
Tra le ipotesi di riforma sul tavolo, Silvio Berlusconi ha annunciato l’intenzione di lavorare innanzitutto per quella fiscale per assicurare una riduzione delle imposte gravanti sui cittadini e sulle imprese.
Un obiettivo condivisibile ma impraticabile se non si inizia a stringere sul fronte della spesa pubblica.
L’impressione è che si assista a enunciazioni che fanno a pugni con una linea di condotta che ha portato alla lievitazione della spesa dai 550 miliardi del 2000 ai 775 miliardi del 2008.
Le politiche di mero contenimento della spesa pubblica non sono da ritenersi inutili esercizi di masochismo politico: basterebbero tre legislature di seguito, governate in modo responsabile e con una lungimiranza appena un po’ più ampia della scadenza elettorale successiva, per cambiare radicalmente volto ai conti del Paese.
Ma il contenimento della spesa da solo non basta: è sì un presupposto necessario, ma non sufficiente per poter davvero ridurre la pressione fiscale.
Per far questo serve anche una significativa riduzione dell’evasione fiscale.
Sarebbe opportuno non incrementare la spesa e, nel contempo, smettere di introdurre periodicamente provvedimenti condonatori e scudi fiscali.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)
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