domenica 25 gennaio 2009

Menopausa maschile



E' sabato.
Improvvisamente, mi sveglio. Ahi, la testa. Che male! Sbadiglio con la mascella che scricchiola per l'accumuolo notturno di calcio, poi impiego un minuto per ritrovare l'orientamento. Postumi da valeriana. Mi costringo a mettere i piedi a terra, penso di fare qualche esercizio per gli addominali, decido che non sono ancora pronto e vado a fare una doccia tiepida. Il sapone che promette di aprirmi gli occhi non lo fa. Quando esco dalla doccia sono assonnato come prima e in più o i brividi. "Basta", dico alla mia faccia allo specchio. Cristo, ho cinquantatre anni. Non ho mai avuto un brufolo dai tempi della scuola media, ma adesso c'é un foruncolo che mi fissa come un terzo occhio in mezzo alla fronte. Ho le crisi della mezza età. Sarà menopausa maschile? Meglio uscire. Ostia ha l’odore dell’inverno e cioè il tanfo di spazzatura e gas di scarico ha una sfumatura di vento freddo. E' adeguatamente ventosa, la temperature è poco sopra i cinque gradi, i marciapiedi umidi per la recente pioggia. Riprende a piovere e le nuvole grigie si fondono con i toni bruno e nero della cittadina e degli alberi morti, i pochi che ci sono. Le fogne non funzionano e dovunque brandelli di cose morte si trasformano in fango alla prima pioggia. Come al solito ci sono in giro nuvole di fumo passivo sufficienti a far ammalare di cancro degli animali da laboratorio. Oggi di pensieri ce n’è un’insalata. Penso a papà. Pasquetta del novantadue. E' allora che sono diventato quello che sono oggi. Penso a Nonna Jole. Non posso dimenticarmi il suo volto saggio e profumato, gli occhi celesti e i capelli grigi raccolti dietro la testa. Brrr. Mi sento gelare a questi ricordi. Lasciamo stare. Penso a mia moglie. E' una donna che si preoccupa di tutto. La lista delle cose di cui si preoccupa in ogni dato momento è interminabile: il benessere dei figli, per esempio, o l’inadeguatezza del nostro stipendio, o il taglio delle spese scolastiche minacciato nella scuola di nostro figlio Alessandro, o la macchia d’umidità sopra la finestra, o lo scricchiolio delle sue giunture ogni volta che si alza la mattina, o il libro che da tempo nostro figlio Gabriele deve restituire alla biblioteca comunale e non riesce più a trovare, o il riscaldamento del pianeta. Ma in questo momento particolare ci sono due cose che le danno ulteriori motivi di preoccupazione: la minacciosa certezza dell’avanzare del tempo (Tempus fugit!) nonché lo stato della salute mentale di suo marito (vale a dire, del sottoscritto). Mi dice: “Guardati intorno. Ci sono uomini che fanno jogging, che coltivano ortaggi, che vanno in bicicletta, che costruiscono case. La tua specialità è quella di essere negato per qualsiasi lavoro manuale”. Questo vale anche per l’educazione dei figli. Mi accusa di essere come Ulisse, l’Odisseo che lascia il figlio appena nato e quando lo riabbraccia ha venti anni e si è fatto uomo: Telemaco. Difatti, a suo dire, mi sono ritrovato Gabriele ventiduenne senza aver fatto nulla, perché ha pensato sempre a tutto lei. Del resto dice che la mia filosofia di vita è l’utilitarismo spinto. In poche parole sarei un integralista dell’edonismo estremo. Ognimodo ho due figli svegli. Beh, per dirla giusta a volte non mi sento del tutto realizzato nella vita professionale e in quella creativa. Malumori passeggeri. Ah, tra Gabriele e il quattordicenne Alessandro qualsiasi contatto è fuori discussione finché non raggiungono la privacy impenetrabile del salotto di casa. Il casino è che il grande non ama avere il piccolo tra i piedi. Ma giunti a casa….Fin da piccoli, col pretesto di disegnare, scrivere e colorare, in realtà si assestano colpi di matita e pastelli negli occhi, nelle orecchie ed in altre parti del corpo, mentre guardo impotente Simonetta che, sfigatissima, sembra avere il sorriso teso e lo sguardo perso di chi non desidera altro che essere trasportata il più lontano possibile. Non sono certo un uomo con una posizione appetibile. Sono un funzionario statale bloccato al nono livello da molto tempo. Da quando va avanti questa storia? Da 20 anni. Funzionario statale suona, comunque, un po’ stalinista, a mio parere. Bando alle rassegnazioni. Ehilà, che strana giornata ieri. Da subito. Ero già fuori di testa al pronti-via. Pazzesco: all’improvviso una collega pomposa, che pensa di essere una giurista doc, si è sentita in dovere di spiegarmi i motivi per cui è stato emesso un certo parere del Consiglio di Stato. Ma era troppo pallosa e deprimente, per cui mentre parlava a un certo punto staccavo la spina e pensavo al teatro. Lei un paio di volte mi ha guardato strana, per cui mi sa che spesso mi ha detto delle cose che dopo gliele ho chieste un’altra volta. Tipo una volta che mi sono rimesso in onda e ho sentito che faceva: bla, bla, bla il parere del Consiglio di Stato di dicembre. Al che le faccio: "Quand’è che è stato emesso il parere?" Ma credo che era quello che aveva appena detto. Il parere è di dicembre. Ma a dirla tutta: non ero stato mica io a chiederle queste cose, capito. Cioè sarebbe stato più facile concentrarmi se avesse parlato con meno spocchia e boria. Vabbè, la roba più importante è che poi è andata via lei e la sua vanagloria. Ne ho fatta di strada, dai tempi in cui avevo i capelli neri. Adesso, che li ho come quelli di Kit Carson, posso dire che sono cresciuto come persona: una volta la collega tracotante l’avrei invitata a fare un viaggio fino al buco del culo del mondo. Il che mi fa pensare, solo per un attimo, che sarebbe stato meglio se l’avessi fatto, come insegnano gli episodi di bullismo scolastico. La verità è che sia a scuola che al lavoro vengono premiati i più furbi e prepotenti e non quelli più bravi. A essere sinceri, non è che voglio sbrodolarmi addosso dicendo che sono più competente di colleghi che hanno reggenze e incarichi che io non ho. Ci mancherebbe! Basta pensare al lavoro. Allora decido di andare a Cineland. Gioco a boowling. Con Ferruccio. Il boowling mi offre un rifugio dai problemi, buttare giù un birillo dopo un'altro mi mette in uno stato quasi zen. Dimentico il mio lavoro, la mia insonnia, i miei problemi. Torno a casa. Mi preparo un drink. Finisco di bere il mio gin and tonic, che la cena è quasi pronta. Bene. Sento un odorino. Ora posso concludere. Insomma, alla prossima. Mario Pulimanti (Lido di Ostia -Roma)

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