venerdì 28 novembre 2008

week end



Stavo sognando prati fioriti.
Alle sette meno un quarto, nonostante sia sabato e l’oscurità avvolga Ostia come un manto umidiccio profumato di mare e di muschio, sono in piedi.
Mi ficco sotto la doccia per sciacquare gli incubi, e mi abbandona alla prolungata carezza dell’acqua.
Mi rado con cura, poi mi bagno la faccia, mi asciugo e mi rinfresco guance e mento col nuovo dopobarba.
Completo la toilette, infilandomi le pinzette nel naso per estirpare un paio di peli lunghi e bianchicci.
Vado in cucina mezz’ora dopo.
Simonetta è già alzata e sta leggendo.
Quando mi vede, accende il fornello e mette la caffettiera sul fuoco.
Novembre.
Questi giorni di questo maledetto mese dei morti flagellato dalla tramontana.
Guardo fuori dalla finestra.
Il cielo indossa il cappotto nero, scuro come il mio umore.
Bevo il caffè.
Sto già meglio.
Mangio un dolce.
Diverso.
Dolce al punto giusto, un misto di sapori che richiamano la terra e il mare, sa d’aria e di vento.
E’ poesia.
Mastico a occhi chiusi, lentamente, e ogni boccone è un ricordo, è una carezza gentile.
Gabriele irrompe nella cucina con gli occhi di fuori.
A giudicare dalla barba lunga e gli occhi gonfi e inviperiti, ha dormito poco e male.
La camicia a quadri, d’un azzurro violento, penzola fuori dai jeans.
Balla, tanto è nervoso.
Fa una smorfia, contraendo le labbra secche, le mani si muovono nervose.
Mi guarda, lampi d’ira si affacciano su abissi di sconforto, rivelando un ragazzo, un pezzo di legno sballottato dalla furia del mare, travolto dalle onde gigantesche e approdato infine sulla rena, di fronte a me.
Fa pena.
“Papà, la Lazio non meritava di perdere la partita” dice d’un fiato, liberando insieme vergogna e rancore che bruciano in petto.
Per poco non ruzzolo dalla sedia.
Poi si rilassa e mi parla di una ragazza.
“Che fortuna avere alla scuola di teatro una così splendida discendente di Venere”, mi dice.
Poi esce.
Il groviglio dei miei pensieri è sempre lì, e ristagna come la fuliggine nei comignoli.
Penso al lavoro.
Per quale motivo non reagisco mai?
Difficile darsi delle risposte quando stanno sepolte negli abissi del cuore.
Ho voglia di piangere.
Dentro mi urla la rabbia antica dell’uomo impotente di fronte alle ingiustizie della vita.
Penso a un collega.
La mente umana è un abisso infinito di miserie umane nere come il diavolo.
Penso a una collega.
Racchia.
Tutta casa, avemaria e padrenostro.
Esco.
Passeggio sul lungomare.
Alzo gli occhi.
Ora il cielo non è più nuvoloso.
L’indaco lambisce il turchino e il violetto carezza il turchese fino a sfumare nel grande respiro dell’infinito.
Dio che spettacolo!
Perché gli uomini hanno smesso di guardare il cielo?
Davanti a me, una barca.
Dietro, una coppia.
Lui, anziano.
Avvinghiato a una giovane donna, tradisce sua moglie.
Un amplesso violento, animalesco, antico.
Sto sudando freddo.
Mi allontano.
Giorno di mercato, oggi.
Manca ancora a Natale, ma l’aria sa di festa.
I banchi del mercato straripano di festoni, ghirlande e alberelli di plastica perfino raffinati e con le palline incorporate, di golfini tempestati di piume e di paillette, di scarpe dai colori sgargianti, dalla forma azzardata e il tacco a spillo.
Domani sarà domenica.
Andremo a Collevecchio.
Allora, penso a Collevecchio.
Una scorciatoia attraverso la campagna di mia suocera.
Novembre ha aperto le pance agli sterminati apprezzamenti bruni, le zolle rivoltate si aprono nei colori della terra, pronte ad accogliere semi da gonfiare e far esplodere alla vita.
Un ciclo antico in questi luoghi immoti si ripete anno dopo anno, perpetuando nella natura e negli uomini gesti che profumano di farina impastata e pane ancora caldo, cotto nel forno a legna.
Lunedì mi prenderò ventiquattrore di vacanza.
Niente impicci e rotture.
La pace dello spirito e la salute del corpo vengono prima di ogni cosa.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

sabato 15 novembre 2008

Collevecchio e novello




Novembre a Ostia giunge più triste che altrove. La nebbia che si leva ad avvolgere il mare e le spiagge da quel senso di immaterialità sospesa, un paesaggio da fiaba che cozza contro le infamie della vita. La nebbia mattutina sugli arenili di Ostia mi suggerisce pensieri amari. La nebbia si fa più spessa e la tristezza mi conduce per mano. Mi sento a disagio riflettendo su ciò che questa mattina mi ha detto un collega in ufficio. Parole vere e dure. Così dirette, un pugno nello stomaco di quelli che ti lasciano intontito per giorni, e quando riprendi coscienza, ti inchioda a una sedia e ti obbliga a fare quei conti che hai sempre rimandato. Mi ricordo di avergli risposto fissandolo e sacramentando contro tutto il sistema solare conosciuto e partendo con una sequela di improperi, maledicendo il tempo, il lavoro, il governo e il il Padreterno. Ho la bocca come una cava di sale. Meglio andare via. Seduto su una panchina un uomo sta accarezzando il suo cane. Lo fa con movenze eleganti, con amore, gli parla sottovoce, come si fa con la più cara delle amanti. Mi viene in mente una zia di mia moglie che siamo andat a trovare ieri al Gemelli. Non mi è mai andato giù l’odore di disinfettante degli ospedali. Mi resta appiccicato in gola, come se un pezzo di ovatta mi bloccasse la salivazione. Entro in un bar del porto. Assaggio il caffè. Com’è? Una delizia. La crema densa e scura si acquieta sul palato dove rimane a lungo, a solleticare le papille deliziate. Inghiotto sino all’ultima goccia con uno schiocco linguale. Mi sento chiamare. Mi volto. Tonino. Un vecchio conoscente. Balla, tanto é nervoso. Poi si mette seduto al mio tavolino. E' reduce da un incontro amoroso. Una giovane amante. Albanese. Nata sotto un cielo altrui. Mi parla di lei, con gli occhi di fuori lei. Con lei ama disfare il letto con lotte a corpo libero. La definisce polposa e saporita come uva matura. Una donna da letto capace di fare sentire un uomo un vero stallone. La conosco anch'io. Abita di fronte al mio palazzo. Mai a Ostia si è vista una racchia della portata di questa ragazza, tanto che a sentire queste parole, per poco non cado dalla sedia. Il pacchetto delle liquirizie mi cade sotto il tavolo e io mi chino lesto a raccoglierle, nascondendo ai suoi occhi le mie pupille, incapaci di celare il gran ridere che l’incredibile sortita di Tonino mi ha provocato. Lo saluto e torno a casa. Mi apre la porta Gabriele, il mio ventiduenne-primogenito. Mi prepara un gin tonic. Ci sediamo sul divano, sorseggiando i nostri drink. All'improvviso mi chiede se so chi siano gli Eunuchi. Vedendomi perplesso, sogghignando maliziosamente mi dice che gli eunuchi sono quelli che hanno costituito un sindacato: gli Evirati Arabi Uniti! Mi azo barcallando. Mi dirigo in cucina dove il mio secondogenito, il quattrodicenne Alessandro, é intento a leggere. Vedendomi arrivare, a bruciapelo mi domanda: “Papone lo sai a quale velocità va il cammello dei re magi? A tutta mirra!” Non ho il tempo di reagire che mi squilla il cellulare. E' Stefano, mio fratello. Prima scherza sul risultato del derby capitolino di domani, poi mi chiede: “Mario, sai cosa cantano le ragazze? si-la-do”. E dire che Stefano è da 3 anni papà: infatti il 30 novembre 2005 -nel giorno di S. Andrea, festa del Santo patrono di Collevecchio, paese d’origine di noi Pulimanti- é nata Sara. A questo punto sono giunto ad una conclusione: la colpa di tutte le stranezze che questi giorni sembrano moltiplicarsi sotto i miei occhi è da attribuirsi al successo sempre maggiore che sta ottenendo il novello. Sì proprio il novello! L’estate ci ha salutato, siamo ormai in inverno. Ed ecco, infatti, sfilare da novembre accanto alle castagne ed ai funghi, il vino novello arrivato da poco in Italia, sulle orme del novello. Quello del novello è, infatti, un fenomeno tutto contemporaneo, risultato di un attento e preciso processo di vinificazione, del tutto diverso da quello normale. Secondo gli esperti non è un vino vero, ma negli anni ha conquistato cuore e tavola di molti. Basti pensare alle innumerevoli manifestazioni e sagre che ruotano attorno a questo vino. Per me il novello è un simpatico prodotto da bere in compagnia di pochi amici, come faccio io il fine settimana a Collevecchio, davanti al camino di mia suocera, mangiando pane caldo, salumi e porchetta. E detto tra noi, che cosa c’è di meglio? Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

martedì 11 novembre 2008

Pensieri e parole




E’ una serata piacevole, con una brezza delicata che odora di mare e foglie fresche.
Passeggio sul lungomare di Ostia.

L’itinerario? Dal Pontile al Porto.
E intanto penso.
Ho pochi amici.

Ma veri.
Valter.

Ha un viso espressivo, dalla bellezza classica, i capelli neri e la carnagione rosata; le braccia e le spalle piuttosto ben fatte gli conferiscono un’aria atletica.

Sicuro di sé, non ha difficoltà a sostenere lo sguardo di nessuno.
Liliana è l’attraente donna dai capelli biondi che l'ha sposato. Sempre in forma e atletica.

Insieme al marito è stata la mia testimone di nozze.

Il suo sorriso va dall’esuberante al seducente.

Ragiona sulle cose, le analizza, le osserva, cerca di comprenderle, cerca di dotarle di un senso, di una spiegazione logica.

E ci riesce.

Spesso.
Giorgio.

Un bell’uomo dal volto importante.

Alto un metro e ottantatotto per settantacinque chili di peso e con i capelli tagliati cortissimi.

Non fuma, non beve e non dice mai parolacce.

Non indulge in lussi di alcun genere.
Di indole estremamente buona e gentile, Carmela, la moglie di Giorgio, ha un bell’aspetto.
Silvia.

Una psicologa.

E’ una dottoressa con gli occhi attenti e penetranti e il sorriso rassicurante di chi non ha pregiudizi.

E’ sensibile, molto allegra e solare.
Ferruccio, il marito.

Sempre in eccellente forma fisica.

Come al solito è perfettamente padrone di se stesso, come se sa già che le sue parole alla fine convincono tutti.

Ama indossare camicie button-down senza cravatta, jeans e scarpe sportive.
Ho due figli.
Come i cattivi dei film dell’orrore -alla Scream o Venerdì 13- le ex fidanzate spesso riescono a tornare dall’aldilà.
L’amore ci rende strani.

Dalla risata di Gabriele, che suona sorprendentemente adulta, è evidente che ha ora altre nidiate di amori da nutrire.
La vita è una lotta.
Anche per Alessandro, neo quattordicenne.

Sa sempre come cavarsela.

Anche al liceo.

I suoi occhi sono calmi, quasi divertiti, mentre si destreggia tra il greco e il latino.
Il latino.

Una lingua dall’ammirevole precisione.

Dove altro si possono trovare cinque declinazioni per i sostantivi e quelle stupefacenti coniugazioni dei verbi?
Mi volto e alla luce del sole vedo Simonetta.
E’ in gamba.
I rapporti con mia moglie sono sinceri.

E’ diversa da tutte le altre.

Dal settantacinque mi ha acceso qualcosa dentro.

E’ bella, ovviamente.

Ma soprattutto è…non convenzionale.

Lirica, poetica, a modo suo.
Ho visto in tivvù Montalbano tradire Livia con una ragazza, che ha usato una tattica per avvicinarsi a lui e usarlo, uccidendo l’assassino della sua gemella.
Il lavoro.
Bé, a volte servirebbe un po’ di spina dorsale, dopotutto.
Al Porto incontro un’amica.
Frequentava un artista.

Un tipo alla Sean Connery.

L’aveva fatta innamorare scrivendole versi, ma dalle sue parole colgo quelle che sembrano le ultime palate di terra sulla tomba dell’attore-poeta, troppo sposato per essere l’uomo ideale.
Buona fortuna!
Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

venerdì 7 novembre 2008

Barack Obama a Collevecchio



Il fuoco abbraccia il camino di mia suocera come una creatura vivente.
La stringe sempre di più avvolgendosi intorno al suo profilo e infine la fa sua del tutto.
Le fiamme levano i loro tentacoli mentre i ceppi si ripiegano su se stessi dissolvendosi in una nube di fumo e cenere.
Osservo la scena dalla poltrona.
Socchiudo gli occhi.
Penso a Barack Obama.
Mi si dipinge un sorriso sul viso.
Da molti anni il Partito Democratico non conquistava tutto il potere: Camera, Senato e Casa Bianca.
Il destino ha voluto assegnare a Barack Obama un compito delicato: firmare la fine del primato economico americano, il primato di un Paese che dettava legge agli altri su prezzi, moneta e costi.
La coalizione che si è creata attorno a Obama fa pensare a quella che si formò negli anni Trenta attorno a F.D. Roosevelt; sindacati, intellettuali, minoranze etniche con in più le donne, i giovani e gli ispanici e con in meno il Sud che negli anni Trenta votava democratico e dagli anni Ottanta è passato al Partito Repubblicano a cui è rimasto fedele anche in questa elezione.
La colazione di Roosevelt garantì ai democratici quasi quarant'anni di presidenze con l'eccezione delle due del repubblicano Eisenhower.
Durante la campagna elettorale i due candidati hanno parlato poco di politica estera limitandosi ai temi più pressanti: il ritiro dall'Iraq, l'esigenza di nuove politiche in Afghanistan, i rapporti con l'Iran.
Per quanto importanti questi temi a cui Obama ha affidato la specificità delle sue posizioni rispetto a quelle di McCain la priorità va alla crisi finanziaria.
Globale quale essa è, potrà risolversi solo con uno sforzo collettivo e con una soluzione concordata da tutti. L'alternativa è ciò che successe negli anni Trenta quando alla grande depressione si rifiutò di dare una risposta comune e ogni Paese cercò una soluzione nazionale al problema.
Per Obama sarà il primo banco di prova di quel ritorno al multilateralismo a cui si è impegnato durante la campagna elettorale.
È la prima realizzazione di quel cambiamento di cui ha fatto la sua parola d'ordine. Multilateralismo e cambiamento assegnano a Barack Obama un compito che va molto al di là del mandato che gli è stato affidato dall'elettorato: quello di far comprendere al Paese che una nuova fase si è aperta nella storia dell'America e nei rapporti internazionali.
A differenza di quella che è seguita alla fine della guerra fredda, la fase nuova richiede un ruolo diverso per gli Stati Uniti, non quello egemonico in forza della sua politica economica e militare, ma quello di un Paese che insieme ad altri Paesi sappia affrontare la sfida dell'oggi e del domani, non solo quella della crisi finanziaria ma quelle della qualità della vita, di una crescita sostenibile e di una nuova era di pace.
Non è il compito di un uomo solo per di più relativamente nuovo alla grande politica mondiale.Obama dovrà raccogliere attorno a sè una nuova classe dirigente di personalità competenti e dedicate all'enorme compito che le aspetta.
L'America è ricca di queste energie, il merito storico del Partito Democratico è sempre stato quello di riuscire a promuoverle e a utilizzarle. Solo così si realizzerà quel new deal di cui si è parlato durante la campagna elettorale che a differenza di quello rooseveltiano non potrà essere solo per l'America ma dovrà riguardare anche il resto del mondo. A un certo punto sento bussare.
Dalla porta fa capolino un viso sorridente.
E' Gabriele. Mi alzo e lo faccio entrare. Alessandro strilla, agguanta un ceppo e glielo punta alla gola, sorridendo goliardico.
Mia suocera si mette seduta, le braccia intorno alle ginocchia, e guarda lo spicchio di luna che si intravede dalla finestra sforzando di scacciare l'angoscia. Silvia mi guarda sospettosa.
E mi parla della Roma.
Stefano non sa se fidarsi.
E mi parla della Lazio.
Ferruccio mi prende in disparte.
E mi parla del Milan.
E Simonetta?
Sospira.
Sempre più veloce e sospettosa.
E mi parla di Collevecchio.
E' questa la vita che amo?
Forse sì.
E Obama mi sembra ora solo un sogno lontano. Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)

mercoledì 5 novembre 2008

Barack Obama



Mi sento sfinito, stasera.

Non ho più risorse fisiche, e anche quelle mentali iniziano a vacillare.
Non avrei mai immaginato che compiere 53 anni potesse prostrarmi tanto.
Accendo la TV.
Rido di gusto.
Barack Obama, neo Martin Luther King, è il quarantaquattresimo presidente degli Stati Uniti.
Ora per il nuovo presidente parte la sfida più difficile: quella per il rilancio dell'economia americana.
Barack Obama è nato alle Hawaii da padre keniota e madre bianca americana.
Il Senatore dell'Illinois, ha stravinto le elezioni aggiudicandosi il voto degli Stati chiave quali l'Ohio, la Pennsylvania e la Virginia.
Si tratta del primo Presidente nero nella storia degli Stati Uniti.
Lo sconfitto Johm McCain ha riconosciuto la vittoria dell'avversario telefonandogli personalmente e congratulandosi per il risultato ottenuto.
Ottimo.
Mi pare di ritrovare il respiro dopo una lunga apnea.
E' che...é così bello...
Spengo la TV.
Guardo a lungo il soffitto, non riesco a dormire.
Poi sento uno strano rumore e mi affaccio alla finestra. Piove.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)