La
disoccupazione giovanile, vero incubo dell’Italia
La disoccupazione
giovanile, è il vero incubo dell’Italia. Infatti laurearsi non basta più per
lavorare tanto che i dati Istat parlano
di disoccupazione giovanile al 40%, in particolare il tasso di disoccupati
laureati non è mai stato così alto. Colpa della crisi, certo, che ha ridotto risorse e
opportunità di occupazione. In ogni caso essere laureati è ancora un vantaggio per trovare un impiego. Tuttavia,
anche per loro le difficoltà a inserirsi nel mercato del lavoro stanno
crescendo, per una serie di ragioni che
precedono di molti anni l'arrivo della crisi economica. Innanzitutto, c'è stata
negli ultimi anni una riduzione delle
assunzioni nella pubblica amministrazione, che tradizionalmente ha
sempre assorbito quasi un quarto degli ex-universitari in cerca di lavoro. Inoltre,
va evidenziato che in Italia c'è una forte
presenza di aziende a piccola e media dimensione, che preferiscono non
assumere i laureati, ma indirizzarsi su candidati con un grado di istruzione
inferiore e più orientato alla formazione professionale. Infine, non va
dimenticato che non tutti i laureati hanno le stesse carte da giocarsi sul
mercato del lavoro: alcuni profili, come gli informatici e gli ingegneri o i diplomati in facoltà scientifiche,
sono ancora abbastanza ricercati dalle aziende mentre altri candidati,
come i dottori in discipline
umanistiche e sociali, faticano molto di più a trovare un impiego. Per
esempio, secondo i dati Istat oltre il 30% dei laureati in conservazione dei beni culturali è
ancora disoccupato dopo un anno dalla conclusione degli studi, contro meno del
10% che si registra tra gli ingegneri o i dottori in chimica industriale. Cresce ancora la disoccupazione, crolla ai
minimi lo stipendio di chi riesce a trovare un impiego. E lavora senza
contratto il 15% tra quelli che escono da medicina, architettura,
giurisprudenza, chimica, farmacia. Laureati disoccupati semplicemente perché sono figli
di nessuno, di nessun professionista. Chi lavora lo fa spesso perché lavora
nello studio del padre avvocato o notaio. Per fortuna c’è ancora chi riesce ad
aprirsi la strada, al di là delle parentele. Ma è una piccola minoranza. Comunque un
messaggio sbagliato che alcuni traggono da questi dati è che “la laurea non
serve”. Nessun paese al mondo ha avuto una regressione economica così continua
da cinquant´anni come l´Italia, conseguenza di una regressione culturale. In
questi anni, mentre molti paesi adattavano le strutture formative, di ricerca e
produttive alle esigenze della società della conoscenza, l´Italia restava
ferma, meno risorse a ricerca ed istruzione, diseguaglianze crescenti nella
distribuzione di redditi e ricchezze, abbandono del Mezzogiorno, invecchiamento
della popolazione. In questa Italia ferma e vecchia, non servono né i laureati
e neanche i giovani, che infatti emigrano. Nell´Italia che vorrei per i nostri
figli e nipoti serve invece più cultura e tanta buona politica. Leggere le
cifre e le proiezioni relative al numero dei disoccupati in Italia infonde
sempre un’enorme amarezza. Occorre una netta inversione
di tendenza, coraggio!
Mario Pulimanti
(Lido di Ostia -Roma)
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