venerdì 29 novembre 2013

LA METRO ROMA-LIDO: VIAGGIO NEL DELIRIO

LA METRO ROMA-LIDO: VIAGGIO NEL DELIRIO Sono pronto per la prova più importante della giornata: il viaggio sulla metro. Da Ostia a Roma. Tutto bene? Bene un corno, dannazione! Ho un fastidioso mal di testa. Che diamine! Vado a lavorare controvoglia. Gli altoparlanti annunciano che pure oggi il servizio è rallentata. Come tutti i giorni, del resto. Tempo quindici minuti e arriva un treno, ogni centimetro di carrozza stipato di corpi sudati, accartocciati, pigiati in un insieme compatto. Non provo neanche a salire, ma nel pandemonio di persone che sgomitano per aprirsi un varco l’una sull’altra, riesco a guadagnare la prima linea della piattaforma e resto in attesa del convoglio seguente. Che arriva venti minuti dopo, ma pieno zeppo come il precedente. Quando le porte si aprono e qualche passeggero dalla faccia paonazza si fa largo tra la folla in attesa, mi pigio dentro e respiro una boccata d’aria viziata, stagnante. Mi sembra che l’aria sia passata per i polmoni di ciascuno un centinaio di volte. Altra gente s’ammassa alle mie spalle e mi trovo spiaccicato tra un giovane arabo ed il vetro divisorio che ci separa dall’area dei posti a sedere. Normalmente avrei preferito mettermi con il naso pigiato contro il vetro, ma quando ci provo scopro una gran chiazza viscida, proprio ad altezza del mio viso, un accumulo di sudore e di unto lasciato dalla testa dei passeggeri che si sono strusciati contro la lastra trasparente, così non posso far altro che girarmi e fissare, occhi negli occhi il ragazzo che ho davanti. Quando al terzo o quarto tentativo si chiudono le porte io e lui ci ritroviamo ancora più pigiati perché la gente accalcatasi sulla porta senza riuscire a entrare finisce con lo stiparsi dentro insieme a noi. Un compagno di sventura mi spinge. Mi volto e lo fulmino con lo sguardo. Se dovessi svenire non cadrei in terra perché spazio per cadere proprio non c’è. Arrivo a Piramide decisamente provato. E con un’ora di ritardo. Ma il mio viaggio continua. Debbo, infatti, arrivare fino a Termini con un’altra linea della metro: l’affollatissima B. Scendo di sotto con la scala mobile. Mi rendo conto, appena vedo la piattaforma, che difatti è affollata all’inverosimile. Più del solito. Deve esserci stato qualche guasto e probabilmente non arrivano treni da almeno un quarto d’ora. Scendo dalla scala mobile. Arrivato a Termini, penso che mi farebbe bene bere un caffè. Che prendo subito prima di entrare in ufficio. E’ proprio vero: fare il pendolare stanca. Ve lo giuro! Inutile nasconderlo: la metro di Ostia é da terzo mondo Ma Marino, sindaco ciclista, lo sa? Mario Pulimanti (Lido di Ostia - Roma)

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