, che ogni tanto viviamo. Quel giorno é morta Anna Magnani. Ah, dimenticavo: sono romano, abito ad Ostia e mi chiamo Mario. Ho i capelli talmente bianchi, che a volte mi dicono che assomiglio a Kit Carson, il pard di Tex, che tra i pellerossa Navajo è proprio per questo motivo soprannominato Capelli d'Argento. E considero Anna Magnani la massima rappresentante del teatro e del cinema neorealista italiano. Ritengo che nel 2008 il centenario della sua nascita poteva anche essere celebrato meglio, come del resto è avvenuto per gli anniversari di Rossellini, Soldati e Visconti. Forse la Magnani non gode di quella popolarità diffusa che ormai guida le strategie di marketing dell'industria e della cultura. Cavolo, non é nemmeno disponibile in dvd la sua interpretazione più celebre, la Pina di "Roma città aperta!" E dire che noi italiani, da più di cinquant’anni, abbiamo negli occhi e nel cuore quella corsa disperata dietro il camion tedesco che metteva la parola fine al suo più grande personaggio. Dopo cento anni, il suo volto identifica ancora il cinema italiano nel mondo. Nel 1955 ottenne l'Oscar come migliore attrice protagonista per "La Rosa Tatuata" di Daniel Mann. La sua paura dell'aereo e la convinzione di non vincere non la fecero andare a Hollywood. Difatti non presenziò alla cerimonia e non aspettò sveglia le notizie dagli Stati Uniti. Il giornalista che con una telefonata la svegliò per darle la notizia ebbe difficoltà a convincerla che non si trattava di uno scherzo. Due anni dopo ottenne un'altra candidatura per "Selvaggio è il vento" di George Cukor. Tennessee Williams, che per lei ha scritto "La rosa tatuata" ha detto: ''Non ho mai incontrato una donna più bella. Non posso fare a meno di seguire il nome di Anna Magnani da un punto esclamativo''. Ehm...lei, nata a Roma il 7 marzo del 1908, ha amato sempre la città eterna, dove ha abitato fino alla sua morte nel 1973. Occhi di brace. Capelli sempre arruffati. E scuri. Una proverbiale impulsività. Mi sembra di sentire ancora la sua risata. Irridente. Canzonatoria. Gioiosa: la risata di Nannarella. Pino Daniele le ha inoltre dedicato "Anna verrà" . Una bella canzone. Barcollo. Un tizio mi guarda "Stai in guardia, amico. Birra scura. Una fottuta dinamite, amico". "Ehm...davvero?" Annuisco, sorridendo, e mi guardo intorno, sperando che si sbagli. Wow. Adesso sono seriamente agitato. Mi sento come se mi avessero dato un pugno nello stomaco e sono così frastornato che a malapena riesco a tenere la testa dritta. Mi sgranchisco le gambe. Una passeggiata sul lungomare mi farà bene. Che birra. Forte. Mh-mh. Come la personalità di Nannarella. La nostra magnifica "lupa romana". Mentre passeggio accendo il mio MP3. Perfetto: Bob Dylan. Sono da sempre un grande fan di Bob Dylan ed ascolto i suoi dischi da quando avevo undici anni. Questo grande artista ha, a mio parere, influenzato assolutamente tutto il paesaggio musicale degli ultimi 40 anni. Sono, difatti, sicuro che Dylan conosce pochissimi accordi eppure la sua esecuzione ha sempre qualcosa di speciale, di riconoscibile. Ci sono degli errori che sono diventati parte del suo suono. Del resto, per la prima volta introdusse l'elemento civile nelle canzoni. È lui che ha creato la canzone civile, parlando anche della guerra nucleare. Per me Dylan è la quintessenza del rock'n'roll. Ho cominciato ad ascoltarlo a metà dei Sessanta, quindi non l'ho mai considerato un cantautore o un poeta folk; per me lui era rock, elettricità, movimento. Quando, per esempio, canta "Hurricane", sembra il canto di un pugile, di un combattente e penso che si possa ben dire che, come Elvis ci ha liberato il corpo, Bob Dylan ci ha liberato la mente. Poi, a proposito di un suo famoso brano "Highway 61 Revisited", mi piace ricordare che, la prima volta che l'ho ascoltato, sono rimasto affascinato dai suoni di tutti gli strumenti che ci sono in quel disco. Veramente emozionante. E’ senz'altro vero che è difficile dire su Dylan qualcosa che non sia già stato detto, e magari dirlo anche meglio. Basterà forse ribadire che Bob Dylan è un pianeta ancora inesplorato. Per un cantautore lui è indispensabile almeno quanto lo sono per un falegname chiodi, martello e sega e, come ha detto parlando di lui un altro grandissimo della musica internazionale, Tom Waits, che io condivido pienamente: "In Dylan sono importanti anche i fruscii dei suoi bootleg degli anni Sessanta e Settanta. Lui vive nell'essenza delle sue canzoni". In questi giorni è uscito il capitolo n. 10 di The Bootleg Series la megaopera che ripubblica l’intera produzione di Bob Dylan. Stavolta in due cd (4 in edizione deluxe) ci sono 35 rarità e incisioni inedite 1969-1971, compresa l’intera registrazione della performance al Festival dell’Isola di Wight, re-mixata dai nastri originali, una inedita Only A Hobo e When I Paint My Masterpiece in demo. Grande, grandissimo Dylan. Giù il cappello, anche da settantaduenne continui ancora a stupirmi! A quando il Premio Nobel per la letteratura? Arrivato al Pontile, mi appoggio al bordo con il vuoto sotto ai piedi.. Guardandomi male, mi passa accanto una signora con una bocca che sembra abbia appena morso un limone. Guardo il mare contando il numero delle barche di passaggio o quello dei piloni delle reti che i pescatori hanno buttato al largo e che, a distanza, sembrano una colonia di gabbiani o le teste di migranti naufraghi. Osservo anche l’ondulazione di pance e glutei dei bagnanti in transito con qualche, episodica, soddisfazione dei sensi. E qui, davanti al mio mare, penso a tante cose. Alla povertà, ad esempio. Infatti, osservando per un attimo con un po’ più di attenzione quello che c’è intorno a me mi sono accorto improvvisamente di un fenomeno allarmante: l’uomo della porta accanto è povero. Se prima tirare a campare era l’impresa di anziani e immigrati, ora sembra che la povertà non faccia più tante distinzioni. Trasversale, strisciante, si è infiltrata in tutte le fasce sociali. I nuovi indigenti sono intere famiglie, che improvvisamente si ritrovano senza reddito e devono combattere contro l’affitto mensile, le bollette, le spese per vivere. I nuovi poveri sono clochard per forza e dalle facce molto giovani. Basta guardare attentamente intorno a noi per notare che questo fenomeno è in aumento, così come quello dell’alcolismo giovanile. E nel girone degli indigenti ci sono anche molte persone vittime degli usurai, magari perché dovevano pagare le medicine o ristrutturare la casa. Simonetta ha sentito dire da alcune sue amiche che gli italiani che chiedono aiuto ai centri di assistenza di Ostia sono ultimamente aumentati rispetto agli immigrati. Molti tornano dai parenti, al paese d’origine. Altri stanno peggio, come due giovani ex tossicodipendenti che vivono in città dentro una macchina, vicino al Monte Testaccio, come mi ha detto mio fratello Stefano. La povertà è cambiata. Sembra un paradosso, ma ora può toccare tutti, compreso il dirigente d’azienda. Sembra, difatti, che ci sia in giro una nuova povertà nascosta e vissuta con dignità. Del resto povero è anche chi ha un lavoro sottopagato e se lo tiene stretto: la sopravvivenza è fatta di uno stipendio di mille euro al mese per due persone, secondo il cosiddetto indice di povertà relativa, come è lo stipendio medio, per esempio, di uno statale. E sono sempre di più le persone che d’estate restano a casa perché non possono permettersi più la vacanza. E’ proprio il caso di dire che a Roma ci sono poveri in una città sempre più cosmopolita. Molte persone con pensioni di importo pari o inferiore al minimo, tanti anziani vivono soli. La disoccupazione è l’anticamera della povertà. Ma lo Stato e le varie autorità competenti non potrebbero cercare seriamente di porre un freno a questa triste situazione e, con un brusco testa-coda, provare, una volta per tutte, ad invertire il senso di marcia risolvendo questi scottanti problemi, riportando i cittadini a condizioni di vita più tranquille? Purtroppo il mondo è fatto per i furbi. Non per i venditori di sogni, come me. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)