venerdì 28 aprile 2017

Fine di un matrimonio


Fine di un matrimonio

 

E’ molto difficile che un matrimonio sopravviva a una crisi economica grave e all’angoscia che ne deriva, ma è pure molto difficile che sopravviva all’agiatezza e alla noia.

Non solo, direi che le difficoltà economiche uniscono e, addirittura caricano un matrimonio di progetti, ma il denaro separa, e carica un matrimonio di problemi. Io credo che le difficoltà spesso inizino quando le coppie risolvono i loro problemi e gli rimane il tempo di veder morire la sera nei loro salottini, guardandosi in faccia.

Quando hai problemi, non vedi la faccia; vedi il futuro. Quando non ti resta che la faccia, è un brutto affare.

Penso, infatti, che la noia tra i coniugi sia uno dei grandi problemi che affliggono l’Italia. Anzi l’Europa. Anzi il mondo!

Bisognerebbe inventare una legge per porvi rimedio.

Credo inoltre che le grandi crisi domestiche si origino così.

Per una coppia di sposi è molto facile avere un progetto di vita comune: entrambi pensano allo stesso tempo ad andarsene di casa, trovare un appartamento, ammobiliarlo, sfogliare i dépliant delle agenzie di viaggio e pianificare una scopata.

Questo gli fa pensare che la vita abbia un senso e che siano nati l’uno per l’altra.

Ma gli anni di matrimonio a poco a poco modificano la situazione, con la persistenza di una goccia d’acqua: nulla garantisce che il progetto di vita che desidera il marito coincida con il progetto di vita che desidera la moglie; non solo, uno dei due finisce per intralciare l’altro.

Dopo un po’ sono due perfetti sconosciuti che si incontrano, si guardano, si rifiutano e cercano rifugio altrove.

Ma non c’è comunque nulla da temere, poiché la saggezza occidentale ha previsto tutto: ormai ci sono rifugi eccellenti, come il lavoro, i pettegolezzi con le amiche. Il cinema, il teatro e il campionato di calcio.

Chi crede che in una casa ci sia un mondo, si sbaglia: ci sono due mondi. Nemmeno i figli rinnovano il primo progetto comune, perché per i figli ciascuno ha un progetto diverso.

In definitiva ci sono due sistemi perché una coppia consumata si prenda ancora per mano e rimanga unita.

Uno è trovare un nuovo progetto di vita comune, come per esempio comprarsi un nuovo appartamento e altri mobili. Ma questo non è sempre possibile.

L’altro sistema consiste in pratica nel non aver mai avuto un progetto di vita.

E questo può sembrare terribile, lasciarsi vivere e non essere nessuno. Ma proprio lì potrebbe esserci una delle chiavi della felicità.

Certo però è triste vivere così.
Puzza di sconfitta.
 
 Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)

giovedì 27 aprile 2017

Mare o campagna?


Mare o campagna?

Dico la verità: a mia moglie piace la vita in campagna.

Ad una sua amica, Simonetta come lei, dice: “Ti rendi conto lo squallore? Palazzi brutti, macchine, cartelloni arrugginiti. Io sono nata in campagna in mezzo alle mucche. Questa roba non fa per me. Prima o poi prendo Margot e me torno al paese”.

Si gira a guardarla. “A Collevecchio, in Sabina. Ci sei mai stata?”

“No. E’ bella?”

“Ovvio, è Sabina, non ti basta?” risponde con un’alzata di spalle.

L’amica tira un respiro. “Che palle. Vabbé, andiamo al bar. Ti va un tramezzino?”

“Come ce li hanno, nel cellophane o sotto il tovagliolo?”.

Lei guarda dura. “E secondo te io vado in un bar dove il tramezzino sta nel cellophane?” La ritengo un’offesa personale, Simo”.

Ed escono chiudendo la porta.

In casa lo spostamento dell’anta causa la caduta di tre colonne di fogli di Diritto Notarile di Gabriele che volano a terra come foglie morte. Così come gli appunti di letteratura tedesca di Alessandro.

Vedete, Simonetta è così.

Le piace stare seduta a guardare il sole che tramonta.

Ha sempre desiderato avere una casa con un panorama meraviglioso, vicino al campo di olivi, alle vigne, al giardino di rose, ai gelsomini che profumano l’aria della sera.

Avrebbe gradito, infatti, crescere i nostri due figli alla maniera degli antenati.

Lei stessa avrebbe insegnato loro a fare il vino e ad allevare le api.

Ed i nostri figli -a suo dire- sarebbero cresciuti in pace e sarebbero vissuti in serenità all’ombra di grandi alberi solitari, ascoltando il pigolio degli uccelli che, dopo essersi rincorsi in cerimonie di corteggiamento, cercano il nido su querce così alte che sembrano reggere il cielo.

Al contrario, a me piace il mare.

Il mare è lo specchio dei nostri pensieri, e sfortunatamente anche di quelli più profondi e malinconici.

Riflette ciò che sta nascosto nelle profondità del nostro animo, le nostre paure inconfessate, perfino il volto della morte sembra trasparire, a volte, sotto la sua superficie liquida e mutevole, dietro l’orizzonte che fugge sempre più lontano, che non si fa mai raggiungere. Di sera, la luna sorge dal mare illuminandolo.

E la superficie scagliosa del mare riflette i raggi della luna in mille sfaccettature tremolanti. Dite che sto parlando a coda di porco, intorcinata, non in forma esplicita?

Vabbè, ok.

Mi siedo sul divano, di fronte al mare.
Ascolto Bob Dylan, a luci spente.
Mi inganna l’oscurità.
Sono un mercante di libri maledetti.
Fuori dal tempo.
Forse, non ho capito nulla.
Né qui, né altrove.
E morirò.
In terre lontane?
A Collevecchio?
A Ostia?
Sicuramente, sotto una cupola stellata.
Alle radici del cuore.
Addio arcobaleno, ciao.
Con un sospiro, mi raggomitolo sul divano e rimango ad ascoltare il mare.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia-Roma)