venerdì 19 aprile 2013

21 Aprile: Natale di Roma. Nonché compleanno di mio fratello Stefano. E lo era anche di nonna Jole.


21 aprile.
Natale di Roma.
Nonché compleanno di mio fratello.
E lo era anche di nonna Jole.



Mentre il mondo è addormentato, la natura del tempo cambia.
Alcuni momenti si coagulano, altri si diluiscono.
 Il tempo diventa irregolare, elusivo, incerto.
 A noi insonni, la notte sembra eterna, eppure troppo breve.
Rimango sdraiato a lungo, osservando le orme tremolanti che danzano sul soffitto, senza riuscire a prendere sonno né a seguire il filo dei pensieri che mi frullano per la testa, aspettando che si faccia giorno. A un certo punto mi addormento.
Dormo in modo irregolare.
Sogno.
In parte sono consapevole di stare sognando, in parte sono come travolto dalle immagini.
Sono sogni brutti e inquieti.
Incubi.
 Sogni terribili.
 Apro gli occhi, ma non mi pare che ciò faccia una grande differenza.
Vedo soltanto una marea indistinta.
 Rosa.
 E allora mi rendo conto di non aver aperto gli occhi e di essere ancora immerso nel sonno, pur contro la mia volontà.
 Tento di aprire gli occhi aiutandomi con le dita, ma le palpebre sembrano incollate.
 Raddoppio gli sforzi, ansimando, incapace di strapparmi dal sogno.
Poi, in un attimo, mi sveglio.
 I miei occhi sono spalancati, le mani tremanti appoggiate al bordo del letto.
Sento la bocca secca.
Mi fa male la testa.
Viso e mani sono insensibili.
Balzo in piedi, rendendomi conto che ho dormito o comunque ho indugiato sui confini del regno del sonno.
Ho la sensazione che le mie gambe siano rigide come pezzi di legno.
Barcollando, mi dirigo verso il bagno.
Accendo la luce.
Accecante.
Mi avvicino al lavandino.
Mi spruzzo in viso.
Avverto con piacere il contatto con l’acqua fresca.
A questo punto ricomincio a sentirmi umano, per quanto debole.
Vorrei camminare, con lo sguardo fisso sulla luce del sole che si rispecchia sul mare.
Non sono però tipo da restare a lungo di cattivo umore.
Prendo un caffè, pensando a Blade Runner.
Un film mitico.

 Rivedo la scena finale sotto la pioggia, in cui il replicante dice a Deckard: "Ho visto cose che non potresti immaginare. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orion. E ho visto i raggi beta balenare al buio vicino alle porte di Tanhauser. E tutti questi momenti andranno perduti, come lacrime nella pioggia".

Straziante.

Esco.
A quanto pare, è una mattina fresca, dopo la leggera pioggia di ieri sera.
Erba bianca di brina si stende lungo il prato di Piazza delle Repubbliche Marinare.
Davanti alla fermata dello 01.
Pensionati in cerca di sole con cani in cerca di piante.
Mamme con bambini troppo piccoli per avere l’età di andare a scuola e adolescenti troppo pigri per averne voglia.
Scendo dallo 01.
Prendo la metro.
Penso: la fede è un dono, come l’amore e l’amicizia e la fiducia. Non può nascere dalla ragione. La ragione può solo, in certi casi, aiutare a tenerla viva. E’ l’altro binario, quello che corre parallelo in una direzione che non è dato sapere. Ma se la fede fa perdere la ragione, si perdono con lei l’amore, l’amicizia, la fiducia, la bontà. E dunque la speranza.
Arrivo in ufficio.
Penso di essere sempre allegro e disponibile.
Mi limito a fare il mio dovere meglio che posso.
E se qualcosa va storto non mi metto subito a pensare che è colpa mia.
Un collega mi informa di promozioni ambigue e di reggenze ai soliti raccomandati.
Così si dice, rispondo.
Tuttavia rimango un po’ turbato.
Per quanto amara può risultare la verità, la mia innata esuberanza mi restituisce presto il buonumore.
Oh, bene!
 E’ già sera: esco dall’ufficio.
 Sennonché all’ex Piazza Esedra -ora della Repubblica- mi imbatto casualmente in mio fratello.
Così, prendiamo un caffè.
Bene, ho un’ottima scusa per accantonare i pensieri amari che, mio malgrado, mi hanno accompagnato per tutto il giorno.
“Un momento” dichiara ad un certo punto in tono solenne “il prossimo 21 aprile, Natale di Roma, festeggerò il mio compleanno, essendo nato 50 Natali di Roma. Avrei una proposta da fare: perché non viene ripristinata a Roma la festività del Natale di Roma, dato che in ogni parte del mondo si trova qualcosa che la ricorda ed è l'unica civiltà ad avere radici cosi lunghe e ramificate?”
“Giusto, Stefano, hai ragione”, convengo sorridendo.
Del resto sono duemilasettecentosessantasei anni, mica uno.
Il prossimo Natale di Roma sarà il tredicesimo compleanno del nuovo millennio.
Il 21 aprile, secondo la tradizione, è il Natale di Roma: il giorno in cui Romolo, nel 753 a.c., avrebbe tracciato il confine originario della città.
Forse questa è una data leggendaria perché sembra che, prima che Romolo tracciasse il famoso solco entro cui far nascere la città di Roma, alle pendici del Campidoglio già ci fosse una piccola comunità.
La nascita di Roma, quindi, risalirebbe a prima dell’anno 753 a. c. ma la leggenda, ricca di fascino, non offusca la seduzione di Roma, città eterna, anzi la arricchisce di magia.
La data del 21 aprile ha una spiegazione.
Nell’antico calendario cadevano in questa data i festeggiamenti in onore di Pale, divinità della fecondità.
Le Palilia, così queste feste venivano chiamate, erano comuni a tutte le genti che si incontravano per purificare con fumigazioni, il bestiame e le stalle.
Fra le capitali del mondo, Roma è, a mio parere, quella che possiede il patrimonio archeologico di gran lunga più rilevante.
Era la prima metà dell’Ottocento quando Stendhal passeggiava estasiato per Roma in cerca della classicità e del colore locale che tanto lo affascinavano.
Sono passati quasi duecento anni da allora, il Tevere è sempre più giallo, il Papa si è ritirato dietro le Mura del Vaticano e il romano è rimasto imperturbabile, menefreghista, pacioso e scanzonato come lo definiscono i soliti e vecchi luoghi comuni in bocca a chi non ha avuto la sorte di nascere sotto il cupolone.
Ma pochi sono ora i romani, quasi una razza in via di estinzione, in una città imbarbarita e involgarita.
Quelli che ancora sono convinti, a ragione, che tutto il mondo è provincia, solo Roma è città.
 Gli stessi che rimangono indifferenti alle false grandezze, alle mode effimere, al passaggio dei potenti, allo sfavillio delle nuove ricchezze, e definiscono Roma l’unica città rimasta attraverso i secoli indipendente e sovrana perché ha conosciuto due soli grandi poteri: l’Impero e il Papato.
Roma: i deliri di Fellini.
Roma: il romanticismo di Lord Byron.
Roma: la grandiosità circense della Roma imperiale hollywoodiana.
Roma: le lezioni sull’arte del Rinascimento.
Roma: il neorealismo di Vittorio De Sica.
Roma: l’immagine infallibile di Audrey Hepburn e Gregory peck allacciati in sella alla Vespa.
Buon compleanno Roma!
E buon compleanno caro fratellone.
Ah, dimenticavo: il 21 aprile sarebbe stato anche il compleanno di mia nonna Jole.
Sono ventidue anni che non c’è più, ma la ricordo ancora com’era veramente: una donna speciale.
Auguri, nonna!
 Saluto Stefano e torno a casa.
 Qualsiasi traccia di malumore è ormai cancellata. 

Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

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Domenica 21 aprile, proprio nel giorno del Natale di Roma, la festività laica legata alla fondazione di Romolo nel 753 a.C. della città di Roma, il sindaco Alemanno insieme a una nutrita schiera di artisti amici di Franco Califano recentemente scomparso hanno deciso di dedicare al cantautore romano un concerto-tributo.
In Piazza del Popolo, a partire dalle ore 18.30 alle 24, saliranno sul palco 50 fra artisti e personalità per rendere omaggio a un grande nome della musica italiana autore di brani come "Minuetto” e “La nevicata del ‘56” per Mia Martini, “La musica è finita”per Ornella Vanoni, “Un grande amore e niente più” per Peppino Di Capri, solo per citarne alcune .

Sarà Roberto Fabbri ad aprire il mega concerto "Franco Califano: non escludo il ritorno”. Questo il nome dell’evento, che prende spunto da una frase tanto cara al cantautore romano, nata in occasione della collaborazione con i Tiromancino, tanto che è stata incisa anche sulla sua lapide.

Il chitarrista e compositore romano sarà sul palco insieme al Roberto Fabbri Guitar Quartet (Paolo Bontempi, Leonardo Gallucci, Luigi Sini e Roberto Fabbri). e proporrà un medley dei successi del Califfo: Minuetto, La musica è finita, Tutto il resto è noia, Io non piango, Mi innamoro di te
Proprio con questi brani, nel 2001 al Teatro Brancaccio di Roma, Fabbri con il suo quartetto apriva la seconda parte dei concerti del tour "Stasera canto io" di Franco Califano.
"Califano è stato un grande chansonnier – racconta Roberto Fabbri – le radici della sua ispirazione nascono nella tradizione della canzone romana ed arrivano ad eguagliare, se non superare per gusto e ironia, quella dei cugini d’oltralpe. Averlo conosciuto ed aver suonato con lui è stato per me un onore, oltre che un piacere ed un ricordo indimenticabile".

Prenderanno parte al concerto anche altri grandi nomi della musica italiana tar cui Fred Bongusto, Simone Cristicchi, Gianluca Grignani, Marco Masini, Raf, Peppino Di Capri, Amedeo Minghi, Noemi, Enrico Ruggeri e il giovane Antonio Maggio, vincitore della sezione giovani dell'ultimo Festival di Sanremo cheomaggerà il Califfo reinterpretando il brano “Tac”
 

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