venerdì 30 dicembre 2011

10 anni fa moriva la lira




Che strazio: mi debbo recare ad un convegno economico all’Hotel Exedra. Si parlerà della morte della lira, avvenuta dieci anni fa. Cavolo: nessun altro collega voleva andarci e così hanno incastrato me. Esco dall’ufficio. L’Hotel Exedra si trova in quella che una volta erta piazza dell’Esedra -perché sorta ricalcando l’emiciclo delle vaste Terme di Diocleziano, di cui ancora si possono ammirare le rovine poco distanti- e che, dagli anni Cinquanta, prende il nome di Piazza della Repubblica. Ma noi romani non ci siamo mai abituati al cambiamento e, nonostante il tempo trascorso, continuiamo a usare al precedente denominazione. L’albergo di lusso è davanti alla grande Fontana delle Naiadi, sul lato sinistro della piazza. Entro nell’hotel passando davanti a un portiere in cilindro e livrea. La luce dei lampadari di cristallo è riflessa dai marmi pregiati, gli arredi sono sfarzosi. Mi soffermo nella lobby come un cliente qualsiasi, chiedendomi come fare a rintracciare la sala convegni. Sto per chiedere al portiere dove si trova questa sala, quando mi volto e vedo un collega della Presidenza fermo sulla soglia dell’hall. Fra le sue mani, una cartella. Nei suoi occhi, l’oscuro bagliore dell’odio. Diamine, è la vigilia di capodanno e siamo stati precettati ad una riunione di questo genere! Entriamo, la sala è affollata. Ci sediamo in terza fila. Dopo pochi minuti l’oratore, un noto professore universitario, economista di grido, inizia a parlare. Così vengo immediatamente informato che, quando l'euro entra in vigore, il primo gennaio 2002, presidente della Repubblica è Carlo Azeglio Ciampi, a Palazzo Chigi siede Silvio Berlusconi per la seconda volta, e l'Istat certifica un pil in crescita dell'1,8% e un rapporto deficit-pil all'1,4%. Il mondo è ancora sconvolto dall'attacco alle Torri Gemelle. Dopo l'ingresso dell'euro la situazione non cambia con una crescita che malgrado tutti i tentativi resta costantemente sotto il 2%. La crisi globale generata dal crac Lehman Brothers porterà il prodotto interno lordo a calare dell'1,2% e addirittura del 5,1% rispettivamente nel 2008 e nel 2009. Il resto è storia recente, con la crisi del debito sovrano che minaccia la tenuta stessa della moneta unica e da luglio si concentra proprio sulla scarsa crescita dell'Italia. Sembrerebbe andare meglio per quanto riguarda la disoccupazione, che è quasi al 9% (8,9 ad ottobre 2002) pochi mesi dopo l'ingresso della nuova valuta e si porta sotto il 7% negli anni successivi per poi risalire, per colpa della crisi, all'8,5% a dicembre scorso. Sostanzialmente riuscita è invece la corsa al contenimento del deficit, che si fissa al 3,2% nel 2002 (sopra la soglia del 3% prevista da Maastricht ma in compagnia di Francia e Germania) per poi scendere nel corso degli anni, salire nuovamente, ma in misura nettamente meno drammatica rispetto agli altri Paesi europei all'apice della crisi. Drammatica resta invece la crescita del debito pubblico negli ultimi anni, passata dal 108% sul pil nel 2002 al 119% nel 2010 per sfondare la soglia del 120% quest'anno. Stagnante, infine, al pari della crescita italiana appare la dinamica dei salari, sostanzialmente invariati nel corso degli anni: 1.215 euro lo stipendio medio italiano nel 2002, 1.286 nel 2010 con un tasso di inflazione nel frattempo salito intorno al 2% ogni anno: 2,5% nel 2002, sotto il 2% nel 2004 e nel 2006, all'1,3% nel 2009, per poi superare il 3% nel 2007 e superare questo livello a ottobre 2011 (3,4%) e novembre (3,3%). E dire che il primo gennaio 2002 il debutto era stato entusiasmante. Nessun problema tecnico, nessun impazzimento dei bancomat nella notte del changeover, ma solo l' utilizzo dei kit arrivati prima di Natale per far prendere confidenza agli italiani con la nuova moneta. La valuta segnava l'addio a storiche monete, la millenaria lira, il franco, il fiorino e anche il leggendario marco tedesco, sulla cui solidità la nuova moneta fu disegnata, modellata e ancorata alla Bce, la banca centrale europea di nome ma tedesca di fatto, in cambio del sì tedesco alla valuta transnazionale. Undici furono i pionieri tra cui, non senza fatiche e consueto impegnativo rush, anche l'Italia, che per adottare l'euro da subito impose anche una tassa apposita. Assente la Grecia che avrebbe avuto un anno di tempo in più per aggiustare i propri conti pubblici. Oggi sono 17 e, non perché il numero almeno da noi porti sfortuna, l'euro è entrato in crisi profonda, assaltato dagli speculatori, con una banca centrale impegnata a difenderlo senza poter però stampare autonomamente moneta o farsi garante di ultima istanza dei debiti pubblici dei Paesi membri. Dopo due ore il convegno finisce. Usciamo. Istintivamente, protengo una mano verso l’amico, come per salutarlo. Lui si rivolge a me: “E ‘ proprio vero, l’euro ha compiuto dieci anni, ma non è un compleanno felice”. Rispondo: “In effetti, é così”. E lo saluto. Bè che dire ancora: Buon 2012 a tutti! Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

giovedì 8 dicembre 2011

Dlin dlin dlin è Natale, papà!




Il 20 aprile 1992 è morto mio padre, Antonio Valeriano.
Ne è passato di tempo, ormai, ma il ricordo è ancora vivo.
Bruciante.
Proprio come allora.
Da quando papà non c’è più, mi sento ancor più legato a lui.
Perché mi manca.
Probabilmente è il segno di una volontà che ci vuole legati per sempre.
Mi manca il suo umorismo, la sua acuta osservazione degli altri.
Mi manca la sua educazione, la sua cultura che non esibiva mai.
Mi mancano i giorni di Natale passati insieme a lui.
Mi mancano le sue parole, i suoi messaggi, le sue battute con i tempi comici perfetti.
Mi manca la sua faccia tonda, aperta e fiduciosa.
Con un accenno di opulenza che lui per altro portava con molta leggerezza.
Mi manca la sua stuzzicante ingenuità sempre pronta a rilevarsi in un sorriso.
Queste sono le cose che ho perduto.
Sì, sono un sentimentale, ma anche a essere troppo schematici è pericoloso.
Vedere tutto in bianco e nero.
Ricordi…
Tornano sempre, anche quando non dovrebbero…
Brandelli di passato.
Stilettate di dolore, di angoscia.
“La vita è solo un sogno.”
Quella frase, le ultime parole di un uomo che credevo invincibile.
Immortale.
Questo é il diciannovesimo Natale che papà non c’è più.
E oggi vorrei tanto telefonargli per dirgli, sottovoce, che gli voglio sempre bene.
Che lo ricordo com’era veramente: un papà speciale.
Unpapà intelligente.
Soprattutto un papà buono.
Buon Natale, papà!
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

mercoledì 30 novembre 2011

Sara Pulimanti


Oggi Sara Pulimanti, la figlia di mio fratello Stefano, compie 6 anni.
Sara, infatti, è nata il 30 novembre 2005, proprio nel giorno di S. Andrea, festa del Santo patrono di Collevecchio, paese d’origine di noi Pulimanti.
Buon compleanno, Sara.
Certo deve essere dura spegnere tutte quelle candeline…!!!!
Ti Auguro di toccare sempre le Stelle.
Tuo zio Mario ti fa un mare di auguri!!!
AUGURI… TANTI AUGURI.

lunedì 31 ottobre 2011

Un uomo di sabbia in riva al mare di Ostia




Oooooh!
C’è molto vento oggi a Ostia.
Sopra di me, il cielo.
Un cielo terso, limpido, senza una nuvola.
Un cielo altissimo, senza punti di riferimento.
Un cielo impossibile da poter misurare.
Qualcuno mi minaccia? Non siamo arrivati a quel punto. Qualcuno mi tormenta. Ma c’è dell’altro. Qualcosa mi turba. Soprattutto in ufficio. Sono disorientato da come va il mondo e cerco delle risposte. Forse sto guardando nei posti più sbagliati, ma intanto guardo. Cosa c’è di male nel desiderare la pace nel mondo? Niente. Vedo un futuro per niente roseo davanti a me. Scuoto la testa. Non lo so. Potrebbe essere tutto diverso. Oh, sì. Suppongo. Per tutti gli dei, l’unica soluzione è alzarsi e provare a fare qualcosa per distrarmi.
Cazzo, ho bisogno di un caffè. Subito.
Mi trovo all’angolo tra via delle Triremi e via delle Zattere.
Sudato, spettinato e incazzato come un maiale a gennaio, avanzo inesorabile verso il bar di Gioacchino.
Mi piace l’odore che c’è al bar Magnanti. E’ un caffè molto ampio e pur non possedendo nessuna parete divisoria o saletta, è comunque possibile grazie alla contemporanea presenza di tavolini con sedie e di angoli con piccoli divanetti e poltroncine, intrattenersi nella conversazione godendo del giusto grado di riservatezza. E’ un bar contrassegnato da un clima di grande familiarità.
L’acqua scrosciante nel lavandino del bancone e lo sbuffare del vapore della macchina per il caffè, sembrano essere la musica d’accompagnamento alle voci di Carmelo e Michele.
Sorseggio piano dalla tazza.
Man mano che il vetro indugiava verso la bocca, sento aumentare l’odore del caffè: una vera delizia! Mi scende in bocca e poi giù, giù, scorrendo, nell’esofago e ancora oltre. Tre sorsi. Tre lunghi sorsi e il rito é compiuto. Poso il bicchiere sul bancone, accanto al piattino, saluto Carmelo e mi volto verso la cassa per pagare il conto a Giovanna.
Esco dal bar.
Mi avvicino al mercato di Piazza Quarto dei Mille: glorioso mercato di abbigliamento e merce varia del Mercoledì e Sabato di Ostia.
Arrivato lì vicino, a via Dante Vaglieri vedo uomini e donne dall’aspetto sconsolato seduti per terra tra merci disposte su vassoi o pezzi di stoffa: orologi, cianfrusaglie e gioiellini da poco prezzo in pelle e argento.
Subito dopo, lungo via Stefano Cansacchi, si trova un tetto irregolare, rattoppato, di plastica e lamiera ondulata, che copre rastrelliere di tessuti dai colori brillanti e tavoli ricolmi di libri di seconda mano.
Verso via degli Aldobrandini c’è il mercatino dei prodotti rom. E’ una sorta di lingua rudimentale che sporge dall’apertura ad arco di un ampio fabbricato bruciato, brulicante come un alveare di zingari e loro clienti.
Certo, sarebbe opportuno evitare la formazione abusiva di luoghi di commercio con vendita di oggetti di dubbia provenienza.
All’interno, la strada si divide, diramandosi confusamente tra rotoli di tappeti, barattoli di spezie rosse e gialle, mucchi di frutta, altri indumenti e rotoli di brillante tessuto sintetico. Forse il mercato rom è realmente una specie di griglia di passaggi, ma appare come un formicaio caotico.
Giro per via San Pier Damiani. Un profumo caldo, gradevolmente confuso, è nell’aria, di sale e zucchero bruciato; di nocciole tostate, zenzero, cipolle e carne che frigge. Riesco a malapena a muovermi, tanta è la gente.
Non sono propriamente alla ricerca di un chiosco preciso; ma le prime bancarelle verso cui la folla mi ha trascinato non sono ovviamente adatte ai miei gusti: più che altro vi si vendono ciondoli d’argento su cinghie di pelle.
Poi mi trovo di fronte a uno stand più ampio, brillante di luce che si riflette su gioielli e quadri dorati. Ci sono gocce di ambra che pendono da catene d’argento e dai ganci degli orecchini, spille a forme di ragno e -vedo non appena riesco a liberarmi dalla folla che mi circonda- statuette d’imitazione romana e una serie di ampi vasi rosso carne, a forma di grossi globi, di marmo o di un materiale molto simile. C’è una donna seduta al centro del chiosco, su una sedia di legno, con le gambe distese. E’ pesante e tarchiata, e sarebbe sembrata fuori luogo in mezzo a tante cose scintillanti se non avesse quella espressione decisa di possesso. Si alza, al mio ingresso, con sguardo inquisitorio. Una donna più giovane, intenta distrattamente a spolverare una figura di cane, la imita. Le saluto e vado via.
Mi è venuta fame: entro in un locale.
Mi viene incontro la grande cuoca, il vanto del ristorante.
Bassa, grassa, ma compatta, di un grasso sano, da giovane doveva essere una bella bambolina in carne, di quelle che oggi non vanno più di moda ma sotto le lenzuola fanno scintille lo stesso.
Ora, nonostante le braccia grosse come polpettoni, rimane qualcosa dell’antica grazia: da come tiene la testa, mento alto e sguardo dardeggiante, che stona un po’ col grembiulone e le mani infarinate.
Rigatoni alla carbonara. Ottimi, però aggiungo altro pecorino grattugiato. Baccalà alla trasteverina. Con uvetta e pinoli. Sublime. Fiori di zucca fritti. Ottimi. Bianco di Frascati: che delizia!
Sto meglio.
Supero il Pontile.
Supera la cupola di Regina Pacis.
Passo davanti al teatro Nino Manfredi di via dei Pallottini, gestito da miei grandi amici.
Entro, li saluto e vado via.
Camminando, camminando, camminando, arrivo al Porto.
Nel frattempo, rifletto: l’istinto della nutrizione e quello sessuale ci sono necessari, giacché senza dureremmo ben poco: eppure vengono tenuti come materia vile, e a parlarne in pubblico c’è il rischio di passare per depravati.
Intanto, si è fatta sera.
Torno a casa.
Accendo la TV. Stanno trasmettendo una vecchia partita. E che partita: Italia-Germania. Stadio Azteca di Città del Messico. La partita del secolo. 4-3. Era il 17 giugno di 37 anni fa. 17 giugno 1970. E’ quasi mezzanotte, quando sento la porta d’ingresso aprirsi e richiudersi. Alex e Gabry. “Dove siete stati” gli chiedo quando Gabriele entra in soggiorno con i suoi jeans chiari e una maglietta rossa. Ha gli occhi un po’ stanchi, ma a parte questo sembra che stia bene. “Che bella accoglienza” replica. “Vuoi rispondermi?” “Se proprio lo vuoi sapere, sono stato all’Entropia.” “Dove si trova?” “A via Poggio di Venaco”. “E che succede lì?” “Non succede un bel niente. C’è birra buona. La gente canta canzoni e si diverte.” “Puzzi di fumo.” “E’ un pub, papà. La gente fuma. Senti se hai intenzione di assillarmi in questo modo, me ne vado a letto. Devo andare all’Università domani, non te lo ricordi?” E con questa ultima frase Gabriele va a passi pesanti nella sua stanza. Faccio per andargli dietro, ma incontro Alex e gli chiedo se è stato anche lui con Gabry. Mi trattiene per il braccio. “No, papà. Io sono andato all’Idrovolante, il circolo di via Casana”. Sento Gabry fare rumore in cucina, tirare l’acqua del bagno e chiudere la porta della sua camera da letto. Lo raggiunge Alex. Ormai è impossibile tornare a guardare la partita. Ma anche andare a dormire, malgrado la stanchezza. Se avessi un cane lo porterei a spasso. Mi verso un dito di cognac e, mentre Simonetta fa finta di leggere “Gente”, io torno a guardare di nuovo la partita proprio mentre Muller mette dentro di testa il suo secondo gol, il terzo della Germania. Palla che supera Albertosi, insaccandosi tra il palo e Rivera che non riesce a intervenire, forse giudicando fuori il tiro. Tre a tre, con pochi minuti da giocare. Ma non è finita. Rivera, proprio lui non ci sta e trova il definitivo 4-3 che manda i tifosi increduli e felici come non mai, a esultare per le strade d’Italia. Resto a guardare la tivvù, finché nella stanza accanto tutto tace e si può andare tranquillamente a letto.
Prima di andare a dormire, entro in cucina.
Apro il frigo. Prendo un prosecco.
DOC, ovviamente!
Rassenerato, lo degusto.
Ma sì.
In fondo è bello risolvere i problemi così, no?
Va bene, caro amico che hai avuto il coraggio di leggermi fino a qui. E’ finita, puoi andare a casa. Va a casa a trovare la tua famiglia. Togliti quell’espressione, non sentirti così. Non è colpa tua. Non potevi fare altro. L’intera faccenda è strana. Sono tempi difficili quelli in cui viviamo. Questo è tutto.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

giovedì 27 ottobre 2011

Il profumo delle foglie di mimosa


Oggi è una giornata non tanto per la quale.
Vabbè, è stato un autentico shock scoprire questa notizia, che mi risulta molesta quanto il trapano di un dentista.
Colpito e affondato.
Ah, adesso sì che mi sono rovinato la giornata.
Devo ammettere che è duretto da sopportare.
Cristiddio.
Non l’ho fatta fuori dal vaso.
Non ho razzolato male.
E’ solo sfiga non avere santi in paradiso.
Ben poco nobili sono gli accostamenti tra Nostro Signore e vari animali da cortile che mi escono strozzati dalla gola, mentre una collega, china su di me, mi da la brutta notizia, premendomi sulla spalla destra.
Ma non si tratta di una punizione, no!
La povera collega architetta su due piedi questa fesseria per rimediare al fatto di essersi lasciata scappare una battuta di troppo, ma di solito dove c’è fumo c’è fuoco.
Per il momento decido di stare al gioco.
Lei è piccola, con i capelli raccolti in una treccia e le mani pienotte; sul corpo bisogna lavorare un po’ di fantasia, visto che è ingabbiato in un abito tra il saio e il silos. Poco male, visto che il punto di forza della collega sono gli occhi. Uno sguardo diretto, franco e sorridente; due occhioni scuri marezzati di verde che lo sanno benissimo che stamani non vi siete cambiati le mutande, ma vi fanno capire che in fondo sono affari vostri.
Adesso c’è da capire un’altra cosa: come mai sono stato trasferito? O meglio: qual è il senso di quello che sta accadendo? Chi è responsabile di questo stato di cose?
Continuo ad invocare il nome di Dio invano e anche piuttosto in malo modo mentre, individuati nella mia mente gli autori del misfatto, penso di convocare i presunti traditori a duello.
Ritenendo di essere stato offeso, sono convinto che sia giusto sparacchiare a questi fetenti seguendo le regole della buona educazione, seguendo punto per punto tutti i dettami riguardo ai padrini e all’offerta di cancellare le offese.
Posso, quindi, tranquillamente crivellarli senza che l’opinione pubblica ci trovi qualcosa da ridire.
Poi, mi calmo.
Cavolo, non sono mica deficiente.
Del resto ho sempre attribuito al destino un valore positivo. Ritengo che tutto sia arbitrario. Ci sono cose di fronte alle quali si è impotenti.
Che state dicendo? Che non mi devo lamentare? Dovrei, infatti, sapere che medici africani, avvocati albanesi e chimici iracheni fanno i posteggiatori abusivi sul Lungomare di Ostia?
Non so cosa rispondervi.
Ma ora basta.
Ho la sensazione che è solo una totale perdita di tempo inseguire questi pensieri.
Mi hanno fatto nero.
Ho tanto bisogno di fermarmi.
Allora torno a casa.
Il breve pomeriggio di questo fine ottobre sta spegnendosi in un prematuro crepuscolo.
La mia stanza è al buio.
Penso a mio padre.
Di che cosa è morto?
Della stessa cosa di cui muoiono tutti, alla fine: per una serie di circostanze.
Aveva una malattia che non poteva essere curata.
Non c’è stato nulla da fare.
Ma adesso è inutile parlarne.
Adesso.
Mmh. E allora dov’è il problema?
Mi chiedo: che c’è oltre la memoria?
Prendo un caffè.
Nessun problema: ora sto meglio.
Quasi soprappensiero ripulisco con il dito il caffè rimasto nella tazzina.
Il momento è passato.
Mi allento la cinta dei pantaloni con una smorfia di piacere.
Raccolgo il telecomando e passo pigramente da un canale all’altro, fermandomi infine su un telegiornale che guardo per qualche minuto con annoiata disattenzione, consapevole che mi si stanno abbassando le palpebre.
Non sto male.
Sono solo stanco, stanchissimo.
Non sono presuntuoso: diciamo che a spanne, nella scala della competenza mi sento sotto allo zerbino.
Forse il punto è questo: la semplice inutilità del tutto…bè, a torta finita, è così.
Non ha senso: qualcosa non torna.
Mi stringo nelle spalle. Non so se riuscirò a farmene una ragione.
A questo punto mi dichiaro battuto.
Bè, mi duole dirlo, però.
Non c’è nient’altro da pensare.
Non ho nient’altro da dire.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

domenica 9 ottobre 2011

Colleghi complici di un complotto contro di me

Il 20 giugno del 2011 ho subito un ordine di servizio di selvaggia gravità.
“Sono il disperato, la parola senza eco,
colui che tutto perse, e colui che tutto ebbe”.
Complici di un complotto hanno aspettato un cambio di guardia, per addossare ad altri ciò che loro escogitavano da tempo a mio danno.
“Ecco la solitudine da dove sei assente.
Piove. Il vento del mare caccia gabbiani erranti”.
Quanta gente orribile che c’è al mondo…senza scrupolii veramente…e pagano gli innocenti…non è giusto tutto questo…non è giusto….
“Passano fuggendo gli uccelli.
Il vento. Il vento.
Io posso lottare solamente contro la forza degli uomini.
Il temporale solleva in turbine foglie oscure
e scioglie tutte le barche che iersera s’ancorarono al cielo”.
Uomini del complotto la pagherete. Oh, sì che la pagherete….
“Tu sei qui. Ah tu non fuggi.
Tu mi risponderai fino all’ultimo grido”.
Pensavate che non me ne accorgessi. Pensavate che dimenticassi. Illusi. Poveri illusi!
“Voglio fare con te
ciò che la primavera fa con i ciliegi”
Mi avete addiruttura consigliato di aderire il più presto possibile all’orrendo diktat, per non incorrere, a vostro dire, in guai peggiori.
“Essere uomo è un mestiere difficile, soltanto pochi ce la fanno”.
Mi avete consigliato di rivolgermi ad un altro complice del vostro misfatto. Machiavellico inganno!
“Dio mi perdonerà: è il suo mestiere”.
Le persone cattive prima o poi avranno quel che si meritano, il male che fai prima o poi ti si ritorce contro…

lunedì 26 settembre 2011

INDIGNAZIONE


Che giornata!
In ufficio, la stanza è vuota. Senza mobili.
Urla mi giungono da casa.
Mi telefona la banca.
La Lazio pareggia col Palermo!
Il vuoto che sento dentro me è immenso, come il mare, come le sue onde che ti bagnano i piedi mentre cammini scalzo sulla spiaggia.
“Quattro stelle ho visto passare
quattro stelline sul bordo del mare:
una per me, una per te,
una la chiede la figlia del re.
La quarta la vuole il reuccio cattivo:
grida, comanda, la vuole per sé!
Ma la stellina resta a guardare
poi sorridendo si spegne nel mare”.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

sabato 24 settembre 2011

Raffaele Bovi. Morire a 25 anni!

Raffaele Bovi.
Era un amico di mio figlio Gabriele.
Ed è morto a soli 25 anni, mentre stava giocando a pallone.

mercoledì 31 agosto 2011

Ho spento anche la luna!


E’ sera, passeggio sul lungomare di Ostia, tra persone sgarbate, barboni ubriachi, signore profumate, transessuali impomatati, studenti svogliati ed anche un po’ bulli.
Adesso vi state chiedendo chi sono io?
Beh, eccovi accontentati.
Mi chiamo Mario. Mario Pulimanti. Sono nato sotto il segno del Sagittario ed a dicembre raggiungerò la veneranda età di 56 anni.
Da tempo ho lasciato alle spalle la timidezza dell’infanzia e dell’adolescenza.
Spesso mi accorgo di avere gli occhi gonfi e rossi per la troppa consuetudine con lo schermo del PC, che uso sia al lavoro che a casa, agli angoli della bocca cominciano da tempo a farsi avanti rughe profondamente incise, il profilo della mascella non è sfuggito all’incipiente doppio mento.
I capelli, una volta neri, sono ormai bianchi e, per di più, in questo momento reclamano disperatamente un taglio.
La mia non è una faccia che attira simpatia, eppure, al contempo, è una faccia che non nasconde nulla, una faccia di cui ci si può fidare.
Negli ultimi mesi in ufficio ho perso fino all’ultima molecola del mio amor proprio, mi hanno tenuto lontano da incarichi e reggenze anche se non ho mai pensato di suicidarmi.
Ehi, non mi va di essere inquadrato per uno che molla. Esatto.
Torno a casa.
Leggo il giornale
Assurdo. Ma cosa c’è scritto oggi? Cavolo, l’inflazione sale ancora. Gli aumenti più significativi riguarderebbero ricreazione, spettacoli, cultura, prodotti alimentari e bevande analcoliche. Leggo anche che in Italia il 15% delle famiglie arriva con molta difficoltà alla fine del mese. Di colpo, ogni traccia di buonumore sparisce dai tratti del mio viso.
In un impulso di collera trattenuta cerco, allora, di pensare ad altro.
Penso a mio nonno Angelino. Mi diceva che ai suoi tempi era piuttosto facile avere rapporti con le donne abbandonate con figli: cercavano un nuovo consorte cui addossare la prole, e ciò le rendeva molto disponibili. Certo occorreva tutto un rituale di seduzione, però l’esito era quasi garantito. Erano altri tempi. Altre donne.
Allungo un braccio verso una bottiglia, riempio due bicchieri e dico a Simonetta “Sarò franco. Nonno aveva ragione: le donne, prima dell’emancipazione femminile, erano più dolci. Oggi tutto è cambiato”. Mentre dico questo, lei fa una smorfia ma, dopo una breve esitazione, non ritiene opportuno rispondere alla mia provocazione.
Approfitto dello scampato pericolo per uscire sul balcone.
Penso a mia nonna Jole. E’ morta tanti anni fa. Ma a volte è come se risentissi la sua risatina e mi sembra di vederla ancora rovesciare il capo all’indietro. “Ti si sta proprio aprendo davanti un nuovo mondo , ragazzo mio!”. Non si sbagliava. Ma, come diceva mio padre, in questa vita purtroppo non si può avere tutto.
Penso a papà. E’ morto qualche anno fa e la sua perdita mi ha segnato profondamente. Aveva solo sessantasei anni. Ho giurato davanti al corpo ancora caldo di mio padre di coltivare la modestia come una virtù. Però in ufficio questo non mi è utile. Il lavoro non è una cena tra amici. Si uccide e si viene uccisi. Si tratta di prendere qualcosa che l’altro non ti darebbe mai spontaneamente. E se te lo dà, tanto vale sputare sul piatto, perché è avvelenato. Mi sembra già di sentirvi dire che barba, in bilico tra curiosità e compassione. Oggi è una giornata non tanto per la quale. Vabbè, è stato un autentico shock scoprire che l’inflazione sale ancora!
Ne parlo con Gabry che mi ha raggiunto fuori, per fumarsi una sigaretta.
A suo parere, siamo di fronte ad un'emergenza costituzionale e sarebbe auspicabile una nuova etica pubblica per ridefinire il modello sociale dell'Italia, un compito che inevitabilmente metterebbe in crisi l'attuale sistema istituzionale e politico. Secondo Gabry, non è tollerabile che i partiti sottraggano risorse all'economia per mantenere la propria struttura di potere, pena la loro stessa credibilità politica. Non è tollerabile far prevalere il proprio tornaconto nel non pagare le tasse a scapito del valore della convivenza civile e del futuro dei giovani come lui.Una rinnovata etica pubblica sarebbe, a suo dire, necessaria affinché l’Italia Paese potesse risollevarsi. E tutti i partiti non si dovrebbero sottrarre a questa condizione.
Grande, grandissimo Gabry. Giù il cappello, continui sempre a stupirmi!
Salgo nella mia stanza e me ne rimango per un po’ nell’oscurità ad ascoltare il cigolio della vecchia insegna del ristorante di fronte e l’incessante rimbombo e risucchio della marea al di là della strada vuota.
Mi concedo un gin and tonic, in poltrona. Notevole.
Improvvisamente, Alex accende la lampada della scrivania.
Quell’improvvisa esplosione di rosso nella stanza mi fa sobbalzare trascinandomi fuori dalle mie meditazioni.
Ha un diavolo per capello ed è stanco. E deluso. Molto.
Mi saluta con grugniti monosillabici che fanno somigliare a brani di Shakespeare quelli di un gorilla.
“Che cosa c’è” gli chiedo. “Hai una voce strana.”
“Ho avuto una discussione con ragazzi con un’opinione politica diversa dalla mia. Su problemi riguardanti i giovani di Ostia.”
“No!”
Mi descrive l’accaduto ed emetto esclamazioni di circostanza e, dopo un po’, l’ansia scompare dalla sua voce.
E appena ho l’occasione riporto la conversazione sull’argomento che gli sta davvero a cuore: la Lazio!
“Ce la fai domenica ad andare allo stadio?”
“Certo, ero solo leggermente sotto shock.”
“Bene, allora te ne regalo un altro di shock. Pensavo di venire anch’io all’Olimpico.”
“Che cosa?”
Se non fosse stato seduto sul divano ci sarebbe caduto sopra.
“Ma fammi il piacere, papà! Sono anni che non vai allo stadio. E poi io ci andrò con una ragazza.”
Sento la sua risatina e mi sembra di vederlo rovesciare il capo all’indietro.
Per qualche secondo me ne rimango a guardarlo come un idiota, poi mi stendo sul letto.
“Ti si sta proprio aprendo davanti un nuovo mondo, ragazzo mio!”
Non mi sbaglio.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

lunedì 29 agosto 2011

Alemanno fischiato ad Ostia


Domenica 28 agosto 2011.
Piazza Santa Monica. Ad Ostia.
In programma Marco Masini in concerto e lo spettacolo pirotecnico nell’ambito della Festa in onore di Sant’Agostino patrono e Santa Monica.
Bellissima la serata, bellissime le canzoni di Marco che ad un certo punto invita il sindaco Gianni Alemanno a salire sul palco.
Oh, Gesù! Una bordata di fischi ed insulti si rovescia sul primo cittadino di Roma.
Ma fatemi il piacere!
La politica non mi interessava minimamente, né da bambino, né da adolescente, e pensavo che quelli fissati per la politica fossero un po’ strani.
Tra l’altro, lo penso ancora.
Mi piace giocare a pallone, mi piace andare a teatro e al cinema.
E passeggiare vicino al mare.
D’accordo: non ho mai sognato di poter diventare un politico e molti studenti attivi in politica li trovavo delle perfette nullità.
Ma ritengo che anche in politica rispettare chi non la pensa come te sia un comportamento democratico.
Mi soffio il naso.
Batto un piede sul selciato, e torno a casa.
Con un inizio di emicrania.
Questo episodio mi ha turbato.
Ecco, credo che dovrò prendere un analgesico.
No, meglio sbronzarmi.
Entro a casa.
Mi verso del vino e lascio la bottiglia.
Poi prendo il telecomando e lo punto di scatto verso il televisore.
Gabry mi guarda perplesso. “Perché debbo vedere il telegiornale.”
Si versa da bere anche lui, sollevando il bicchiere. “Salute!”, mi dice.
Lo imito. “Salute!”
Lo so che è dura ammetterlo, ma penso che stasera qui ad Ostia abbiamo fatto una brutta figura.
Vuoto il bicchiere in trenta secondi.
Vino bianco.
Sollevo la bottiglia e leggo l’etichetta.
Apprendo così che i vigneti erano coltivati in un terreno trattato in armonia con il ciclo lunare, usando infiorescenza di salvia.
“Papà, ti piace?” mi chiede Gabry.
“Lo trovo leggero e fruttato, con un’ombra di aroma di fiori e nocciole”.
Delizioso.
Sto già meglio.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

venerdì 19 agosto 2011

Mia zia, suora, uccisa sulle strisce pedonali!


Mi chiamo Mario.
Mario Pulimanti e mi piace scrivere.
Abito vicino al mare.
Non è proprio una gran giornata.
Fa molto caldo questa mattina sulla metro di Ostia.
Sto andando al lavoro.
Ho vicino mio figlio Gabriele, diretto a Roma 3, la sua Università.
“Guarda qui papà”, mi dice, porgendomi il giornale.
“E allora?” dico diviso tra il cipiglio della concentrazione e l’anticipazione di un sorriso, nella speranza che si tratti di una notizia allegra.
Sto per leggere quando, di colpo, vedo quello che c’è scritto.
Raggelo, stupefatto.
E’ solo un trafiletto, ma cosi drammatico e sconvolgente che quasi non ci credo: “Una suora, Milvia Pulimanti, 70 anni, originaria di Collevecchio ma domiciliata a Roma, è morta ieri mattina dopo essere stata investita da un’auto del ministero degli Interni in via dei Monti Tiburtini. La donna, poco dopo le otto stava attraversando all’altezza della stazione della metropolitana, sulle strisce, quando è sopraggiunta l’automobile a bordo della quale c’era solo il conducente. La donna, soccorsa, è stata portata all’ospedale Sandro Pertini, a non più di mezzo chilometro, dove purtroppo è arrivata già priva di vita per le gravissime lesioni interne”.
Cavolo: Milvia, mia zia, la figlia di Fausto Pulimanti, fratello di mio nonno Angelino!
Continuo a leggere: “Verrà eseguita l’autopsia per stabilire la presumibile velocità della vettura al momento dell’impatto. Il guidatore è sotto inchiesta per omicidio colposo”.
Non ha senso: qualcosa non torna.
Sulle strisce!
Mi stringo nelle spalle.
Un'auto blu, un'Alfa 166 del ministero dell'Interno, assegnata a un dirigente del dicastero!
Non so se riuscirò a farmene una ragione.
Alla guida dell'auto c’era un poliziotto!
A questo punto mi dichiaro battuto.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

venerdì 12 agosto 2011

Si viveva...peggio...prima!


Nel 1861 la durata della vita, che oggi è arriva quasi a 90 anni, all’epoca era limitata a 29, appena pochi mesi più che in epoca romana.
La mortalità infantile, dall’anno dell’Unità d’Italia, è scesa da quota 228 a 3.6, e la percentuale di lavoro minorile dal 64 al 3.6% (ma per i maschi superava l’81%); a saper leggere era un italiano su 4, ogni insegnante doveva gestire una classe di 36 alunni, saliti a oltre 44 nel 1931, e poi scesi a 9.6 nel 2001.
Drammatico il dato del reddito pro-capite, che nel 1861 era paragonabile a quello dell’Africa odierna: 4 italiani su 10 non avevano risorse neppure per soddisfare i bisogni essenziali.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

martedì 9 agosto 2011

SEPARAZIONE




Prima di sposarci, pensiamoci dieci volte.
E prima di separarci, pensiamoci cento volte, se non siamo abbienti.
Tra le nuove e inattese cause di povertà ci sono infatti le separazioni.
Un numero crescente di uomini a stipendio fisso non ce la fa letteralmente più a versare gli alimenti.
In Italia vivono 4 milioni di papà separati, un quinto dei quali vive sotto la soglia della povertà.
Molte situazioni drammatiche di aggressione coniugale post separazione affondano anche in questo clima di impotenza economica e di rabbia.
E’ indubbio che la frase “allora mi separo”, detta alla prima difficoltà, potrebbe rientrare se, di fronte alla crisi, piccola o grande, prevalesse per lo meno il tentativo della conciliazione, e del superamento della difficoltà, invece che la distruzione del legame.
Soprattutto se ci sono dei figli piccoli.
Anche da separati in casa, in modo civile ed educato, fondato sulla collaborazione e il rispetto.
Almeno fino a quando la situazione economica non sia appianata in modo soddisfacente per entrambi i coniugi, oltre che per i figli.
Animosità, ripicche, vendette portano invece ad esasperare toni e animi e a concludere separazioni al coltello.
Il punto dolente è economico, ci piaccia o no: se il reddito è medio alto, c’è spazio per separazioni anche sanguinose, senza troppi danni sul fronte della sopravvivenza materiale.
Ma se il reddito è basso, la separazione può essere fatta solo pensando seriamente alla possibilità di gestire la propria vita in modo soddisfacente, nonostante il crollo di reddito, così da mantenere alti l’autostima, l’umore, la possibilità stessa di porsi in modo dignitoso e autorevole davanti ai figli.
Inoltre, in molti casi, la via del recupero della qualità della relazione di coppia può rivelarsi vincente, specialmente se ci sono figli piccoli.
Qualche volta succede…
Perché non provarci, prima di cadere nel baratro della povertà post-separazione?
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

sabato 9 luglio 2011

Auguri, VALERIO!!!!!





Il 9 luglio del 2009 é nato Valerio Pulimanti, figlio di mio fratello Stefano.
Ciao cucciolo di zio, oggi 9 luglio 2011 compi 2 anni.
Spero che la la vita possa darti un sacco di doni meravigliosi.
Sto fermo.
Mi godo il sole.
Sto fermo.
penso, ascolto
i gabbiani.
Buon compleanno, occhi innocenti.
Se vuoi piangere, ti offro le mie spalle.
Se vuoi urlare contro il mondo ti offro la mia voce,
Se si spegnerà la tua luce, prendi la mia.
Guardami negli occhi e cerca di immaginarmi come un ponte:
non devi restare in me, devi passare attraverso di me,
perché io sono tuo zio, perché sono tua strada verso l'Infinito,
perché sono il ponte che ti porta all'al di là,
e se non riuscissi a portarti più vicino a Dio,
non sarei stato un vero zio.
Buon compleanno, Valerio!

venerdì 10 giugno 2011

Io non vado a votare!


Io non vado a votare, proprio per l’uso strumentale che vogliono fare di questi referendum, e perché è ridicolo far decidere in questo modo questioni complicate, per le quali la stragrande maggioranza della gente decide non nel merito – che solo in pochissimi sanno – ma per sentito dire, o per appartenenza politica. Un esempio? I referendum sull’acqua. Ridicoli. L’acqua e’ pubblica e ci rimane anche senza referendum. Quello che è in gioco è la sua gestione, l’amministrazione del sistema, che il referendum vorrebbe impedire anche ai privati. Per capirci, è come la scuola: è sempre pubblica, ma per le paritarie la gestione è affidata anche a soggetti diversi dallo stato, con le regole che però lo stato controlla. Per l’acqua servono investimenti che il pubblico non ha, e far fuori i privati significa rinunciare agli investimenti. Per la cronaca: sapete chi ha “inventato” in Italia la co-gestione pubblico-privato per l’acqua? La regione toscana. E adesso gli stessi sono in grande imbarazzo a smantellare un sistema che hanno messo su. Interessante, eh? Chi è per il SI' al referendum sull’acqua (come Di Pietro, Bersani e i cattolici alla Zanotelli, per intendersi) non vuole che i privati ne abbiano la gestione, neppure in compartecipazione. Sono gli stessi che sparano a palle incatenate contro le scuole paritarie (che chiamano private). Sul nucleare, un dibattito serio sarebbe troppo lungo. Ma un paio di cose è bene metterle in chiaro. Compriamo a caro prezzo energia nucleare da altri paesi. Non è vero che siamo paese denuclearizzato: abbiamo le centrali nucleari a tutti i confini, e quindi un eventuale incidente ci riguarderebbe tutti. Che pensiamo, che se c’è un incidente in Francia, le radiazioni rimangono là, e le ferma la dogana? Quindi, se il nucleare sarà bloccato in Italia, continueremo comunque ad usare l’energia nucleare, ma non la produrremo, e quindi avremo tanti costi ma non potremo controllare le centrali. Le rinnovabili per ora non possono certo sostituire il nucleare, e neanche fra breve. La Germania, che dice di chiudere gli impianti, potenzierà le centrali a carbone – sì avete capito bene, a carbone. Perché se non è nucleare, è solo petrolio e carbone, non c’è altro, per ora. E l’ultimo quesito, sul legittimo impedimento, è solo per picchiare duro Berlusconi. io non vado a votare! Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

venerdì 27 maggio 2011

Uffa!


Ostia. Dopo la cena al “Capriccio di Mare” di via Triremi nel corso della quale mi sono consolato con le delizie di Aldo, accompagnato da due o tre bicchieri di Falanghina (Aldo serve al bicchiere dei vini da urlo), sono tornato a casa, dove, appesantito dal cibo e cullato dal vino, mi sono messo a letto, certo di crollare pressoché subito addormentato dal sonno del giusto.
Macché.
“Tutto il mondo è un palcoscenico, e gli uomini e le donne sono soltanto attori”. William Shakespeare, Come vi piace, atto II, scena settima.

Dopo due ore di lotta libera con le lenzuola, mi sono arreso e mi sono alzato.
Ho provato a leggere un po’, ma senza risultati.

“Dì un po’, che passatempo hai in serbo per stasera? Spettacoli, musiche?” William Shakespeare, Sogno di una notte di mezz’estate, atto V, scena prima.

Il fatto è che quelle parole pronunciate dai miei colleghi oggi in ufficio mi stanno continuando a trivellarmi il cervello da tutta la sera; “Firenze…Ente Toscano Sementi… il tuo incarico sospeso ad un filo….”
Spero che non abbiano visto giusto.

“Vieni, o notte che tutto accechi, benda i teneri occhi del dolce giorno”. William Shakespeare, Macbeth, atto III, scena seconda.

Dopo qualche minuto, arrendendomi alla mia inquietudine, mi sono messo al computer ed ho aperto il motore di ricerca, sul qual ho digitato due semplici termini.
E, dopo aver letto l’articolo di Wikipedia relativo a quei due termini, la parola mi è tornata in mente.
I termini sono “incarico” e la parola è “:rinnovo”.
Un abuso senza precedenti. Ovviamente. E’ un’idea assurda, campata per aria.
Accendo la tivvù. Stanno trasmettendo “Paranoia Agent”, uno sceneggiato televisivo giapponese diretto da Satoshi Kon. In questo episodio un ragazzo ubriaco ha appena oltrepassato la sottile linea tra la semplice molestia e l’aggressione. La ragazza urla. Spengo la tivvù.
Esco sul balcone.
Il vento porta l’odore del mare.
Da una finestra al piano terra, abitata da un improponibile ciccio ciccione, filtra un po’ di luce, il bagliore azzurrognolo tipico dei vecchi televisori.
Mi si affianca Gabry, appena rientrato dal lavoro.
Mi guarda con i suoi occhi azzurrissimi.
“Ci sarà qualcuno sveglio a quest’ora?” mi chiede.
“Il signore anziano del piano di sotto” rispondo. “Dorme di giorno e di notte guarda vecchi film in bianco e nero che scarica illegalmente da internet.”
Mi volto di scatto
Che affollamento questo balcone.
Dietro me spunta Simonetta.
Strizzo gli occhi per vederla meglio.
“Ma non dormi mai?” dice.
Ecco anche Alex. Camicia azzurra sbottonata e un paio di jeans elegantemente strappati.
“Cazzo, papà! Non devi credere a tutto quello che ti dicono. Eccoli, stanno arrivando. E ce l’hanno con te!”.
Sbatto gli occhi.
Batto il palmo sul muro.
Guardo l’orologio.
Sono le due di notte.
“Cristo!” esclamo “prenderò due pillole di valeriana”.
Gabry sorride.
“I miei alti incantamenti vanno al segno, e tutti questi miei nemici sono prigionieri della loro pazzia. William Shakespeare, La tempesta, atto III, scena terza.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

lunedì 23 maggio 2011

Ministero dell'Agricoltura a Milano


Quanto vale la vittoria del centrodestra a Napoli?
E a Milano?
Secondo il senatore dell'Idv Luigi Li Gotti la maggioranza avrebbe già fatto i conti: due ministeri il capoluogo lombardo, uno quello campano.
Sarebbe questa la grande sorpresa in serbo per riconquistare gli elettori ai ballottaggi per le amministrative.
Li Gotti, conversando con i cronisti alla Camera, precisa di aver ricevuto l'indiscrezione da fonti della maggioranza.
La Lega avrebbe in mente di decentrare due dicasteri per imprimere una svolta alla sfida tra Letizia Moratti e Giuliano Pisapia.
Per bilanciare la sostanziosa concessione, sarebbe pronto un trasferimento anche per Napoli.
“A me - confida il senatore dell'Idv -hanno parlato del trasferimento di due ministeri a Milano, di cui uno sarebbe quello dell'Agricoltura, e di un ministero a Napoli, che dovrebbe essere quello delle Attività Produttive”.
“Calderoli -prosegue- dovrebbe a breve presentare un provvedimento per decidere il decentramento di questi dicasteri.
Noi penalisti questa roba la chiamiamo voto di scambio.
E si tratterebbe di un qualcosa che accrescerebbe a dismisura il potere e il peso della Lega".
"Non mi sembra nulla che assomigli all' alta politica -conclude- è la solita compravendita di voti. Davvero una bella sorpresa!".
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

mercoledì 11 maggio 2011

Cavolo, mi hanno rubato la macchina!


Esco per accompagnare Alessandro a scuola.
Ci dirigiamo a Piazza Cutinelli Rendina, dove ieri ho parcheggiato la macchina.
Ford Fiesta.
Azzurra.
Carrozzeria Berlina.
“Papà...papà...” sussurra Alex tra i denti.
“Papà cosa?”, sussulto scrutando già in panico la strada.
“Dove hai messo la macchina?”
Come un lampo che arriva a ciel sereno il tempo si ferma, quei secondi di stasi che precedono le prime gocce di un temporale.
Tutto sembra immobile e statico.
Sgomento, paura e panico....
Poi mi rendo conto.
Il lampo acceca la mia mente, distogliendola da quel torpore che per un attimo l’ha resa priva di ogni smorfia, di ogni battito di ciglia.
“Oh Signore!” esclamo “La macchina...si sono fregati la macchina!...porca troia!”
Squilla il telefonino. E’ mio fratello.
“Pronto? Stefano?...”
“ Ciao Mario! Come stai?”
“Come uno che sta affogando in un porcile...”
“Che succede? Qualche problema?”
“Sì!”
“Dimmi, che è successo?”
“Mi hanno fregato la macchina! Era parcheggiata qui, ora non c'è più!"
“Mario…ma che cosa stai dicendo?”
“Dico la verità...ti stupisci ancora che succedano simili cose?”
“Ma cosa ci fanno?... La tua macchina é del ’99!”
“Sarà stata pure dell’altro secolo, ma ora sto a piedi!”
“Non ti preoccupare, piuttosto ora chiama la Polizia" sentenzia. E riattacca.
Dolore.
Pulsazioni di una emicrania.
Inevitabile.
Ma certo non giusto.
Mi vergogno della mia fragilità, del mio mal di testa.
Ecco: sono un paranoico terminale.
Ma cavolo, mi hanno rubato la macchina!
Ecco Gabriele.
Lo informa dell’accaduto.
Gabry. Alex.
Giovani, articolazioni sciolte, infinite possibilità.
Stufi dei miei lamenti mi consigliano di pensare a chi sta veramente male.
Rispondo: si tengano pure la loro, di sofferenza.
Io mi tengo la mia.
Ottimi persuasori, comunque. Sto già molto meglio.
Va bene, va bene. Vado alla Stazione di Polizia. Anzi, no. Da quella dei Carabinieri. Mi è più vicina.
Vediamo di chiudere questa storia al più presto!
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

mercoledì 4 maggio 2011

PROFUMO DI MARE


Ceno.
Gabriele esce. Pure Alessandro. Simonetta non c’é.
Bevo un bicchiere d’acqua e guardo l’orologio sul muro. 22,00.
Mi affaccio sul balcone.
Con la bottiglia in mano, guardo la chiara notte d’estate.
Sotto la mia finestra c’è una spiaggetta.
Dei neodiplomati mezzi ubriachi si stanno schizzando l’uno con l’altro, infradiciandosi i vestiti.
Guardo il mare scuro.
“Questa è casa mia” penso.
Rientro a casa.
Mi siedo sul divano.
Chiudo gli occhi e sento ondeggiare la stanza: ho bevuto troppo vino.
Poso il bicchiere sullo scolapiatti e mi rendo conto di avere ancora fame.
Devono esserci dei cracker nella credenza.
“Cazzo!” impreco.
Solo grissini.
Perfetto: esco.
Appena fuori, a Corso duca di Genova, alzo la faccia verso il cielo e prendo qualche bel respiro profondo.
Attraverso Piazza Cutinelli Rendina.
Passo per Via delle Triremi.
Arriva a Piazza Scipione l’Africano
Mi riempio i polmoni e tengo le braccia verso il mare. “Adoro Ostia”.
Mi fermo a comprare un gelato al bar di Gioacchino.
Passeggio sul lungomare Paolo Toscanelli.
Direzione. Pontile.
Mi incuriosisce la coppia di persone cha cammina davanti a me.
Se vedete due uomini in giacca e cravatta, entrambi con una borsa di pelle, uno dei quali regge in mano un mazzetto di giornalini su cui campeggia minacciosa la scritta “Svegliatevi”, cosa pensate?
Guarda che bella cravatta?
Quest’uomo mi ricorda qualcuno?
No, no, fidatevi. La quasi totalità delle persone non classifica dette manifestazioni dei suoi sensi come persone, o vestiti, o altro: pensa semplicemente “Tò, i Testimoni di Geova” e, se può, cambia strada.
Sono sicuri che siamo la fine del mondo è vicina, basandosi su ciò che è scritto nell’Apocalisse di Giovanni. Nella Bibbia.
Sbagliano. Vangelo di Matteo. Capitolo ventiquattro, versetto trentasei. Gesù parla della venuta della fine del mondo. “Ma quanto a quel giorno e a quell’ora, nessuno li sa, nemmeno gli angeli del cielo”.
Anche il versetto quattro, che dice di non credere a chi predice la fine dei giorni, è interessante: “Badate che nessuno vi seduca. Perché molti verranno nel mio nome”. Mi sembra chiaro. Nessuno sa quando sarà la fine del mondo. E non bisogna credere a chi dice che la fine del mondo è vicina, anche quando si presenta come emissario del Signore.
Quindi, c’é una contraddizione.
Quindi: se ciò che è scritto nella Bibbia è tutto vero, sono degli impostori.
D’altra parte, se quello che c’è scritto nella Bibbia non è necessariamente tutto vero, sono degli illusi. Non scordiamoci che la Bibbia è lo stesso libro che dice che il Sole gira intorno alla Terra, la quale avrebbe circa diecimila anni. In un testo che fornisce queste informazioni, se permettete, io non nutro una fiducia incondizionata, tale da prendere alla lettera tutti ciò che vi è scritto. Permettetemi di essere pignolo: é un libro che, in certi punti, andrebbe riletto con occhi attuali.
In entrambi i casi, non vedo perché uno dovrebbe dargli retta.
In ogni caso, sono fanatici. Io non sopporto i convinti.
Non ho niente contro le altre persone, finché si comportano in modo razionale e non travalicano la mia libertà.
Il che avviene piuttosto di rado.
La tua libertà finisce dove inizia quella degli altri.
In poche parole: ho le mie convinzioni, ma non ti impedisco di fare nulla. Non interagisco con la tua libertà.
Invece il mondo è pieno di persone che litigano, alla strenua difesa delle proprie idee.
La storia è piena di tali episodi.
Pensate, per esempio, a Cesare e Antonio.
Pensate a Churchill e Stalin.
Pensate a Zidane e Materazzi.
Arrivato a Piazza dei Ravennati, mi guardo alle spalle.
Poi attraverso la strada.
E’ mezzanotte passata.
E’ una sera fresca, senza vento.
Qualcosa dentro di me si è finalmente sciolto: l’iceberg che nei lunghi mesi invernali mi aveva oppresso non c’è più e la brezza marina mi da un senso di leggerezza.
Respiro l’aria fresca della chiara notte estiva e passo davanti all’ Old Wild West, che è definito un “Ristorante Tex Mex Steak House”.
Old Wild West. E’ qui che sta lavorando il ventiquattrenne Gabriele. Così si paga pure l’università.
Tra poco si laurea. In Legge. Come me.
Tre esami. Più la tesi. E vai!
Alessandro, 17 anni, invece è al penultimo anno del Classico.

Eh, sì: ho 2 figli che studiano, che studiano veramente, come il nipote di Totò e Peppino nella famosa lettera.

Saluto velocemente Gabriele. Riprendo a camminare.

Via Cardinal Ginnasi.

Giro per via dei Pallottini.

Passo davanti al Teatro Nino Manfredi, gestito da Luciano, Paolo e Felice.
Gli occhi mi brillano.
Non fingo, non esagero: sono amici.
Piazza della Stazione Vecchia. Piazzale della Posta. Incrocio Via Orazio dello Sbirro, Via Stefano Cansacchi, Via Giuliano da Sangallo, Via Pietro Ercole Visconti, Via delle Sirene, Via Franco Mezzadra, Piazza delle Repubbliche Marinare. Mi fermo poco prima di Via Francesco Grenet. Per l’esattezza, al 253 di Corso Duca di Genova. Sono arrivato a casa.
Tutti si impegnano al massimo per smuovere le cose.
Io, non più.
Mi sono arreso.
Da uno come me, cos’altro vi aspettate?
Gesù! Nel cassetto, al posto della novalgina, trovo una foto sbiadita: io e papà alla piscina del Foro Italico Avevo 8 anni. Lui 37. Dietro a noi, zio Gianni.
Prendo la foto, la osservo per un paio di secondi, fissandola con una luce intensa negli occhi.
Diamine, papà, perché non sei qui?
Chiudo gli occhi e lo vedo come se lo avessi davanti.
Poi riprendo la foto e la lascio lì, nel cassetto.
Stringo i pugni: non ho più il mal di testa.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

martedì 19 aprile 2011

Manfridi al Manfredi


Il presidente del teatro Manfredi, Luciano Colantoni, ci invita tutti quanti al teatro stasera e domani.
Seguite il suo consiglio.
Non lo deludete....
altrimenti....
"Lucia chiudi tutto...."


...............

Lo spettacolo "Paesaggi: cronache e altre storie" è tratto dagli scritti di Giuseppe Manfridi uno dei più importanti autori italiani contemporanei (Anja, Ultrass.....) e diretto da Claudio Boccaccini (Anja, Sottobanco, Aspettando Godot, Per il resto tutto bene....).
19 giovani interpreti attraverso musiche,balli, brani ...recitati, danno vita ad una sorta di viaggio immaginario realizzando così uno spettacolo colorato e immenso pieno di divertimento e poesia.

Costo del biglietto intero € 12.00, ridotto abbonati € 10.00.

Info/ prenotazioni 0656324849

Cordialità

Luciano Colantoni

martedì 12 aprile 2011

Il teatro si chiude (ci vediamo a Collevecchio)




Ci vuole coraggio.
Per vivere.
Un coraggio da eroi.
A quanti fiumi di ingiustizia bisogna assistere in una vita intera.
Un’inondazione ininterrotta.
Ci sarebbero tutti i presupposti per effettuare una sequenza multipla di omicidi e andare a dormire candidi e rilassati, senza rimpianti.
L’ho capito solo ora.
Ora che nulla può più alterare il mio battito cardiaco.
Qualche volta ho inciampato, convulso, nella mancanza di senso di quello che stavo facendo e questi attimi laceranti mi hanno fatto soffrire come un cane zoppo e randagio.
Tutte le repliche hanno una fine.
E finiscono pure tutti i copioni.
E io sto esaurendo gli uni e gli altri.
Il teatro si chiude.
Torno a casa.
Mi infilo a letto.
Fuori sta piovendo.
Mi addormento.
E, dopo anni di mancanza, faccio un sogno.
Questo.
Ho nove anni e papà mi tiene per mano.
Sposto lo sguardo alla mia destra e anche mio nonno mi tiene per mano.
Camminiamo lungo via del Cavone, in un sabato mattina assolato ed invernale che non tornerà mai più.
Indosso, con orgoglio adulto, un piccolo cappotto marrone.
Fa freddo ma io ho le mani calde.
E sono felice. Perché sono al sicuro.
Come non lo sono stato mai più.
Loro sono allegri.
Poi, all’improvviso, senza motivo, domando quando accadrà che loro moriranno.
E loro, senza scomporsi, con grande sicurezza, mi dicono che loro non moriranno.
Io ci credo.
E sorrido mentre guardo, intorno a me, una campagna ancora pulita.
Invece mi stavano mentendo.
E, da quell’istante, sono cominciati tutti i miei guai.
E tutte le mie gioie.
Il sole è tramontato.
Il sogno è terminato.
Ma io, da quel momento, non mi sono più svegliato.
Ancora un attimo, papà.
Arrivo, arrivo.
Ci vediamo a Collevecchio.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

lunedì 11 aprile 2011

Buona Pasqua, papà! (L'amore si nutre di amore)




Ricordo mio padre. Antonio Valeriano Pulimanti.
La morte se l’è venuto a prendere un giorno di Pasquetta. Del novantadue.
Roma era un lungo tramonto.
Ma non fa niente, papà.
La morte non fa proprio niente quando poco prima che ti addormentassi, fortunatamente, io, Stefano e Antonella, tutti insieme ti avevamo promesso che quel dolore che sentivi non era nulla.
Noi saremmo rimasti, per tutto il resto della vita, i tuoi figli.
Ecco, questo siamo stati. I tuoi figli, insostituibili.
L’amore è l’insostituibilità.
Solo i figli sanno difendere i genitori.
Con una forza che li rende potentissimi.
E invincibili.
Io all’amore, ci credo.
Papà, ti voglio ragguagliare su cosa ti sei perso in questi ultimi venti anni, dopo la tua morte.
I telefoni cellulari.
Un cumulo di musica di merda.
I televisori al plasma.
La tivvù privata prima e la tivvù via cavo poi.
Plotoni di vegetariani che rompono i coglioni.
La morte dei negozi di dischi.
Le lampadine a basso consumo che fanno una luce di merda.
L’Ikea e i mobili tutti uguali nelle case da Pantelleria a Milano.
Il cambio di una classe politica corrotta con una nuova ugualmente corrotta ma più volgare.
Il tonno fresco col sesamo su tutte le barche degli arricchiti.
Il sesamo tra i denti e dunque il boom del filo interdentale.
I cinesi a tonnellate nei quartieri vicini alle stazioni.
Le colf ucraine, dominicane, rumene, albanesi, marocchine.
Terremoti e inondazioni.
Suicidi di imprenditori e uomini politici che pensavano che andare in carcere non stesse bene, un atto di maleducazione davvero intollerabile nei loro confronti.
Computer sparpagliati ovunque.
Ragazze di Tallin, Riga, Vilnius. Capitali di Estonia, Lettonia, Lituania.

Voragini senza la terraferma alla fine.
Insomma una serie di cose.
Mi sono rotto il cazzo, papà.
Sorrido mentre guardo il mare di Ostia ancora pulito.
E tutte le mie gioie.
Ma ora il sole è tramontato.
Il sogno è terminato.
Fuori, al di là dell’amore, è tutto uno stupro.
Papà, ancora un attimo, che ci sono.
Sì, sì...ora vorrei tanto telefonarti per dirti, sottovoce, che ti voglio sempre bene. Che ti ricordo com’eri veramente: un papà speciale. Un papà intelligente. Soprattutto un papà buono.
Buona Pasqua, papà!
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

mercoledì 6 aprile 2011

Come gabbiani in amore


Mi trovo vicino alla spiaggia di Castel Porziano, tra il mare e la macchia mediterranea delle tenute di Capocotta e Castel Porziano.



E’ una delle pochissime aree del litorale in cui la natura non ha lasciato il posto a palazzi e stabilimenti balneari.
Sta piovendo.
E io sto in bici.
Tremo.
Tiro su la bici e mi metto a pedalare lungo il lungo il sentiero, senza quasi accorgermi della pioggia.
Circa quattrocento metri più avanti, al centro di una radura tra le dune e il settimo cancello, c’è una grossa, bassa villa circondata da una recinzione sulla quale alcuni discreti cartelli avvertono che è proprietà privata.
Non si vedono luci, nonostante il buio provocato dal temporale.
Appoggio la bici a un cespuglio e percorro un viottolo in salita, che si inoltra tra la vegetazione giallastra e malsana e le felci verdi simili a merletti.
Quando arrivo in cima ala duna il vento sembra volermi buttare giù..
E’ uno shock, una volta in cima alla duna, trovarmi di fronte questo spettacolo, questo dell’impenetrabile emisfero grigio di nubi in corso e il mare gonfio di onde che si schiantano contro la riva in una continua, furibonda detonazione.
Alla mia destra la costa bassa e sabbiosa si allontana con un curva di circa un chilometro e mezzo e termina nella scogliera del settimo cancello, che sporge nel mare avvolta in una nebbia di spruzzi.
Mi detergo meglio gli occhi dalla pioggia per vedere meglio e penso.
Il vento sibila come un nazionalista di riguardo, sollevando spruzzi dalla superficie delle onde, lanciandole sulla spiaggia simili ai liquidi profili di un contingente di invasione, ma a metà spiaggia questi spruzzi si dissolvono.
Poi, il temporale si spegne improvvisamente.
Tiro un sospiro di sollievo, come se fossi stato strappato alla morte.
Tornando a casa, prendo una strada diversa da quella che ho percorso prima.
E’ un crepuscolo umido e cupo, come se uno dei nuvoloni del temporale non ce l’abbia fatta a squarciarsi, ma sia calato lentamente a terra insediandosi sulla spiaggia.
Sono felice come un bambino bello.
Inoltrandomi verso casa, vedo alcuni gabbiani, che volavano bassi con i lenti movimenti delle loro ali grigie. "Sono in amore", penso.
Il piacere del sesso lo hanno tutti gli animali, o almeno quasi tutti credo.
Come noi umani.
Il sesso, la ginnastica più popolare della storia.
Ma è solo adrenalina che pompa a tremila per sette minuti e ti accantona pure il raffreddore per quegli istanti, poi tutto riprecipita nel prima, un po’ peggio di prima, visto che non hai l’autonomia necessaria per ricominciare immediatamente con la giostra.
E’ anche vero che, come canta Antonello nostro: “…non c’è sesso senza amore…”
Mi viene in mente una poesia di Pablo Neruda.
"Oh invadimi con la tua bocca bruciante,
indagami, se vuoi,
coi tuoi occhi notturni,
ma lasciami nel tuo nome navigare e dormire."
Sì, come gabbiani in amore.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

lunedì 4 aprile 2011

La preghiera di Mario Pulimanti




O Bambino bambinello, fammi luce nel cervello.
Madonnina benedetta, io ti prego, dammi retta.
Asinello dolce e pio, il successo fallo mio.
Un consiglio anche dal bue, che mi dice … preparati una costina di maiale al barbecue! Al barbecue!
Mi sono impigliato.
Lungo frastuono.
Bottiglie di lacrime.
Martellante disagio.
Collezioni di ragni e scarafaggi.
Il pianoforte di mia sorella.
Parchi pieni di bambini sul passeggino, di ciclisti e di gente che mangia il gelato.
Mascara sulle ciglia.
Riflesso giallastro di lampioni.
Barba lunga.
Sapore di pioggia e di carne alla griglia.
Capelli profumati di pulito, di frutta.
Respiro sul collo.
Viso abbronzato pieno di rughe.
Problemi di prostata.
File infinite di brutte ville a un piano.
Rumore di traffico.
Cartelloni pubblicitari.
Strade sopraelevate.
Vele che si muovono al vento.
Finestre del soggiorno.
Passeggiate domenicali.
Gente che passa frettolosa.
Pensieri critici.
Nostalgie terribili.
Capelli dietro la testa.
Immagini macabre.
Capolavori famosi.
Letti sfatti.
Gladiatori e corride.
Ghigliottina.
Confini incustoditi.
Sole che sorge a nord.
Vento che porta l’odore del mare.
Piccole risse.
Mani che si stringono.
Cestini pieni di porri e altre verdure.
Finestre.
Scale.
Ascensori.
Lei, che nel litigio indeterminato trova un’intima vertigine di soddisfazione che non la fa desistere. Mai. Mai.
Se desiste è solo per una presa d’aria per poi ricominciare daccapo.
Con nuovo vigore.
Io, invece, di indole, pur di scongiurare un litigio, sarei pronto a mettere l’orologio sopra al polsino della camicia.
Ma adesso basta.
C’è ben poco da fare prima dell’alba.
Ora voglio infilare gli occhiali da vista e guardare la vecchiaia.
Te lo giuro bambinello, tu che stai nella capanna davanti al bue e all’asinello.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma).

mercoledì 30 marzo 2011

Addio a Bob Lovati





Io, laziale, piango la morte di Bob Lovati.

Aveva 84 anni ed era stato portiere di Pisa, Monza e Torino negli anni '50.

Era poi andato alla Lazio nel 1955 per restarvi poi fino al 1961.

Dopo era rimasto nella Lazio come allenatore delle giovanili, tecnico della prima squadra e poi dirigente.

Lovati ha avuto anche due presenze con la amglia azzurra.

Ciao, Bob!

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)


mercoledì 23 marzo 2011

Francesco Saverio Romano, neo ministro dell'Agricoltura,




«Non sono nemmeno indagato, figuriamoci se sono imputato».
Parla così il neo ministro dell'Agricoltura, Francesco Saverio Romano, appartenente alla corrente dei Responsabili, conversando con i giornalisti a Montecitorio.
Si difende dalle accuse circolate nei giorni scorsi di un suo coinvolgimento in vicende giudiziarie. Coinvolgimento che, fino ad oggi, avrebbe frenato la sua nomina a ministro.
«Sono fiducioso - spiega Romano - e assai contento che il gip svolga il suo ruolo di controllo. E' una inesattezza dire che io sia imputato. Non ho mai avuto una condanna, né un rinvio a giudizio, quindi da cosa dovrei difendermi?».

Stamattina
Romano ha giurato da ministro al Quirinale. Prende il posto di Giancarlo Galan, che va a sua volta a sostituire il dimissionario Sandro Bondi ai Beni culturali. Il colle ha poi rilasciato su Romano una nota: "Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, dal momento in cui gli è stata prospettata la nomina dell'onorevole Romano a ministro dell'Agricoltura, ha ritenuto necessario assumere informazioni sullo stato del procedimento a suo carico per gravi imputazioni".

"Essendo risultato che il giudice delle indagini preliminari non ha accolto la richiesta di archiviazione avanzata dalla procura di Palermo, e che sono previste sue decisioni nelle prossime settimane,
il Capo dello Stato ha espresso riserve sulla ipotesi di nomina dal punto di vista dell'opportunità politico-istituzionale" prosegue la nota.
"A seguito della odierna formalizzazione della proposta da parte del presidente del Consiglio, il presidente della Repubblica ha proceduto alla nomina non ravvisando impedimenti giuridico-formali che ne giustificassero un diniego. Egli ha in pari tempo auspicato che gli sviluppi del procedimento chiariscano al più presto l'effettiva posizione del ministro".

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

martedì 15 marzo 2011

Il 17 marzo non festeggerò l'Unità d'Italia.

Il 17 marzo non festeggerò l'Unità d'Italia.
Ritengo che, considerata l’attuale situazione politica e sociale, non ci sia molto da festeggiare.
Trovo ipocrita la scia di falso patriottismo che accompagna questa manifestazione.
Come ha detto Cacciari, le uniche feste sensate sono quelle religiose. Se il mio ufficio fosse aperto andrei a lavorare regolarment
e

giovedì 17 febbraio 2011

Mangiare sano




La sicurezza alimentare rappresenta un diritto, quello di mettere in tavola alimenti sicuri, che corrispondano a quanto promettono.

Il consumatore, sommerso da messaggi di scandali su questo o sul quel prodotto, finisce con il diventare diffidente.

E dall’altro viene fatto oggetto di una battaglia commerciale che enfatizza alimenti sempre più sani, sicuri e naturali.

Bersagliato da ogni parte, in balia della paura di non scegliere bene, il consumatore finisce con l’avere timori che lo inducono ad allontanare dalle proprie scelte i prodotti che ritiene poco affidabili, più sull’onda di una percezione che di un'analisi serena.

Ed è proprio per spezzare un percorso che rischia di essere viziato, che corre l’obbligo a chi governa il sistema di offrire non solo messaggi chiari, ma anche strumenti che possano tranquillizzare.

Lo stesso concetto di sicurezza viene spesso inteso nel senso sbagliato, stravolto nella sua sostanza: sicuro è ciò che non ci fa paura. Sicurezza significa invece che dal punto di vista igienico sanitario il prodotto non presenta pericoli, che è stato sottoposto a tutti i controlli, indipendentemente dall’area geografica da dove proviene; test che ci consentano di portarlo sulle nostre mense in tutta tranquillità.

Inoltre, l’abitudine a consumare ortaggi e frutta in periodi dell’anno in cui naturalmente non vengono prodotti, ha concorso a snaturare quello che dovrebbe essere un rapporto equilibrato con il cibo.

Inoltre è importante anche una consapevole lettura delle etichette, aspetto che viene erroneamente tralasciato o sottovalutato.

Infatti mangiare sicuro vuol dire sia poter contare su alimenti controllati che acquisire la capacità di orientarsi verso scelte consapevoli.

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

martedì 15 febbraio 2011

Sanremo 2011




Mesi e mesi di preparativi, gossip, indiscrezioni.
Ci siamo, da stasera ha ufficialmente inizio la 61 edizione del festival di Sanremo, la kermesse canora che in Italia rappresenta uno dei capisaldi della cultura nazional-popolare.
Che piaccia o meno, chiunque, in queste sere, sintonizzerà il proprio apparecchio televisivo, anche se per pochi minuti, sul Festival di Sanremo.
Non foss’altro per la curiosità, per vedere come è stato addobbato il palco del teatro Ariston, o quali abiti indosseranno le due show girl che quest’anno accompagneranno nella conduzione l’eternamente giovane Gianni Morandi, ovvero Elisabetta Canalis e Belen Rodriguez: la bellezza si sa, è sempre dote ben gradita.
La serata di apertura inizierà con il passaggio simbolico “del testimone” dal conduttore uscente al nuovo, sul palcoscenico dunque salirà Antonella Clerici, padrona di casa della fortunata edizione dello scorso anno. Si sfideranno a colpi di note 14 “big” della canzone italiana ed 8 giovani esordienti.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

domenica 13 febbraio 2011

"Divorzio con sorpresa" al teatro Manfredi. un'occasione persa!




Ho visto al teatro Manfredi di Ostia Divorzio con sorpresa di Donald Churchil con Paola Gassmane Pietro Longhi.

E' la storia di una ex coppia che si incontra per mettere in vendita la casa di campagna.

L’intervento della figlia, un matrimonio che si dovrebbe fare e un bambino che nasce all’improvviso complicano un pò la vicenda.

Questa commedia mi è piaciuta sufficientemente ma non è una meraviglia, ha molte pecche ad esempio dialoghi a volte noiosi e incerti.

Poco umorismo.

Peccato: un'occasione persa!


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Mario Pulimanti

giovedì 3 febbraio 2011

Odore di chiuso (confessioni di un ex marito, a dio spiacendo)




La mia ex moglie mi ha spesso criticato perché quando ci siamo sposati le ho fatto cambiare città.
Non si sbagliava.
Inoltre,
è gelosa se io, al lavoro, ho dei contatti umani con gli altri colleghi ("...ti diverti tutto il giorno!...").
Ma fammi il piacere!
A volte mi sembra di vivere in un mondo immaginario distorto da paure, insicurezze, situazioni psicologiche ostili a volte letteralmente terrorizzanti sul piano immaginifico, di cui mi sento vittima predestinata e nei confronti delle quali percepisco essere assolutamente impotente.
Certo, le immagini mentali sono delle vere e proprie forze dinamiche in grado di agire e cambiare il nostro stato sia fisico che psichico e che si realizzano sempre soprattutto in modo inconscio e perfino contro la nostra volontà.
Se sussistono immagini mentali negative, non è di alcuna utilità cercare a tutti i costi di rimuoverle, perché una volta scacciate, esse continuano a vivere nell'inconscio, gettando le proprie radici sempre più profonde.
E, nonostante che la tattica migliore sia quella di operare delle sostituzioni, vale a dire creare delle immagini mentali positive opposte, come del resto faccio, è comunque umiliante ascoltare tutti i giorni i suoi discorsi intrisi di pentimenti e di furbizie delle sue compagne di scuola che hanno saputo manipolare i mariti.
Ma siamo onesti! A quanti nell’universo capita una cosa del genere? Ve lo dico io: quasi a nessuno.
Ero, non c’è che dire, un uomo fortunatissimo.
Lei, senza sforzo, aveva il potere di mettermi a nudo definitivamente, a me, corazzato dai bluff della vita che troppo bene conoscevo, sarcastico com’ero stato fino a quel momento, snob nei confronti dei sentimenti più lancinanti.
Quando mostri l’orgoglio davanti alla tua donna non puoi più fare marcia indietro.
Ti tiene in pugno per sempre.
Sei nei paraggi della compromissione.
Orami erano scene d’appoggio e di recupero. Di risentimento. Certo, anche l’orgoglio gioca la sua parte, interpretandola malissimo. Tutto un repertorio posticcio che scambi per vero. E’ tremendo l’orgoglio. E’ un velo nero ed invisibile che ti fa perdere di vista il risultato. Cerchi il mare, ti ritrovi nella pozzanghera.
Insomma, facile facile, a bruciapelo d’impatto, senti il male senza il cellophane.
Questo vorrei urlare ai quattro venti.
Ma non mi fate più parlare. Vi prego.
L’indicibile, io proprio non lo posso dire.
E quest’é.
Ma non è tutto.
Intorno a me, odore di chiuso.
Dopo qualche secondo mi metto a imprecare, a ruota libera e contro tutto e tutti..
Sono stanco.
Penso a mia nonna Jole. E’ morta tanti anni fa. Ma a volte è come se risentissi la sua risatina e mi sembra di vederla ancora rovesciare il capo all’indietro. “Ti si sta proprio aprendo davanti un nuovo mondo , ragazzo mio!”
Non si sbagliava.
Ma, come diceva mio padre, in questa vita purtroppo non si può avere tutto.
Tranquilli: sto solo scherzando, rimettiamoci al lavoro.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

giovedì 27 gennaio 2011

E' morto Mario Scaccia



È morto martedì notte, al Policlinico Gemelli di Roma, l'attore Mario Scaccia, 91 anni.
Era stato ricoverato prima di Natale per un piccolo intervento ma poi, a causa di una serie di complicazioni, non era più uscito dall'ospedale.
L'attore era nato a Roma il 26 dicembre del 1919.
Figlio di un pittore, nel 1945, appena reduce dalla Seconda guerra mondiale, si era iscritto all'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica, in cui si diplomò successivamente nel 1948.
Ma già nel 1946 aveva calcato il palcoscenico con Woyzeck di Büchner, prima di avviare una lunga carriera che l'avrebbe visto cimentarsi nelle esperienze di spettacolo più disparate.
Artista fantasioso e versatile, Scaccia aveva costituto nel 1961 - con Enriquez, la Moriconi e Mauri - la Compagnia dei Quattro.
Al lavoro in teatro (dove si ricordano l'interpretazione di Fra Timoteo nella Mandragola di Machiavelli, il Chicchignola di Petrolini e il Negromante dell'Ariosto) ha affiancato una discreta attività cinematografica:
Sul grande schermo debuttò nel 1954 in «Tempi nostri» di Blasetti, interpretando in seguito film di Lattuada, Petri, Bolognini. Fu anche attore televisivo in grandi sceneggiati: interpretò Plonplon in «Ottocento» (1959), Capitan Sandracca ne «La Pisana» (1960), Manilov ne «Le anime morte» (1963), Bompard in «Tartarino sulle Alpi» (1968) e la figura del dottore ne «Le avventure di Pinocchio» diretto da Comencini (1971).
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

sabato 22 gennaio 2011

"Le fuggitive" al Teatro Manfredi

Stasera ho visto al Teatro Manfredi "Le fuggitive", un testo di Pierre Palmade e Christophe Duthuron che ha avuto successo in Francia e per la prima volta viene rappresentato in Italia.
Su una strada, si incontrano due donne. La prima in fuga dalla casa di Riposo che la ospita, l’altra, con il vestito delle occasioni, in fuga dalla festa del 20° compleanno della figlia. Si incontrano per caso facendo l’autostop per allontanarsi, fuggire appunto, dalla routine giornaliera e da un mondo che le avvolge loro malgrado.
Due vite che si incontrano e da quel momento si intrecciano. Il loro è un autostop che le porterà a condividere esperienze a loro sconosciute. Interessante interpretazione di Valeria Valeri (classe 1925, che interpreta Claude) e Milena Vukotic (classe 1938, che interpreta Margot).
Margot attraverso questo viaggio iniziatico e con l'aiuto di Claude si libererà dei pesi inutili che la attanagliavano.
Mmmh...ad essere sincero non mi aspettavo che la regia si reggesse tutta sulla scansione narrativa degli ambienti e delle situazioni assurde del testo, impiegando pochi oggetti di scena, mentre alcune diapositive, proiettate in quinta, alludono alla scenografia, per il resto mancante, lasciando agire le due attrici in un palco vuoto.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

sabato 15 gennaio 2011

Tengo duro e basta




Chiamami sognatore!
Sento che ho ragione so di avere ragione.
Mi piace la tranquillità, stare in mezzo alla natura, scrivere, pensare, respirare aria pulita e vorrei rimanere in questo stato di quiete.
Penso di non riuscire ad esprimere bene ciò che sento dentro.
Tutto intorno a me resta fermo, immobile.
Io sto cambiando direzione.
Mi sento strano.
Sembra tutto così diverso.
Vedo le stesse cose con occhi diversi.
Sembra che tutti se la prendano con me per la loro infelicità.
Le cose cambiano.
Ma non riesco a controllarmi.
E sono qui.
Nella stanza buia.
Solo io e la solitudine.
C'è questa musica che fa da sottofondo alla malinconia che si alza. Mi sento confuso.
Cerco qualcosa che mi rassicuri.
Guardo la solitudine.
Cerco il suo sguardo.
Eccolo.
Senza aprire bocca m dice che prima o poi tutto cambierà.
Che ogni cosa non sarà più la stessa.
Cosa volete, o gente, dalla vita mia?
Vorrei correre, saltare e fuggire via.
Sono inutile, serio, vano ed incompreso, a volte quasi calmo e inerme, altre teso.
Pensieri liberi e sibillini ora dominano la mia mente, confondo passato e presente alla ricerca di un futuro evanescente.
È l'ora di partire.
Da qualche parte oltre il mare c’è il relitto di una nave.
Oh devo tenere duro, tenere duro.
Devo tenere duro.
Tengo duro e basta.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)