
Arrivo a casa dopo le dieci di sera.
Abito a Ostia, in un appartamento tra Corso duca di Genova e Piazza delle Repubbliche Marinare.
E’ un quartiere rumoroso, le strade sono sempre piene di tifosi della Roma e di ragazzi che fanno il giro dei bar.
Molti frequentatori del Bar Amigos passano le serate proprio sotto la mia finestra, comunicando a strilli.
In compenso, il costo degli appartamenti è troppo alto.
La stanchezza si abbatte su di me a ondate, come una marea, ma io e il sonno non siamo buoni amici.
Nelle notti migliori riesco ad avere due ore di sonno REM prima che lo stress mi svegli.
Do la colpa al mio lavoro, dato che è più facile che incolpare me stesso.
Sono stato da vari medici generici, ma non ho mai ceduto all’idea di andare da uno strizzacervelli. E dire che una delle mie migliori amica, Silvia, è una psicologa.
D’altra parte l’insonnia mi da mordente: meno sonno equivale a più produttività.
E poi molte persone trovano sexy le borse sotto gli occhi.
“Ciao, Mario, come è andato il lavoro?” mi chiede Simonetta.
I colleghi sono dei gran mattacchioni, una volta scolato qualche drink. Nah, sto scherzando: sono in ufficio diventiamo ancora più noiosi.
Ho appena avuto una discussione di due ore con alcuni di loro su…una interrogazione rigardante i pomodori siciliani.”.
Sorride.
Ceniamo.
Mi metto una vecchia T-shirt, e mi infilo a letto.
Penso a Gabriele e a Alessandro. Penso al mio stipendio. Penso al teatro.
Come se non avessi abbastanza cose per la testa.
Il riposo, come previsto, rifiuta di ubbidirmi.
Mi giro.
Mi rigiro.
Faccio esercizi di respirazione e di rilassamento che mi portano vicino al sonno, e forse, per brevi periodi di tempo, a un sonno vero, da cui vengo strappato dopo pochi minuti.
Provo un enorme sollievo quando la radio sveglia suona e viene l’ora di andare al lavoro.
Faccio la doccia, indosso una camicia celeste, una giacca blu con pantaloni in tinta, e esco.
Le otto del mattino e la temperatura è rigida.
Ostia, città che non ha un buon odore nelle giornate normali, quando c’è una umidità del genere puzza decisamente.
Devo passare da un vicolo per raggiungere la fermata del bus e il tanfo dei cassonetti della spazzatura mi colpisce come un cazzotto.
Proprio di fronte alla fermata, c’è il bar aperto.
Ordino un caffè, nero.
Bevo un sorso e faccio una smorfia.
Troppo amaro.
Caffeina in bocca, varco la porta del bar e prendo il bus.
Sono raffreddato.
Sì, cavolo. Ho dei ghiaccioli che mi pendono dal naso.
C’é altro?
No, una giornata come tante altre.
Perfetto.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)
Abito a Ostia, in un appartamento tra Corso duca di Genova e Piazza delle Repubbliche Marinare.
E’ un quartiere rumoroso, le strade sono sempre piene di tifosi della Roma e di ragazzi che fanno il giro dei bar.
Molti frequentatori del Bar Amigos passano le serate proprio sotto la mia finestra, comunicando a strilli.
In compenso, il costo degli appartamenti è troppo alto.
La stanchezza si abbatte su di me a ondate, come una marea, ma io e il sonno non siamo buoni amici.
Nelle notti migliori riesco ad avere due ore di sonno REM prima che lo stress mi svegli.
Do la colpa al mio lavoro, dato che è più facile che incolpare me stesso.
Sono stato da vari medici generici, ma non ho mai ceduto all’idea di andare da uno strizzacervelli. E dire che una delle mie migliori amica, Silvia, è una psicologa.
D’altra parte l’insonnia mi da mordente: meno sonno equivale a più produttività.
E poi molte persone trovano sexy le borse sotto gli occhi.
“Ciao, Mario, come è andato il lavoro?” mi chiede Simonetta.
I colleghi sono dei gran mattacchioni, una volta scolato qualche drink. Nah, sto scherzando: sono in ufficio diventiamo ancora più noiosi.
Ho appena avuto una discussione di due ore con alcuni di loro su…una interrogazione rigardante i pomodori siciliani.”.
Sorride.
Ceniamo.
Mi metto una vecchia T-shirt, e mi infilo a letto.
Penso a Gabriele e a Alessandro. Penso al mio stipendio. Penso al teatro.
Come se non avessi abbastanza cose per la testa.
Il riposo, come previsto, rifiuta di ubbidirmi.
Mi giro.
Mi rigiro.
Faccio esercizi di respirazione e di rilassamento che mi portano vicino al sonno, e forse, per brevi periodi di tempo, a un sonno vero, da cui vengo strappato dopo pochi minuti.
Provo un enorme sollievo quando la radio sveglia suona e viene l’ora di andare al lavoro.
Faccio la doccia, indosso una camicia celeste, una giacca blu con pantaloni in tinta, e esco.
Le otto del mattino e la temperatura è rigida.
Ostia, città che non ha un buon odore nelle giornate normali, quando c’è una umidità del genere puzza decisamente.
Devo passare da un vicolo per raggiungere la fermata del bus e il tanfo dei cassonetti della spazzatura mi colpisce come un cazzotto.
Proprio di fronte alla fermata, c’è il bar aperto.
Ordino un caffè, nero.
Bevo un sorso e faccio una smorfia.
Troppo amaro.
Caffeina in bocca, varco la porta del bar e prendo il bus.
Sono raffreddato.
Sì, cavolo. Ho dei ghiaccioli che mi pendono dal naso.
C’é altro?
No, una giornata come tante altre.
Perfetto.
Mario Pulimanti (Lido di Ostia –Roma)
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